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31.10.23

Prato, la prof incinta dell'alunno 14enne condannata a 6 anni, il marito: «Quel bambino lo crescerò come fosse mio. Mia moglie? L'ho perdonata»

 


riordinando  i  giornali per  la  diferenziata     ho trovato  che    nei giorni  scorsi    c'è  stata   la  conclusione della  vicenda  processuale  della  professoressa di Prato che ha avuto un figlio da un suo alunno 14enne. La vicenda ha suscitato molto scalpore in Italia e ha avuto una vasta copertura mediatica. La  donna è stata condannata a sei anni di carcere per atti sessuali e violenza sessuale per induzione su minore


Qui  un sunto  della  vicenda 


I  giornali  ed  i media    parlano  anche della  reazione del marito per  le reazioni    " non violente   " nei  confronti  ella  moglie   e  del ragazzo  minorenne  . Il marito della donna, come riportato da Internapoli.it e Fanpage.it, ha dichiarato di voler crescere il bambino come se fosse suo .  Infatti    a Vanityfarair  ha  dichiarato :  «Non mi piace passare per quello che non ha colpe, in passato avevo commesso errori anche io. Abbiamo parlato dopo lo scandalo, come si fa fra persone civili. Tutto si può salvare se si analizza. Stiamo insieme sin da giovani, ne abbiamo passate tante».Uno di quei pochi uomini che  , non a  parole  ,  a saputo mettere in pratica  il perdono  ed  la  comprensione  , è riuscito  lucidamente  senza  farsi trasportare  dall'odio  ed  dal rancore  la  situazione   anche analizzandosi   senza  scaricare  tutto  su  di lei  ed  a mettere   da parte   la  sua mascolinità     e il suo orgoglio ferito    .Un altro   l'avrebbe lasciati al  loro  destino  ( nei  migliori  dei  casi )  oppure  insultata   ed stalkerizzata   se non addirittura  uccisa\i (  nel peggiore  dei casi  )  .  Un  uomo  cosa  , rara  parlo per  esperienza  personale ,  che mette    da parte  il suo  orgoglio  ferito  da  un  tradimento .Molto saggia la  ecisoe  :    « Molti pensavano che avrei lasciato mia moglie, ma il nostro rapporto, invece, si è rafforzato. Tutto si può salvare se si analizza. Stiamo insieme sin da giovani, ne abbiamo passate tante», spiega il marito della donna pratese al Corriere della Sera. Egli  dovrà badare da solo a due bambini, il quindicenne di cui è padre biologico e il bambino di 5 anni di cui ha rivendicato la paternità. «Ma per me non esiste differenza, sono i miei figli», precisa immediatamente.

24.9.23

Viola Ardone: "Vi racconto le mie "matte" e i miei studenti, che grande meraviglia"

È il diario poetico di una quindicenne nata e rimasta chiusa in manicomio con la mamma (finita lì perché incinta e fedifraga), è la storia di un dottore basagliano in trincea in corsia e assente in famiglia.

 È "Grande meraviglia" (Einaudi), il nuovo romanzo di Viola Ardone: parla di donne e diritti negati, ieri e oggi, di paternità e figliolanza, ma anche di cura. Quella che la scrittrice professoressa, insegna latino e italiano in un liceo scientifico di Giugliano (Napoli), mette nei suoi romanzi e in aula, con i suoi studenti.
In dialogo con Giulia Santerini    che  troivate  qui Ardone spiega perché a 45 anni dalla legge Basaglia ha sentito il bisogno di scrivere questo libro e del disagio che avverte anche tra i più giovani. Ma ci dice anche di più sul suo modo di intendere e insegnare la scrittura, lavorare a contatto con le nuove generazioni in un'area non facile. Gli occhi accesi di passione, l'esperienza per ammettere che ogni bocciatura è un fallimento. Ma tutti, ci dice Viola, tutti noi oltre a medici e professori, dobbiamo imparare ad accettare di fallire.

9.9.23

Cos'è il PERDONO? Come Si Fa A Perdonare? Perché Dovresti Perdonare? .

    canzone  suggerita
Perdono - Caterina Caselli 





vedendo il bel video ( almeno per me ) di
ho inziato sia rimettere iniscussione la conclusione di alcuni rapporti siua su i social sia al vivo finiti male   e di  cui  ancora  porto i i sensi di colpa . Ma ma soprattutto a rimuovere quegli incubi , rimorsi senza di colpa che queli che avevo dimenticato ma non rimosso da dentro di me e che mi porto dietro nel corso degli anni perchè come credo ciascuno di noi ci saranno persone che non abbiamo mai perdonato o fatto pace Infati negl ultimi minuti del finale soprattutto : << non bisogna aspettare per perdonare qualcuno\a perchè potrebbe essere troppo tardi . >> . Rieccomi a farmi le domande : Cos'è il PERDONO? Come Si Fa A Perdonare? Perché Dovresti Perdonare? avevo già la risposta dentro di me , ma era incompleta . e andando a cercare sitri o altro che l'approfondissero o mi dessero ulteriori rispote ho trovato questi tre video che  analizzano  sotto l'aspetto  laico\ spirituale   , religioso  ,  psicologico  il perdono   







 e dovrò come ho fatto con quelli meno gravi perdonare . solo cosi riuscirò a fare piazza pulità delle scoriue ( rimorso , sensi di colpa , ecc ) più a fondo e più completa . ed usare di più lo strumenoi del perdono . e poicome suggerisce  il commento  al primo vieo   citato di  

 Salvina Corrao
💔 devi riuscire perdonare per sentirci bene con noi stessi non pensare passato diamo la possibilità se non perdoniamo diventiamo orgogliosi lo orgoglio non è una cosa bella ci fa stare male che fa stare meglio me e gli altri .


 come dimostrano anche le storie raccontate in queste blog in particolare queste due

3.9.23

Il medico al ladro che gli ha svaligiato l'auto a Milano: «Restituiscimi almeno gli appunti, ti aiuterò a trovare lavoro»

in tempo  di  giustialismo  forcaiolo   c'è ancora  qualcuno    cha  capisce    e  comprende    del perchè si ruba  ed  si è costretti a  rubare  . ecco    la  storia    di  un medico a  cui  il lado   ha  svaligiato  l'auto   .


 da  https://www.msn.com/it-it/notizie/ del 3 settembre 2023  fonte  Il Gazzettino


I cittadini di Milano, ormai, pensano che la città non sia più sicura: troppi furti e atti di delinquenza agitano gli abitanti della metropoli che, quasi tutti i giorni, sono vittime di criminali. Così, è capitato anche a Fabio Puccio, siciliano di Porto Empedocle e specializzando in Ginecologia e ostetricia in Bicocca al quale sono stati rubati, dalla sua auto il 31 agosto, importanti materiali universitari, oltre a borse, vestiti e portafogli. Il ragazzo ha deciso di fare un appello al ladro che l'ha derubato.Su un palo in Corso Como, Milano, uno dei luoghi più famosi della movida cittadina, è comparso un cartello con un appello che comincia così: «Messaggio al ladro». Stesso cartello anche in zona Garibaldi. L'autore è Fabio Puccio che, nel resto del suo appello, ha scritto: «Sono l'ex proprietario delle borse, dei vestiti e del portafogli che hai preso». La vittima chiede di riavere una cosa in particolare: «Il libro quello grande, gli appunti universitari e i foglietti scritti a penna. A te probabilmente non serviranno a niente ma per me non averli è un grande disagio. Sono disposto a perdonarti e a darti una mano». Fabio è stato intervistato da Il Corriere della Sera al quale ha detto: «Non è nella mia indole fare del male. Il ladro ha rubato in una Kia Rio sporca e ammaccata, forse vive una situazione di disagio.

