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13.11.23

Beppe Grillo da Strazio ops Fazio "Bongiorno? Inopportuni i comizietti davanti ai tribunali".

L'ex comico e fondatore del MoVimento Cinque Stelle è tornato in televisione a nove anni di distanza dall'ultima volta. "Sono qui per sapere chi sono e cosa pensate di me e chi siete voi", ha detto intervistato da Fabio Fazio a "Che tempo che fa".
 Egli   ha parlato di Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e anche di Giulia Bongiorno, attuale legale della ragazza che ha accusato suo figlio, Ciro Grillo, di violenza sessuale. Ed   proprio    quello  che  ha  detto   sulla  Bongiorno    che dovrebbe   far  indignare  di  più .  Infatti  d0istinto  \  a  caldo  mi vine  da    scrivergli  :  



Grillo  ma che  ....    dici


"Bongiorno? Inopportuni i comizietti davanti ai tribunali"
"È un avvocato, presidente della commissione Giustizia, è una senatrice della Lega che fa comizietti davanti ai tribunali, dove c'è una causa a porte chiuse... È inopportuno. Così si mischia tutto

Ancora  continui  a  giustificare ed  a difendere  tuo figlio   senza  aspettare  neppure la sentenza  ?    La  B non  ha preso  posizione    sul processo  in corso    ha  solo  rilasciato per i media    ,  come  gli  avocati difensori  di tuo  figlio e  dei  suoi amici  delle  dichiarazioni , dicendo   semplicemente ,   senza   entrare  nel merito  ,  che  la  sua   cliente  (   la  ragazza  che   avrebbe     subito  violenza   )   appena  ha  visto il  video   era  rimasta  scossa   . Tutto qui  .  Ora       caro   Grillo   fai  i  pure  il  comico   o il politicante visto  che      sei  ancora    Garante  dei  5stelle     ma   finiscila di intimorire  i giudici e  fare pressioni   ed  abbi  la decenza    ed il pudore  d'aspettare  almeno la setenza  definitiva . Forse  ci tieni tanto  a fare  figure  del  ...   come quella  dell'altra  volta ?  Ha  ragione  la Bongiorno   quando   dice  :  <<  «Il signor Grillo quindi - la parlamentare al Gazzettino  ( qui  l'articolo completo  )  - ha cercato di trasformare in show persino il dramma che questa ragazza sta vivendo, ridacchiando, gridando e definendo "comizietto" il mio intervento. Forse ha usato il diminutivo "comizietto" perché non mi ritiene in grado, in quanto donna, di tenere un vero comizio, ma quel che è davvero grave è che con questa tecnica della ridicolizzazione si finisce per massacrare per la seconda volta chi ha denunciato»



20.4.21

La domanda per padri e madri

N.b
Non riporto   né qui né  nel post  precedente  il video  di Grillo  perchè   come    dice  il mio contatto  
Il video di Grillo è davvero incommentabile.
Ho ascoltato/guardato fino alla fine con grande fatica (e perciò evito di condividerlo qui) uno show ripugnante di garantismo genitoriale estremo che, secondo me, nuoce gravemente al figlio.
È talmente violento da risultare contraddittorio e parossistico come difesa da un’accusa di violenza.
È talmente illogico nelle argomentazioni da far supporre che davvero non esista alcuna argomentazione logica a difesa.
Bene avrebbe fatto a tacere, almeno stavolta.

