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23.11.25

Il 25 novembre un impegno collettivo per cambiare e dire no alla vittimizzazione secondaria e provare a farsi che il25 novembre sia tutti i giorni

IL post   in questione  era  stato  scritto  di getto qualche mese fa . E come i coccodrlli giornalistici  lo avevo messo in word progres per tirarlo fuori proprio il 25 novembre .Quindi mi  scusoin anticipo se i  linl e  gli eventi ivi riportatoi  dovessero essere  superati  e    non più  raggiungibili  .  Questa  è la  mia  risposta   a  chi  la  pena  cosi  : «   violenza sule  donne  ?  la  risposta  di Nordio  non è  il  problema ma  chi l'applaude » 

 Ora bado   alle ciancie     e  vediamo   al  post

come ogni anno Il 25 novembre si celebra la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, una ricorrenza che dovrebbe rappresentare un momento di riflessione profonda, ma soprattutto un impegno quotidiano


.Una  delle classiche  iniziative   é quell di   Marsala,  nella figura  della nuova responsabile provinciale dell’UDI (Unione Donne in Italia), Francesca Parrinello, subentrata a Valentina Colli – presidente del Centro Antiviolenza “La Casa di Venere” che  – traccia una panoramica delle sfide e delle azioni necessarie per affrontare il fenomeno. << Da 24 anni mi occupo di violenza sulle donne, e mi sento quasi come se il 25 novembre fosse diventato un esercizio retorico: scendiamo in piazza, contiamo le vittime del patriarcato [... ] e poi tutto si ripete. Non possiamo limitarci a gesti simbolici come le panchine rosse. Serve un impegno costante”, spiega Parrinello >> in   Il 25 novembre un impegno collettivo per cambiare e dire no alla vittimizzazione secondaria articolo  del portale itacanotizie.it 
Infatti Per le operatrici antiviolenza il focus non è solo il supporto alle vittime, ma altresì una visione a 360° del problema: <<Chiediamo atti concreti. Serve una rete capillare di professionisti formati, medici, magistrati, avvocati, forze dell’ordine, per evitare la vittimizzazione secondaria, quando le donne vengono giudicate o non credute” continua Parrinello. Un caso emblematico citato dalla professionista, riguarda un padre condannato per violenza domestica considerato idoneo per l’affidamento condiviso dei figli. “Il Tribunale, basandosi su una relazione del Ctu, lo ha definito una persona perbene e accudente. Come possiamo accettare questo?>> domanda sempre la stessa Francesca Parrinello. Le varie associazioni  antifemminicidi  sottolineano la necessità di istituire tribunali specializzati con magistrati formati in materia di violenza di genere. Paesi come Spagna e Inghilterra hanno già adottato simili approcci con risultati concreti: la Spagna, in particolare, ha ridotto i casi di violenza del 20% grazie a riforme strutturali introdotte oltre un decennio fa. Altri punti fondanti l’importanza dell’educazione sentimentale nelle scuole per scardinare alla radice il problema in futuro. Tuttavia, in Italia, anche solo introdurre l’educazione sessuale rappresenta una sfida, così come parlare agli studenti di cultura LGBT+ o transgender.  Una questione critica per il nostro territorio spesso meta di sbarchi, è quella delle donne migranti vittime di discriminazioni multiple: La violenza che subiscono non è solo di genere, ma anche razzista, a partire dai Centri di permanenza per i rimpatri. La nostra politica non pratica l’accoglienza, ma il respingimento >> denuncia sempre la Parrinello. 
La vera sfida è far sì che questa consapevolezza non si limiti a un solo giorno all’anno. La lotta contro la violenza sulle donne  [ sia che  si usino termini come patriarcato , maschilismo, femminicidio , violenza del genere  ] deve essere un impegno costante, capace di lasciare un segno nelle aule di tribunale, nei governi e nelle scuole. Solo così potremo costruire una società più giusta e rispettosa per tutti\tutte\tuttə .



