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4.7.21

il caso di Malika Chalhy L'ALTRO LATO DELLE RACCOLTE DI FONDO ONLINE

visto che l'astruso blocco di fb , eppure andando sul profilo dove di solito vengono elencate le restrizioni
è pulito non c'è scritto niente,  pubblico qui  il post    che  volevo pubblicare  su  fb  . La  toria    dimostra    effetto collaterale  dei social   e della rapidità  dell'informazione online  che fa    prendere  lucciole  per  lanterne  .  Infatti 

da repubblica del 2 .7.2021

Malika Ayane insulti e solidarietà social: "Ma quella Malika non sono io"La cantante ha postato un messaggio in cui ha chiarito (evidentemente ce n'era bisogno) di non essere la ragazza cacciata di casa dai genitori perché lesbica





Il nome è lo stesso ma l'equivoco è pressoché inspiegabile. La cantante Malika Ayane ha chiarito sul suo profilo Twitter di non essere la ragazza di vent'anni, Malika Chalhy, cacciata di casa per aver rivelato di essere lesbica. Nel messaggio sui social infatti scrive: "Cari #fulminidiguerra che mi intasate la mail e i social con insulti o espressioni di solidarietà, ho una notizia per voi: la Malika che cercate NON SONO IO. Incredibile che nel 2021 ci siano più donne con lo stesso nome, eh? Che poi, se volete mandare messaggi d’amore siete i benvenuti -se d’odio un po’ meno ma avrete le vostre ragioni- purché siano per me stessa medesima. #sipuofare".

Ddl Zan, Malika Chalhy alla manifestazione di Firenze: "La famiglia non ha colori"


La giovane toscana è al centro di polemiche per aver lanciato una raccolta fondi dopo aver detto di essere stata cacciata di casa in quanto omosessuale, ed aver invece speso i soldi ricevuti per acquistare una Mercedes e altri beni non di prima necessità. La spiegazione del suo gesto in un lungo post:  "non ho comprato auto di lusso a vostre spese, sono arrivata a Milano per ricostruire la mia vita al sicuro e lontano da chi mi ha messo paura e non avendo l'auto di cui necessitavo per tutti gli impegni sociali e ormai lavorativi che hanno riempito le mie giornate e che soprattutto mi hanno portato a viaggiare in auto per ore, ne ho presa una dando in permuta la mia (che oramai camminava a fatica), prendendone una di seconda mano. Sì, è una Mercedes, un'auto che mi permetta di non restare a piedi in questi lunghi viaggi e che mi accompagni il più a lungo possibile. Considerando che non so cosa ci sarà nel mio domani, sto cercando di trovare la stabilità in un momento in cui la terra trema sotto i piedi".