Adesso dopo questa promessa entriamo nel vivo del post d'oggi . Dopo  la lettura dell'articolo   su repubblica  d'oggi  , che  trovate  sotto   ,  di Michela   Murgia  sul becero discorso  di Beppe  Grillo  , troverete  delle   aggiunte  a quanto  dicevo ieri nel  mio  post  : << Beppe  grillo ha  paura    della condanna  del figlio    e del relativo danno d'immagine  ?  >> .
Ora il  finale  dell'articolo  di Michela Murgia è  un  forzato \  esagerato   Un po' esagerato alla  fine   perchè non  è detto  che   per forza necessariamente,   anche  se non è   da  escludere  perchè  :  una subcultura simile figlia di un arcaico possesso della femmina purtroppo fa ancora danni incredibili pure tra i giovanissimi\e che  in tutte le  famiglie   ci  sia   per  forza  un grillo  .Un articolo che fa puntualizzazioni importanti. Ci serviva.  Infatti  nel  finale  ha voluto "calcare la mano" nell'affermare che c'è un Grillo in ogni famiglia e ovviamente ognuno di noi pensa che non sia vero, non nella nostra, ma rifletterci bene non ci farà sicuramente male. Grazie.  Ma  prima    di lasciarvi alla lettura   del suo   articolo   dico  solo  a chi ha il dubbio che si cerchi di creare una cultura della carta da bollo nella sessualità, consiglio di leggere l'articolo di Perilli sulla rape culture  su repubblica  d'ieri  , e guardare il video (in inglese). O di leggere l'articolo di Michele Serra sul post di Aurora Ramazzotti e il cat calling di qualche settimana fa...e in particolare di leggere i commenti dei lettori. Illuminanti, su cosa significhi non cogliere l'esigenza di consensualità nei comportamenti sessuali, consensualità che può mancare su tanti, troppi livelli: dai commenti alla donna che va per i fatti suoi per strada, ai crimini di stupro. Dalle piccole alle grandi cose, la consapevolezza è il primo passo verso il cambiamento. Parole e concetti giustissimi quelli di quest'articolo, che
dovrebbero leggere e soprattutto comprendere certi opinionisti di Destra (vero Feltri, Sallusti e company ) che in precedenti occasioni hanno speso parole in abbondanza per ricordare, a loro dire, come dietro ogni minaccia o offesa sessuale maschile compiuta ci sarebbe sempre in realtà un'accondiscendenza da parte femminile. Con tanto di squallidi esempi da loro riportati addirittura sulla meccanica con cui uno atto sessuale violento può o non può essere compiuto senza la partecipazione "voluta" della vittima. Ricordiamocelo. Quindi  da  EX    simpatizzante  del  m5     mi sento  
dire  anch'io   condividendo quanto dice  quest altra mia   utente  Facebook  

È da ieri che vorrei scrivere qualcosa.
Spiegare a Grillo l’ovvio. Spiegargli cosa può succedere nel corpo e nel cuore di una donna che subisce una violenza. Vorrei raccontargli esattamente come mai possano passare giorni prima che una realizzi e decida di denunciare. A volte mesi. A volte anni. A volte non basta una vita. Vorrei provare a fargli capire che lui, con la sua immeritata visibilità, sta stuprando quella ragazza una seconda volta.
Ma non capirebbe.
Forse è meglio qualcosa più alla sua portata. Tipo vaffanculo
Ma   adesso basta   parlare io lasciamo  la parola  alla Murgia e   ed  alle  vostre  considerazioni  se  vi  va  di  commentare    