Un po’ paternalisticamente, voglio provare a dargli un’opportunità. Faccio la guardia medica in via Farini. Giovedì sera parcheggio l’auto, salgo in ambulatorio. Poi torno in strada per prendere lo zaino in cui conservo tutti gli appunti della specialistica degli ultimi tre anni. Sono scritti a mano, destinati a me soltanto, hanno un’immediatezza che nessun libro potrà mai darmi. Ma dello zaino non c’è traccia. Nessun segno di effrazione né vetri rotti. Solo l’auto vuota». 

Dopo avere scoperto il furto, Fabio ha sporto denuncia e, poi, spiega: «Ho anche scritto quell’appello per il ladro e ho appeso varie copie nel quartiere che immagino sia la sua “zona di lavoro”. Mi auguro che mi contatti e mi ridia gli appunti. Gli lascerei, invece, tutto il resto. E poi vorrei capire il motivo del gesto: se è una bravata, se aveva bisogno di spicci o magari ha difficoltà economiche, sociali o psicologiche. Vorrei parlargli, offrirgli qualcosa da mangiare e nel mio piccolo cercare di dargli una mano, magari per trovare un lavoro

27.2.22

come combattere una guerra senza violenza e il mondo in un abbraccio c’e un mondo.

   film    consigliato
La battaglia di Hacksaw Ridge   ( 2016) di Mel Gibson


come dice Lorenzo Tosa In quest’abbraccio c’e un mondo.
Ritrae due donne ucraine, entrambe madri di due figli, entrambe vittime di una guerra folle. La prima, Nataliya Ableyeva, in giaccavento gialla, si è diretta al confine con l’Ungheria solo con un numero di cellulare e per mano due figli piccoli che un uomo sconosciuto le aveva lasciato in carico, non potendo avvicinarsi.
“Portali a mia moglie” le aveva chiesto. E Nataliya non se l’è fatto ripetere. Lei che i suoi due figli, già grandi, li ha dovuti lasciare sul fronte. Quando è arrivata alla frontiera, l’ha trovata lì, la madre, Anna Semyuk, arrivata dall’Italia per riprendere i suoi figli e portarli in salvo.Il primo pensiero di Anna è stato per loro. Poi le due donne si sono strette in un abbraccio intenso, per lunghi minuti, al freddo, in lacrime, in cui c’è tutto: gratitudine, disperazione, dolore, impotenza, il sollievo per i figli che vanno, il dolore per quelli che restano. In mezzo a tanto orrore, gli esseri umani sono capaci di gesti straordinari.



Prima hanno hackerato la tv di Stato russa e buttato giù il sito del Cremlino, sostituendo la propaganda di regime di Mosca con canzoni ucraine e immagini di quello che sta accadendo (davvero) sul campo.
Poi hanno rivendicato tutto e si sono rivolti direttamente a Putin (“Contro di noi non puoi vincere,
colpiremo le tue infrastrutture"), ai soldati sul fronte con un appello a deporre le armi (“I crimini di Putin non devono essere anche i vostri”) e un omaggio al popolo russo che si oppone coraggiosamente al “dittatore Putin”.
Ha fatto di più il collettivo Anonymous nelle ultime 24 ore che l’intera diplomazia internazionale negli ultimi mesi.
La dimostrazione che oggi si può combattere una guerra senza sparare un colpo. Rispetto. 


Un’altra immagine simbolo della Resistenza ucraina.


A Koryukivka, nord del Paese, decine di civili, tra cui anche molti anziani, hanno affrontato un tank russo, avanzando con le mani in tasca, disarmati e in modo pacifico, costringendolo ad arretrare.
Immensi. 🙏

18.4.21

ecco un modo di combattere il bullismo e l'odio senza leggi eccezionali e repressione . Palermo Scuola, Arriva Il Baby Mediatore Per Le Liti Tra Compagni. E Niente Note Sul Registro

 Lo  so  che tale news  successa  in questi  giorni   farà  , come  è successo      sulla mia bacheca  deve    fra i commenti  c'erano  molti smile  sorridenti  ,  ridere  ma   secondo me  è una bella notizia   simbolo di resistenza  culturale   ,  all'odio e   alla  violenza   ancora  imperante  vedi i nuovi  fatti di Colleferro  . 

 da  https://palermo.repubblica.it/cronaca/


L'impresa più difficile è stata arrivare alla pace fra Leonardo e Marco. Si punzecchiavano sempre durante le lezioni e un giorno sono finiti a rincorrersi per tutta l'aula. A loro ci ha pensato Gioele Barletta, 13 anni, uno degli alunni mediatori dell'istituto comprensivo Antonio Ugo della Noce. "All'inizio non volevano neanche parlarsi, era un caso disperato. Poi a poco a poco ho cercato di farli calmare, mi sono fatto raccontare le due versioni dei fatti e per la prima volta si sono ascoltati a vicenda, hanno fatto pace e da allora sono amici", dice il ragazzo.



Si perché all'Antonio Ugo i litigi fra gli alunni non finiscono con una nota sul registro, un richiamo del professore o una convocazione dal preside. Vengono affrontati dagli stessi bambini alla presenza di un terzo bambino-mediatore in un'aula ad hoc riservata, appunto, alla delicata questione del superamento dei conflitti che anche fra i bambini delle elementari possono essere delle montagne invalicabili. I bambini-mediatori, una trentina in tutto l'istituto, dalle classi delle elementari alle medie, sono stati formati da tre anni a questa parte all'interno del progetto europeo "Deliberative mediator leader students" che ha visto impegnati in prima battuta i professori che poi hanno formato i ragazzi."La prima cosa che ci hanno insegnato è l'autocontrollo, molto utile in certe situazioni. A fare il mediatore si imparano tantissime cose, si ha un'arma in più rispetto agli altri. Si conosce se stessi, le proprie emozioni e si trova più facilmente una strada per risolvere i piccoli conflitti quotidiani", dice Barletta, mediatore ormai da due anni.

