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15.7.24

anche le donne rap \ trap s'adeguano al sessismo dei colleghi il caso di Anna Pepe


Da #AnnaPepe una donna che è riuscita a imporsi in un ambiente : maschilista e misogino e di ( ovviamente  senza  generalizzare  troppo   anchge  se  quel poco  che  si  salva  è lo 0,05 %  )  Brani effimeri, privi di soluzioni rigeneranti per l’ascoltatore medio e interpretati da aspiranti cantanti, barcollanti nell’intonazione e nel senso ritmico  come  dice   un esperto   musicale  : <<  Trap Remo, il festival dell’incompetenza musicale diffusa - Pentagrammando (antoniodeiara.it) >> come quello #rap, il sottogenere #trap.,in particolare , che abitualmente ( al 99.95 % ) veicola una visione poco edificante della donna, sessismo , edonoismo sfrenato , violenza , ecc .
Ė il talento non le manca sarebbe lecito aspettarsi una presa di posizione, un racconto alternativo. Non è proprio così. Peccato. un opportunità per portare un cambiamento in un genere e un sottogenere giovanile molto diffuso . Che partito come uno sfogo alle frustrazioni , al disagio , alla denuncia sociale sia degnerato in : crimalità disvalori sessismo,omofobia , misoginia tuute caratteristiche alla base del femminicidio \violenza di genete

20.7.23

ma prima di modficare le leggi sui reati di mafia ci pensano o fanno finita solo per fare parata e gazzosa a cosa ha vissuto e vive questo paese ora che le mafie sono ovunque non più solo al sud ?

 dopo   la  firma   del decreto che  abolisce  il reato dell'abuso d'uffico   e la proposta  (  speriamo resti  una  proposta per tranquillizzare  i sodali mafiosi )    in ricordo delle   stragi  del 1992     di abolire il reato   d'associazione    mafiosa   e il  solito pistolotto ipocrita  «Combattiamo le zone grigie»  che  vie  pronunciato ogni   anno     all'anniverario  di Facone  e Borselino ,   mi chiedo   la stessa   del titolo  del blog  e  del    post   , vedere  sotto , di 

  Leonardo Cecchi 

Quando qualcuno dice di voler mettere mano ai reati per mafia, depotenziandoli, dovrebbe pensare a cosa ha vissuto e vive questo Paese.

Era il 20 luglio quando questi tre ragazzi furono crivellati con oltre 40 colpi di fucile mitragliatore. Si chiamavano Alberto Vallefuoco, Rosario Flaminio e Salvatore De Falco. Avevano tutti vent’anni o poco più. Erano semplici tirocinanti in un pastificio a Pomigliano d’Arco. Avevano da poco vinto una borsa di lavoro e stavano imparando il mestiere, con la speranza di venire assunti. Tutti e tre bravi ragazzi, nessuno aveva a che fare con la camorra. Il 20 luglio, mentre prendevano un caffè in pausa pranzo al bar vicino lo stabilimento, un commando di camorristi fermò la macchina davanti a quel bar, aprì il fuoco e li uccise tutti. La “colpa” fu della Y10 di uno dei tre, scambiata per quella di un camorrista di un clan rivale. Y10 che, pensate, non era neppure sua, ma del padre, che gliel’aveva prestata per andare a lavoro. Quei ragazzi vivevano con i genitori e non potevano neppure permettersi un’auto. Come sempre, dopo la strage la camorra iniziò a diffondere bugie sul loro conto. A infangarne la memoria.Furono i colleghi della fabbrica a opporsi, a fare quadrato e a difendere la loro memoria, mettendo un freno alle bugie che già iniziavano a girare sul loro conto. Uccisi a vent’anni per uno scambio di persona. Oggi avrebbero famiglia. Ci pensi chi parla di modificare le leggi sulla mafia.

