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26.9.22

«Dal mare e dalla natura selvaggia arrivano le mie creature magiche» La storia di Enrico Mereu, scultore e unico abitante dell’Asinara

da la nuova sardegna del 25\9\2022

 In quella che a tutti può sembrare una pietra insignificante, lui ci vede del preziosissimo materiale per scolpire le sue creature, a volte fantastiche, a volte ispirate alla natura. E da quei detriti di legno che il mare quotidianamente gli deposita sulla spiaggia sotto casa, lui riesce a realizzare opere stupefacenti. Così come fa plasmando con mazzetta e scalpello una gigantesca radice di olivastro recuperata per caso in campagna. Per esempio “L’esaltazione del creato”, capolavoro realizzato appositamente per il Giubileo del Duemila, dal quale prendono corpo, oltre a San Francesco, ben trentacinque animali: dal lupo ai cinghiali, dal serpente ai colombi. Sculture capaci di impressionare molti critici d’arte, ma che non hanno mai cambiato la personalità umile e gentile del loro autore, Enrico Mereu, 63 anni, ormai  noto come “Lo scultore dell’Asinara”, visto che da tempo è l’unico abitante dell’isola. Un paradiso che non ha più lasciato dal gennaio del 1980, quando vi si trasferì, a dirla tutta senza troppo entusiasmo, per fare l’agente di polizia penitenziaria. «Fu mio padre, quando ero pronto a partire per la leva militare, a convincermi a fare quel mestiere – racconta Mereu –, in fondo nella nostra numerosa famiglia uno stipendio fisso contava moltissimo. Ma pur avendo svolto il mio lavoro con estremo zelo, non mi sono mai appassionato, anzi. Poi, certo, all’Asinara mi è capitato anche di conoscere persone eccezionali come Falcone e Borselllino, che negli anni Ottanta passarono alcuni mesi sull’isola per istruire il maxiprocesso contro la mafia. 


Ma il carcere è un ambiente triste sia per i detenuti sia per le guardie». E poi Enrico, sin da bambino – cioè da quando viveva a Nurri, paese al confine tra Barbagia e Ogliastra – aveva mostrato attitudini artistiche non comuni. «Avrò avuto al massimo sei anni – rivela lui stesso – e ricordo che per tre giorni mi presi una brutta influenza con febbre così alta che durante la notte avevo quasi delle allucinazioni: vedevo creature mostruose, animali, cose del genere. Fatto sta che una volta guarito mi venne voglia di riprodurre quelle visioni tanto particolari plasmando la creta o scolpendo le pietre. Diciamo che avevo questa dote: guardavo le pietre o il legno e nella mia mente mi appariva l’opera già finita. Furono i miei fratelli maggiori a procurarmi i materiali per muovere i primi passi da artista». I riconoscimenti e le prime soddisfazioni non tardarono ad arrivare. «Alle scuole medie – continua Enrico – un insegnante rimase incredulo davanti ad alcuni miei lavori e per sincerarsi che era tutta farina del mio sacco mi chiese di realizzarne uno durante la lezione. Ricordo ancora il suo stupore. Ma la vera svolta ci fu quando un professore acquistò una mia scultura in pietra che raffigurava un’aquila reale. Me la pagò la bellezza di 25mila lire, all’epoca una cifra considerevole. Tanto che davanti a tutti quei soldi persino mio padre, che da ufficiale giudiziario guadagnava 23mila al mese e che francamente non aveva mai visto di buon occhio la mia passione per la scultura, cominciò pian piano a cambiare idea e a puntare sul mio talento. Da un giorno all’altro iniziò a portarmi davanti a grandi pietre e a chiedermi: “Enri’, che cosa vedi? Ajò, dimmi che cosa vedi dentro questa pietra? “E io a rispondergli: “Babbo, ma così a comando non ce la faccio, deve essere una cosa spontanea». Negli ultimi anni Enrico Mereu ha allestito molte mostre personali e numerose sono le sue presenze a esposizioni collettive o a simposi, così come molteplici sono i riconoscimenti e i premi ricevuti. Le sue opere sono diventate parte di collezioni di grande prestigio, sia pubbliche che private, tanto che tra i luoghi che le ospitano ci sono il Quirinale, il Palazzo della Provincia di Sassari, il Palazzo Reale all’Asinara e nelle piazze principali di numerosi paesi. Tutto fatto senza mai   lasciare l’Asinara. «Ormai non potrei più andarmene – rivela – e anche d’inverno quando si svuota dei visitatori, riesco ad apprezzarne la bellezza, con gli animali che si avvicinano a casa. La solitudine è dura, ma a me piace»