20.11.25

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata LVIII : DA SOLE IN GARAGE? MEGLIO NON USARE L’ASCENSORE

 a  prima vista  la  puntata       odierna  di  Antonio  bianco   per il settimanale  giallo u.ò  sembrare    ovvia  e    scontata ma      come  dicono  :     Roma, il tentato stupro in ascensore e il volto sommerso della violenza urbana  di https://www.ilquotidianodellazio.it/       e    questo  estratto     di   Violenza di genere in Italia: i dati (inquietanti) del fenomeno   di   https://www.alfemminile.com/attualita/   : « [...] Abbiamo parlato tanto di spazio pubblico e trasporti, dalla prospettiva della paura come nuova routine femminile. Ecco, il report fotografa con precisione ciò che tante ragazze raccontano ogni giorno: oltre la metà delle italiane - il 52 per cento - dichiara di aver provato paura negli spazi pubblici, tra le più giovani la quota sale al 79 per cento. Sui mezzi pubblici, la situazione è altrettanto evidente: il 38 per cento del campione totale ha avuto paura almeno una volta di viaggiare sui mezzi pubblici, con un fortissimo divario di genere (32 per cento delle donne contro 19 per cento degli uomini). Tra le giovani della Gen Z, quasi due su tre (65,5 per cento) dichiarano timore o evitano di prendere i mezzi. ActionAid commenta questo dato parlando apertamente di sicurezza condizionata, cioè un modello culturale in cui la libertà delle donne viene costantemente regolata. [...] »  . Ecco  la   puntata  di Antonio  Bianco    e le  precauzioni    da  prendere       in ascensore .

Ma  prima segnalo    che  N.  b      i  corsivi   tra  parentesi  sono  miei   .

Prendere l’ascensore non è certo un’esperienza estrema, ma questo non significa che non si debba prestare massima attenzione, soprattutto se si è una donna, ancora di più se sola. La prudenza deve essere una costante alleata silenziosa, perché gli spazi chiusi e senza vie di fuga necessitano attenzione, e perché la sicurezza personale inizia molto prima che le porte si chiudano. Innanzitutto, osservate chi si trova all’interno dell’ascensore. Se notate che la cabina ospita un individuo che vi genera disagio, attendete[ sempe che non abbiate fretta ] in maniera del tutto legittima che arrivi il turno successivo, magari fingendo di avere dimenticato qualcosa. Ancora una volta, vi ricordiamo che è meglio sembrare diffidenti che rischiare di trovarsi in una situazione poco piacevole. Se invece l’ascensore su cui state per salire è vuoto, controllare [  prima     che salga  qualcuno  con voi o  dopo  di voi  soprattutto  se  sono  più piani  da  fare   ] con un rapido colpo d’occhio che non ci siano punti ciechi o elementi insoliti, come specchi ro"i, pulsanti manomessi oppure luci spente. Una volta  entrati in ascensore,[ soprattutto se ci sono dei tipi sospetti o se sono saliti dopo di voi ] cercate una posizione vicino ai comandi, perché   si tratta della zona di maggiore controllo, dal momento che permette di intervenire subito in caso di emergenza.


 Evitate di mettervi in fondo, dove si può rimanere facilmente bloccati. Se qualcuno entra dopo,[oltre a quanto già detto ] mantenete la calma [   facendo respiri  profondi   ]ma rimanete comunque vigili: uno sguardo diretto, non ostile ma deciso, è in grado di comunicare sicurezza e di dissuadere comportamenti ambigui. Nel caso in cui il disagio cresca, potete fingere di dover  fare una telefonata[ al tuo ragazzo o amico\a  e dirgli che sei in ascensore e stai per arrivare all'appuntamento ] . Lo smartphone [ e i cellulari sono ] è un deterrente:mostrare di poter comunicare con l’esterno riduce la vulnerabilità percepita. Quando le porte si aprono, uscite con passo sicuro, senza tentennamenti e senza voltarvi indietro.Per quanto riguarda i parcheggi sotterranei o i palazzi poco frequentati, soprattutto di notte, è consigliabile [ se ci sono ]   usare le scale. Se l’ascensore [ consiglio che vale anche in casi diversi dalle violenze ] dà segnali di guasto, non rimanete mai all’interno [ da sole ] e chiamate subito l’assistenza. La sicurezza non è paranoia, ma pura consapevolezza: ogni  gesto attento può diventare un atto di autodifesa [ e prevenzione ] .