I casi sono tantissimi. Il compagno che rivela alla classe qualcosa che doveva restare segreta, le offese sotto voce durante le interrogazioni, la paternità di un lavoro fatto insieme conteso fra più compagni. "Agli occhi di un adulto possono sembrare piccole cose, ma per i bambini sono enormi. E può anche capitare che dietro a una sciocchezza si nasconda un disagio più grande che in molti casi i bambini riescono a risolvere da soli. Di certo è un approccio innovativo di fronte ai conflitti che aiuta gli alunni a sentirsi protagonisti e responsabili allo stesso tempo. Serve una buona dose di empatia e la capacità di capire l'altro per essere un buon mediatore e loro ci riescono", dice Maria Chiara Billa, professoressa di inglese e coordinatrice del progetto.I margini di successo, a sentire la scuola, sono enormi. "Quasi sempre se la cavano da soli, senza l'intervento dell'adulto che resta come una sorta di supervisore. Seguono delle regole precise nel processo di mediazione, attendono il turno per parlare, espongono il problema e alla fine il mediatore fa delle domande per arrivare a un accordo finale", dice Marilena Salemi, vice preside dell'Antonio Ugo. Quando il conflitto è risolto, i bambini sottoscrivono un vero "trattato" di pace. "Firmano proprio un modulo e la pace è fatta. Non c'è cosa più bella", dice Billa.

5.1.16

Befana, il parroco invita i bimbi a distruggere le armi giocattolo

  da  http://iltirreno.gelocal.it/massa/cronaca/    del  4\1\2016  

Aulla, il messaggio Don Roberto Turini: "Atto simbolico per dire che siamo contro ogni conflitto e contro la violenza"
                                      di Gianluca Uberti



AULLA. Da oltreoceano arrivano, sempre più spesso, notizie terribili di gente ammazzata con armi da fuoco e le guerre davvero non mancano nel globo. E se restiamo in Lunigiana, proprio negli ultimi giorni i fatti di cronaca parlano di furti nelle case, con sottrazione di pistole che vanno a ingrossare, probabilmente, un mercato nero basato sulla violenza. Però, c'è chi prova a opporsi a questa spirale come il parroco di Quercia di Aulla, don Roberto Turini, storico promotore della Pro Loco “La quercia d'oro”, che organizza, per il 27esimo anno, la kermesse “La Befana a Quercia”, incentrata su quella che era la calza più lunga del mondo, che scende per ben 25 metri dal campanile della chiesa del borgo di Quercia, entrata anche nel guiness dei primati. Infatti, don Roberto invita i bambini a portare la sera di martedì 5 le loro armi giocattolo sotto la grande calza, con l'auspicio di un disarmo globale, un segnale forte dedicato ai signori della guerra che verrà lanciato dai più piccoli, i quali distruggeranno le loro armi giocattolo a martellate.
“Si tratta di un atto simbolico – commenta il parroco di Quercia – per dire che siamo contro ogni conflitto e contro la violenza, perché proprio adesso c'è più bisogno di una cultura della pace”. La distruzione delle armi giocattolo ci sarà dopo la santa messa delle ore 20, che sarà impreziosita dai canti della corale “Ars Antiqua”, diretta dal maestro Piero Barone, e dopo la fiaccolata per la pace "Una luce per il mondo", con i bambini che porteranno in processione l'immagine del Bambino Gesù di Praga

19.4.15

la Proposta di legge di iniziativa popolare “Un'altra difesa è possibile” ( taciuta e boicottata da Lega e pd o pd-l ) non è contro la polizia o l'esercito ha formato anche il benzinaio Graziano Stacchio


 Graziano Stacchio, il benzinaio di Ponte di Nanto (Vicenza) è un volto abbastanza noto. E’ stato elevato alle cronache nazionali per aver difeso la commessa della vicina gioielleria dall’assalto armato di una banda criminale uccidendo, senza volerlo, uno degli assalitori. Ma ci è noto soprattutto perchéil
leghista Salvini, con il tempismo degli avvoltoi che si scaraventano sui cadaveri, si è precipitato a Nanto per farne un simbolo della lotta alla criminalità. “Io sto con Stacchio, con chi difende il territorio”, portava scritto la felpa che Salvini indossava per il raduno lumbard-neofascista di piazza del Popolo a Roma dello scorso 28 febbraio. E un po’ di fan hanno subito aperto una pagina facebook “Io sto con Stacchio il benzinaio”, ma c'è anche “Io sto con Graziano Stacchio e finanche “Io sto con Graziano Stacchio il benzinaio.  Stacchio, ha accettato la solidarietà popolare, ma non gli ci è voluto molto tempo per capire che il vero intento di Salvini & c. era quello di farne una specie di simbolo de “la difesa me la faccio da me”: un motto che piace tanto a leghisti e alle lobby delle armi che rivendicano gli inesistenti “diritti dei possessori di armi”. «Non vorrei sembrare poco gentile con queste persone che parlano di me e fanno tante cose belle. Li ringrazio molto ma io non sono un divo, non sono un politico, non voglio essere troppo un esempio e non vorrei essere strumentalizzato. Non è la mia vita questa» - dichiarava Stacchio già pochi giorni dopo al Corriere della Sera. E a La Repubblica aggiungeva una frase che deve esser andata di traverso a chi voleva farne il vessillo della “difesa fai-da-te”: «Non sono un eroe né un modello da imitare. Né tanto meno un simbolo. Lo dico subito: la gente non deve sparare in mio nome, né in Veneto né in Sicilia. Solo l’idea mi fa paura. Non è che adesso ognuno si deve sentire autorizzato a sparare. Sennò che cosa facciamo, il Far West?».Stacchio firma per la difesa civile, non armata e nonviolenta
Nei giorni scorsi Stacchio ha posto la sua firma alla Proposta di legge di iniziativa popolare “Un'altra difesa è possibile che chiede l’istituzione di un “Dipartimento per la difesa civile non armata e nonviolenta”. «Non mi sento un eroe. Anzi, non lo sono mai stato. I veri eroi – ha detto Stacchio al Giornale di Vicenza – sono quelli che ci proteggono tutti i giorni, che lo fanno per lavoro, che sono addestrati per questo compito. Questo concetto è fondamentale: la preparazione». Poche parole, concetti chiari.

Non sappiamo se con questo gesto ha voluto prendere le distanze anche da chi invitandolo al Parlamento europeo – ha inteso usare il suo caso per dipingerlo come “una rarità da prendere a modello in una società in cui prevale l’egoismo” e per puntare la pistola (anzi il fucile) fumante contro il Governo “che non riesce a garantire, come dovrebbe, la sicurezza dei cittadini, che esasperati si sentono costretti a intervenire da soli”. Sappiamo che una cosa Stacchio l’ha sempre detta e l’ha ribadita anche nei giorni scorsi: «La legittima difesa è una cosa molto delicata, io non sono un tecnico, perché quello che è successo a me è stato istinto. Credo di averla gestita bene, anche se tutto quello che accade attorno a me non sempre mi piace».
L’aver firmato per la proposta di legge non trasforma Stacchio un novello Gandhi e sono sicuro che i promotori dell’iniziativa “Un'altra difesa è possibile” non intendono assurgerlo a icona della campagna e che nemmeno lui voglia esserlo. Però il fatto è significativo. Soprattutto perché Stacchio è un cittadino comune, con le sue idee (che ai puristi potranno sembrar bizzarre), ma di sicuro dotato di buon senso. Con le sue paure e timori, ma che ha ben chiaro che le armi non si devono usare per farsi giustizia.

