odio le smancerie amorose o le diociarazioni di matrimonio particolari ( anche se ne ho parlato in certi post ) come quella fatta al concerto di vasco a modena
ma questa ha il sapore de andreiano
https://www.youtube.com/watch?v=EEH7bSeSL84dai diamanti non nasce niente dal letame ( nascono i fiori
http://iltirreno.gelocal.it/montecatini/cronaca/2017/07/08
Dal fango nasce l’amore e Rudy sposa la sua Gabriella
Lui di Montecatini, lei di Albinia, si incontrarono cinque anni fa durante l’alluvione di Orbetellodi Ivana Agostini
ORBETELLO.
Un vecchio proverbio recita: «Non tutto il male viene per nuocere». In queste poche parole è racchiusa la storia di due innamorati che nella chiesa del borgo di Polverosa (Orbetello) sono convolati a nozze.
Gabriella Santi (orbetellese) e Rudy Matossi (di Montecatini Terme)
Dopo cinque anni di fidanzamento e convivenza, hanno dunque coronato il loro sogno d’amore. Un amore sbocciato in un momento del tutto particolare per la Maremma: l’alluvione di San Martino che cambiò volto ad Albinia e alle sue campagne. Campagne in cui Gabriella è nata e cresciuta.
La sua casa, per fortuna, si trova lontana dal fiume Albegna e venne risparmiata dalla devastazione, che invece colpì chi abitava a poche centinaia di metri più in basso.Gabriella in quei giorni, come lo è anche il fratello, Massimiliano Santi, era volontaria nella Misericordia di Albinia. E proprio ad Albinia arrivò la Protezione civile regionale.
«Durante l’alluvione – racconta il fratello Massimiliano – Rudy è venuto con il camper della segreteria della Regione Toscana per valutare l’emergenza e per coordinare le squadre di soccorso che venivano mandate da tutto il territorio». In quei giorni terribili, in cui tutto si era tinto di marrone, in cui le lacrime solcavano i visi di chi aveva perso ogni suo avere, sogni e ricordi, gli occhi di due giovani si sono incontrati ed è sbocciato l’amore. Quando l’emergenza è finita, quando tutto è stato un po’ più tranquillo, Gabriella e Rudy si sono fidanzati.
Fra i due innamorati però c’era la distanza a tenerli lontani. Lei a Orbetello e lui a Montecatini. L’amore si sa, quando è vero, è più forte di tutto e non conosce ostacoli. Gabriella ha lasciato la sua famiglia e dopo due mesi dal loro incontro è andata a vivere a Montecatini. Ora vive là e lavora all’Eurospin.
Ieri pomeriggio, in quella chiesa che l’ha vista bambina fare la sua prima comunione, è arrivata una donna pronta e deterinata a pronunciare il suo sì. L’amore di Rudy e Gabriella è l’amore nato quando non te lo aspetti. Quando la disperazione regnava intorno a due giovani che in quel momento erano al servizio di chi si trovava in difficoltà.
In mezzo a tutto quel fango, in mezzo a tutta quella melma però Cupido ha colpito. Agli sposi gli auguri del fratello Massimiliano, degli altri fratelli della sposa, dei genitori e della nostra redazione.
Mancanza di bun senso queste due storie la prima
Mancanza di bun senso queste due storie la prima Inizialmente quando ho letto questa storia presa da http://www.emiliaromagnamamma.it/2017/07/le-mamma-fanno-chiudere-laltalena-disabili/ ( e che riporto sotto ) ho avuto la stessa reazione dell'amica
“Io e Matteo ringraziamo tutti quei cittadini che hanno fatto chiudere l’altalena così che i propri figli ‘normodotati’ possano rimanere incolumi mentre loro chiacchierano e giocano con il cellulare. O sono tranquilli tranquilli al mare poiché non hanno bisogno di aiuto o accessibilità. Noi, non vi preoccupate, andiamo a rinchiuderci a casa. Grazie. W la civiltà”. Con questo amaro messaggio su Facebook Michela Aloigi,madre di Matteo, ragazzo disabile, e presidentessa dell’associazione La giraffa a rotelle,
ha annunciato la chiusura di un’altalena speciale installata solo pochi mesi fa (a fine 2016) nel parco urbano di Imperia e da allora criticata dai genitori di bimbi ‘normodotati’ che la ritenevano pericolosa per l’incolumità dei propri figli. Il fatto è che l’altalena per i disabili veniva, appunto, impropriamente utilizzata da tutti gli altri bambini tra il disinteresse dei genitori. Da qui il giudizio di ‘pericolosità’: mamma e papà incapaci di badare ai propri figli e di far rispettare poche e semplici regole, hanno lanciato una crociata contro l’altalena inclusiva
Nelle scorse settimane erano comparsi post su Facebook che denunciavano l’abuso: “Vorremmo segnalare la pericolosità dell’altalena per disabili – spiegava uno degli interventi – benché sia riservata solo a un determinato pubblico, il gioco viene usato abusivamente da tutti i bimbi e persino dagli adulti. Il fatto è che quest’altalena è un ammasso di ferro di notevole peso, un’arma anti bimbo.