30.10.22

CONTRO GLI STUDENTI REI D'AVER VOLUTO METTERE UNO STRISCIONE CONTRO UN CONVEGNO SI CONTRO GLI ULTRAS CHE IMPONGONO CO MINACCE D'ABBANDNARE LO STADIO NO

per approfondire leggere
  • Ultras - Wikipedia con ottimi riferimenti storici   e culturali   per  inquadrare  un fenimeno  ormai  sfuggito  di  mano   tanto d'essere  infiltrato  dale  mafie  e    dalla criminalità

Questa    vignetta   di un mio  contatto fb è la  sintesi     di quel  paragone    citasto  nel  titolo  del post  . Ma  ora  bado alle  ciancie    e veniamo  al post  in questione  .  
la  foto  sotto a sinistra   rappresenta   quello  che  è  successo  ieri  dopo il primo tempo  di Inter  - Sampdoria  a  San Siro  . dove la  curva   è stata  fatta svuotare da  capi  ultras  con la forza   e le minacce  dagli ultras in segno di rispetto👿☠😡😤🧠 per la morte   del capo  curva il  sessantanovenne Vittorio Boiocchi, che ha passato 26 anni della sua vita in carcere dopo aver commesso diversi reati quali rapina, traffico di droga e sequestro di persona. Secondo quanto riportato da La Gazzetta dello Sport i colpi sono stati sferrati in Via Fratelli Zanzottera mentre l’uomo era per strada e stava tornando a casa; è deceduto al pronto soccorso, dopo essere stato portato all’ospedale San Carlo in condizioni disastrose. Egli era un sorvegliato speciale , infatti aveva  l'obbligo d'allontanamento dallo stadio di San Siro ucciso per ragioni extra calcistiche. Il tutto,si può tradire secondo me, che il calcio ormai da 40 anni e le curve degli stadi sono in preda a persone che nulla hanno a che fare con lo sport. Ennesima vergogna di uno sport e di una federazione allo sbando totale. Una nazione dove il potere fa intervenire la polizia nelle università ma guai a mettere ordine negli stadi








mentre  finisco  di  scrivere questo mio commento leggo   su  https://footballnews24.it/ che  


[...]   il club della Pinetina starebbe valutando delle conseguenze: come riporta calciomercato.com infatti, la società starebbe considerando misure cautelative nei confronti dei tifosi costretti ad abbandonare lo stadio, come rimborsi o biglietti in regalo in vista dei prossimi match.

Cosa   giusta   ma  allo stesso  tempo  pulisci  coscienza  .  Le  società  calcistiche dovrebbero  , anche a  costro di passare  da  infami e delatori      collaborare  di  più   con  le  forze  dell'ordine  e  non fare  entrare  allo stadio   e foraggiare    certi elementi  .  

6.2.22

"Io, tabaccaio rapinato per sei volte a San Severo, darei le chiavi dell'attività al Comune. Non ti abitui mai e penso di chiudere"

 

"Io, tabaccaio rapinato per sei volte a San Severo, darei le chiavi dell'attività al Comune. Non ti abitui mai e penso di chiudere"

Parla Amedeo Giancola, titolare della omonima tabaccheria che si trova in via Tiberio Solis e che oggi ha subito la sesta rapina

La più violenta quella del 2017 quando un rapinatore gli puntò un coltello

Amedeo Giancola, titolare dell'omonima tabaccheria a San Severo 

alla gola. Da allora Amedeo Giancola titolare della omonima tabaccheria che si trova in via Tiberio Solis in pieno centro a San Severo, di rapine ne ha subite sei. L'ultima in ordine di tempo venerdì 4 gennaio. 

Giancola, è successo ancora.
"Non nascondo di aver provato tanta rabbia. E' volta che accade, ma non ti abitui mai".

Ha avuto paura?
"Questa rapina è stata particolarmente violenta. E' durata pochi istanti: sono rimasto scioccato"

Come è andata?
"Un rapinatore incappucciato ha fatto irruzione nel mio locale. Con una ferocia incredibile ha distrutto il pannello anti-Covidin plexiglas. Poi ha iniziato ad arraffare i soldi dal registratore di cassa. Ha portato via 1.800 euro, l'incasso della giornata. Istintivamente stavo per intervenire, per cercare di fermarlo, ma mi ha bloccato la mia collaboratrice. Tutta le scena è stata immortalata dalle telecamere di sicurezza. Anche il momento in cui mentre fugge scaraventa a terra un cliente".

