Quando ci si trova in situazioni di pericolo, come per esempio un’aggressione, il corpo umano reagisceavviando quello che viene chiamato “sistema di attacco o fuga”. Questo comporta che in pochi secondi il cuore acceleri, i muscoli si tendano e la mente si focalizzi sull’unica cosa che conta, vale a dire sopravvivere. In tutto quessto, spicca un elemento cruciale, che può fare la differenza tra il panico e il controllo, ed è la respirazione. Respirare in modo controllato e soprattutto consapevole è il primo passo per avere il comando della propria mente e del proprio corpo. Quando si è vittima di un’aggressione, si tende a trattenere il respiro o a respirare in modo rapido, quindi superciale. Questo tipo di respirazione peggiora la tensione dei muscoli, alimenta lo stato di confusione mentale e fa lievitare il senso di paura. Rallentare la frequenza del respiro, invece, è utile per ridurre l’ansia, mantenere un maggiore livello di lucidità e reagire in maniera più efficace. Per riuscirci, una delle tecniche più effiaci è quella della respirazione con il diaframma,che prevede di inspirare lentamente con il naso contando fino a 4, tra"enere il $ato per un paio di secondi, e poi espirare lentamente attraverso la bocca. Questo tipo di respirazione è in grado di stimolare il nervo vago e di abbassare la frequenza cardiaca, andando a inviare al cervello un senso di sicurezza. Ci aiuta a pensare con una maggiore chiarezza, anche quando ci si trova nel caos.Senza contare che respirare bene non signifca soltanto ossigenare il corpo in maniera adeguata, ma anche prepararsi mentalmente a scegliere la strategia più efficace e più sicura per la nostra incolumità. Ecco che in qualche modo la respirazione diventa un’arma di difesa, perché, pur non bloccando la paura, la rende in qualche modo più gestibile e quindi meglio affrontabile. Per non trovarsi impreparati nel malaugurato caso in cui si sia vittime di un’aggressione, è fondamentale allenarsi a respirare nel modo corretto anche in condizioni di stress. Del resto, chi controlla il respiro controlla anche se stesso.
Controllare la respirazione
Quando ero bambina si faceva un gioco “stupido” e pauroso … ma spesso i bambini vanno alla ricerca delle sensazioni di paura: metterle in atto rappresenta un modo per inscenarle, quasi per esorcizzarle. E così i bambini più grandi si nascondevano in vari punti delle cantine del mio condominio, che erano un una specie di labirinto, ed il malcapitato, solitamente i bambini più piccoli, dovevano attraversarle e subire gli agguati dei “mostri” nascosti. Solitamente accadeva che i bimbi attraversassero la cantina di corsa, col cuore in gola, in preda ad una vera e propria sensazione di panico.
Io prendevo per mano mio fratellino più piccolo e gli dicevo di respirare piano e di non correre, ma di attraversare la cantina camminando, respirando piano e con calma … il semplice calmare il respiro e controllare il tono muscolare, l’interrompere la reazione di fuga, trasformava quel gioco in qualcosa di divertente, quantomeno di più gestibile, e non più in qualcosa di terribilmente spaventoso (c’erano bambini che si facevano pipì addosso ed io non volevo che succedesse anche a mio fratellino). Ora, indubbiamente io lo facevo in maniera inconsapevole, il mio cervello si era “ingegnato” in maniera istintiva.
-Aggiungo qui una piccola curiosità: sapete perché il mio cervello si era così ingegnato? Perché dovevo “proteggere” il mio fratellino. Lo sapete che il cervello delle madri -o comunque di chi si deve prendere cura di un individuo che percepisce come più debole- cambia? Ci sono esperimenti (vedi Ammaniti) che dimostrano come i neuroni del cervello delle madre diventino più grandi e che se alcune topoline-cavie vengono messe in un labirinto, le prime a trovare la soluzione per uscire sono priprio le topoline gravide, le quali hanno come un cervello “amplificato”, che deve pensare al benessere di due persone e non più solo di una.
In questo caso cosa si osserva? Che il cercare di controllare delle reazioni fisiologiche, che nella fattispecie erano quelle relative alla risposta di fuga, riuscivano a fare mantenere una certa capacità di controllo sulla situazione.