14.11.21

solitario cammino

Leggi anche  
http://qualcosavicinoallamore.blogspot.com/2013/11/elogio-della-solitudine-fabrizio-de.html https://libreriamo.it/intrattenimento/musica/elogio-solitudine-fabrizio-de-andre-coronavirus/


Ieri il consueto turno del sabato mattina all'associazione del commercio solidale si è rilevato più impegnato del previsto perchè il prezzo degli articoli da prezzare e sistemare non risultava in bolla e quindi oltre a servire i clienti e prezzarli si doveva cercare sul sito di dei consorzi l'articolo con il relativo prezzo .

Quindi la  sera     , anche   se per cazzeggio  o  cercare   storie per il  blog  non  avevo tanta  voglia   ho  deciso  d'evadere   camminando  . Ho provato a chiamare   gli  amici  ,ma   tra  partner  e  famiglia    con  figli   , erano impegnati  o  non rispondevano  al telefono . Ed  ecco che   come  sempre  solitario come sempre o  quasi  ( il risultato di non aver legami sentimentali  o matrimoniali ) e d'essere troppo libero ed indigesto per gli amici  sono andato    a camminare  tra   i  viali    alberati  ed  il boschetto del mio paese  (  ne  trovate  nel post le  foto )







ne  ho  approfittato  per  immergimi nei colori autunnali   che   fanno  si che  l'autunno    triste   di per  se      sia  allo  stesso tempo   una  stagione  da  colori bellissimi    come      la  primavera  .






Ora   alcuni   penseranno    che << Così facendo ti perdi una parte di vita . che   stia  facendo  l'elogio della  solitudine    o     dell'individualismo  asociale  ,   dello  zitellaggio   >> Oppure    che  mi  voglia  male  

    ****Giuse, perché pensi di essere indigesto?
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  • Giuseppe Scano
    ***** nel senso Fig., di persona o cosa, insopportabile, difficile a tollerarsi: quell’uomo mi è proprio i.; una conversazione, una lettura i., molto noiosa. se nessuno mi cerca per uscire o per chiedermi come sto un motivo ci sarà ?
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  • *******
    Giuseppe Scano la gente forse pensa che tu sia felice ed appagato nella tua solitudine e non ti cerca per questo....non ci sono motivi a volte se non si è cercati

  •  Vero  un  certo senso si  sto facendo un elogio d'essa   . Ma  allo stesso tempo  ho    voluto mettere  in evidenza  un altro lato della  solitudine  quella che   https://spettacolo.periodicodaily.com/elogio-della-solitudine/ recensendo  \  analizzando questa  introduzione   che Fabrizio  de  Andrè faceva  ad Anime Salve   




     chiama   Il privilegio della solitudine. 


    “Si sa, non tutti se la possono permettere (…) solitario è un politico fottuto di solito.“ Queste prime parole tratte dall’elogio della solitudine, ci donano un nuovo paio di lenti, al fine di osservare da un punto di vista insolito il fenomeno in analisi. Per quanto sovente la solitudine sia vista in maniera negativa, e in effetti in certi casi lo sia, De André ci tiene a descriverla inizialmente come una sorta di privilegio.

    Infatti, se si riflette bene, questa connotazione è perfettamente sensata. Basti pensare, ad esempio, a chi vive nel disagio della malattia. A tutti coloro che desidererebbero anche solo un briciolo di solitudine, poiché quest’ultima sarebbe sinonimo d’indipendenza.
    Dobbiamo inoltre riconoscere che, nonostante la nostra vita sia immersa nel sociale spesso ci porti a ricercare la solitudine, non sempre ciò si riveli facile. Nessuno può vivere completamente solo.