 Commento

La domanda per padri e madri

Il video shock di Grillo

Per far capire agli scettici nostrani del #metoo quanto sia difficile per una donna denunciare una violenza sessuale basterebbe mostrare loro il video con cui Beppe Grillo, coi toni scomposti delle reazioni a caldo, insinua che in una denuncia presentata otto giorni dopo i fatti ci sarebbe qualcosa di "strano", cioè sospetto e dubitabile. La presunta vittima, colpevole di essere stata troppo lenta a reagire, sarebbe dunque la vera carnefice, decisa a incastrare a posteriori dei ragazzi ingenui senz'altra colpa che quella di esser stati troppo esuberanti. Grillo esprime una presunzione comune a molte persone: quella di sapere come dovrebbe comportarsi ogni vera vittima di violenza per essere credibile (e dunque creduta). Secondo questo vademecum dell'affidabilità, la donna deve correre subito al primo commissariato e contestualmente al pronto soccorso, altrimenti è legittimo pensare che si sia inventata tutto a mente fredda per incastrare qualcuno e magari specularci su. Come troppi, il fondatore del Movimento 5 Stelle fa finta di ignorare che vivere l'esperienza di uno stupro non è come subire un furto. Capire di esser stata violentata mentre eri ubriaca è tutt'altro che immediato. Devi ricordare, poi superare la vergogna di confessarlo, affrontare la paura di non essere creduta (ti chiederanno com'eri vestita? Perché avevi bevuto? Come mai eri lì?) e sopportare l'ipotesi - utile agli inquirenti, ma terrificante per te - che esistano prove digitali che possano nel frattempo girare pubblicamente e che, nel caso di un rinvio a giudizio, finirebbero sotto gli occhi di decine di estranei pronti a giudicare i tuoi atteggiamenti intimi decine di volte.
Visti da questa prospettiva, otto giorni per trovare il coraggio di denunciare sembrano persino pochi, invece per Grillo - manettaro da politico e garantista da genitore - sarebbero già la prova che non è vero niente, rafforzata da un filmato dove la presenza di consensualità si evincerebbe dal solo fatto che un gruppo di maschi diciannovenni sembri divertirsi molto. In che modo si siano divertiti Grillo junior e i suoi amici lo stabilirà ovviamente un tribunale. A noi spetta invece interrogarci sulla strana idea di consensualità che emerge dal ragionamento di Grillo senior, perché sta alla base della diffusa difficoltà italiana a riconoscere come tale qualunque violenza sessuale. Il consenso tra adulti esiste se le persone fanno un patto su termini condivisi. La persona consenziente è quindi quella che ha espresso un accordo esplicito. Ovvio? Non se parliamo di sesso. Per un meccanismo sociale che si chiama cultura dello stupro - quella secondo la quale la violenza è sexy e la sessualità è violenta - in Italia avviene infatti l'esatto opposto: il consenso femminile ai rapporti sessuali è considerato implicito anche in assenza di disaccordo. Se non dici no, allora è già sì. Non ha alcuna importanza se il tuo rifiuto è impedito dal fatto che sei ubriaca, spaventata o intimidita da circostanze, sostanze e persone. Questi fattori possono essere addirittura considerati rafforzativi del consenso, giacché se hai assunto alcool o droghe è perché volevi perdere il controllo. Per questo, agli occhi di molti, bere sottintende già il consenso a fare sesso in stato di alterazione, così come l'indossare abiti convenzionalmente definiti provocanti o l'accettare situazioni confidenziali che però non sono ancora sessuali. Il consenso come volontà espressa non gode di gran credito nel nostro Paese, dove fior di commentatori sui giornali intervengono a giorni alterni per lamentarsi di quanto il #metoo abbia ucciso il romanticismo e di come chiedere assenso esplicito burocratizzi la spontanea arte del corteggiamento. La vicenda Grillo è come tante e la dirimerà un giudice, ma ai ragazzi e alle ragazze chiederei di usarla per fare un piccolo esperimento sociale in famiglia. Mostrate ai vostri genitori il video dell'ex comico e chiedete loro: papà, se mi diverto col corpo di un'altra persona senza chiederle il permesso, anche tu mi difenderai così? Mamma, se bevo a una festa e poi mi fanno questo, anche tu mi scaricherai così? C'è un Grillo in ogni famiglia. Forse è il momento di stanarlo.

chiudo  con in sottofondo radiofonico  le    note  finali   di Pensa  di  F.Moro
 e   quelle  iniziali   di  la  canzone del maggio   di F.De.Andrè 

19.4.21

Beppe grillo ha paura della condanna del figlio e del relativo danno d'immagine ?

