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19.6.21

Genova vent'anni dopo . IL g8 del 2001 storia di un fallimento . mia recensione - intervista all'autore Giovanni Mari




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Tra un mese  e  qualche  giorno saranno  20 anni   (  come passa in fretta  il  tempo 😥)   dal G8  di Genova  2001    e  già  iniziano  ad essere pubblicati libri   , speciali giornalistici -televisivi , ecc    su tali avvenimenti .
IL primo   o  almeno uno  dei  primi   ad essere usciti  é GENOVA, VENTI ANNI DOPO. IL G8 DEL 2001, STORIA DI UN FALLIMENTO (People editore, 180 pagine, 15 euro).  di  Giovanni Mari , giornalista, per quasi vent’anni si è occupato dello scontro tra i partiti italiani. Lavora per "Il Secolo XIX".
Appena ho letto il libro sono ritornato ali quei giorni e alla collaborazione  con il libro suo fatto del G8 Genova nome per nome   di Carlo Gubitosa e con il forum  poi culminato  in un intervista a uno della contro inchiesta pillolarossa sulla vicenda di piazza Alimonda . Collaborazione  derivata da un processo di trasformazione della frustrazione  e senso di colpa per non essere andato ma ero fisicamente impedito ero fratturato al ginocchio  e poi miei reduci soprattutto mio padre dai movimenti del 68\77 non volevano che andassi per paura ,poi confermata dagli eventi ,  di quello che sarebbe successo. un libro a 360 gradi quello di Giovanni Mari .
Esso mi ha confermato  alcune mie ipotesi in particolare quella del perché  alcuni giornalisti  che fecero delle contro inchieste come  sul  link  caso di Carlo Giuliani  hanno scelto  di farlo e le hanno pubblicate online in anonimato. un libro  che non risparmia  nessuno . infatti  
A distanza di 20 anni il G8 di Genova ci si   chiede se  si può storicizzare, quanto accadde in quel luglio 2001 si può dare un giudizio. Secondo   quanto sostiene il giornalista e scrittore genovese   la  risposta  è Si . Egli   In quei giorni era in piazza come tutti i giornalisti  per raccontare tali eventi, oggi ha voluto emettere una sentenza sull'operato dei protagonisti. Sentenza che è indicata nel titolo el titolo  del libro  : "Fallirono tutti - spiega Mari all'ANSA -. Anche noi giornalisti". "Cosa è accaduto si sa - spiega l'autore -, a me interessava giudicare. Alla fine ho raccontato 8 fallimenti": i capi di stato e i manifestanti, i governi, la politica, l'intelligence, le forze dell'ordine, la magistratura, i media.