Il silenzio dei media. Della Lega. E del PD

Molto più buon senso di quel partito, assetato di voti, che non si era fatto tanti scrupoli a proporgli una candidatura alle prossime elezioni regionali in Veneto. Non chiedetegli quale sia, Stacchio non ve lo dirà mai (ma non ci vuole molto a intuirlo). Resta il fatto che della notizia della firma di Stacchio alla proposta di legge dei movimenti pacifisti, l’onnipresente Salvini non ha fatto menzione. Forse qualche giornalista potrà informarlo e spiegargli che questa proposta di legge intende davvero, e senza demagogie populiste, “difendere il territorio”. Ma ben pochi sono stati finora i politici che hanno anche solo menzionato la raccolta di firme della campagna “Un'altra difesa è possibile”. A parte le lodevoli iniziative di rappresentanti politici locali (ci torneremo tra breve) – tra cui, visto che parliamo del Veneto, non possiamo non menzionare il Consiglio comunale di Vicenza che l'ha sostenuta all’unanimità già lo scorso ottobre – rarissime sono state finora le voci di rappresentanti politici nazionali. Anche dei partiti del centro-sinistra, a cominciare dal PD. Forse non l’hanno capita e gli andrà spiegata meglio. 

Sicuramente Stacchio ha capito meglio di molti media e di vari politici la proposta di legge che ha firmato. Che non è una legge “contro le armi” (come titolava “Il Giornale”), ma per “l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio del Dipartimento della Difesa civile, non armata e nonviolenta”. Non si intende – per capirci – né disarmare la polizia e men che meno le forze armate. Bensì, ottenere un riconoscimento politico, giuridico, finanziario e dunque istituzionale per le nuove forme di difesa civile e nonviolenta della Patria che sono previste dalla nostra Costituzione e confermate da due sentenze della Corte Costituzionale e tre leggi dello Stato. Lo strumento politico della legge di iniziativa popolare intende certo estendere i concetti di difesa e sicurezza ma dando centralità alla Costituzione che afferma che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (art. 11), che promuove la difesa dei diritti di cittadinanza ed affida ad ogni cittadino (e non solo ai militari e in modo militare) il “sacro dovere della difesa della patria” (art. 52). Concetti difficili da comprendere per chi è sempre pronto a soffiare benzina sul fuoco de “la sicurezza me la faccio da me”. E forse anche per questo, a parte i giornali locali e qualche raro TG, la notizia della firma di Stacchio per la campagna non è entrata nei salotti dei talk-show che solo qualche mese fa gli avevano dato ampio spazio definendolo “il cowboy del nordest”. Ma così va l'informazione nel nostro paese, lo sappiamo. 
[--- ] continua     sul   sito  (  trovate  sopra  l'url    ) .
  Io  ho  firmato perchè   voglio evitare    che  si  finisca   coe   gli Usa  ( ne  ha  parlato benissimo  Bowling for Columbine di Michael Moore (2003), vincitore di un premio Oscar   che  ha descritto benissimo il massacro della  Columbine  high school
Ma  soprattutto  perchè :  1)   ho  sentito  in un incontro organizzatio da noi dela bottega   del commercio equo e  solidale   locale  uno dei curatori della  legge   che  ha messo a tacere  i  mie  dubbi  e  pregiudizi  su   tale  proposta  di legge  ., 2) non mi piace   il  clima  d'odio  mistodi populismo ed  xenofobia   che sta  montando  dal nord  - est  che rischia  come una marea nera  d'arrivare al resto del paese   "  isole  comprese  "  
  

VICENZA - Anche questa notte Joe Formaggio  (  foto ansa  a  destra  )   ha dormito col fucile carico e i proiettili di scorta sul comodino. "Sono i miei cittadini che danno il buon
esempio a me", dice il sindaco di Albettone, duemila abitanti, più della metà armati, sulle colline di Vicenza.
Il buon esempio, certo... Per capire l'aria che tira è utile ricordare che, sempre a proposito della sua dimora, il "comandante", soprannome del borgomastropistolero, in un certo senso ha già sparato. "Piuttosto che darla ai rom le dò fuoco" (alla casa), giura il miglior nemico veneto degli zingari. Una prova di celodurismo 3.0 che venerdì pomeriggio è valsa a Formaggio  -  già ideatore dei cartelli "divieto di sosta ai nomadi" piantati in piazza, poi rimossi dai carabinieri  -  un incontro con Salvini. La candideranno alle regionali? "Io sono a disposizione. Qui si dice: " con le ciacoe non se impasta fritoe " (con le parole non si impastano frittelle, ndr). Ho due priorità, lavoro e sicurezza. L'ho detto a Salvini: il Veneto si sta armando".
Benvenuti nel Nordest, versione Far West. Mentre a Roma per evitare altre tragedie come quella del tribunale di Milano si lavora per disarmare gli italiani restringendo le norme sul porto d'armi, qui, nella regione governata dalla Lega monta forte, in controtendenza, una crescente voglia di pistole e fucili. Armi per tutti. Armi ai cittadini per difendersi "dagli immigrati", "dai rom". Che ormai, nel sillogismo propalato sotto elezioni dai populisti della sicurezza, sono sinonimo di "ladri". Gazebo, petizioni, fiaccolate, forzature. L'ultima idea sono i distretti armati. In pratica: dotare di armi la popolazione che abita in quelle zone dove la presenza di immigrati  -  siano anche profughi o rifugiati  -  è particolarmente densa. Giorgio Vianello è il presidente leghista della municipalità veneziana del Lido. "Mi hanno dato del matto perché ho proposto, con una raccolta di firme, di concedere il porto d'armi ai cittadini che ne faranno richiesta. Mi sembra una cosa di buon senso. Un amministratore ha la responsabilità di pensare alla sicurezza. O no?"
Come se già non ci fosse in Italia una legge  -  ritenuta peraltro troppo blanda  -  sulla concessione del porto d'armi. Come se con i 10 milioni di armi legali che girano  -  senza tenere conto del mercato clandestino  -  e i 4 milioni (una su sei) di famiglie armate, il nostro non fosse già un Paese con il dito sul grilletto. Al Veneto  -  in ascesa nella classifica delle regioni più armate subito dietro Lombardia e Piemonte  -  tutto questo non basta, anzi. Succede che al Lido di Venezia sbarcano 37 profughi siriani. Sono ospitati da qualche giorno al Centro di Soggiorno Morosini, gestito dal comune lagunare. Non risulta siano razziatori d'appartamenti. Ma tant'è, se 37 profughi sono bastati a Vianello per chiedere armamenti ad hoc per i veneziani del Lido, il suo capo Salvini ci è saltato sopra con raffinata ironia via Facebook ("clandestini in vacanza al Lido, italiani per strada").
Dalla laguna pieghi verso l'interno, tra il vicentino e la marca trevigiana. Giri per i paesi: nella stessa Albettone; a Nanto dove il benzinaio pentito Graziano Stacchio ha aperto il fuoco per difendere la commessa di una gioielleria dall'assalto armato dei rapinatori uccidendone uno; a Oderzo; a Ponte di Piave nel trevigiano dove pure le carabine sono entrate in azione; a Malo; a Breganze dove due famiglie su tre sono armate e dove in 500 hanno sfilato fiaccole alla mano contro il campo nomadi. Leit motiv: "La difesa me la faccio da me".
Eppure c'è ancora chi vuole credere nello Stato. Gabriele Tasso è sindaco di San Piero Mussolino, nell'alta valle vicentina. "Ho chiesto ai candidati al governo della Regione di dare più potere alla polizia locale e di ripristinare la scuola regionale di formazione per agenti. Rientrano ancora nel settore amministrativo come gli impiegati comunali. Se non cambierà niente sarà difficile impedire alla gente di organizzarsi "". È, o vogliono farla apparire, una rivoluzione "civile". "Se non ci pensa lo Stato a difenderci ci devono pensare i cittadini". La frase-mantra di Formaggio. Se fosse il titolo di un film sarebbe "All'armi siam leghisti". Perché è la Lega che ci ha messo sopra il cappello. Fin da Varese, dove a febbraio chiese al prefetto di autorizzare il porto d'armi "a tutti i cittadini, per difesa personale", condividendo il modulo di richiesta su Facebook. E Salvini, leader lumbard attivissimo sui social network, in questi giorni è in visita in Veneto. Gli hanno regalato una ruspa e lui ha dato l'imprimatur. "La gente se ha paura ha diritto di difendersi. I confini vanno difesi anche sparando".