9.7.25

riposta a chi ancora sostiene e chiede É davvero necessario spiegare la differenza tra omicidio e femminicidio ?

 immagine  creata  da  Ia     di copilot  \  bing 
lo  so chje    vi annoierete   di   sentire   parlare  di  femmminicidi ,  e  direte  che sono benaltrista  o  faccio   terrorismo mediatico  ,  o   che c'è il 25  novembre  e menate  varie   come  un post  recente     su thereads  in cui  si chiede     come  ho  scritto  nel  titolo   É davvero necessario spiegare la differenza tra omicidio e femminicidio ?  o  continua  a vedere   il femminicidio come   un semplice  omicidio e   chi  sostine  il  contratio    di  farsi influenzare  dalle  nazi femmiste  .  
la mia  risposta  e  Si   me  si perchè acora   in  alcuni media    e  post  social  e  discorsi da  Bar   (  vedere  sotto     a     fine    post  siti  e consultati e  note   )  c'è  ancora  la tendenza   o   a  considerarli   (  nei  migliore  dei casi 😢🙄 )  tutt uno  quando invece  La differenza tra omicidio e femminicidio è sottile ma profondamente significativa, soprattutto dal punto di vista sociale e culturale  Infatti  

⚖️ Omicidio

È un termine generico che indica l’uccisione di una persona da parte   tramite  l'Idi un’altra e Può riguardare chiunque, indipendentemente da genere, età o relazione tra vittima e colpevole.È disciplinato dal Codice Penale italiano all’art. 575 e seguenti.

🚨 Femminicidio

È un tipo specifico di omicidio: l’uccisione di una donna in quanto donna.Implica una motivazione di genere, spesso legata a dinamiche di potere, controllo, possesso o misoginia.Avviene frequentemente in ambito familiare o relazionale, come nel caso di partner o ex partner.Non è ancora una fattispecie autonoma di reato nel Codice Penale italiano, ma è riconosciuto come aggravante e oggetto di attenzione legislativa (es. Codice Rosso).

 Secondo la Convenzione di Istanbul, il femminicidio è l’atto estremo di una catena di violenze (psicologiche, fisiche, economiche) che spesso precedono l’omicidio.In sintesi: tutti i femminicidi sono omicidi, ma non tutti gli omicidi sono femminicidi. Il femminicidio porta con sé un significato sociale e simbolico che denuncia la disuguaglianza e la violenza strutturale contro le donne


