Caro don Andrea, domani la tua Genova ti saluta. E con lei i suoi
carruggi, i suoi protagonisti dolci e grotteschi, gli immigrati, i
tossicodipendenti, le prostitute, le trans, gli etero, i gay, insomma tutta l'umanità
e il meglio dell'umanità, come direbbe don Milani.
Così Genova diventa idealmente il mondo intero, un ponte che è un arco,
ampio come la volta celeste.
E anche la Liguria è un arco. Regione scontrosa e sottile, scorza scura
come la tua tonaca, il cappellaccio da brigante, il sigaro mezzo bruciacchiato
e quasi confitto tra le belle rughe delle labbra.
Ci
saluti mentre, più a Sud di quel tuo già ampio Mediterraneo, sale agli onori
degli altari un altro prete degli ultimi, cioè un prete vero: don Pino
Puglisi, assassinato dalla mafia nel 1993. Finalmente un santo dei giusti, non
solo dei buoni.
Io
ti ho conosciuto nel lontano 1996, a Milano, Lampugnano. Settembre mite,
consueto appuntamento alla Festa dell'Unità. Ancora non ci si vergognava a
chiamarla così. Tu eri stipato in uno spazio ristretto, eppure già stracolmo.
Un lungo tavolo con tovaglia verde, io capitai proprio di fronte a te. Che
quasi ti toccavo le mani.
Tu
mi fissasti un solo attimo. Con quel tuo sguardo sagace, roccioso e
maschio, mi facesti l'occhiolino.
Poi
parlasti: di famiglia, di nuove famiglie, di nuovi amori, e raccontasti che il
motto che avevi scelto per il tuo sacerdozio era proprio questo: "Dio è
amore". Ed esortavi tutti noi a non temere questo forte sentimento. Alla
fine mi parlasti. Ti avevo posto una domanda, non ricordo nemmeno quale. E, quasi
sottovoce, mi rivolgesti queste parole: "Tu hai lo Spirito santo".
Ed
è allora che ti senti nulla e comprendi che sì, solo l'amore ti salva. Un nulla
che salva: perché non ti annienta, ti potenzia mentre ti arrendi. Lo Spirito
santo io? Non ti diedi del tu, forse proprio per questo motivo: perché mi
sentivo veramente piccola e inadeguata di fronte a quella tua, chiamiamola
pure, sentenza. Che percepivo come vera. Ma non perché me ne sentissi degna. Ma
perché, con quella, mi trasmettevi il dono della gratuità, quel "cento
volte tanto" udito molte volte dai pulpiti, e mai compreso veramente.
Mi
trasmettesti che Dio ama così come siamo, che parte dal materiale che possiede:
e siamo noi, e ci trova belli e compiuti già così. In quello Spirito santo non
c'era nulla di spirituale, se per esso intendiamo disincarnato, algido e intellettualistico.
M'invitavi a seguire nient'altro che il mio genio, e non mi sembrava vero:
"dovevo" complicarmi la vita, io, "dovevo" seguire un
cristianesimo severo e triste, e non mi sentivo pronta a restituirmi a me
stessa.
Il
mio genio, quello di noi tutti, è ancora lì, che attende d'essere riscoperto e
ripreso per mano. Una nuova rinascita.
Ci
scambiammo alcune lettere, che conservo gelosamente. Rivedo la tua grafia
minuta ma diritta, ben impressa sul foglio. Le volute della "P" di "Profeta"
larghe, anch'esse ad arco, come a voler comprendere tutto e a trasmettere
forza.
Quando
è arrivato il momento, lo sapevo. Avevi concluso una vita lunga e bella. Aperta
e bella. Però, quando sono stata raggiunta dalla notizia che tutto si era
concluso, non ho trattenuto le lacrime. Don Andrea non c'era più, "don"
era morto, avevo preso anch'io a chiamarti così.
Ha
scritto Vito Mancuso che il tuo cuore non si è fermato, ha continuato a pulsare
in quei carruggi, in quelle donne e in quegli uomini raccolti dalla strada. Può
sembrare retorico ma è vero, lo so. La tua comunità è, del resto, un porto. San
Benedetto al Porto, il santo "europeo" e umbratile esposto alle
scaglie di mare del variopinto universo umano che va, viene, torna, si nasconde
e si pente. Un mondo marinaio e semovente, un Paradiso duro e grandioso, questo
è il tuo lascito e la tua speranza. Essere sé stessi e fino in fondo è arduo.
Persino troppo affascinante. Ma ti tradiremmo davvero se lo dimenticassimo. Noi
stessi. E nulla di più, cioè tutto.
Adesso
ti do del tu perché so di poterti parlare in silenzio e da sola. Anche in mezzo
a una folla immensa.
Mi
piace pensare che, tra i giusti, tu ora conoscerai anche mia zia Bianca, ligure
come te, comunista come te, credente come te, pur se non lo sapeva. Anche la
sua casa era un piccolo porto, anche da lei bussavano drogati e prostitute e
travestiti e lei aveva un ruvido e schietto saluto per tutti, gli offriva un
caffè, discuteva di politica, gli augurava il buon giorno e li aspettava
l'indomani. Riderete assieme, di quella risata profonda, ermetica e sfuggente,
che viene dalla vostra terra, dalla vita agra, da un ponte di terra sottile,
incuneato in mezzo al mare, un Nord anomalo, silenzioso come una vela, nella
luce bella e bruna.