Poi accadono cose imprevedibili. Anche trasversali. Due giorni fa Francesco Vezzaro, sindaco Pd di Vigodarzere, nel padovano, si è dimesso per protesta contro la prefettura che gli ha mollato 100 profughi in una ex caserma. Effetti impazziti. Si torna al caso Stacchio. La Lega pensava di averlo già nel sacco. Un benzinaio che spara ai rapinatori. Il rapinatore è un rom. Muore. Stacchio eroe. Ma lui non abbocca: capisce che la politica lo vuole strumentalizzare e mentre gli ultrà della demagogia intollerante indossano la t-shirt "Io sto con Stacchio", Stacchio spariglia. È lui il primo che non sta con Stacchio. "Non sparate in mio nome, non sono un esempio ", frena. Presi in contropiede, Lega e gli altri pezzi di destra, che volevano candidarlo, ripiegano quindi sul più istrionico Formaggio. Le critiche gli fanno un baffo. "Ne abbiamo pieni i c.... Preferisco vicini di casa che sparano piuttosto che gente che finge di non vedere".
È una battaglia antica quella che si sta giocando in Veneto. La chiamata alle armi riporta indietro alla stagione dello sceriffo Gentilini. Fu lui, l'ex sindaco di Treviso già condannato per odio razziale, autore della rimozione etnica delle panchine, il primo a profetizzare la necessità di "sparare contro gli immigrati ". E i suoi epigoni vanno giù duro uguale. "Se arriva una carovana di rom il aspetto col fucile", sempre il sindaco di Albettone. "L'arma di questi tempi aiuta " dice un artigiano di Oderzo. "Mi chiami Gianni e basta, che con sta gente (i rom) non si sa mai". Ha brindato a prosecco Sandro Magro, l'imprenditore di Faè di Oderzo che il 2 marzo scorso sparò colpi di fucile in aria per mettere in fuga i ladri: la Procura di Treviso ha chiesto l'archiviazione del procedimento penale nei suoi confronti. "Non siamo fanatici o violenti, ma se un ladro viene a rubare a casa sua lei cosa fa, lo lascia fare? Gli serve il caffè?". Per chiedere l'archiviazione ha firmato anche un assessore provinciale: Mirco Lorenzon. Uno sensibile al problema. A marzo aveva premuto pure lui il grilletto dalla finestra di casa. Per scoraggiare i malviventi, a Negrisa di Piave, sempre nel trevigiano.
Nella Marca se non è psicosi poco ci manca. E cosi per tenere alta l'attenzione si cercano simboli. Facce da esibire. Tutte le speranze erano riposte in Stacchio. Lega e Fratelli d'Italia gli hanno offerto subito un posto in lista. E lui? Ha accettato la solidarietà popolare. Poi ha firmato. Una proposta di legge, sì. Ma per la "difesa civile, non armata e non violenta ". Che scorno. Sentitelo Stacchio."Non sono un eroe. I veri eroi sono quelli che ci proteggono tutti i giorni, che lo fanno per lavoro, addestrati per questo compito". Gli sceriffi fai-da-te sono avvisati ma non mollano. Chiosa di Joe Formaggio: "Stacchio o non Stacchio, io continuo a dormire col fucile carico".

8.3.15

Il benzinaio Stacchio: 'Non voglio essere un eroe. Non sparate, non è il Far West...'"NON SONO UN EROE NÉ UN MODELLO DA IMITARE.