Concordo in parte  con 

Quello che si rimprovera a Malika, non è tanto di averci preso in giro (gli italiani lo fanno), o di averci fatto sentire stupidi (gli italiani lo sono), ma di avere messo in crisi il buonismo che ormai traccia la divisione fra destra e sinistra. Il caso, infatti, è tutto politico: è politico nelle sue premesse (la ragazza gay discriminata dalla famiglia retrograda immigrata); è politico nel suo sviluppo (la solidarietà della Comunità progressista che si stringe intorno alla vittima innocente della cattiveria altrui); è politico nella sua conclusione (grandi risate a destra).Fino a qualche giorno fa, chi avesse osato dire che una ragazza di 22 anni con un lavoro può benissimo andarsene di casa - anzi che è normale che se ne vada, e quindi ci restava per libera scelta; che "rifarsi" una vita a 22 anni fa sorridere - casomai la vita deve incominciare - ; che non si capisce in cosa l'essere lesbica le impediva di farsela, e dove e come la sua sessualità avrebbe causato opportunità perdute, che andavano compensate in denaro; che era un po' spregiudicato, e molto furbo, rivolgersi ai social per raccontare il suo dolore e che il dolore vero, in genere, non si banalizza in quel modo, sarebbe stato azzannato alla gola.Perché il problema è sempre quello: la presunta superiorità morale della sinistra, che non tollera dissenso e che cerca disperatamente un modo per manifestarsi. Spesso, a casaccio.Malika, diventata idolo della "battaglia" per il DDL Zan, o meglio della discussione , tutta emozionale e per niente tecnica , di un argomento che sarebbe tecnicissimo; diventata il volto nuovo di una battaglia vecchia, e cioè la ribellione alla violenza patriarcale; diventata simbolo dei millennials che intendono prendere in mano il loro futuro, ha dimostrato che OPS! anche i gay (e gli immigrati, e gli zingari, eccetera) possono essere disonesti; che spesse volte la vittima concorre nella violenza, almeno nella misura in cui la tollera volontariamente, e quindi si deve fare attenzione col giudizio; che i ventenni possono veramente essere dei bamboccioni col culo pensante, convinti che tutto gli sia dovuto e che sia lecito realizzare i sogni con gli imbroglietti, anziché con la fatica. Perché, attenzione, Malika è stata disonesta: in parte ha mentito (i famosi soldi in carità, la ONG della Boldrini, eccetera), e in parte ha giocato sul non detto.E' chiaro che chi ha donato per farle "rifare una vita", intendeva con quel gesto darle una possibilità di investimento in qualcosa di utile: l'università? l'apertura di una attività economica? andare all'estero?, ed è stato deluso.Non si tratta di mancanza di chiarezza, ma di una cosa più sottile, in cui concorrono le colpe. Chi ha donato ha proiettato su di lei una visione della "vittima" (che deve essere onesta, leale, riconoscente) tutta sua e lo ha fatto per ragioni di ego.Lei, che ha ricevuto, però ha giocato su questa dispercezione: altrimenti, avrebbe serenamente chiesto dei soldi per togliersi gli sfizi e divertirsi.ll problema perciò non è che si sia comprata la Mercedes, vestiti firmati, un canetto da 2500 euro (anche se questo riflette, siamo seri, pochezza di spirito), ma che ancora non abbia esplicitato nessun progetto per il suo futuro.In che modo i soldi raccolti le serviranno?Malika non lo sa, se no l'avrebbe detto.Ecco perché sono stati buttati. Per il resto, ormai i soldi sono suoi e ci faccia quel che vuole.Se per "rifarsi una vita". intende spenderseli in aragoste e champagne, buon per lei. Nessuno glieli tocca.Per la lezione che ha inflitto ai buonisti, se li è anche meritati. [...]


perchè oviio che Se metti in mano 120mila euro a una ragazza di vent'anni ( ovviamente senza generalizzare ) poi non ti puoi lamentare più di tanto se se li spende in cazzate.anch'io nelle sue stesse condizioni e  alo  sua stessa  età  mi sarei tolto più d'uno sfizio.
Ci fanno ridere quelli che quando danno due euro al punkabbestia, gli raccomandano di non berseli !

Come ho scritto no ricordo dove , aspettiamo (cosa che farà anche lei ipotizzo ) e la vedremo con la famiglia a c'è posta per te della de filippi o altrer trasmissioni raimediaset simili . Perchè secondo me è tutto organizzato per farsi pubblicità e fare soldi oltre che a cercare visibilità mediatica e sfondare nello showbiz , vedere il caso la hit  buongiorno da mondello di Angela Chianello, in arte Angela da Mondello, sembra la fine di un percorso dove la fama non voluta all’Oscar Wilde (parlane bene, parlane male, purché se ne parli) dopo l’ormai famosa e iconica intervista dell’inviata di Barbara D’Urso nella spiaggia palermitana nel  giugno del  2020  

20.11.16

tutti rivendicano la foto tranne chi l'ha scatta la foto sui pacchetti di sigarette



Le ipotesi sono 1) persone gemelle o sosia ., 2) qualcuno\a in cerca di pubblicità o risarcimenti .

Infatti il primo a " rivendicare " tale    foto

come rubata è un uomo di 48 anni, Raffaele Leone,( foto sotto  a  sinistra  ) residente a Orbassano in provincia di Torino, il quale pare abbia affidato al social Facebook la sua denuncia, accusando l’Unione europea di aver preso la foto del padre senza alcun tipo di autorizzazione per la sensibilizzazione contro il fumo.