    Da soli si cresce, ma si hanno a disposizione minori occasioni confronto. E confrontarsi ci rende adulti. Da soli non si guadagna da vivere. Che sia il politico, o l’artigiano, tutti necessitiamo d’interazioni umane al fine di poterci permettere la vita.

    elogio della solitudine ragazza
    <<Però, sostanzialmente quando si può rimanere soli con se stessi (…) dalla foglia che spunta di notte in un campo fino alle stelle.>>
    Nella lingua italiana, la parola solitudine delinea un individuo solo, privo di compagnia; che ciò abbia una connotazione negativa o meno, lo stabiliamo noi.
    Al contrario, in inglese esistono due termini distinti per indicare la solitudine: “loneliness” e “solitude“. Il primo, descrive la sensazione di tristezza e disagio causata dal sentirsi soli nell’affrontare la vita. Invece, “solitude“, si potrebbe definire come una “solitudine per scelta“. Ed è proprio questa la tipologia di solitudine che De André descrive in questi versi. Ed ecco che   concordo con  il sito prima  citato  << Scegliere d’isolarsi, non significa, in questo caso, annullarsi, voler evitare di guardare il mondo e di riflettersi su di esso. L’autore propone la solitudine come mezzo di conoscenza del circostante. Ritrovarsi soli, può rivelarsi un’occasione preziosa per guardare il mondo con occhi nuovi. Esonerandosi dalla vita sociale, ci si allena a osservare i dettagli. Si apprende a dare importanza a ogni singola cosa, a ricercarne il significato. Alla fine, si giunge alla comprensione che anche noi stessi non siamo altro che un dettaglio della natura. E in quanto tale, meritiamo importanza, possediamo un senso di esistere. L’elogio della solitudine può avere come altro scopo, il ritrovamento di un senso della vita perduto.>> Essa può fungere da introspezione: conoscere se stessi  << E ci si riesce ad accordare meglio con questo circostante, si riesce a pensare meglio ai propri problemi (…) credo che si possano trovare soluzioni anche per gli altri.“>>
    Non solo il circostante. De André, nel suo elogio della solitudine, desidera fare chiarezza su un altro punto focale: quello della conoscenza di se stessi.
    Qual è il comportamento che assumiamo nel momento in cui incontriamo una persona nuova? Se quest’ultima ci risulta interessante, a poco a poco vorremo sapere tutto di lei, o perlomeno, più informazioni possibili. Le chiederemo della sua storia, dei suoi gusti personali, delle sue esperienze. Di volta in volta osserveremo i suoi gesti, le sue abitudini, le sue caratteristiche più intime.

    E noi?
    Lo facciamo perché per farsi un’idea di un determinato soggetto, è fondamentale per conoscerlo. Se siamo però così costantemente concentrati sugli altri, possiamo veramente affermare di conoscere noi stessi? Siamo davvero amici della nostra persona?
    Quesiti apparentemente banali, poiché tutti siamo convinti di conoscere noi stessi meglio di chiunque altro. Eppure, non è sempre così. E a questo scopo, la solitudine ci viene in aiuto. E’ infatti solo facendo un passo indietro dalla società, che riusciamo a riscoprire la nostra essenza. Nella solitudine, spariscono le influenze, diminuiscono i rumori di sottofondo, si attenuano le luci. E restiamo noi. Noi, e il nostro elogio della solitudine.

    quindi    non mi sto privando  di nessun aspetto della    vita o smettendo  di amare  le donne  o    del  volermi fare   una  famiglia   ma   visti  i risultati  delle mie  ricerche  (  voi  done  siete  strane   uno vi chiede  d'uscire  o   vi da  il suo numero  di telefono  e  voi  subito  lo rimuovete  o lo  mandate a  quel paese   credendo  che   voglia  subito   ..... ci  siamo  capiti  😜😉  )  ho smesso  di cecare 