📰La rappresentazione del femminicidio nei media è un tema delicato e cruciale, perché il modo  ambiguo e  ipocrita   in cui se ne parla può influenzare profondamente la percezione pubblica del fenomeno. Ecco una panoramica dei principali aspetti emersi da studi e analisi recenti  e  chi  ha  un minimo  di  cultura  antropologica   ed   spirito  critico    di nel   decodificare  la  tv  e  internet   sa    che     c'è  una  Narrazione distorta e linguaggio fuorviante .  Infatti  I media spesso usano espressioni come “raptus di gelosia”, “dramma della solitudine” o “delitto passionale”, che minimizzano la gravità del crimine e lo presentano come un evento isolato o inevitabile ¹ ² tende a umanizzare l’assassino, raccontando la sua storia, le sue difficoltà, mentre la vittima viene spesso ridotta a un ruolo marginale.³
In alcuni casi, si assiste a una colpevolizzazione implicita della vittima, ad esempio sottolineando che “aveva deciso di lasciarlo” o “era vestita in modo provocante” ³.
🧠 Effetti sul pubblico
Questo tipo di narrazione può generare empatia verso il colpevole e ridurre la percezione della responsabilità sociale e culturale del femminicidio. ¹
Alcuni studi dimostrano che il framing mediatico può influenzare il livello di victim blaming e la percezione della gravità del reato ¹ e   secondo altri portare  ad emulazione    ed  esaltazione   di tali  gesti   . 
Però  allo  stesso tempo    ci  sono  ,   anche   minoritari ed ipocriti   in  quantro  solo   davanti a  grandi casi  o  per la settimana  ( un altra   palla  pulicoscienza )  del 25  novembre    ci sono
📈 Segnali di cambiamento.
Negli ultimi anni, grazie alla pressione di movimenti femministi e associazioni di giornaliste, alcuni media hanno iniziato a modificare il linguaggio, adottando un punto di vista più rispettoso e centrato sulla vittima.Sono nate linee guida deontologiche per i giornalisti, come l’articolo 5-bis del Testo unico dei doveri del giornalista, che invita a evitare stereotipi di genere e a non spettacolarizzare la violenza.
Quindi manca   o  la  si deve cercare  con il lumicino  una 
 🌍Riflessione culturale
Dato     che Il femminicidio viene spesso rappresentato come un fatto privato, ma è in realtà un problema strutturale legato alla cultura patriarcale. Quando i media non lo inquadrano in questo contesto, contribuiscono a renderlo invisibile.Alcuni articoli e programmi stanno cercando di rompere questo schema, raccontando le storie delle vittime con dignità e denunciando le dinamiche di potere e controllo che portano alla violenza .¹ ²
Inoltre    bisogna  ,  anche le  immagini   ,  soprattutto in tempi  come  questi   , hannola  loro importanza ,  scegliere immagini che siano forti ma non sensazionalistiche, capaci di trasmettere il messaggio senza spettacolarizzare il dolore. Ecco alcune opzioni che   chi , sottoscritto compreso   dovrebbe   considerare:

🟥 Simboli potenti e riconoscibili ⁴

Le scarpe rosse: simbolo internazionale contro la violenza sulle donne. Puoi trovare molte immagini evocative su Pinterest o iStock.La panchina rossa: presente in molte città italiane, rappresenta un memoriale per le vittime. Spesso usata in campagne di sensibilizzazione.Chiavi alzate in aria: come nelle recenti manifestazioni in Italia, simboleggiano che la violenza avviene spesso in casa, da chi “ha le chiavi”.

📊 Slide e infografiche
presentazioni che  mostrano dati e definizioni in modo chiaro e visivo.Puoi anche ispirarti alla mostra fotografica Le Conseguenze di Stefania Prandi, che racconta il dolore delle famiglie delle vittime attraverso oggetti e luoghi quotidiani.

📷 Fotografie artistiche e documentarie

Il progetto I would like you to see me  di Arianna Sanesi     che  usa immagini evocative per raccontare l’assenza e la memoria.Ma  sopratutto  l'opera  I have done nothing wrong  di  Mika Sperling ⁵ ,unisce immagini e testi per affrontare il trauma e la consapevolezza. dove Il passato e il presente si intrecciano, creando uno spazio dove emozioni complesse, spesso confinate alla sfera privata, emergono con intensità. Vergogna, rabbia, senso di colpa e dialoghi sull’abuso sessuale si manifestano senza remore attraverso immagini d’archivio, disegni, fotografie e una pièce teatrale che costituisce il nucleo di questa opera.

Conludo  Specificando   il perchè di questa  immagine  " neutra " creata    con la  IA  di  copilot  .  I  motivi   sono  quelli      che     letto qui nel post  .  Sono ricorso    alla  IA    se  pur  critco   ,  perchè cercando   in  rete le immagini   che  descrivessero  tale  post     sono  PER ME  generalmente  retoriche  e  stra abusate   ( le  solite     scarpe  rosse  ,  panchina   rosse  ) ormai potenzialmete   depoziate   oltre  che divisive  e  derise   da chi   fa  domade    del genere  come    quella    da  cui nato   questo   post  sfogo  .
   

