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da repubblica.it
Stefano Cucca, per tutti 'Rumundu', 35 anni, sardo, ha percorso trentaduemila chilometri. "Pedalo per ascoltare le persone. E per gridare al mondo che il modello economico e sociale attuale porta a far si che ci siano poche persone ad avere denaro e potere. E ciò non è sostenibile per definizione"
di GIAMPAOLO COLLETTI 03 luglio 2014
Rumundu vuol dire il mondo nel dialetto sussincu [ di sorso ] , un slang tipico dell'entroterra sassarese. "E' il dialetto che parlava la mia nonna a Sorso. E da lì sono partito per il mio giro in bicicletta", racconta Stefano Cucca, per tutti appunto 'Rumundu'. Che poi il mondo Stefano l'ha girato davvero in lungo e in largo alla scoperta di storie e stili di vita sostenibili. Per un anno e per giunta su due ruote. Un viaggio che è stato raccontato in tempo reale attraverso testi e immagini sul suo diario di bordo Rumundu.it e sui social collegati, con un seguito che si è fatto di giorno in giorno più ampio, virale, condiviso.
Partito nel giugno 2013 dal suo paese di origine Sorso e rientrato nella sua Sardegna, precisamente a Cagliari lo scorso 4 giugno, ad un anno esatto dalla partenza. "Sono partito dalla leggendaria fontana di Sorso, quella che racconta come gli abitanti di questa comunità siano considerati un po' matti per via di quell'acqua. Ecco, rivendico con orgoglio l'elemento follia presente in ciascuno di noi", precisa Cucca. E quanto ha pedalato 'Rumundu', trentacinquenne sassarese, tante vite in una sola, nonostante la giovane età. Trentacinque anni, laureato in economia e commercio, master in progettazione europea, ha lavorato in Italia e all'estero. "Mi sono anche licenziato dal mio posto di lavorare, e ho iniziato a viaggiare". Un passato da direttore di un consorzio di cooperative sociali e poi a capo di un'azienda che si occupava di tracciabilità di prodotti alimentari. Animo da innovatore sociale, quello di Cucca: è partito per scoprire un mondo migliore. "Che esiste per davvero", giura da inguaribile ottimista.
Missione compiuta, quella di Stefano. Ed esperienza indimenticabile. "È stato un anno ricco di esperienze che non è semplice descrivere in poche parole, ma mi sento una persona molto fortunata. Ho imparato moltissimo e sono davvero tante le realtà visitate in questo viaggio", precisa Cucca.
Trentaduemila chilometri, cinque continenti, centinaia le persone incontrate, innumerevoli le storie da raccontare. E tutto sulla stessa bicicletta rotta un po' di volte e riparata e quattro zainetti. E mentre il sito si apre alla collettività, per il futuro Cucca sogna progetti di rural innovation e si mette alla ricerca di un venture capital per la creazione di un fondo. "Pedalo per ascoltare le persone. E per gridare al mondo che il modello economico e sociale attuale porta a far si che ci siano poche persone ad avere denaro e potere. E ciò non è sostenibile per definizione", precisa Cucca, con noi al 'Next' di Cagliari giovedì 10 luglio ore 19.30 in piazza Palazzo.
Che cosa ti ha spinto a compiere questo percorso e a macinare tutti questi chilometri?
"La mia pedalata è nata da una serie di riflessioni fatte alcuni anni fa. D'altronde se 85 uomini nel mondo hanno un salario annuale come quello di 3,5 miliardi di persone, questo modello non regge. Bisognerebbe fermarsi e riflettere. Così ho creato una piattaforma con storie di modelli di sviluppo economico alternativo al consumismo. Storie controcorrente".
Cosa ti sei portato con te nel viaggio?
"Con me lo stretto indispensabile. Un sacco a pelo, l'attrezzatura tecnica, un po' di vestiario e qualcosa da mangiare. Ecco il contenuti dei quattro zainetti. Avevo poche cose quando sono partito e ancora meno al ritorno".
Quale lezione hai imparato con trentaduemila chilometri alle spalle?
"Tante lezioni diverse, ma forse quella più significativa l'ho imparata in Indonesia, perché ho visto il percorso errato che è stato fatto in passato anche nella nostra terra sarda. In Sardegna negli anni '70 le tradizioni e le persone - quindi le ricchezze di un luogo - sono state accantonate per dar spazio alle multinazionali che tendono a 'normalizzarè i luoghi. Insomma la storia tende a ripetersi".
Quanti Paesi hai visitato sempre su due ruote?
"Tantissimi. Italia, Svizzera, Germania, Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda, ancora Germania, Danimarca, Islanda. E poi l'indimenticabile 'coast-to-coast' negli Stati Uniti passando per il Canada, Giappone. Ho toccato la Cina e poi il Vietnam e ho percorso i sentieri della Cambogia, Thailandia, Malesia, Singapore, Indonesia, Australia, Nuova Zelanda, Sud-Africa per poi rientrare in Italia attraversando la Turchia e la Grecia. E poi la bella, ciclabile, viva, colorata, seria e folcloristica, rilassante, fresca, verde e giovane, rossa e curiosa Amsterdam, in Olanda".
Pedalate alla ricerca di stili di vita sostenibili. E in tutto questo quanto ti sei portato con te della tua terra?
"Tantissimo. Lo scopo del progetto Rumundu era quello di girare il mondo in bicicletta alla ricerca di storie e stili di vita sostenibili, promuovendo allo stesso tempo la Sardegna".
Giro del mondo, ma anche d'Italia. Quali mete hai visitato del Bel Paese?
"La Sicilia con Palermo e Messina, per poi risalire tutto lo stivale passando per Capo d'Orlando, Cosenza, Maratea, Palinuro, Salerno, Napoli, Roma, Livorno, Firenze sotto un piacevolissimo temporale sul Ponte Vecchio. E Parma, Bologna e Novara. Fino a Milano".
Uno dei Paesi che ti hanno maggiormente colpito?
"Direi l'Islanda, sostenibile perché governata dalla natura. C'è anche Kyoto con il rispetto verso il prossimo o la Cina con Pechino patria dell'insostenibilità, l'Indonesia con la sua caotica Bali, o ancora la Tasmania, nei cui boschi si possono trovare luoghi magici dove si vive in completa armonia con la natura".
Stiamo raccogliendo i messaggi per la candidatura di Cagliari 2019. Il tuo slogan personale?
"Cagliari deve farcela e anzi ce la farà, perché partiamo dal presupposto positivo: siamo al centro del Mediterraneo e quindi potremmo riappropriarci di questo luogo centrale".
Prossimi obiettivi e... future pedalate?
"Vorrei dare la possibilità ad altri di popolare il sito con racconti di storie sostenibili che parlino di come e dove si vive nel mondo, dalla bioedilizia al cibo, dai mezzi di trasporto agli stili e ai comportamenti quotidiani che tengano conto del rispetto del territorio".
Ma quanto è impegnativo fare un viaggio del mondo in bicicletta?
"Penso che non sia una cosa impossibile farlo. Ognuno con il proprio ritmo potrebbe porsi nella condizione di esplorare e imparare a prescindere dai chilometri. Quelli sono relativi. Sono dell'idea che con la bicicletta si abbia la giusta velocità per ascoltare il mondo. Lo si capisce, lo si percepisce, lo si vive".
Quale messaggio ti senti di mandare ai giovanissimi 'nexter', gli innovatori del proprio tempo?
"Mai arrendersi e darsi sempre da fare. E poi nella vita occorre rimettere al centro le persone e non le cose. Una persona normale può girare il mondo con una bicicletta e quattro zainetti sulle spalle".
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