Per ciascuno Mari ha emesso la sentenza dopo avere ricordato la morte di Giuliani, i disordini, le cariche della polizia, la 'macelleria messicana'. Bush, Prodi e gli altri "passarono come fantasmi a Genova senza toccare temi fondamentali dell'agenda come acqua e ambiente", fallirono D'Alema e Berlusconi. "Fallì l'intelligence che non si accorse dei segnali o non fu in grado di farsi ascoltare", le forze dell'ordine "sbagliarono strategie e tattiche". Mentre il centrodestra dava la caccia "alle zecche comuniste" e "Fassino toglieva dal corteo il simbolo". Fallì la magistratura "che alzò un polverone sulle forze dell'ordine e poi lasciò correre le prescrizioni, non toccò la catena di comando e i Black Block. E si fece scavalcare dalla Ue sulle torture". "Fallimmo noi giornalisti - dice ancora Mari -, troppo prudenti sulla sospensione della democrazia e incapaci di distinguere tra violenze di manifestanti e forze dell'ordine".    Fallì il movimento "che aveva ragione ma ha regalato la lotta per i beni comuni a Grillo e la lotta progressista al multi nazionalismo al sovranismo incattivito". Il libro dice chi sbagliò strategie , chi guidò i reparti e chi raccontò bugie. A vent'anni dal G8 di Genova, dai gravi fatti che hanno offuscato il summit e che lo hanno reso - questi sì - una svolta definitiva nella Storia d'Italia, Giovanni Mari, giornalista genovese e testimone, ripercorre i vari fallimenti che hanno connotato quell'esperienza, rendendola unica e irreversibile: il fallimento degli otto Grandi, del governo italiano, dell'intelligence, delle forze dell'ordine, della politica italiana tutta, e poi ancora della magistratura, dei mass media e, infine, anche del movimento noglobal. Una sconfitta che pesa su tutti. Questo libro è un sincero e amaro giudizio di valore che, a distanza, parla del bisogno di una dolorosa rielaborazione che conduca passo passo a una verità difficile. Il contributo di Mari getta una luce diversa sulla lettura di quel terribile snodo che ha verosimilmente segnato la rappresentanza politica e le dinamiche di piazza di questo Paese nel nuovo Millennio.    "E' una analisi amara - dice Mari -. Le forze dell'ordine fallirono in modo eclatante, non per colpa dei singoli. Dispiace per la gente per bene che voleva manifestare e per gli agenti per bene che furono infangati per colpe non loro". a vent’anni dal G8 di Genova, dai gravi fatti che hanno offuscato il summit e che lo hanno reso – questi sì – una svolta definitiva nella Storia d’Italia .Egli nella duplice veste di giornalista genovese e testimone, ripercorre i vari fallimenti che hanno connotato quell’esperienza, rendendola unica e irreversibile: il fallimento degli otto Grandi, del governo italiano, dell’intelligence, delle forze dell’ordine, della politica italiana tutta, e poi ancora della magistratura, dei mass media e, infine, anche del movimento noglobal. Una sconfitta che pesa su tutti.  Ma  fu realmente cosi  ?    solo un fallimento  Vediamo di capire  il perchè    chiedendolo all'autore. 


C’è chi è stato picchiato, chi continua a sognare quei giorni, chi ha deciso di non avere figli, chi ha cambiato completamente vita e chi ha perso di vista il “movimento” ma spesso, in modo sotterraneo, ha continuato ad andare in direzione ostinata e contraria, perpetuando quello spirito. eppure a Genova ne usci sconfitto, secondo te, perchè? 

Certamente i giorni di Genova rappresentano una ferita aperta per un’intera generazione fatta di semplici cittadini che volevano manifestare per un mondo migliore, per i giornalisti che sono stati imprevisti testimoni e persino per gli uomini delle forze dell’ordine. Una ferita che non si rimargina e che ha un sapore eterno di sconfitta. Ma, chi per non dimenticare, chi per redimersi, chi perché è convinto che quelle istanze fossero giusto – come del resto lo erano, oggi possiamo dirlo – non rinuncia a ricordare e a parlare. Manifestare in piazza non è un mestiere, manifestare un pensiero è un dovere. Per questo quella destinazione ostinata e contraria resta un binario per molti irrinunciabile.

A 20 anni dai giorni del G8 di Genova quindi molte domande sono ancora aperte. quindi Perché è importante raccontare Genova a chi per anagrafe, per distrazione o per scelta non c’era ? 

Il G8 di Genova è stato uno scempio assoluto, in cui lo Stato ha toccato un punto bassissimo. Chi c’era, chi non c’era e poi ha saputo, chi c’era e ha sbagliato: tutti dovrebbero sentire il bisogno di parlare e raccontare, di spiegare come è stato possibile arrivare a una sospensione così plateale della democrazia, come è stato possibile consentire una repressione illegittima e immotivata, come è stato possibile abbandonare una città. Perché mai migliaia di poliziotti e carabinieri siano stati mandati allo sbaraglio, infarciti di false notizie e di ordini sgangherati.

Che cosa n'è stato del “movimento”, di quell’afflato collettivo massacrato dai manganelli e dai media? In quali rivoli si è disperso il fiume di persone che ha manifestato? 