9.3.25

per una relazione non tossica e onesta prima di tutto + Manuale di autodifesa puntata XXI I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco SE AVETE BISOGNO DI AIUTO INVIATE LA POSIZIONE e dite sempre dove state andando e mandate la posizione sul cellulare


puntata precedente  post  del  1  marzo





1 ONESTÀ PRIMA DI  TUTTO.  

guardarvi dentro e di essere   onesti con voi stessi. 

 2 CHIEDETE AIUTO. 

Se da  soli non riuscite a essere  obiettivi nella valutazione, e  comunicare  fatevi   aiutare da un professionista che  possa guidarvi in un percorso di  autoconoscenza.

 3 SI PUÒ CAMBIARE. 

Ricordate che la “tossicità”  non è    sempre una caratteristica  intrinseca e inamovibile della  nostra personalità e, per questo, può essere cambiata o meglio  trasformata in quyalcosa di  costruttivo 

 4 ANALIZZATE LE  CONSEGUENZE. 

Cercate   di analizzare le conseguenze  che il vostro comportamento ha sugli altri, in particolare sulle persone cui volete bene. Il risultato principale è quello di  provocare ansia e stress  costanti in se stessi e negli altri.

 5 ASCOLTATE IL PROSSIMO.

 Mettetevi in  ascolto degli altri e  se  ci  riuscite  delle loro  esigenze  \ bisogni  \  spazi . Evitate di creare con liti inutili, di fare critiche poco costruttive e di reagire sempre in maniera altamente difensiva o aggressiva.



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Dite sempre a qualcuno di fiducia dove state andando, soprattutto se avete un incontro con una persona sconosciuta o chiaccherata . Impegnati ( ed  ossessionatìi  )come siamo a difendere la nostra privacy, a volte dimentichiamo che ci sono abitudini che potrebbero tornare utili in caso di pericolo. Una di questa è condividere la propria posizione. Naturalmente, se usato in maniera equilibrata e non come uno strumento di controllo per verificare dove si trova e cosa sta facendo la persona che “controlliamo”, questo stratagemma può risultare molto utile. È importante sapere che per rilevare la nostra posizione e quindi comunicarla a terzi in caso di necessità, è possibile usare Google Maps, che solitamente è preinstallato su qualsiasi smartphone. Prima di tutto occorre attivare  la localizzazione Gps del proprio cellulare. Una volta fatto,  sul nostro smartpone comparirà un pallino sulla mappa  che indica la nostra posizione. Tenendo premuto per qualche secondo il dito sul pallino, in alto nella barra dove digitiamo gli indirizzi comparirà una  serie di numeri, che corrispondono  alle nostre coordinate Gps, rilevabili anche quando siamo in modalità offlne, quindi senza connessione  dati. A questo punto possiamo copiarle e incollarle in un messaggio  da inviare con un semplice sms a chi  vogliamo sappia dove ci troviamo  Se invece vi trovate in una zona coperta dalla connessione dati e potete navigare su Internet liberamente, è ancora più facile comunicare la posizione. Ormai le piattaforme di  messaggistica più di&use consento￾no di condividerla anche per più ore. Pensiamo a WhatsApp,  per esempio, applicazione difusissima. Senza che sentiate  violata la vostra privacy, è possibile condividere anticipatamente (senza aspe"are che si presenti necessariamente il pericolo) la vostra posizione, in modo che chi la riceva pos￾sa monitorarvi e intervenire in caso di bisogno. 