A San Severo la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese ha già inviato una ventina di poliziotti in più per pattugliare il territorio. Lei cosa chiede allo Stato?
"Mi sembra chiaro che tutto questo non basta. Qui ci vuole una presenza in massa dello Stato. Non bastano pochi uomini in più. I poliziotti, i carabinieri, che operano qui, sono pochi, sottopagati e stremati dalle ore di fatica".

Lei che cosa farebbe?
"Vorrei consegnare simbolicamente la mia attività nelle mani del Comune. Consegnare i documenti alla Prefettura. Darei in gestione a loro, alle istituzioni, la mia rivendita di tabacchi. In cambio chiederei di percepire un euro simbolico all'anno ma solo per fare il dipendente. E' chiaro che la mia è una provocazione".

A San Severo nei primi giorni dell'anno persone sconosciute hanno fatto saltare in aria quattro attività commerciali: una profumeria, una rivendita auto, un parrucchiere e un negozio di giochi pirotecnici, piazzando ai piedi delle saracinesche dei rispettivi locali potenti ordigni esplosivi. E' così difficile essere un imprenditore da queste parti?
"E' impossibile fare impresa in questo territorio. Noi siamo stanchi. Abbiamo paura. Penso ai miei colleghi, agli altri quattro commercianti di San Severo che hanno subito attentati bomba".

Che futuro l'aspetta? Deciderà di chiudere la sua rivendita di tabacchi?
"Al momento non chiuderò. Ogni giorno, però, questa ipotesi diventa sempre più concreta. Ho tanti progetti, ma pian piano li sto abbandonando".

8.3.15

Il benzinaio Stacchio: 'Non voglio essere un eroe. Non sparate, non è il Far West...'"NON SONO UN EROE NÉ UN MODELLO DA IMITARE.




http://www.bing.com/images/
Graziano Stacchio è il benzinaio del Vicentino che ha sparato a un rapinatore uccidendolo, diventando una sorta di eroe per molti cittadini impauriti dai furti. Ma al quotidiano "La Repubblica" spiega di non voler diventare un esempio per nessuno:"L'effetto mediatico mi ha stordito. Però davvero non possiamo vivere in un mondo che va in questa direzione. È storta. Non voglio rassegnarmi alla legge della giungla, al terrore, che lavori e torni a casa guardandoti alle spalle".
Al Corriere del Veneto assicura di aver ricevuto proposte di candidatura, ma non vuole specificare da parte di quale partito: La sicurezza non è né di Destra né di Sinistra, è un tema su cui tutti i partiti dovrebbero riflettere, invece di continuare a scaricarsi le colpe l’uno addosso all’altro. Anche se, a dirla tutta, c’è una cosa che non mi so spiegare...Qui sono venuti i leader di molti partiti, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, il candidato alle regionali del Movimento 5 Stelle... Ma nessuno di centrosinistra si è fatto sentire».
L'uomo avverte però che il clima è molto teso:
"Il problema è che la gente ha paura, sta perdendo la testa. Ci vuole un attimo. Il mio è stato un atto di istinto, di disperazione. Vorrei dire anche di umanità, perché quella ragazza (dentro la gioielleria, ndr ) era sotto scacco di cinque banditi armati di mitra. La volta prima era stata addirittura sequestrata. Quando quel rapinatore mi ha puntato l'arma addosso, ho mirato. Stando attento a non fare andare in giro colpi. Se i suoi complici l'avessero lasciato lì gli avrei messo subito un laccio emostatico, avrei provato a salvarlo. Ambulanza e via".
Lo avrebbe fatto davvero?
"Lo giuro sui miei figli e nipoti. La vita vale più di tutto. Sa quanti lacci ho messo qui davanti (indica lo stradone, via Riviera, che attraversa il paese)? Incidenti stradali. Uno aveva il femore fuori".
Non le chiedo se vota Lega perché non me lo direbbe. Ma Salvini l'ha eletta a eroe. E il 14 marzo a Vicenza lei sarà guest star della "Festa della sicurezza" (colore dei manifesti: verde e nero).
"La sicurezza è un tema che non ha colori. Dovrebbe essere di tutti, di destra di sinistra e di centro. Le persone che ho sentito più vicine sono quelle co- muni e gli alpini della mia associazione. Poi certo: se anche i politici mi esprimono solidarietà fa piacere. Solo della sinistra non si è fatto vivo nessuno ".    
  