Il movimento si è disperso più perché non ha saputo aggiornarsi che per le botte subite. Ha lasciato che la sua istanza fortemente progressista fosse presa in ostaggio da sovranisti e populisti. Da un lato c’è stato quell’endemico fenomeno di sclerotizzazione che ha generato un’involuzione del movimento, dopo che per anni si era esteso: prima aveva trovato una forte risposta a una forte domanda, poi non seppe più rispondere. Dall’altro lato, la stretta securitaria post-11 settembre fece il resto. E la politica non offrì una sponda credibile.

Qual è infine l’eredità, di Genova e chi ha raccolto e perpetuato questo capitale di idee ? 

L’eredità di Genova è nascosta. Nel ventennale vedo che molto si sta muovendo per recuperarla. Un sistema intero voleva seppellire le idee di giustizia sociale, c’era quasi riuscito. Adesso, vent’anni dopo, parlandone, tornando sui contenuti, finalmente senza la trappola delle minacce e delle veline, si può riaprire il discorso.

Un racconto collettivo (senza reducismo) per spiegare Genova a “chi non c’era” e per raccogliere quello che Alessandro Leogrande chiamava “il seme sotto la neve” e che ha germogliato tanti altri mondi possibili, dall’economia solidale all’informazione indipendente e il cui lascito è stato raccolto da Fridays for future e da altri movimenti, come quello dei referendum per l’acqua pubblica o Occupy Wall Street. Scrive Angelo Miotto, giornalista, documentarista radiofonico e comunicatore che nel 2001 ha seguito in diretta le vicende del G8 per Radio Popolare è possibile ?

Sì, il seme sotto la neve può germogliare. Ma deve trovare una strada nuova, non necessariamente di piazza. Guardiamo la campagna trasversale e innovativa che ha portato alla Tobin tax: ecco, quella può essere una strada. L’altra è quella di smascherare, con i fatti, le fake news che troppi spacciano sui social. Lì si annidano i migliori nemici del cambiamento.

11.1.13

numero chiuso università incostituzionale ?, i gay posso addottare ? . coprte europea richiama l'italia per le torrure di bolzaneto \ genova g8 20012

 finalmente delle buone  news  da  rainews del  11\1\2013

la prima  , perchè  nonostante  sia  ancora  un po' incerto  su tale argomento , è un segnale  che i tempi stanno cambiando   anche dai  noi 



Roma, 11-01-2013

Per la Cassazione non è altro che un "mero pregiudizio" sostenere che "sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale". In particolare, la Prima sezione civile (sentenza 601) si è così espressa affrontando il caso di affidamento tra un uomo di religione islamica che aveva avuto un figlio con una donna italiana, residente a Brescia, che successivamente era andata a convivere con una donna. 