Si tratta dell’ennesima denuncia da quanto è entrata in vigore la normativa dell’Unione europea che prevede l’utilizzo di immagini per sensibilizzare i consumatori
sui danni provocati dal fuoco, e sono in tanti coloro i quali riconoscono se stessi o un loro caro sui pacchetti di sigarette. “La persona sulle foto dei pacchetti di sigarette è mio padre, ho tutte le prove e quella foto non è mai stata autorizzata”, è questo quanto dichiarato da Raffaele Leone, che come anticipato ha voluto raccontare quanto accaduto attraverso un lungo post, pubblicato sul noto social network Facebook.
“La foto compare sotto la scritta ‘il fumo causa ictus e disabilità’ e non è mai stata autorizzata“  anche  se  la  UE
arriva dalla Galizia, in Spagna, la denuncia di un uomo che ha intentato una causa contro Bruxelles per la campagna comunitaria antifumo partita lo scorso febbraio. La direttiva europea prevede l'uso di foto choc per scoraggiare l'acquisto del tabacco. L'uomo spagnolo però ha specificato che la sua immagine su un letto di ospedale è stata scattata a sua insaputa e fatta circolare senza la sua autorizzazione. Inoltre, le sigarette non c'entrano.
L’immagine, riporta La Voz de Galicia, venne scattata in ospedale tre anni fa, dopo un delicato intervento alla schiena che prevedeva l’inserimento di protesi in titanio per curare dolori alle articolazioni. L'uomo ha comprato le sigarette e si è riconosciuto in quella foto di tre anni prima. Sul pacchetto di sigarette si legge invece: "il fumo provoca disabilità".
L'uomo ha denunciato il fatto alla Guardia Civil del suo paese, ma ci sono dei precedenti: una donna di Barcellona avrebbe riconosciuto nelle immagini choc il marito, intubato e incosciente, collegato con una macchina per la ventilazione meccanica dopo un intervento per rimuovere un tumore forse legato al fumo. La foto è circolata senza il suo consenso. 
'unione   Europa  afferma  : << Abbiamo già ricevuto alcune lamentele da individui di nazionalità diverse rispetto alla stessa immagine e che ritengono di essere stati ritratti senza consenso. Tuttavia, abbiamo documenti molto scrupolosi che dimostrano come abbiamo il pieno consenso di tutte le persone ritratte in queste foto”, hanno spiegato da Bruxelles. “Sappiamo chi sono tutte le 42 persone ritratte ma non possiamo rivelare la loro identità per proteggere il loro diritto alla privacy” hanno concluso da Bruxelles. Le istituzioni Ue sostengono che le immagini sui pacchetti abbiano tutte le necessarie autorizzazioni  >> (  da  http://newsitaliane.it/ più recisamente  qui
La  cosa  è grave   di come i poteri   statali e burocratici   usino  ,  ingannandoti   ( sia  che  ti abbiano  chiesto la   il permesso      sia  che non te  l'abbiano  chiesta   per  l'uso  della  tuia immagine  )  .  Capisco   se presa  un evento pubblico  , ma  cazzarola 😡in evento   privato  e doloroso  un letto  d'ospedale  . Soprattutto    con lo sviluppo  di  programmi   digitali ed  elettronici  che creano  elettronicamente  le foto  .😟
Mala tempora  currunt

3.3.13

basta essere omonimi di Beppe Grillo è la pagina sul social network è diventata inaccessibile perché sommersa da valanghe di messaggi e da centinaia di richieste di amicizia indirizzate al comico-politico

la  vita  è fatta  di cose  starane   .Eccone una   da  repubblica  online del 3\3\2013

"Facebook è diventato un inferno
perché mi chiamo Giuseppe Grillo"

L'omonimo del leader di M5s è un impiegato 39enne di Milano la cui pagina sul social network è diventata inaccessibile perché sommersa da valanghe di messaggi e da centinaia di richieste di amicizia indirizzate al comico-politico

di LUCIA LANDONI



Lo ammira e la settimana scorsa gli ha dato il suo voto, ma non è certo disposto a regalargli il suo profilo Facebook e la sua vita sociale, almeno quella che passa attaverso il web: Giuseppe Grillo, impiegato 39enne, è abruzzese d'origine ma ormai da anni milanese d'adozione e - ci tiene a ribadirlo - non ha nulla a che fare con il fondatore del Movimento 5 Stelle, ma negli ultimi giorni sta scoprendo quanto possa essere difficile convivere con il nome che porta.
Giuseppe Grillo con la moglie