http://www.bing.com/images/
Graziano Stacchio è il benzinaio del Vicentino che ha sparato a un rapinatore uccidendolo, diventando una sorta di eroe per molti cittadini impauriti dai furti. Ma al quotidiano "La Repubblica" spiega di non voler diventare un esempio per nessuno:"L'effetto mediatico mi ha stordito. Però davvero non possiamo vivere in un mondo che va in questa direzione. È storta. Non voglio rassegnarmi alla legge della giungla, al terrore, che lavori e torni a casa guardandoti alle spalle".
Al Corriere del Veneto assicura di aver ricevuto proposte di candidatura, ma non vuole specificare da parte di quale partito: La sicurezza non è né di Destra né di Sinistra, è un tema su cui tutti i partiti dovrebbero riflettere, invece di continuare a scaricarsi le colpe l’uno addosso all’altro. Anche se, a dirla tutta, c’è una cosa che non mi so spiegare...Qui sono venuti i leader di molti partiti, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, il candidato alle regionali del Movimento 5 Stelle... Ma nessuno di centrosinistra si è fatto sentire».
L'uomo avverte però che il clima è molto teso:
"Il problema è che la gente ha paura, sta perdendo la testa. Ci vuole un attimo. Il mio è stato un atto di istinto, di disperazione. Vorrei dire anche di umanità, perché quella ragazza (dentro la gioielleria, ndr ) era sotto scacco di cinque banditi armati di mitra. La volta prima era stata addirittura sequestrata. Quando quel rapinatore mi ha puntato l'arma addosso, ho mirato. Stando attento a non fare andare in giro colpi. Se i suoi complici l'avessero lasciato lì gli avrei messo subito un laccio emostatico, avrei provato a salvarlo. Ambulanza e via".
Lo avrebbe fatto davvero?
"Lo giuro sui miei figli e nipoti. La vita vale più di tutto. Sa quanti lacci ho messo qui davanti (indica lo stradone, via Riviera, che attraversa il paese)? Incidenti stradali. Uno aveva il femore fuori".
Non le chiedo se vota Lega perché non me lo direbbe. Ma Salvini l'ha eletta a eroe. E il 14 marzo a Vicenza lei sarà guest star della "Festa della sicurezza" (colore dei manifesti: verde e nero).
"La sicurezza è un tema che non ha colori. Dovrebbe essere di tutti, di destra di sinistra e di centro. Le persone che ho sentito più vicine sono quelle co- muni e gli alpini della mia associazione. Poi certo: se anche i politici mi esprimono solidarietà fa piacere. Solo della sinistra non si è fatto vivo nessuno ".    
  
Stima enorme , Non è un commento ironico, per  lui  e per le sue dichiarazioni   : <<  “Bisogna lavorare sulle scuole, sull’educazione. Alla pace, al rispetto. Lo dice uno che ha sparato, è vero. Ma non l’ho fatto per aggredire. L’ho fatto perché in quel momento ero minacciato di morte, e quella ragazza anche”.Non sono un eroe né un modello da imitare. Né tanto meno un simbolo. Lo dico subito: la gente non deve sparare in mio nome, né in Veneto né in Sicilia. Solo l'idea mi fa paura. >>
  Ma  soprattutto  perche'  Questo pover'uomo lo stanno strumentalizzando in una maniera imbarazzante  cercando  di farne  un simbolo  Infatti   con cordo  con   Michele Cicero   quandi   su  https://www.facebook.com/pages/Becero-populismo-dei-link-di-FB/ dice  : <<  Vile e pusillanime chi gli cuce addosso le bandiere del suo partitino. Spero ne esca il più sereno possibile, come se non bastasse dover vivere col pensiero di aver ammazzato una persona... massima solidarietà >>

4.2.15

Sport e Integrazione”: lo sport ha capito, ma il Paese ?




Peccato che il Salone d’Onore del CONI oggi non fosse colmo come accade nelle grandi occasioni, spesso di vetrina più che di sostanza. Peccato perché quanto andato in scena in occasione della presentazione del progetto “Sport e Integrazione” ha un valore profondo, maggiore di quanto le parole dei convenuti siano riusciti ad evocare. Crediamo che oggi, parlando di sport e integrazione, si sia riusciti a toccare uno dei capisaldi di questa attività, antica e moderna, percependone i motivi per cui questa è legata intimamente all’uomo.
Ma senza voler andare troppo in profondità e per volare bassi (alla politica spicciola), la giornata di oggi ha mostrato quanto meschine e limitate sono tutte quelle istanze di rigetto delle altre culture, il razzismo strisciante, la xenofobia imperante. Proprie del nostro Paese e dell’Occidente in questi giorni ma non dello sport e, soprattutto, di chi fa sport.
Sport e Integrazione, Roma, Salone d'Onore del CONI (foto mezzelani)
Sport e Integrazione, Roma, Salone d’Onore del CONI (foto mezzelani)
In sostanza al Salone d’Onore del CONI, oggi, si è parlato di integrazione, senza se e senza ma, spostando l’asticella ben oltre il problema dello ius soli. Al presidente Malagò si possono rimproverare tante cose, sicuramente non la capacità di parlare al cuore: “Dobbiamo fare in modo che la cittadinanza sportiva, e non solo, venga rapidamente concessa a tutti quei ragazzi e ragazze che vivono, giocano, si allenano nel nostro Paese. Altri Paesi sono stati in grado di superare questa barriera psicologica. Lo sport adesso ha il dovere di smuovere le coscienze del legislatore e del Paese.”
E’ in gioco il nostro futuro: l’Italia senza quel milione di ragazzi stranieri che vivono qui (e che, come ha ricordato Natale Forlani, Direttore Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione “hanno una percezione dell’Italia migliore di quella che abbiamo noi…”) non potrebbe vincere le sfide del futuro, non solo in campo sportivo, anche economico e culturale. E’ anche una questione di civiltà. Privare della cittadinanza sportiva (e piena, aggiungiamo noi) questo milione di persone vuol dire creare tanti apolidi che non hanno una comunità di riferimento. Ne qui in Italia, tanto meno in paesi da cui provengono solo di nascita e che nella maggior parte dei casi non conoscono e che non li conosce.
Peccato che un così alto messaggio culturale rischia di perdersi in un Italia concentrata sulla caccia a “chi ruba il nostro lavoro”, come ha ricordato il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti: “Siamo così impegnati a trovare un responsabile della crisi che non ci rendiamo conto che l’unico modo per accrescere il nostro benessere è quello di accrescere il benessere delle persone che abbiamo vicino. La cittadinanza sportiva può essere un modello per convincere il Paese a seguire questa strada dell’integrazione.”
E’ inutile spiegare, a chi fa e vive di sport, quanto l’integrazione sia parte stessa dell’attività sportiva. Inutile perché scontato; Diana Bianchedi, membro del Comitato Scientifico “Sport e Integrazione”: “Lo sport è un veicolo privilegiato nell’integrazione perché assegna a ciascuno un ruolo preciso in un contesto collettivo, di squadra. E’ più facile ottenere integrazione nello sport che in un contesto scolastico: la comunità, infatti, riconosce l’atleta, lo integra e fa il tifo per lui. Per questo tutti gli atleti devono mettersi a disposizione per andare nelle scuole a raccontare la loro realtà a coloro che non conoscono da vicino il mondo dello sport tanto quanto un atleta”.
Abbiamo paura, però, che nel paese dei salvini e del “si però, gli zingari…”, un Paese che, guarda caso, ha una delle più basse percentuali di praticanti di una qualsiasi attività sportiva, queste parole e questo bellissimo progetto rischiano di essere inutili. Inutili, in questo caso, perché parole che cadono nel deserto dell’indifferenza e del qualunquismo. Dello sport siamo abituati a parlare solo in caso di successi o di fatti di cronaca. Tanto ci basta. Tutto il resto… è noia!
                                        Antonio Ungaro