    26.9.17

    Cosa è la solitudine? coviverci , accettarla , trasformarla

    colonna  sonora
    l'album   anime  salve - de  andrè 
    Giorgio Gaber - C'è solo la strada
    Giorgio Gaber - I Soli

    per approfondire
    https://it.wikipedia.org/wiki/Solitudine
    https://lamenteemeravigliosa.it/affrontare-la-solitudine-saggio/
    https://www.salute-e-benessere.org/salute/solitudine-e-sentirsi-soli-ecco-come-uscire-dal-tunnel/
    Leggendo i vari  post  dei  compagnidistrada  facebookiani  ho trovato questo post  interessante  
    Cosa è la solitudine? Ve lo siete mai chiesto?
    Be la solitudine è diversa da prima, da qualche anno fa, oddio forse no anzi, forse ad essere cambiati sono solo i mezzi per manifestarla; la solitudine è quando aspetti in tintinnio di un messaggio whatsapp che probabilmente non arriverà mai, quando ad ogni vibrazione di quel maledetto smartphone tu bramosamente controlli per rimanere puntualmente deluso, nulla sarà mai come quel messaggio che aspetti, non potrà mai esserlo; prima forse aspettavi con ansia il postino, aspettavi una lettera, o una telefonata forse…La solitudine è non voler tornare a casa ed aprire il portone sul desolante vuoto che impregna il tuo appartamento e te stesso; la solitudine è il voler continuare e non fermarsi, qualsiasi cosa tu faccia non vuoi fermarti, se ti fermi lei è la, in agguato e si impossessa della tua mente…Solitudine è sedersi al volante e alzare il volume.Solitudine è sospirare senza che nessuno ti chieda il perché.
    Solitudine è svegliarsi nel cuore della notte con un immagine nel cervello. Solitudine è insonnia, insonnia e pensieri per tutta la notte.
    Solitudine è avere le lacrime agli occhi e doverle trattenere.
    Solitudine è voler parlare con qualcuno ma non riuscire a farlo.
    Solitudine è camminare lento senza una meta.
    Solitudine è leggere e non riuscire a farlo.
    Solitudine è ascoltare musica, musica triste.
    Solitudine è guardare e riguardare le foto di un tempo che fu.
    Solitudine è provare a scattare una foto senza riuscirci.
    Solitudine è compiere i gesti quotidiani anche se dentro la tristezza domina.
    Solitudine è indossare una maschera con tutti.
    Solitudine è cercare di essere felici, e cinici anche.
    Solitudine è chiuderti in te stesso.
    Solitudine è… è…
    Solitudine è tante cose, è tante di quelle cose che non potrebbero mai essere contenute in un misero foglio di carta…
    E’ effimera la vita, tu puoi sentirti solo anche nel posto più affollato del pianeta; anche questa è solitudine…


    Secondo me per esperienza del mio viaggio fin qui fatto dalla solitudine si guarisce È uno stato temporaneo, talvolta necessario, dal quale spesso siamo obbligati a transitare ogni qualvolta la nostra vita arriva ad un bivio. Tu il bivio lo hai appena superato, solo che non sai se la strada che stai percorrendo ti porterà a nuove mete o facendo un lungo giro ti riporterà al punto in cui hai iniziato questo viaggio. Sappi però che in ogni caso la solitudine pian piano sparirà, perché qualunque sia la meta, questa sarà l'inizio di una vita nuova. Perché il viaggio, inevitabilmente, ti avrà cambiato.Infatti cvome dice  un altra mia  amica    nei commenti a questo post  
    Immacolata Ziccanu Ogniuno di noi porta dentro la propria solitudine, ma ci si abitua. La più devastante in assoluto è la solitudine affettiva, quella per cui sai di contare niente per alcuno! le altre si superano più facilmente col tempo. Un abbraccio!

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    10 ore faModificato.