Stima enorme , Non è un commento ironico, per  lui  e per le sue dichiarazioni   : <<  “Bisogna lavorare sulle scuole, sull’educazione. Alla pace, al rispetto. Lo dice uno che ha sparato, è vero. Ma non l’ho fatto per aggredire. L’ho fatto perché in quel momento ero minacciato di morte, e quella ragazza anche”.Non sono un eroe né un modello da imitare. Né tanto meno un simbolo. Lo dico subito: la gente non deve sparare in mio nome, né in Veneto né in Sicilia. Solo l'idea mi fa paura. >>
  Ma  soprattutto  perche'  Questo pover'uomo lo stanno strumentalizzando in una maniera imbarazzante  cercando  di farne  un simbolo  Infatti   con cordo  con   Michele Cicero   quandi   su  https://www.facebook.com/pages/Becero-populismo-dei-link-di-FB/ dice  : <<  Vile e pusillanime chi gli cuce addosso le bandiere del suo partitino. Spero ne esca il più sereno possibile, come se non bastasse dover vivere col pensiero di aver ammazzato una persona... massima solidarietà >>

8.4.12

la sardegna terra di conquista e penetrazione delle mafie



oltre  la mafia   della speculazione edilizia    Olbia2  (carboni , calvi  , banda  magliana  )  e lo scandalo di Is  arenas,   ci sarebbero  anche  altre  mafie   che stanno penetrando  sempre  più   nell'Isola . Esse  sono  le  ecomafie  (  denunciata  , in fatti   è stato sentito  alla commissione  antimafia  ,  in un romanzo  dallo scrittore massimo carlotto  ) ., quelle  sulle  energie  pulite  confermato per  quella  dell'eloico   dall'indagine  e processi   sulla   P3  e P4,  sia   quella  del solare  da  1) questo dossier  sul rischio delle infiltrazioni  delle mafie  nell'energie   rinnovabili   ), 2)  dalle proteste , come stava  avvenendo   nonostante   le risate  poi  zittite  dalle inchieste  per  l'eolico ,  di pastori    e  contadini ma  anche   cittadini comun  per la vendita   (  in alcuni casio anche sospetta  e viziata  )   di  grandi   estensioni  di terreni fertili che potrebbero essere usati per  l'agricoltura  e  la  pastorizia  . E poi   ci sarebbe  il pizzo  ed  il racket   che sembrerebbe  trovare  conferma  sia   dall'aumento (  si  era interessato anche la Dia nazionale )   dei reati  d'usura  ,  estorsione  , turbativa  d'aste  giudiziarie  , sia  da numerosi attentati ad  auto e  a  locali   ad  Olbia in particolare    e voci sempre  più insistenti ma non  confermate   giudiziariamente    di estorsioni \ racket     nel settore    dei vigilantes   verso  gli   Alberghi     della  costa  Smeralda .   Ed  l'assalto  delle  mafie   all'oro rosso    come riporta  questo articolo 