Nelle scorse settimane erano comparsi post su Facebook che denunciavano l’abuso: “Vorremmo segnalare la pericolosità dell’altalena per disabili – spiegava uno degli interventi – benché sia riservata solo a un determinato pubblico, il gioco viene usato abusivamente da tutti i bimbi e persino dagli adulti. Il fatto è che quest’altalena è un ammasso di ferro di notevole peso, un’arma anti bimbo.
Chiediamo di mettere un lucchetto all’attrezzo in modo da evitare rischi per l’incolumità dei bambini, magari dando la chiave solo ai ragazzi che ne hanno diritto”. Genitori e nonni si erano lamentati anche con i media locali della situazione.
Il post di denuncia di Michela Aloigi in poche ore ha avuto centinaia di condivisioni e questa battagliera mamma ha ringraziato sempre sul social network, in vista di futuri sviluppi: “Quanta solidarietà! Un grazie a tutti e vi terrò aggiornati sperando che tutto questo appoggio faccia riaprire e cosa importantissima, rispettare, giocando tutti insieme, l’Altalena!”.
accolgo volentieri l'appello della mia utente ( preferisco il termine utente perchè amici in rete è ambiquo ) sempre attiva e sensibile
e prima di passare alla storia successiva vi lascio con questa tocccantre poesia di Annalisa Cardia
La seconda presa da http://mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca/2017/07/10
. Un fatto comprensibile se ci mettiamo dalla parte del proprietario \ i dell'esercizio pubblicpo , ma che dimnostra come il buon senso stia sempre vedendo meno
Padova, in bagno al bar solo con i documenti
Succede nel locale del capolinea del tram alla Guizza: polemica sulla decisione del gestore
di Felice Paduano
PADOVA.
Può un bagno di un locale pubblico essere gestito dal titolare come se fosse un luogo privato? Se una persona ha bisogno di utilizzare la toilette può usare i servizi igienici di un locale pubblico gratis o deve consumare ?
La questione è ampiamente dibattuta e non stupisce più dover chiedere la chiave, consumare, oppure addirittura pagare un obolo per poter usare il bagno. Diverso è dover mostrare i documenti. Sia perché i baristi non sono pubblici ufficiali, sia perché non c’è alcuna ragionevolezza, come se chi ha documenti in tasca usa il bagno senza sporcare o distruggere quello che c’è. Eppure a Padova accade anche questo.
«Per le chiavi del bagno chiedere in bar, muniti di un documento», si legge infatti sulla porta del bagno del locale situato al capolinea sud del tram, alla Guizza. Il cartello scritto dal gestore è posizionato sulla porta della stanza che si trova nel corridoio interno dell’esercizio pubblico a sette metri dall’ingresso del bar.Da circa due anni il titolare è Arturo Scattolin, uno dei più noti baristi della città, che, in via Aspetti 258, praticamente davanti al Bingo, all’Arcella, gestisce anche il locale pubblico Sottovento. Il bar in questione, in questo periodo, è aperto, dal lunedì al sabato, dalle 6.30 alle 19 e vi lavorano due ragazze (una al mattino e l’altra al pomeriggio), sono sempre gentili e garbate con tutti i clienti. Il bar funziona anche come rivendita dei biglietti per il tram e i bus urbani e suburbani di BusItalia ed è di proprietà di Aps Holding spa sin da quando sono stati costruiti, undici anni fa, gli uffici e il deposito dei tram. In pratica il gestore lo ha avuto in concessione dalla società partecipata del Comune di Padova, a cui paga l’affitto ogni mese. Ma è lecito pretendere la carta d’identità, il passaporto o, in alternativa per gli stranieri, il permesso di soggiorno per poter utilizzare la toilette ?
«Secondo me è l’unico locale pubblico del Veneto dove ci vuole la carta d’identità per fare pipì» sottolinea Gabriele, un giovane, originario di Crotone che prende spesso il tram al capolinea sud. «Una cosa del genere è inaudita. Mi meraviglio come mai, sino a oggi, nessuno si sia ribellato». Del tutto diversa la versione fornita dai tanti autisti che vanno a bere il caffè da Scattolin. «Il gestore ha fatto bene» rispondono in coro.
«Ci sono troppi tossicodipendenti che vanno a drogarsi dentro i bagni dei bar e, poi, ci risulta che il barista sia arrivato a tale scelta perché più di un cliente si sia portato la chiave del bagno a casa». Sulla toilette utilizzabile solo con un documento anagrafico in mano si esprime volentieri anche il direttore dell’Appe. «A prima vista mi sembra veramente molto strana la decisione del barista» osserva Filippo Segato, «capisco che se più di un cliente si è tenuto la chiave è giusto correre ai ripari. D’altronde la decisione si inquadra all’interno del dibattito spesso vivace sui bagni nei locali pubblici.