Respirazione accelerata o affannosa: l’organismo mette in atto la risposta di attacco/fuga, quindi il cuore batte più forte, il sangue viene spinto nei muscoli degli arti per sostenere la reazione “attiva” ed i polmoni accelerano per sopperire all’aumentato fabbisogno di ossigeno. Una reazione di questo tipo può portare a conseguenze quali iperventilazione e, in casi estremi, allo svenimento.
Respirazione irregolare o interrotta: alcune persone, di fronte al pericolo, tendono a trattenere il respiro, e questo è ancora una volta in linea con il percorso evolutivo: il cervello arcaico mette in moto il meccanismo di difesa primitivo per cui trattenere il respiro è funzionale al fingersi morto/mimetizzarsi/nascondersi/stare immobili. Questo tipo di reazione è chiaramente disfunzionale, ci fa restare in apnea, riduce l’apporto di ossigeno ed in casi estremi porta allo svenimento, alla perdita dei senso o ad eccessiva rigidità muscolare.Queste modalità di respirazione entrano in gioco in maniera involontaria, sollecitate dall’adrenalina, impattano negativamente sulla capacità di autocontrollo, di coordinazione e sul Sistema Nervoso in generale (la respirazione infatti è correlata ed in grado di REGOLARE il nostro SN), MA POSSONO ESSERE CONTROLLATE.
Quindi, se è vero che il nostro Sistema Nervoso può influenzare la nostra respirazione, è altrettanto vero che esercitare un controllo cosciente sulla nostra respirazione può influenzare il nostro SN e quindi il rendimento psicofisico.
Entrambi i tipi di respirazione disfunzionali sono caratterizzati dell’essere centrati nel petto (l’apnea trattiene il respiro ingrandendo il petto, l’affanno è caratterizzato da evidenti e frequenti movimenti di questa zona del torace). L’esercizio da fare è quello fatto nella prima parte del nostro incontro: portare il respiro nella pancia.
Il respiro nella pancia è in grado di calmarci psicologicamente, di diminuire notevolmente la frequenza cardiaca, di diminuire la sudorazione. Il respiro nella pancia è tipico del meccanismo n° 3, del sistema vagale mielinizzato, attivo durante gli stati di quiete e di interazione sociale, quindi portare il respiro nella pancia permette di disattivare i meccanismi di difesa arcaici e disadattivi promuovendo l’intervento del sistema più evoluto, che ha a che fare con l’autocontrollo e la consapevolezza.
È importante quindi respirare con la pancia evitando i grandi respiri di petto tipici di coloro che hanno paura/terrore o di chi ha fatto un grande sforzo; inspirare profondamente cercando quasi di spingere lo stomaco verso il basso, fare una piccola pausa, e poi espirare lentamente (solitamente l’espirazione dovrebbe durare più dell’inspirazione). Tenendo una mano sul petto ed una sulla pancia, quella sul petto dovrebbe rimanere piuttosto ferma e quella sulla pancia invece muorsi.
È possibile esercitare questa pratica, magari inizialmente a casa in tranquillità, facendo 12 respiri profondi di pancia prima di dormire. E poi anche in tutte quelle situazioni di panico o paura che affrontiamo nella vita quotidiana.
Anche qui aggiungo un piccolo aneddoto: ho provato ad esempio questo metodo durante l’arrampicata. Situazione tipo: ho paura dell’altezza, entro in panico, la respirazione diventa più veloce ed affannosa. Riconosco i sintomi, agisco un controllo sul pensiero, mi calmo grazie alla respirazione, mi riapproprio dell’autocontrollo.
Si tratta di un metodo antistress e antipanico rapido ed efficace: non avevo molto tempo per pensare, dovevo agire in fretta per muovermi e procedere.
Riconoscere i "sintomi della paura"
Come spiegato nel precedente articolo, saper riconoscere i segnali dell'adrenalina (occhi sbarrati, movimenti rapidi degli occhi, respirazione alterata, ecc), che colpiscono non solo aggredito, ma anche l'aggreossore, aumenta la sensazione di padronanza di noi stessi e permette di riconoscere in tempo l’imminenza di un attacco, per poter predisporre una reazione efficace.