    Pero sono convinto che essa   non d'essere intesa solo come u qualcosa di negativo ma anche di costruttivo perchè essa ci permette di  riflettere  su noi stessi e sul monmdo      di esercitare  "esplorazione attraverso ombre, riflessi e proiezioni...consapevoli e inconsapevoli" e quindi trasformarla in qualcosa di creativo




    Quindi poichè Noi siamo soli, sempre. Noi non siamo soli, mai. Per la prima volta mi rendo conto che entrambe le frasi hanno un senso e una verità. Mi chiedo Ma la solitudine, in fondo, esiste davvero? O è un'illusione? Se la comunione non sempre si realizza, la solitudine, in fondo, non ha luogo finchè ci siamo noi.
    Ed è auspicabile ricercarla, nei silenzi e nell'assenza di pensieri, finalmente, o nella contemplazione, immobile, non giudicante. La solitudine non solo dagli altri, ma anche da sè stessi, dal proprio ego. Un po' di sollievo. Tutto questo non è fine a sé stesso, ma è anzi una ricarica di energia, una ritrovata condizione di lucidità, per poi ritornare e poter dare agli altri, alla vita, un senso che si credeva perduto, che sfuggiva.








    2.7.17

    solitudine

    deliberatamente trastto dala serie disney : ducks on the road ( puntata 4 )

    sono su isola nel mare ,
    sono un porto a cui approdare.
    Sto sedutoin spiaggia ed aspetto
    senza fretta e senza un tetto
    di vedere al'orizzonte
    comparire le vele , il ponte
    di una nave , marinai
    ---- ma nessuno arrivai mai

    e cosi mi sento solo .
    scrivo giù qualche parola
    che poi affido a una bottoglia :
    cerco casa .. e una famiglia
    la bottiglia se ne va ,
    mentre iorimango quà

    E il mattino successivo
    quando pèoi alla spiaggia arrivo ,
    ne trovo a centinaia ,
    arenate nella baia
    In ogniuna un bel messaggio
    che mi dice " su coraggio !
    Non sei solo ad essere Solo .....
    e già questo mi consola

    forse per un giorno partirò ....
    nel frattempo scrivo un po'

    14.2.17

    Roberto Baggio, il campione diverso rimasto tra noi con la sua assenza

    N.b
     stavolta   non ho nessuna  colonna sonora o musica  consigliata , se  non questa  che mni ritorna  all'orecchio e  mi evoca   ricordi  d'infanzia



      da proporre in quanto  ci sono già le belle canzoni  di  : Cesare Cremonini ,  Tiziano Ferro , Lucio  Dalla presenti  nel filmato   sotto    riportato


    Non è necessario essere  onnipresenti   sui media  o  in rete  ( infatti  la  sua pagina ufficiale su  fb non  viene aggiornata  dal  2  settembre  2014 precisamente  da  questa  foto   riportata sotto ) 

    L'immagine può contenere: 5 persone, persone che sorridono, persone in piedi e vestito elegante

       da http://www.repubblica.it/  del   13\2\2017


    A 50 anni Roberto Baggio è fuori: dal gioco, dal calcio, da ogni falò delle vanità.
    Infatti secondo    Ha smesso da oltre dieci anni di misurare il mondo con le righe del campo. Non rilascia interviste, non parla di calcio, non presenzia. Gli è riuscita la magia di scomparire dal palcoscenico, di evitare l'invenzione della nostalgia, niente più c'era una volta in America. Se n'è andato senza avere conti in sospeso con i ricordi, fedele all'idea che un addio è un pallone che non torna indietro. Via la luce, i crucci, e niente più finte. Eppure è stato il pre-Messi e il pre-Neymar, l'ultimo attaccante italiano Pallone d'oro ('93), e l'anno dopo poteva ripetersi (secondo dopo Stoichkov), l'unico azzurro ad aver segnato in tre mondiali diversi ('90, '94, '98), due figli in coincidenza: Valentina ('90), Mattia ('94), l'ultimo, Leonardo, nato invece nel 2005. Miglior marcatore (9 gol) con Rossi e Vieri. Selezionato in nazionale con cinque squadre diverse: Fiorentina, Juventus, Milan, Bologna e Inter. Convocato da 4 ct: Vicini, Sacchi, Maldini e Zoff. Osteggiato e contestato da molti di più, spesso trattato da zoppo, da numero 10 dimezzato, banale portatore di male.