 Le mafie italiane all’assalto del corallo


Inviato da Andrea Canfora il 08/09/2011 - 16:0

Alessandro De Pascale
INCHIESTA. Camorra e criminalità sarda pescano illegalmente il prezioso animale in Algeria e Tunisia. Un business da centinaia di milioni di euro l’anno, su cui indaga la procura di Cagliari.
La criminalità organizzata all’assalto del corallo sulle coste di Tunisia e Algeria. Un traffico illegale che vale centinaia di milioni di euro l’anno, su cui ora indagano sia la Procura di Cagliari che le autorità locali nordafricane. I pubblici ministeri sardi ipotizzano che una quota importante del corallo rosso lavorato e trasformato in gioielli e oggetti d’arte nei laboratori della Sardegna e della Campania, poi venduti a peso d’oro ai turisti, provenga in realtà da partite che arrivano illegalmente in Italia dalle coste nordafricane. Già nei decenni scorsi, imbarcazioni campane avevano depredato i fondali della Tunisia. Ora si sono trasferiti in Algeria. Dove i trafficanti operano principalmente nella zona di El Kala e Annaba, da dove partono anche i migranti. Queste due località, sono di fronte alle coste della Sardegna meridionale. A circa 160 chilometri di mare da Cagliari. La decisione delle autorità algerine di vietarne la pesca, non ha fermato i trafficanti. 
Tanto che la procura dell’isola ha scoperto almeno due rotte. La prima è gestita da sardi che avrebbero stabilito la propria base logistica nell’isoletta algerina di La Galitte, nei pressi di un’area molto ricca di corallo. Piccole imbarcazioni, lo pescano con un metodo artigianale devastante per l’ecosistema, utilizzato anche in Italia fino alle fine degli anni Sessanta: la “croce di Sant’Andrea”. Si tratta di due tavole di legno incrociate appese a un cavo lungo 200 metri che strappano il corallo, arando i fondali. Consente di raccogliere meno del 30 per cento dei rametti spezzati, visto che gli altri restano sul fondale e muoiono. In Algeria vale 2.000 euro al chilo, ma una volta caricato sui motoscafi e sbarcato a Cagliari già schizza a 60mila euro. Per poi moltiplicarsi per dieci nei laboratori della Gallura e nei negozi di Alghero, nel nord dell’isola. Un ottimo affare per la criminalità organizzata sarda. Fiutato anche dalla camorra.
 Tanto che la seconda rotta, quella per Torre del Greco (Na), è gestita dai clan campani, il cui referente sarebbe un certo Antonio che le autorità algerine cercano di arrestare in tutti i modi. Gli italiani catturati negli ultimi anni sono una dozzina, altrettanti i sequestri. Tra cui una partita di corallo grezzo di una trentina di tonnellate, del valore iniziale di almeno 18 milioni di euro. Anche il Dipartimento algerino per la pesca di Annaba, parla ormai apertamente di «mafia del corallo con basi in Italia» che conduce in Sardegna e a Torre del Greco. Alcuni arrestati avrebbero già iniziato a collaborare con le autorità locali, raccondando che tra i compratori ci sono anche francesi e spagnoli. Del resto nei decenni scorsi, soltanto nel Mediterraneo, si pescavano almeno 60 tonnellate di corallo l’anno. Ora sono meno della metà. Perché il Corallium, che cresce in media di 3-4 centimetri ogni 15 anni, è quasi del tutto scomparso delle coste italiane, francesi e spagnole, causa sovra sfruttamento. 
«Prima questo animale si trovava anche sulle nostre spiagge a 2-3 metri di profondità, ora dagli 80 metri in giù e quasi solo in Sardegna», denuncia il biologo marino Luca Marini. Che poi conferma: «Abbiamo avuto notizie di grandi partite di corallo stoccate e rivendute dalla criminalità organizzata». Molti governi, come quello algerino, ne hanno vietata la pesca. Altri, come l’Italia, limitata a determinati periodi e solo per i corallari subacquei che devono operare con una licenza rinnovata annualmentedalla Regione di pertinenza. Inoltre non possono spingersi oltre i 100 metri di profondità e possono restarci per qualche decina di minuti. «Il corallo lavorato a Torre del Greco proviene da tutto il Mediterraneo e il mare algerino è il più ricco in assoluto, tuttavia sono le condizioni socioeconomiche locali a favorire la pesca illegale e le infiltrazioni della criminalità a monte», conferma Ciro Condito, presidente di Assocoral, l’associazione di categoria che riunisce le 300 aziende campane del settore. 
«La soluzione va trovata in loco». Del tutto assenti anche le certificazioni sulla filiera. «È impossibile ricostruire la provenienza del corallo - ammette Condito - perché se un laboratorio lo acquista dalla Sardegna la fattura proverrà da quell’isola. Al mercato interessa solo che sia rosso e del Mediterraneo». Già in un’indagine condotta dall’Antimafia di Napoli nel 2004 era emerso che il clan Falanga di Torre del Greco sarebbe riuscito a monopolizzare l’approvvigionamento del corallo in città. E non contento, al pari delle altre attività commerciali e imprenditoriali dell’area, chiedeva ai laboratori anche il pizzo. Emblematica la vicenda del polo del corallo di Marcianise (Ce) del consorzio Oromare (150 aziende). Nel 2005 il clan Belforte pretende una tangente di 10 milioni di euro malmendando il costruttore Fabrizio Giustino e minacciando il presidente del consorzio, Gino Di Luca.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...