Non fanno rumore. Camminano tra noi, con la levità degli angeli.
Ma non hanno nulla d'etereo. Sono volti e storie come tanti, come
tutti. Percorrono lo stesso destino, e
quando fanno il bene, spesso, non se ne accorgono. L'assaporano, come
fosse un bicchier d'acqua, poi irrompe l'imprevisto, l'efferata
eccezione, e li trova attoniti ma pronti. Così la loro normalità
s'impone e giganteggia.
Portano nomi diversi a seconda delle nazionalità. In questi giorni erano italiani. Ma oggi ne scopriamo altri. Uno di loro si chiamava Faraaz, bangladese.
Portano nomi diversi a seconda delle nazionalità. In questi giorni erano italiani. Ma oggi ne scopriamo altri. Uno di loro si chiamava Faraaz, bangladese.
Aveva un bel viso
liscio, i tratti delicati, l'occhio acuto e docile, come molti delle sue
parti. La magrezza del Sud-Est asiatico non stona in abiti occidentali,
non ha mai avuto nulla di coloniale; ha conservata intatta la sua anima
meditativa e anarchica. Faraaz non faceva eccezione. Studente,
immaginiamo brillante, di qualche Università americana, era rientrato
nel suo paese per una breve vacanza, portandosi dietro due amiche come
lui bangla, come lui musulmane, come lui antiche e moderne. Facce da
melting pot, tè e buoni libri, rock and roll e tende di sguardi. Poi
sono arrivati quelli là che dicono figli di riccastri, che non hanno mai
fatto altro che abbaiare, e non se ne capisce il motivo. Ma non ne
esistono, di motivi. Esistono spazi d'arrivo terribili in cui i Faraaz
provano sgomento e paura, com'è normale. Ma gli ululanti lo rassicurano,
non ce l'hanno con lui ma soltanto con gli stranieri e però vogliono
far fuori le sue amiche che proprio straniere non sono. A questo
punto
nella mente dei Faraaz avviene un cortocircuito: se già gli sembra
assurdo pigliarsela con altri che per lui sono semplicemente esseri
umani, figurarsi violare le sue amiche.
Ma per gli ululanti quelle non sono amiche e nemmeno bangla, bensì femmine vestite all'occidentale, quindi apostate e meritevoli di morte. Siccome Faraaz non ha mai letto nulla di simile nel Corano e ha vissuto il suo Islam come un compagno di viaggio, naturalmente si ribella, quelle ragazze sono persone e non femmine e soprattutto non abiti. Quindi non fugge, le difende e gli ululanti li ammazzano tutti. Fine.
O piuttosto inizio. Non fanno rumore, camminano tra noi. Faraaz non era un eroe, anzi sì, perché abbiamo assunto l'ottica degli assassini. Sono loro gli stranieri, gli strani, gli estranei, gli alieni. Faraaz no, rappresenta la normalità. È lui l'uomo, lui il musulmano, lui l'amico e lo studente e il camminatore della vita, il naturalmente strano e la maggioranza. Lo vediamo quand'e' spento. Sappiamo che visse. Lo piangiamo e avvertiamo mancarci una voragine. Fossimo meno distratti, però. E più fiduciosi nell'altrui umanità. Che non è così male, né così rara.
Faraaz Hossein, lo studente bengalese ucciso
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Ma per gli ululanti quelle non sono amiche e nemmeno bangla, bensì femmine vestite all'occidentale, quindi apostate e meritevoli di morte. Siccome Faraaz non ha mai letto nulla di simile nel Corano e ha vissuto il suo Islam come un compagno di viaggio, naturalmente si ribella, quelle ragazze sono persone e non femmine e soprattutto non abiti. Quindi non fugge, le difende e gli ululanti li ammazzano tutti. Fine.
O piuttosto inizio. Non fanno rumore, camminano tra noi. Faraaz non era un eroe, anzi sì, perché abbiamo assunto l'ottica degli assassini. Sono loro gli stranieri, gli strani, gli estranei, gli alieni. Faraaz no, rappresenta la normalità. È lui l'uomo, lui il musulmano, lui l'amico e lo studente e il camminatore della vita, il naturalmente strano e la maggioranza. Lo vediamo quand'e' spento. Sappiamo che visse. Lo piangiamo e avvertiamo mancarci una voragine. Fossimo meno distratti, però. E più fiduciosi nell'altrui umanità. Che non è così male, né così rara.
© Daniela Tuscano