    Un diverso, un atipico, uno col codino, poco macho, e per di più buddista. Un coniglio bagnato, per l'avvocato Agnelli. Un nove e mezzo per Platini. Un asso rococò che mette il dribbling anche nel caffellatte, per Gianni Brera. Un involontario agitatore sociale, sempre per l'avvocato Agnelli. "Una volta scendevano in piazza per protestare contro la Fiat, oggi perché Baggio non vada alla Juve. Direi che il paese è migliorato". Questo prima che Baggio si rifiutasse in maglia bianconera di battere un calcio di rigore contro la Fiorentina, ma soprattutto contro la sua ex città Firenze, che per tenerlo era scesa in piazza, come una madre che non si lascia strappare il figlio, scontrandosi con la polizia, con le vecchiette che dalle terrazze di piazza d'Azeglio gettavano i loro vasi di gerani e di limoni contro gli agenti. Baggio per la città era un bene culturale, un quadro degli Uffizi, un Michelangelo moderno, fa niente se nato in Veneto, era comunque un fratello rinascimentale, pure la sua ricerca del tiro a giro sul secondo palo. Tanto che il questore definì la rivolta "una psicosi di folla", senza capire che il calcio nelle sue geometrie distribuisce sentimenti e che il cuore non sempre può essere dribblato.

    Baggio è uscito dal campo il 16 maggio 2004, dopo sedici anni di sorrisi, ma anche di dolori e di ginocchia sfasciate, con una sola frase: "Ho dato tutto". E non è più rientrato se non un tentativo federale di farlo presidente del settore tecnico, incarico di facciata lasciato dopo tre anni. L'uomo sbagliato al posto sbagliato. Baggio non ha mai preteso, né comandato, né commentato. Soprattutto dopo la sua conversione buddista: "Tutto arriva dentro di me a mia insaputa". È rimasto un figlio della società contadina, un principino della zolla, uno che amava giocare a calcio, non parlarne, tutto quello che rotola attorno al pallone non gli interessa. Tv, conferenze, visibilità: no grazie. E nemmeno fare l'ambasciatore tra i fili d'erba. Non ha più rimesso gli scarpini. Non guarda più le partite, fa eccezione solo per la squadra argentina del Boca Juniors. Non ha mai voluto costruire un impero, gli bastava essere il cavaliere della passione, il Crociato del divertimento. Si è sottratto da quel "da quando Baggio non gioca più non è più domenica", come canta Cesare Cremonini. Però il calcio italiano anche a Sanremo è ancora quel suo rigore calciato alle stelle nello stadio di Pasadena nel '94, a undici metri dalla felicità, anche se non è detto che l'Italia senza quello sbaglio avrebbe

    vinto il mondiale (prima di lui avevano fallito Massaro e Baresi). Come se quella grande illusione contasse ancora di più della grande impresa del 2006.


    Nel 2010 a Hiroshima, votato dai premi Nobel, ha avuto il World Peace Award, primo caso di un calciatore che vince il titolo di Uomo di Pace per i suoi assist alla difesa dei diritti umani. A 50 anni la vita è fatta di altre partite. E si può segnare in altri modi. Conigli bagnati si asciugano e corrono felici.


    Infatti   egli è un calciatore (o vip se preferite  )  modesto  , anche  troppo ,  riservato .   che ha  dato  tutto (  vedere  scheda  al lato presa dalla sua voce  di   https://it.wikipedia.org/ 
    Una  vita   da  mediano (  per  parafrasare  l'omonima  canzone )  insomma 
    Roberto Baggio - Italia '90.jpg
    Roberto Baggio in maglia azzurra nel 1990
    NazionalitàItalia Italia
    Altezza174[1] cm
    Peso72[1] kg
    Calcio Football pictogram.svg
    RuoloAttaccantecentrocampista
    Ritirato1º luglio 2004
    Carriera
    Giovanili
    1974-1980600px Rosso e Granata.png Caldogno
    1980-1982L.R. Vicenza
    Squadre di club1
    1982-1985L.R. Vicenza36 (13)
    1985-1990Fiorentina94 (39)[2]
    1990-1995Juventus141 (78)
    1995-1997Milan51 (12)
    1997-1998Bologna30 (22)
    1998-2000Inter41 (9)[3]
    2000-2004Brescia95 (45)
    Nazionale
    1984Italia Italia U-164 (3)[4]
    1988-2004Italia Italia56 (27)
    Palmarès
    Coppa mondiale.svg Mondiali di calcio
    BronzoItalia 1990
    ArgentoStati Uniti 1994
    1 I due numeri indicano le presenze e le reti segnate, per le sole partite di campionato.Il simbolo → indica un trasferimento in prestito.
    Concordo con questo articolo  del sito   http://www.ilbianconero.com riportato  sotto e   da  cui ho  estrapolato i pezzi più significativi  