"Seguo Grillo fin dai tempi in cui era ancora solo un comico e finora questa omonimia era stata persino piacevole - racconta - Ma dalle elezioni la situazione sta diventando decisamente difficile da gestire".
Da quando il voto ha segnato il trionfale ingresso del Movimento 5 Stelle in Parlamento, la pagina Facebook di Giuseppe Grillo è stata subissata di richieste di amicizia - "400 solo negli ultimi tre giorni" - e complimenti, andando in tilt. "Sul mio account, a cui per inciso non riesco più ad accedere, avevo già specificato di non essere il famoso Grillo - continua - Tra l'altro, lui su Facebook è registrato semplicemente come Beppe. Eppure non è stato sufficiente".
Del resto, l'esperienza di Giuseppe Grillo sul social network è sempre stata connotata dall'ingombrante presenza del celebre omonimo: "I miei amici mi chiamano da sempre Peppe e quindi quando mi sono registrato su Facebook, ormai tre anni fa, ho pensato di usare quel soprannome e di iscrivermi come 'Peppe Grillo' - spiega - Ma poi, proprio  temendo confusioni con il Grillo nazionale, ho optato per il nome per esteso. E' servito a ben poco". Non appena la sua identità virtuale ha debuttato sulla rete, è iniziata la raffica di richieste d'amicizia - "molto più numerose di quelle ricevute da tutti i miei conoscenti" - e in seguito, con l'intensificarsi dell'impegno del comico genovese in politica, sono arrivati i messaggi di sostegno e incoraggiamento, provenienti da tutta Italia.
"Senza volerlo, ho avuto l'opportunità di svolgere una piccola indagine sociologica, raccogliendo i pensieri e le proteste di tanti connazionali - prosegue - Mi scrivono cose tipo 'Continua così' o 'Mandali tutti a casa questi buffoni'. E sono rimasto molto colpito dal fatto che non ho mai ricevuto insulti. Sempre e solo manifestazioni di grande apprezzamento". Dalla sua posizione di osservatore privilegiato del popolo dei grillini, Giuseppe aveva previsto il successo del Movimento 5 Stelle alle elezioni, ma non se lo sarebbe mai immaginato così travolgente: "Sto addirittura pensando di candidarmi anch'io la prossima volta - scherza - Ormai godo di una grandissima popolarità, anche se di riflesso".
Nel frattempo ha scritto a Facebook, nel tentativo di recuperare la propria identità sulla rete: "Credo che il problema non sia solo mio, ma di tutti gli omonimi di Grillo - conclude - Sto aspettando che mi facciano sapere qualcosa sulla possibile soluzione del problema. Sono anche disposto a cambiare account. Voglio tornare ad essere semplicemente Peppe".

29.10.12

Si chiama Salvatore Parolisi, insultato su Facebook Vittima degli insulti un commesso olbiese che ha la sola colpa di chiamarsi come l’uomo condannato all’ergastolo per avere ucciso la moglie

 dalla nuova  sardegna  online del 29\10\2012

Su Facebook una pioggia di insulti, ma anche di richieste di amicizia, oltre 500. Ma il povero Salvatore Parolisi, cliccatissimo sul social network, non è l’uomo condannato un paio di giorni fa all'ergastolo per avere ucciso la moglie Melania Rea, ma è solo un povero commesso di 37 anni che lavora a Olbia. Un banale caso di omonimia che ha fatto finire sul patibolo virtuale il commesso, la cui unica colpa è di avere lo stesso nome e lo stesso cognome dell’uomo condannato un paio di giorni fa all'ergastolo  Tra loro nessun legame di parentela. «A me non interessano le vicende giudiziarie di quell'uomo – spiega Parolisi, l’olbiese –, ma vorrei essere lasciato in pace. Non è piacevole essere sommersi di insulti per colpe non proprie, per un puro caso di omonimia. Da alcuni giorni il mio profilo su facebook è stato preso di mira da migliaia di persone. Qualcuno si è convinto che sia io quel Parolisi e ha deciso di sfogarsi sul mio profilo. Chiedo a tutti maggiore rispetto». Per il povero Parolisi di Olbia un’odissea che per ora non sembra avere una facile soluzione. Complicato difendere il proprio onore virtuale nel mondo senza filtro della rete.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...