L'uomo, in Cassazione, ha contestato l'esclusivo affidamento del figlio accordato alla madre dalla Corte d'appello di Brescia (26 luglio 2011), sulla base del fatto che il bimbo era inserito in una famiglia gay per cui avrebero potuto esserci "ripercussioni negative sul bambino". A suffragio di questa tesi, la difesa ha citato l'art.29 della Costituzione sui 'diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio'. 
La Cassazione ha respinto il ricorso e ha evidenziato che alla base delle lamentele "non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale". 
In questo modo, annota ancora la Prima sezione civile presieduta da Maria Gabriella Luccioli, "si da' per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino, che comunque correttamente la Corte d'appello ha preteso fosse specificamente argomentata". 
Il Tribunale per i minorenni di Brescia aveva già disposto l'affidamento esclusivo del figlio minorenne alla madre con incarico ai servizi sociali di regolamentare gli incontri del minore con il padre, da tenersi "con cadenza almeno quindicinale".
Paola Concia plaude alla sentenza "La Cassazione giustamente afferma che non ci sono certezze scientifiche a questi preconcetti - dice Concia - In realtà, ci sono tanti studi provenienti anche da Oltreoceano che dimostrano come l'orientamento sessuale all'interno di una coppia non condiziona in alcun modo la crescita di un bambino che ha necessita' di amore e affetto". Paola Concia ricorda che il centrosinistra ha inserito nel suo programma "il riconoscimento dell'omogenitorialita'". Quanto alla posizione contraria della Chiesa, Paola Concia dice: "la Chiesa rappresenta uno scoglio? Può essere sconfitto da una politica autorevole". La concia evidenzia come "la Prima sezione civile della Cassazione si dimostra ancora una volta una sezione all'avanguardia. Si sa che le sentenze fanno giurisprudenza. In questo caso è stato applicato il buon senso".
Arcigay: una sentenza storica 
Una "sentenza storica, i candidati agiscano di conseguenza". E' il commento di Arcigay alla sentenza della Cassazione sui figli affidati a famiglie gay. ''Ancora una volta - afferma Flavio Romani, presidente Arcigay - un tribunale italiano da' ragione alla famiglia composta da persone dello stesso sesso. Non solo, negli anni scorsi, la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione hanno dichiarato il matrimonio omosessuale perfettamente compatibile con la nostra Costituzione, ora la Corte di Cassazione ribadisce quello che ripetevamo da tempo e cioè che un bambino cresce in una famiglia di mamma e mamma o di papà e papà esattamente allo stesso modo di un bambino che cresce in una famiglia uomo-donna. E' l'amore che cresce un figlio o una figlia, non l'orientamento sessuale dei genitori. Quello di oggi è un pronunciamento istituzionale storico che da un assist formidabile alla futura maggioranza per legiferare finalmente per il matrimonio tra persone dello stesso sesso e la piena uguaglianza delle famiglie''. ''Ricordiamo che gia' oggi in Italia - aggiunge - esistono migliaia di figli e figlie di coppie omosessuali che sono discriminati per legge: e' un orrore sociale e legislativo che va rapidamente superato. I partiti politici prendano finalmente atto di questa sentenza e adeguino i loro programmi e le loro prospettive ad una realta' che ormai non puo' essere lasciata senza tutele e normative. Basta quindi con la corsa ai distinguo e alle mezze misure sui diritti civili e la dignita' delle persone, l'uguaglianza sostanziale che i tribunali e la societa' gia' ci riconoscono, e che solo la politica si ostina a voler ignorare, va riconosciuta per Legge'', conclude Arcigay.


la seconda     perchè  finalmente   qualcuno  mette  dei dubbi costituzionali  al numnero chiuso nelle università

Roma, 11-01-2013

Il Tar del Lazio, in attesa che la Corte costituzionale si pronunci sulla costituzionalità del 'numero chiuso' nelle università, ha ammesso con riserva decine di studenti (tutti appartenenti all'Unione degli Universitari) esclusi per non aver raggiunto il punteggio minimo previsto dal concorso di ammissione. "E' la fine del numero chiuso italiano", commenta il coordinatore Udu, Michele Orezzi.


 L'ultima   è  sintomo  della  figuraccia  del nostro paese in ambito di diritti umani

La Corte Europa dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha giudicato ammissibili i ricorsi presentati da 20 cittadini italiani e europei per i maltrattamenti subiti alla caserma di Bolzaneto, durante il G8 di Genova del luglio 2001.

qui  maggiori  news  su  quello che fu  il  G8  del 2001  e quindi anche su Bolzaneto 



Lo ha comunicato l'avvocato Riccardo Passeggi del foro genovese che, insieme ad alcuni colleghi e al professor Valerio Onida e Barbara Randazzo, aveva presentato ricorso. La Corte ha comunicato la pendenza al Governo italiano che ha tre mesi per presentare informazioni sull'accaduto e pene comminate.               La Corte ha quindi chiesto al governo italiano di fornire informazioni dettagliate sull'accaduto, sull'inchiesta, sui processi e sull'adeguatezza delle pene comminate ai responsabili. La Corte ha inoltre dato carattere di urgenza al ricorso e comunicato la pendenza del ricorso stesso al Governo italiano, assegnandogli il termine di tre mesi per controdedurre per iscritto.
Il ricorso alla Corte di Strasburgo per le violenze subite dai manifestanti fermati all'interno della caserma di Bolzaneto era stata presentato circa un anno fa da un gruppo di avvocati genovesi e milanesi, insieme al professore universitario e costituzionalista Valerio Onida che aveva partecipato alla sua stesura.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...