Lo sfogo di un padre va sempre capito non assecondato. Si può capire il suo dolore , la sua rabbia, la sua impotenza di fronte a una sventura evitabile in questo caso . Oggi è troppo tardi. Male intendere la libertà a questo porta, Dolori disagio e quanto di peggio si possa immaginare. Essere il figlio di, non da metaforicamente parlando, il lascia passare alle malefatte e a comportamenti emendabili ed aberranti . Le maglie della giustizia poi quando si stringono vi riamane impigliato il pesce piccolo e quello presunto grande. La legge e lenta ma inesorabile. Io lo capisco ma non lo assecondo ne giustifico perchè tali cose non si possono o si devono giustificare . Infatti mi chiedo e gli chiedo quello che   sentendo i suoi beveri e  vergognosi   strali     se  come   dimostra il video    perchè  tuo figlio  o tu non lo avete messo online  per  difendervi  ?    come  mai  sei intervenuto a gamba tesa   prima che  il  giudice  decida  se archiviare o rinviare  a  giudizio ?  È vero   che  In questo  tuo  video che  hai  diffuso poche ore fa, dopo l'annuncio del probabile rinvio a giudizio  di  tuo  figlio Ciro e dei suoi tre amici, colpevoli secondo i magistrati Tempio Pausania di violenza sessuale ai danni di una ragazza di diciannove anni, nell'estate del 2019, in Costa Smeralda Ma Peccato però che nella tua   difesa accorata di un figlio che non esiti a definirlo "coglione", utilizzando   utilizzi parole fin troppo udite nelle aule dei processi per stupro. Dove con un'opera di demolizione ormai ben nota è la vittima che finisce sul banco degli imputati, da vittima diventa colpevole.   Infatti  

<< Ciro e i suoi tre amici, dice Grillo, si stavano "divertendo", e se quella ragazza ha denunciato otto giorni dopo, beh, insomma, vuole dire che non era poi così sicura che quel "gioco di gruppo" fosse uno stupro ripetuto, dimenticando che per legge uno stupro si può denunciare fino a sei mesi dopo. Perché quella violenza è un'offesa così profonda che a volte non si hanno parole per raccontarla, subito. Ma resta lì, indelebile.>> da https://www.repubblica.it/cronaca/2021/04/19/

Tu  dici  ancora che se tuo figlio e i suoi amici fossero stati davvero colpevoli, li avrebbero dovuti arrestare subito. Invece i magistrati hanno indagato, a lungo, proprio perché non si crede così facilmente a un'accusa di stupro, lo sanno bene le donne, quanto è difficile essere credute. Forse Ciro e i suoi amici sono innocenti e lo dimostreranno, ma forse questa volta il silenzio da parte   tua  , o  almeno  aspettare  che  il giudice   dicesse  la  sua  cioè archiviare  o   rinviare   sarebbe stata la strategia migliore. 
Hanno   ragione  ,  te lo  dice  uno  a  cui  non stanno    tanto  simpatiche  soprattutto la prima che fa #femminismoaintermittenza visto che è stata zitta quando il capo del suo partito era in Arabia Saudita a parlare di nuovo Rinascimento con i diretti responsabili di una feroce dittatura sanguinaria e violenta, in particolar modo con le donne, questi due  interventi 

Boschi contro Grillo: "Video scandaloso, usa il suo potere mediatico per assolvere il figlio"



Quindi   caro  Grillo    ti   dico    prima  di parlare pensa  parafrasi  di  una  famosa   canzone  di    Fabrizio Moro 

3.3.13

basta essere omonimi di Beppe Grillo è la pagina sul social network è diventata inaccessibile perché sommersa da valanghe di messaggi e da centinaia di richieste di amicizia indirizzate al comico-politico

la  vita  è fatta  di cose  starane   .Eccone una   da  repubblica  online del 3\3\2013

"Facebook è diventato un inferno
perché mi chiamo Giuseppe Grillo"

L'omonimo del leader di M5s è un impiegato 39enne di Milano la cui pagina sul social network è diventata inaccessibile perché sommersa da valanghe di messaggi e da centinaia di richieste di amicizia indirizzate al comico-politico

di LUCIA LANDONI



Lo ammira e la settimana scorsa gli ha dato il suo voto, ma non è certo disposto a regalargli il suo profilo Facebook e la sua vita sociale, almeno quella che passa attaverso il web: Giuseppe Grillo, impiegato 39enne, è abruzzese d'origine ma ormai da anni milanese d'adozione e - ci tiene a ribadirlo - non ha nulla a che fare con il fondatore del Movimento 5 Stelle, ma negli ultimi giorni sta scoprendo quanto possa essere difficile convivere con il nome che porta.
Giuseppe Grillo con la moglie