29.11.14

anche con l'ironia si può combattere la pedofilia video di Marco valerio cervellini

  cazzeggiajdo  sulle  bacheche dei miei contatti   ho trovato  questo  filmato  interessante    ed  ironico  su una campagna    non violenta   ed  ironica   contro la pedofilia      online 
  
infatti l'autore https://www.facebook.com/pages/Marcovalerio-Cervellini/489060001148908 che  ha messo  il video  un  contatto dei  mio contatto  dice  nell'intestazione   
 
 
un filmato dal finale sconvolgente per scoraggiare questo fenomeno.La pedofilia è una vera e propria piaga dei nostri tempi, che purtroppo è sempre più diffusa nonostante le tantissime campagne di sensibilizzazione in merito e i continui controlli.Amici di famiglia, genitori, familiari o perfetti sconosciuti. Il pericolo per i più piccoli purtroppo arriva non soltanto dai più insospettabili, da coloro che invece dovrebbero proteggerli, ma anche da persone che non si ha mai avuto occasione di conoscere e che in breve tempo li catapultano in un vero e proprio incubo.Tutto questo succede nella vita di tutti i giorni, purtroppo sotto i nostri stessi occhi senza che spesso ce ne accorgiamo. Gli strumenti, infatti, ai quali hanno accesso anche i più giovani sono talmente tanti che controllare la loro vita e tutti i pericoli a cui possono essere esposti davvero non è affatto facile.Purtroppo, molti dei casi di pedofilia iniziano online. Proprio lì, coperti dall’anonimato e da uno schermo che li rende invisibili, molte persone, spesso insospettabili, padri di famiglia o persone molto rispettate per i propri valori, cambiano volto e finiscono per interagire con i più giovani in maniera sbagliata.Proprio per questo sono tante le modalità suggerite per controllare l’accesso alla rete dei più piccoli, limitando la loro navigazione o l’accesso a determinati siti. Nonostante questo però il pericolo è sempre dietro l’angolo e non smette mai di trovarci impreparati.Le immagini di questo video ci mostrano uno spot che vuole scoraggiare il fenomeno della pedofilia online, un male oscuro che potrebbe abbattersi su chiunque, anche sui nostri figli. È proprio su questo punto che fa leva lo spot e che ha un finale a dir poco sconvolgente e che deve fare molto riflettere.Una ragazza, infatti, appena 16enne, inizia una conversazione online con una persona, che lei crede essere appena 19enne. Questo almeno è quello che l’uomo, invece, sposato e ben più grande di quanto dichiarato, sostiene. I due si scambiano qualche battuta e poi pronta arriva la richiesta dell’uomo. Una foto di lei. Un piccolo regalo per un compleanno che avrebbe celebrato pochi giorni prima.Inizialmente restia la ragazza decide di assecondare quel ragazzo appena conosciuto e gli invia la foto. Per l’uomo tutto diventerà più chiaro. La ragazza con cui stava parlando era la figlia. Una scoperta che lo lascia senza parole e che lo convince a fare un passo indietro.Un finale davvero sconvolgente ma che costituisce la chiave per comprendere lo spot. Dietro a quel pc, infatti, potrebbe esserci chiunque, ma soprattutto dietro ad una conoscenza dei nostri figli ci potrebbe essere qualcuno come noi, con intenzioni oscure, che costituisce una minaccia per i più piccoli.
Un video davvero molto bello da diffondere per convincere quante più persone che la pedofilia online è qualcosa

15.11.14

manca ancora un mese è mezzo a natale ma s'incomincia a sentirlo ed ..... [ Natale in trincea, lo spot su armistizio della Grande Guerra è un capolavoro ]

 E'  questo l'effetto   che  mi  ha  fatto   questo video  .  ed  in ....   a  chi mi dice  che  sono nostalgico  o  disfattista e  m'insulta  come  hanno  insultato Bruce  Springsteen, Grohl e Zac Brown che hanno cantato al concerto dei   concerto  dei veterani "Fortunate Son" dei Creedence Clearwater Revival.  




È la notte di Natale del 1914, prima guerra mondiale: gli eserciti inglesi e tedeschi si fronteggiano. Si ode la più famosa canzone natalizia, "Stille Nacht" ("Silent night"): a cantarla è prima un soldato tedesco, poi uno inglese. Così i nemici escono dalle trincee, mani alzate, si abbracciano all'aperto. Nello spot pubblicitario della Sainsbury, catena di supermercati britannici, tre minuti di storia che emozionano, con un soprendente finale.  Infatti secondo  , da cui  ho condiviso  il  video  , 


Quando i nemici a condividere il rancio, a scambiare foto e perfino a giocare una partita a pallone, prima di riprendere, il giorno dopo, a spararsi e a uccidersi.È un video pubblicitario della Sainsbury, catena di supermercati britannici. Nel filmato di tre minuti la storia si conclude con lo scambio delle giubbe militari tra un inglese e un tedesco, e con il tedesco che scopre nella tasca del cappotto inglese un regalo: una tavoletta di cioccolato. “Christmas is for sharing”, il Natale è la festa della condivisione.Per l’occasione i supermercati Sainsbury venderanno una cioccolata uguale a quella del film, a 1 sterlina, con una confezione identica a quella originale del 1914 e i proventi devoluti all’associazione dei veterani di guerra....


 Il  video   è  scopiazzato   da http://it.wikipedia.org/wiki/Pipes_of_Peace_(brano_musicale)




Ma    chi se  frega  ,   il mondo  è  da  2000  anni tutto un  copia  copia come dice  Bob Dylan      in  11 Outlined Epitaphs (Undici epitaffi abbozzati)     è il titolo di un  suo  poema scritto nei primi anni sessanta  http://it.wikipedia.org/wiki/11_Outlined_Epitaphs  pin particolare  ne verso  qui sottto

Sì, sono un ladro di pensieri / ma non un ladro d'anime, prego / ho costruito e ricostruito / su ciò che è in attesa / perché la sabbia sulle spiagge / scolpisce molti castelli / su quel che è stato aperto / prima della mia epoca / una parola, un motivetto, una storia, un verso / chiavi al vento per aprirmi la mente /e per garantire alle mie idee da armadio un'aria da cortile [...] » , 