1.2.25

I GIUDICI GIUSTIFICANO UNO SPIETATO KILLER il caso di La condanna a 30 anni di Salvatore Montefusco per il brutale duplice omicidio della moglie e della "gliastra, Gabriella e Renata Trafandir

Sarà pure un personaggio mediatico  e  permaoso  ma  Robertàa  Bruzzone  stavolta    ha ragione 

La condanna a 30 anni di Salvatore Montefusco per il brutale duplice omicidio della moglie e della figliastra, Gabriella e Renata Trafandir, ha innescato una scia di polemiche condivisibili. A sconcertare è il punto di vista che sembra essere stato accolto dai giudici,cioè quello dell'assassino, che permea l'intero impianto motivazionale. Manca in maniera sorprendente una lettura critica dellaevidente asimmetria di




potere, soprattutto economico, tra l'assassino e le due vittime. Madre e figlia dipendevano economicamente dall'uomo che le ha uccise. L'omicida ha utilizzato quella dipendenza in una logica ritorsiva e rica!atoria, con intimidazioni continue, impedendo loro di lasciare la casa in tempo per salvarsi. E allora una domanda sorge spontanea: qual è il concetto di  libertà femminile che trova applicazione nei Tribunali italiani ? Dove viene posto il confine tra controllo e violenza?
  Infatti   secondo  l'analisi   di  Marilisa D’Amico  Ordinaria di diritto costituzionale all’Università Statale di Milano


IL MOVENTE   DELLA VIOLENZA  NON È MAI UNA GIUSTIFICAZIONE


Nella recente  sentenza per il  duplice femminicidio di Gabriela  Trafandir, e della figlia Renata si è parlato della ‘comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l’autore a commettere il reato’. Occorre però sottolineare che il movente di un delitto non può essere mai considerato ‘comprensibile’. La giustificazione di un omicidio è una visione pericolosa e inaccettabile che dà solo adito alla 
vittimizzazione secondaria, che si verifica quando la persona offesa viene ulteriormente danneggiata 
dal sistema giudiziario, dai  media o dalla società, attraverso atteggiamenti che minimizzano la gravità del crimine o giustificano l’azione di chi ha commesso il reato. Le cause che portano a un femminicidio, 
come la gelosia o il desiderio di controllo, sono spesso presentate come ‘motivi comprensibili’, ma queste non devono essere considerate delle giusti!cazioni per un qualsiasi atto di violenza (tanto meno per quelli che portano alla morte). Tali giustificazioni rischiano di normalizzare la violenza di genere e di creare un ambiente in cui le donne sono ulteriormente vulnerabili ad altre violenze”.

29.12.24

Diario di bordo n 94 anno II . odio gratutito verso cecilia strada da destra e dal Chef rubio ., i topi di fogna con marce svastiche si preparano al 7 gennaio ricordo ei fatti di acca larentia ., il dramma di una coppia di genitori di Orbassano (Torino), Alessandro e Cristina .,