"Seguo Grillo fin dai tempi in cui era ancora solo un comico e finora questa omonimia era stata persino piacevole - racconta - Ma dalle elezioni la situazione sta diventando decisamente difficile da gestire".
Da quando il voto ha segnato il trionfale ingresso del Movimento 5 Stelle in Parlamento, la pagina Facebook di Giuseppe Grillo è stata subissata di richieste di amicizia - "400 solo negli ultimi tre giorni" - e complimenti, andando in tilt. "Sul mio account, a cui per inciso non riesco più ad accedere, avevo già specificato di non essere il famoso Grillo - continua - Tra l'altro, lui su Facebook è registrato semplicemente come Beppe. Eppure non è stato sufficiente".
Del resto, l'esperienza di Giuseppe Grillo sul social network è sempre stata connotata dall'ingombrante presenza del celebre omonimo: "I miei amici mi chiamano da sempre Peppe e quindi quando mi sono registrato su Facebook, ormai tre anni fa, ho pensato di usare quel soprannome e di iscrivermi come 'Peppe Grillo' - spiega - Ma poi, proprio  temendo confusioni con il Grillo nazionale, ho optato per il nome per esteso. E' servito a ben poco". Non appena la sua identità virtuale ha debuttato sulla rete, è iniziata la raffica di richieste d'amicizia - "molto più numerose di quelle ricevute da tutti i miei conoscenti" - e in seguito, con l'intensificarsi dell'impegno del comico genovese in politica, sono arrivati i messaggi di sostegno e incoraggiamento, provenienti da tutta Italia.
"Senza volerlo, ho avuto l'opportunità di svolgere una piccola indagine sociologica, raccogliendo i pensieri e le proteste di tanti connazionali - prosegue - Mi scrivono cose tipo 'Continua così' o 'Mandali tutti a casa questi buffoni'. E sono rimasto molto colpito dal fatto che non ho mai ricevuto insulti. Sempre e solo manifestazioni di grande apprezzamento". Dalla sua posizione di osservatore privilegiato del popolo dei grillini, Giuseppe aveva previsto il successo del Movimento 5 Stelle alle elezioni, ma non se lo sarebbe mai immaginato così travolgente: "Sto addirittura pensando di candidarmi anch'io la prossima volta - scherza - Ormai godo di una grandissima popolarità, anche se di riflesso".
Nel frattempo ha scritto a Facebook, nel tentativo di recuperare la propria identità sulla rete: "Credo che il problema non sia solo mio, ma di tutti gli omonimi di Grillo - conclude - Sto aspettando che mi facciano sapere qualcosa sulla possibile soluzione del problema. Sono anche disposto a cambiare account. Voglio tornare ad essere semplicemente Peppe".