7.7.14

In un anno il giro del mondo in bicicletta. Su due ruote per ascoltare le persone, alla ricerca di storie sostenibili

vedi anche

da  repubblica.it

Stefano Cucca, per tutti 'Rumundu', 35 anni, sardo, ha percorso trentaduemila chilometri. "Pedalo per ascoltare le persone. E per gridare al mondo che il modello economico e sociale attuale porta a far si che ci siano poche persone ad avere denaro e potere. E ciò non è sostenibile per definizione"

di GIAMPAOLO COLLETTI  03 luglio 2014 


Rumundu vuol dire il mondo nel dialetto sussincu [  di sorso  ] , un slang tipico dell'entroterra sassarese. "E' il dialetto che parlava la mia nonna a Sorso. E da lì sono partito per il mio giro in bicicletta", racconta Stefano Cucca, per tutti appunto 'Rumundu'. Che poi il mondo Stefano l'ha girato davvero in lungo e in largo alla scoperta di storie e stili di vita sostenibili. Per un anno e per giunta su due ruote. Un viaggio che è stato raccontato in tempo reale attraverso testi e immagini sul suo diario di bordo Rumundu.it e sui social collegati, con un seguito che si è fatto di giorno in giorno più ampio, virale, condiviso.
Partito nel giugno 2013 dal suo paese di origine Sorso e rientrato nella sua Sardegna, precisamente a Cagliari lo scorso 4 giugno, ad un anno esatto dalla partenza. "Sono partito dalla leggendaria fontana di Sorso, quella che racconta come gli abitanti di questa comunità siano considerati un po' matti per via di quell'acqua. Ecco, rivendico con orgoglio l'elemento follia presente in ciascuno di noi", precisa Cucca. E quanto ha pedalato 'Rumundu', trentacinquenne sassarese, tante vite in una sola, nonostante la giovane età. Trentacinque anni, laureato in economia e commercio, master in progettazione europea, ha lavorato in Italia e all'estero. "Mi sono anche licenziato dal mio posto di lavorare, e ho iniziato a viaggiare". Un passato da direttore di un consorzio di cooperative sociali e poi a capo di un'azienda che si occupava di tracciabilità di prodotti alimentari. Animo da innovatore sociale, quello di Cucca: è partito per scoprire un mondo migliore. "Che esiste per davvero", giura da inguaribile ottimista.
Missione compiuta, quella di Stefano. Ed esperienza indimenticabile. "È stato un anno ricco di esperienze che non è semplice descrivere in poche parole, ma mi sento una persona molto fortunata. Ho imparato moltissimo e sono davvero tante le realtà visitate in questo viaggio", precisa Cucca.
Trentaduemila chilometri, cinque continenti, centinaia le persone incontrate, innumerevoli le storie da raccontare. E tutto sulla stessa bicicletta rotta un po' di volte e riparata e quattro zainetti. E mentre il sito si apre alla collettività, per il futuro Cucca sogna progetti di rural innovation e si mette alla ricerca di un venture capital per la creazione di un fondo. "Pedalo per ascoltare le persone. E per gridare al mondo che il modello economico e sociale attuale porta a far si che ci siano poche persone ad avere denaro e potere. E ciò non è sostenibile per definizione", precisa Cucca, con noi al 'Next' di Cagliari giovedì 10 luglio ore 19.30 in piazza Palazzo.
Che cosa ti ha spinto a compiere questo percorso e a macinare tutti questi chilometri?
"La mia pedalata è nata da una serie di riflessioni fatte alcuni anni fa. D'altronde se 85 uomini nel mondo hanno un salario annuale come quello di 3,5 miliardi di persone, questo modello non regge. Bisognerebbe fermarsi e riflettere. Così ho creato una piattaforma con storie di modelli di sviluppo economico alternativo al consumismo. Storie controcorrente".
Cosa ti sei portato con te nel viaggio?
"Con me lo stretto indispensabile. Un sacco a pelo, l'attrezzatura tecnica, un po' di vestiario e qualcosa da mangiare. Ecco il contenuti dei quattro zainetti. Avevo poche cose quando sono partito e ancora meno al ritorno".

Quale lezione hai imparato con trentaduemila chilometri alle spalle?
"Tante lezioni diverse, ma forse quella più significativa l'ho imparata in Indonesia, perché ho visto il percorso errato che è stato fatto in passato anche nella nostra terra sarda. In Sardegna negli anni '70 le tradizioni e le persone - quindi le ricchezze di un luogo - sono state accantonate per dar spazio alle multinazionali che tendono a 'normalizzarè i luoghi. Insomma la storia tende a ripetersi".
Quanti Paesi hai visitato sempre su due ruote?
"Tantissimi. Italia, Svizzera, Germania, Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda, ancora Germania, Danimarca, Islanda. E poi l'indimenticabile 'coast-to-coast' negli Stati Uniti passando per il Canada, Giappone. Ho toccato la Cina e poi il Vietnam e ho percorso i sentieri della Cambogia, Thailandia, Malesia, Singapore, Indonesia, Australia, Nuova Zelanda, Sud-Africa per poi rientrare in Italia attraversando la Turchia e la Grecia. E poi la bella, ciclabile, viva, colorata, seria e folcloristica, rilassante, fresca, verde e giovane, rossa e curiosa Amsterdam, in Olanda".
Pedalate alla ricerca di stili di vita sostenibili. E in tutto questo quanto ti sei portato con te della tua terra?
"Tantissimo. Lo scopo del progetto Rumundu era quello di girare il mondo in bicicletta alla ricerca di storie e stili di vita sostenibili, promuovendo allo stesso tempo la Sardegna".
Giro del mondo, ma anche d'Italia. Quali mete hai visitato del Bel Paese?
"La Sicilia con Palermo e Messina, per poi risalire tutto lo stivale passando per Capo d'Orlando, Cosenza, Maratea, Palinuro, Salerno, Napoli, Roma, Livorno, Firenze sotto un piacevolissimo temporale sul Ponte Vecchio. E Parma, Bologna e Novara. Fino a Milano".
Uno dei Paesi che ti hanno maggiormente colpito?
"Direi l'Islanda, sostenibile perché governata dalla natura. C'è anche Kyoto con il rispetto verso il prossimo o la Cina con Pechino patria dell'insostenibilità, l'Indonesia con la sua caotica Bali, o ancora la Tasmania, nei cui boschi si possono trovare luoghi magici dove si vive in completa armonia con la natura".

Stiamo raccogliendo i messaggi per la candidatura di Cagliari 2019. Il tuo slogan personale?
"Cagliari deve farcela e anzi ce la farà, perché partiamo dal presupposto positivo: siamo al centro del Mediterraneo e quindi potremmo riappropriarci di questo luogo centrale".
Prossimi obiettivi e... future pedalate?
"Vorrei dare la possibilità ad altri di popolare il sito con racconti di storie sostenibili che parlino di come e dove si vive nel mondo, dalla bioedilizia al cibo, dai mezzi di trasporto agli stili e ai comportamenti quotidiani che tengano conto del rispetto del territorio".
Ma quanto è impegnativo fare un viaggio del mondo in bicicletta?
"Penso che non sia una cosa impossibile farlo. Ognuno con il proprio ritmo potrebbe porsi nella condizione di esplorare e imparare a prescindere dai chilometri. Quelli sono relativi. Sono dell'idea che con la bicicletta si abbia la giusta velocità per ascoltare il mondo. Lo si capisce, lo si percepisce, lo si vive".
Quale messaggio ti senti di mandare ai giovanissimi 'nexter', gli innovatori del proprio tempo?
"Mai arrendersi e darsi sempre da fare. E poi nella vita occorre rimettere al centro le persone e non le cose. Una persona normale può girare il mondo con una bicicletta e quattro zainetti sulle spalle".

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...