Ci sono diversi gestori che sostengono che le toilette dei bar non sono pubbliche. Altri che per il loro uso fanno pagare 0,50 centesimi o addirittura un euro. Altri lo riservano ai soli clienti con un codice a barra scritto sullo scontrino. Come sempre tuttavia, serve buon senso».
ma concludiamo in bellezza con una storia , forse un po' esagerato come esempio , ma la libertà è anche questa presa da http://iltirreno.gelocal.it/pisa/cronaca/2017/07/08/
Dà l’addio al posto fisso in Comune: «Sarò una blogger a tempo pieno»
La storia di Silvia Ceriegi e dello straordinario successo del suo sito Trippando. In una lettera ai figli spiega la decisione di licenziarsi. «Mi metto in gioco per potervi insegnare cos’è la vera libertà»
di Danilo RenzulloVECCHIANO.
Neanche un posto fisso può fermare un sogno. Soprattutto se in gioco ci sono passioni e una cultura cosmopolita rimasta imprigionata per tanti anni nelle quattro mura di un ufficio del Comune di Vecchiano.
Non c’è stipendio che possa reggere se in gioco c’è la libertà. O meglio, la sensazione di sentirsi libera dalla gabbia della burocrazia. Da quelle quattro mura, una scrivania e un computer che per tanti è l’aspirazione di una vita, ma che per Silvia Ceriegi, classe 1979, un marito e due figli, si sono trasformate in una sorta di prigione in cui il tempo ha fossilizzato le aspirazioni di una donna che ha intrapreso un viaggio intorno al mondo dispensando consigli e recensioni e diventando una delle più seguite e apprezzate travel blogger d’Italia e del mondo.
Impiegata all’ufficio ambiente del Comune di Vecchiano, ha rinunciato al posto fisso statale. Un’utopia per tanti, una speranza per molti, una sorta di oppressione per Ceriegi che a fine giugno ha presentato le dimissioni dall’incarico, diventante effettive ieri, per trasformare le sue passioni, la scrittura e i viaggi, nel suo lavoro. Sei anni fa ha aperto quello che in poco tempo è diventata la Bibbia dei viaggiatori. Trippando.it incassa una media di 130.000 utenti unici al mese. Un carico di passione e visitatori che l’hanno spinta a lasciare dopo otto anni uno stipendio sicuro e la certezza del futuro.
«Sarò considerata una pazza – sottolinea – ma ho preferito la libertà ai soldi “pochi, maledetti e subito”. La verità è che per lavorare in determinati ambienti, dove i giovani sono già vecchi, occorre il giusto carattere».
Laureata in chimica industriale, approda al Comune di Vecchiano vincendo un concorso per il settore ambiente, dove pian piano le sue ambizioni sono state travolte dalla burocrazia e dalla staticità di un lavoro che ha fatto maturare in lei la sfida di abbandonarlo, comunicata ai figli con una lunga lettera pubblicata sul suo blog.
«Questa scelta l’ho fatta per seguire le mie ambizioni e le mie aspirazioni – scrive Ceriegi rivolgendosi ai figli –. Mi sono laureata in chimica industriale e ho iniziato a cercare un lavoro. Erano i tempi degli stage a 500 euro. Ne ho fatti due; sono finita a Milano. Poi ho conosciuto il vostro babbo. Tra un lavoro incerto ed il sogno di un grande amore, non ho avuto dubbi: dopo due mesi di storia a distanza mi sono licenziata per tornare a casa e mi sono rimboccata le maniche. Poi la Piaggio, il lavoro che più ho amato, l’unico anno e mezzo in cui ho messo in pratica quello per cui avevo studiato. Ma non c’era posto per me. E allora altro giro, altra corsa. Nel frattempo ho rifiutato un colloquio alla Ferrari. Sì, a Maranello: per loro la mia esperienza alla Piaggio era motivo di chiamata, ma non sono andata. Se mi avessero preso non avrei potuto dir di no. Non avrei però potuto separarmi di nuovo dal vostro babbo. Allora, meglio non andare nemmeno a fare il colloquio. Dopo è capitato quello che pensavo fosse il colpo della mia vita – prosegue la blogger –: concorso in Comune, il mio Comune. Terza classificata. Non credevo ai miei occhi: assunta a tempo indeterminato. Dopo undici mesi sono convolata a nozze. Se mi fossi accontentata a questo punto sarebbe bastato un “e vissero felici e contenti”. Non credevo però fosse così difficile adeguarsi alla burocrazia. A me non è riuscito– conclude Ceriegi –. Questa mamma vuole mettersi in gioco ogni giorno per meritare il vostro rispetto e per essere degna di potervi insegnare la libertà: la libertà di scegliere la vostra strada, pur sapendo che quella più facile sarebbe stata un’altra».
Infatti ella rispèosnde cosi sul su facebook a chi si meraviglia
Infatti ella rispèosnde cosi sul su facebook a chi si meraviglia