In queste ore i soliti miserabili (  metaforicamente  parlando  ) stanno infettando   i social e non solo purtroppo  (specie sotto certi giornalacci e siti  di destra extraparlamentare   come  il   ink  citato  nerlle  righe   successive  )  sbavando bile, ignoranza e cattiveria pura contro la giornalista Cecilia Sala, imprigionata da otto giorni in un carcere iraniano.
“Se la tengano pure”.“Si sta facendo le vacanze di Natale in carcere per scrivere il libro”.“La Boldrini
indossi il burka e vada a farla liberare”“ , Diamogli la Salis in cambio”, Fatele fare quello che chiedeva per i Marò in India” Cecilia Sala, mentre frigna dalla prigione, spuntano i suoi post infami che scrisse contro i nostri militari . E poi via delle solite sciocchezze da bar vomitate sotto le decine di notizie sull’arresto. “Cosa ci faceva in Iran?”
Lavorava. Come tutti noi. Di mestiere fa la giornalista. E all’Iran ha dedicato libri, podcast, inchieste.
“Perché andare in un Paese dittatoriale? Se l’è cercata”.
Perché è questo che fanno gli inviati di guerra e nei teatri più pericolosi: documentare le dittature e le violazioni dei diritti umani e farle conoscere. Si chiama giornalismo.
Non doveva, non poteva immaginare che accadesse quello che è accaduto?  Ma certo: le tante Cecilia Sala che nelle zone più tormentate del mondo, vanno, cercano di capire e raccontare quello che vedono e apprendono, lo devono mettere in conto. Come l’avranno senz’altro messo in conto Domenico Quirico e Daniele Mastrogiacomo, Giuliana Sgrena, i tanti – una lunga lista – che ci hanno rimesso la vita.
Cosa ci sono andati a fare, in Iran, in Afganistan, in Somalia, nella ex Jugoslavia, in Cecenia? Cosa ci andavano a fare Antonio Russo, Maria Grazia Cutuli, Marcello Palmisano, Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Marco Luchetta, Dario D’Angelo… Ma anche cosa ci andavano a fare, pur senza andare troppo lontano, i giornalisti uccisi dalla Cosa Nostra e dalla Camorra, i cui anniversari celebriamo ogni anno e ricordiamo con affetto?
Mesi fa a New York una bella mostra di fotografie di Gerda Taro, la fotografa morta stritolata dai cingoli di un carro armato nei giorni della guerra civile in Spagna. Che c’era andata a fare? A realizzare quelle immagini che ancora oggi si guardano con commozione e dolore, documenti della tragedia di un popolo la cui libertà e i cui diritti venivano soffocati da Francisco Franco, Adolf Hitler e Benito Mussolini.Il suo compagno, Robert Capa, che ci andava a fare anche lui in quella Spagna, e poi durante la Seconda guerra mondiale in Nord Africa, lo sbarco in Normandia, la liberazione di Parigi… e ancora la guerra arabo-israeliana del 1948, la guerra d’Indocina del 1954, fino a morire dilaniato da una mina a Thau Binh ? A centinaia, migliaia di reporter, fotografi, cineoperatori, si potrebbe rivolgere la stessa domanda: che ci siete andati a fare ?Se si risponde: per farvi sapere, forse se la replica sarà una scrollata di spalle. Gli indifferenti, gli “struzzi” ci sono ovunque, sempre ci saranno come sempre ci sono stati. C’è però un’altra possibile risposta: se noi si fosse iraniani, afgani, russi, ucraini, tibetani, appartenenti a uno dei cento popoli che devono subire e patire guerre, dittature, oppressioni, vorremmo o no che il mondo libero sapesse delle nostre tragedie, sofferenze e persecuzioni? Ci conforterebbe o no sapere che qualcuno sa della nostra resistenza, della nostra volontà di poter vivere liberi di sognare e di forgiare il proprio destino? Se la risposta a queste domande è sì, ecco che cosa ci sono andati a fare, che cosa ci vanno a fare, in Iran e in altri paesi che Dio sembra aver dimenticato. Ecco perché a tutti loro occorre dire grazie per quello che hanno fatto e cercano di fare.
“Dove sono ora le femministe?”
Dove sono sempre state e dove saranno sempre (quelle vere): ad alzarsi in piedi contro un regime liberticida e brutale contro le donne e a sostenere la liberazione di Cecilia Sala.
“E adesso chi paga?”
Nessuno. Donne e uomini di Stato sono al lavoro (giustamente in silenzio) per riuscire a liberarla con ogni mezzo e canale diplomatico. Ma, se fosse necessario, sarei ben felice che le nostre tasse fossero utilizzate per riportare in Italia una giornalista la cui unica colpa è quella di fare il proprio mestiere.
Non c’è cifra, invece, che possa ripagarci di tanta miseria  umana     come  ,  oltre  quella    già citata    dello chef  Rubio .  Infatti egli ha   scritto  « Lunga vita all'Iran e a chi resiste alle ingerenze imperialiste Miracolate sioniste e spie con la passione dei viaggi non dovrebbero essere compiante, ma condannate »  .  Ha  già  detto tutto  mentana  un miserabile  idiota



....... 