    Roberto Baggio, sulla soglia dei suoi primi cinquant’anni, è buddista. Il secondo dei principi fondamentali dettati dal Buddha sostiene che il ciclo vitale di ciascun individuo e di ogni elemento terreno si risolve nei passaggi  obbligati del nascere, crescere, decadere e scomparire. Roberto Baggio è scomparso. Non lui come individuo, naturalmente, ma la sua immagine di cartapesta che i Mangiafuoco del mondo del pallone gli avevano costruito addosso immaginando che, così facendo, avrebbero dato vita ad un bellissimo e affascinante “mostro” usabile e sfruttabile ogni oltre ogni legittimo confine temporale. Il mito. La leggenda. Il pifferaio magico. Illusi che avevano capito niente.
    Roberto Baggio, volutamente e coscientemente, dopo essere nato e cresciuto eppoi aver consumato nel dolore fisico e morale la propria decadenza alla fine è scomparso esattamente come impone la regola cardine della sua religione che è anche filosofia oltreché legge immutabile dell’universo. (...) Con felicità e con serenità. Nessuna intervista. Nessuna comparsata televisiva. Nessuna interferenza a commento di un mondo professionale che pure gli appartenne per competenza e per qualità. Nessuna notizia da “vendere” alle copertine del suo presente, di quello di sua moglie e dei suoi figli. Nessuna attenzione alle cronache di quello che per lui è stato e sempre sarà soltanto un gioco. Una piccola e brevissima illusione, soltanto. Quando viene chiamato in Federazione per, dicono, ricoprire un ruolo importantissimo e utile all’educazione sportiva dei bambini. Una balla spaziale. Se ne accorge nel giro di tre mesi. Se ne va. Anzi, forse lì non c’era mai stato.(....)Lui che si guarda bene dal prendere incarichi ufficiali da “ambasciatore” il cui compito sarebbe quello di produrre denaro vendendo la sua immagine di icona del pallone. Poi in Argentina dove va a caccia senza uccidere e dove soddisfa le ultime voglie di calcio andando a vedere qualche partita del Boca che è la sua squadra del cuore. Neppure nel paese di Caldogno lo vedono più di tanto. Vive nella sua “facenda” veneta la sua nuova età del contadino a tempo pieno nel nome e nel rispetto dei suoi antenati che lavoravano la terra. Non è più il simbolo del rigore sbagliato a Pasadina e neppure di quello non calciato a Firenze. Non è più il “Nove e mezzo” di Platini o il “Coniglio bagnato” dell’Avvocato. Erano stereotipi, quelli. Sovrastrutture create da altri per lui il quale di tutta quella baraonda intorno non aveva mai provato il bisogno. Un prato, un pallone e una porta dove metterlo dentro. Anche soltanto due sacchi a fare da pali e la luna a illuminare l’erba. Questo e basta ha sempre voluto. Il resto gli è stato dato perché lui lo ha meritato. Non richiesto. Resterà nelle canzoni di Cremonini e di Ferro. Nelle fotografie degli archivi di tutto il mondo. Negli articoli scritti per narrare le sue avventure. Resterà il mito. Non Roberto Baggio che, scegliendo di non esserci più, ha dato l’esempio più clamorosamente bello e pulito a quella parte di mondo che pur di esserci ad ogni costo venderebbe l’anima al diavolo


     mi piace concludere  questo articolo con una frase   dello stesso baggio  , lui  che  ha  sbagliato   il rigore decisivo  (  secondo  alcuni )  di Italia-Brasile  finale  mondiali   1994 « I rigori li sbagliano soltanto quelli che hanno il coraggio di tirarli. » Roberto Baggio










    «Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

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