2.10.12

Legge anticorruzione, decideranno 100 parlamentari tra condannati e indagati


a chi mi chiedeva un po' di storia dopo il 1994 eccolo accontentato
da ilfattoquotidiano
Legge anticorruzione, decideranno 100 parlamentari tra condannati e indagati
Siccome ormai indignarsi è una moda trendy, già immaginiamo gli alti lai e gli stracciar di vesti che seguiranno alla puntata di stasera di Report con la carrellata dei condannati, imputati, indagati e prescritti del Parlamento italiano: 100 in tutto. Le “quote marron” formano un poderoso esercito di onorevoli e senatori che ammonta ormai ben oltre uno su dieci del totale: un tasso di devianza che non trova riscontri nemmeno nelle più degradate periferie metropolitane. Con un’aggravante, messa bene in luce da Report: questi galantuomini sono portatori insani del più smaccato eppur invisibile conflitto d’interessi. Dovrebbero votare leggi più severe contro la corruzione, la concussione, il falso in bilancio, la truffa, il peculato, l’abuso d’ufficio, il finanziamento illecito, l’associazione per delinquere, ma non vogliono né possono farlo, dovendo rispondere di quei reati nelle procure, nei tribunali, nelle corti d’appello, in Cassazione o addirittura (21 di loro) sono già stati condannati in via definitiva.
Poi naturalmente ci sono gli avvocati che li seguono in Parlamento, quasi tutti infilati nelle commissioni giustizia a legiferare a vantaggio dei clienti che li han fatti eleggere grazie al Porcellum. Infine c’è chi è incensurato solo perché non l’hanno ancora scoperto e agisce di conseguenza. Solo così si spiega la produzione industriale di leggi-vergogna, ad castam, contro la giustizia e a favore dei ladri con colletto bianco e guanti gialli (un centinaio di norme negli ultimi 15 anni), il blocco della ratifica delle convenzioni internazionali contro la corruzione e financo del risibile pacchetto anti-tangenti racimolato dalla ministra Paola Severino. Ma nel Palazzo sono in pochi ad aver il diritto a indignarsi. In qualche cassetto del Senato riposa in pace dal 2007 la proposta di legge di iniziativa popolare su cui Beppe Grillo, al V-Day di Bologna, aveva raccolto 300 mila firme per rendere ineleggibili almeno i condannati. Et pour cause.
Tutti i maggiori partiti, in questi anni, hanno portato in Parlamento inquisiti e condannati, sottraendoli alla giustizia o per solidarietà di casta o perché ricattati (o mi fai eleggere o parlo di te): dal Pdl all’Udc, che vantano il record mondiale di “quote marron”, al Pd, che s’è accontentato di metterne in lista qualcuno in meno. Abbiamo persino la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Renato Schifani, indagato a Palermo per mafia. E fino a dieci mesi fa il premier Silvio Berlusconi era imputato di corruzione giudiziaria, concussione, prostituzione minorile, frode fiscale, appropriazione indebita e falso in bilancio: eppure il presidente Napolitano, al momento di dargli l’incarico nel 2008, non fece una piega. Così come quando nominò vari inquisiti come ministri e sottosegretari. E pensare che nel 1992 Oscar Luigi Scalfaro rifiutò di incaricare Bettino Craxiperché avrebbe potuto essere (ma ancora non lo era) inquisito da Mani Pulite dopo l’arresto diMario Chiesa. E nel ’94 rifiutò di nominare ministro della Giustizia Cesare Previti non perché fosse indagato (ancora non lo era), ma perché era l’avvocato del premier, dunque in conflitto d’interessi. Altri tempi, altri presidenti.
1994, LISTE PULITE
Nel 1994 era ancora aperta la piaga di Tangentopoli, che aveva stracciato tutti i primati di inquisiti in Parlamento dall’Unità d’Italia: solo nel primo anno dell’inchiesta Mani Pulite, dal febbraio ’92 al febbraio ’93, le Camere elette nel 1992 avevano ricevuto ben 540 richieste di autorizzazione a procedere (allora necessaria per poter inquisire un eletto) nei confronti di quasi altrettanti deputati e senatori: 107 per corruzione, 89 per concussione, 46 per ricettazione, 116 per illecito finanziamento, 108 per abuso. Il totale aveva raggiunto quota 619 il 15 novembre 1993, quando – per recuperare un po’ di credibilità – il Parlamento abolì l’autorizzazione a procedere per le indagini. 

Oggi pare incredibile, ma Berlusconi fece firmare agli aspiranti candidati di Forza Italia una dichiarazione scritta e giurata che recitava: “Dichiaro: 1) di non avere carichi pendenti; 2) di non avere ricevuto avvisi di garanzia; 3) di non essere stato e di non essere sottoposto a misure di prevenzione e di non essere a conoscenza dell’esistenza a mio carico di procedimenti in corso”.E analogo impegno pretesero dai propri candidati la neonata Alleanza nazionale, i Progressisti e il Ppi-Patto Segni. Infatti gli unici partiti con i vertici indagati furono la Lega Nord (con Bossi coinvolto nella maxi-tangente Enimont) e il Pds (con il segretario Achille Occhetto e il vicesegretarioMassimo D’Alema inquisiti a Roma, assieme al tesoriere Marcello Stefanini, perché denunciati da Craxi e in seguito archiviati).
1996, LE PRIME MACCHIE
La legislatura dell’Ulivo, nata dalle elezioni del 1996 vinte da Romano Prodi, inizia sull’onda dello scandalo “toghe sporche”, scoperchiato grazie alle rivelazioni di Stefania Ariosto: Berlusconi, già imputato per corruzione della Guardia di finanza, per i falsi in bilancio All Iberian e per i finanziamenti illeciti a Craxi, è indagato insieme a Previti per corruzione giudiziaria (casi Sme e Monda-dori). Anche Antonio Di Pietro è imputato a Brescia in varie inchieste nate dalle denunce di molti suoi imputati: per questo non si candida (verrà prosciolto solo a campagna elettorale inoltrata e sarà nominato da Prodi ministro tecnico dei Lavori pubblici). Il Cavaliere invece sì e porta in Parlamento il suo coindagato Previti ; il suo coimputato Massimo Maria Berruti (favoreggiamento nel processo Gdf); e persino Marcello Dell’Utri, che nel ’94 ha preferito restare in azienda, ma nel ’95 è stato arrestato a Torino per frode fiscale e false fatture nell’indagine Publitalia (sarà poi condannato in via definitiva a 2 anni e mezzo), ed è pure indagato a Palermo per mafia. “Ho deciso di candidare Berruti per salvarlo dalla persecuzione dei giudici”, annuncia B.

A Milano la Lega Nord affigge manifesti con i volti di Dell’Utri e Berruti: “Votateci, se no ci arrestano”. Così, diversamente dal 1994, nelle liste del Polo e dell’Ulivo figurano indagati e addirittura condannati (uno definitivo, Vittorio Sgarbi, per truffa allo Stato, in particolare al ministero dei Beni culturali: infatti viene subito nominato sottosegretario ai Beni culturali). Nell’Ulivo sono inquisiti Prodi (a Roma, per abuso d’ufficio nell’affare Cirio, poi chiuso col proscioglimento dinanzi al gip); D’Alema e Occhetto (indagati a Venezia per finanziamento illecito dal pm Nordio, inchiesta poi finita nel nulla); Ciriaco De Mita (vecchi processi di Tangentopoli poi chiusi con assoluzioni e prescrizioni); eGiorgio La Malfa (condannato per Enimont). Condannato, sempre per Enimont, anche Bossi, ora imputato per istigazione a delinquere. Ma si tratta ancora di eccezioni, qualitativamente decisive, ma statisticamente marginali.
2001, ARRIVANO LE CAVALLETTE
Le elezioni del 2001, che non a caso segnano il ritorno trionfale del Caimano, portano in Parlamento l’invasione delle cavallette. Un’orda trasversale di condannati, imputati, inquisiti e prescritti: una novantina in tutto, quasi un eletto su 10. Pressoché tutti candidati in collegi sicuri. Nel centrodestra, oltre alle conferme di B., Previti, Dell’Utri, Bossi, La Malfa, Berruti e Sgarbi, si aggiungono i neo-indagati Gaspare GiudiceGiuseppe FirrarelloAldo BrancherGiampiero Cantoni, Romano Comincioli; e i pregiudicati di ritorno Antonio Del Pennino, Egidio Sterpa, Alfredo Vito e Gianstefano Frigerio. Quest’ultimo lo arrestano il primo giorno di legislatura: deve scontare 6 anni e 8 mesi. Otterrà l’affidamento al servizio sociale e deciderà di scontarlo a Montecitorio, indicando come “attività socialmente utile” quella di parlamentare e trasformando così la Camera in una comunità di recupero per devianti. Per non esser da meno, anche il centrosinistra porta due pregiudicati: Enzo Carra e Auguste Rollandin. Più una serie di indagati e imputati.

2006, CONDANNATI E NOMINATI
Nel 2006, anno del ritorno di Prodi, si vota per la prima volta col Porcellum: le segreterie dei partiti si nominano i parlamentari più graditi. Condannati e inquisiti in primis. Solo tre liste aderiscono alla campagna di Beppe Grillo “Parlamento pulito”: Idv (che entra per la prima volta in Parlamento), Verdi e Pdci. Pier Ferdinando Casini promette: “A parte Cuffaro, in Sicilia non ricandideremo nessun inquisito”. Poi candida, oltre a Totò Cuffaro (imputato per favoreggiamento alla mafia),Giuseppe Drago, ex presidente della Regione, condannato in primo grado per peculato e abuso per aver svuotato la cassa dei fondi riservati (230 milioni di lire); Calogero Mannino, imputato a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa (sarà poi assolto); e Francesco Saverio Romano, indagato per lo stesso reato (anche lui poi assolto).

Così anche nella XV legislatura le quote marron sfiorano il 10% del Parlamento: la solita novantina di personaggi nei guai con la giustizia. Svettano ben 21 pregiudicati: Berruti (FI, favoreggiamento), Biondi (FI, evasione fiscale poi depenalizzata), Bossi (Ln, finanziamento illecito e istigazione a delinquere), Cantoni (FI, corruzione e bancarotta); Carra (Dl, falsa testimonianza), Cirino Pomicino (Nuova Dc, corruzione e finanziamento illecito), De Angelis (An, banda armata e associazione sovversiva), D’Elia (Rosa nel pugno, banda armata e concorso in omicidio), Dell’Utri (FI, false fatture, falso in bilancio, frode fiscale), Del Pennino (FI, finanziamento illecito), Daniele Farina (Prc, fabbricazione, detenzione e porto abusivo di ordigni esplosivi, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali gravi e inosservanza degli ordini dell’autorità), Jannuzzi (FI, diffamazione aggravata); La Malfa (FI, illecito finanziamento), Maroni (Ln, resistenza a pubblico ufficiale ); Mauro (FI, diffamazione aggravata); Nania (An, lesioni volontarie personali); Previti (FI, corruzione giudiziaria, poi dichiarato interdetto dai pubblici uffici e decaduto); Sterpa (FI, finanziamento illecito); Tomassini (FI, falso in atto pubblico); Visco (Ds, abuso edilizio); Alfredo Vito (FI, corruzione). Alcuni fanno carriera. D’Elia diventa segretario della presidenza della Camera. Farina vicepresidente della commissione Giustizia. Pomicino e Vito entrano in Antimafia.
2008, LA CARICA DEI 126 
Nel 2008 B. torna al governo per la terza volta. Stabile la percentuale di quote marron: una novantina di clienti di procure e tribunali, che nel corso della legislatura saliranno a 126. I pregiudicati, all’inizio, sono 19. Ai soliti Berruti, Bossi, Cantoni, Carra, De Angelis, Dell’Utri, La Malfa, Maroni, Nania, Sciascia, Tomassini, si aggiungono alcune pregevoli new entry: Giulio Camber (Pdl, millantato credito), Giuseppe Ciarrapico (Pdl, ricettazione fallimentare, bancarotta fraudolenta, sfruttamento del lavoro minorile, truffa pluriaggravata), Renato Farina (Pdl, favoreggiamento in sequestro di persona), Antonio Papania (Pd, abuso d’ufficio), Giuseppe Naro (Udc, abuso d’ufficio) e Salvatore Sciascia (Pdl, corruzione). Anche nel governo siede una folta rappresentanza di quote marron, con 10 elementi di spicco: il premier B. (imputato di una variopinta serie di delitti); i ministri Maroni (pregiudicato: Interni), Bossi (pregiudicato: Riforme istituzionali),Matteoli (imputato per favoreggiamento: Infrastrutture), Fitto (imputato per corruzione, finanziamento illecito, turbativa d’asta e interesse privato: Affari regionali), Calderoli (ricettazione, poi prosciolto: Semplificazione), cui si aggiungeranno Brancher (imputato di ricettazione e appropriazione indebita: Devolution) e Romano (indagato per mafia e poi assolto: Agricoltura); e i sottosegretari Gianni Letta (indagato per abuso d’ufficio, truffa e turbativa d’asta, poi in parte prosciolto) e Cosentino (indagato per concorso esterno in camorra). Tutte nomine che portano la firma del presidente Napolitano. Lo stesso presidente che non fa un plissé quando viene indagato per frode fiscale Corrado Passera, superministro dello Sviluppo economico e di tante altre cose, e viene rinviato a giudizio per truffa Adelfio Elio Cardinale, sottosegretario alla Salute. Lo stesso presidente che ora cade dal pero. Si meraviglia perché il Parlamento non approva la legge anticorruzione. E s’indigna per gli ultimi “fenomeni di corruzione vergognosi e inimmaginabili”. Roba da non credere, eh?

da Il Fatto Quotidiano di domenica 30 settembre 




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