In questi giorni centinaia di notissimi topi di fogna della Storia si stanno organizzando alla luce del sole per “commemorare i camerati caduti” ad Acca Larentia, come ogni 7 gennaio.
Questo abominio non nasce col favore delle tenebre in qualche riunione clandestina ma in post pubblici sui social, dichiaratamente e orgogliosamente, senza che nessun organo pubblico o di governo alzi un


dito o muova un sopracciglio. 
Quando, il 7 gennaio, ci sveglieremo anche quest’anno con duecento o più camicie nere con 

( ....  ) 
marce svastiche e federali
sotto i fanali
l'oscurità
e poi il ritorno in un paese diviso
nero nel viso
più rosso d'amore
( ....   ) 
che urlano “Presente” a braccia tese,lo sdegno ipocrita e la finta sorpresa della destra destra, sappiate che tutti sapevano tutto, ma nessuno è voluto intervenire.

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  concludo  questo  numero     con un   classico   post \  commento  a mente    fredda  .  

Infatti    è  proprio   a    freddo   , dopo  qualche  giorno dalla sua  diffusione sui media  , che riesco  a  riportare  una  storia triste     come questa  .
Questa non è una storia di mostri e nemmeno di orchi ma di esseri umani capaci di orrori indicibili e di altri esseri umani che, di fronte a quell’orrore, non riescono a trovare una qualche forma di salvezza terrena.
È la storia di una coppia di genitori di Orbassano (Torino), Alessandro e Cristina, lui medico, lei
farmacista, che si sono tolti la vita insieme, come gesto estremo di rifiuto a una vita a cui non riuscivano più a dare un senso, un verso  dopo  la  tragedia  che  gli  ha  colpiti  .
Due anni prima la figlia di 28 anni Laura (nome di fantasia) si era impiccata in seguito a dei traumi indelebili per le violenze e gli abusi subiti da un parente (deceduto da tempo) quando era bambina.
Laura non si è suicidata, non è corretto, avevano raccontato a chi glielo aveva chiesto.  «Chi pone fine alla sua vita a causa di una violenza è vittima di un omicidio psichico e il suo aguzzino è un assassino. Ora noi siamo soltanto ombre  ».Anche il loro gesto è figlio e conseguenza indiretta di quell’omicidio in vita, in una catena familiare di dolore che Alessandro e Cristina non sono riusciti a spezzare in altro modo.  Ha  ragione    Lorenzo tosa  



Questa storia ti annichilisce, ma racconta anche moltissimo di Noi .          Vicino con ogni cellula intima e personale a questa famiglia, sperando che serva almeno in parte per riflettere sulle conseguenze del dolore, sui muri di omertà che circondano la famiglia come costrutto sociale e la società intera. Voglio ricordarli così, in un momento di felicità, come tanti ne avranno vissuti. Riposino in pace, ora.


Ecco  perchè è necessario  introdurre   fin  dagli asili \  ed  elementari una  cultura  non  violenta  e   lezioni  d'educazione : all'affettività  e alla  sessualità , al rispetto e  ala convivenza \  coesistenza  , alla  legalità . Ma  soprattutto    ricominciamo   ad  introdurre   nelle  scuole il medico  e  lo  psicologo scolastico.  Tutti elementi  che  i  precedenti  governi hanno smatellato .   

8.12.24

“IL FEMMINICIDIO NON PUÒ ESSERE GIUSTIFICATO DA FATTORI GENETICI di Marlisa d'amico


Durante il processo per l’omicidio di Viktorija Vovkotrub uccisa a Brescia nel 2020 la difesa di Beriša Kadrus, kosovaro di 62 anni, ex compagno di Viktorija, avevaparlato di ‘gene guerriero’.
Si tratta di un’idea basata su teorie non del tutto accettate dalla comunità scientifica. Queste teorie mirano a dimostrare che alcune persone potrebbero essere più inclini alla violenza a causa di un fattore biologico, come un gene specifico. Spesso questa teoria viene usata per cercare di giusti!care comportamenti violenti.
Tuttavia la maggior parte degli esperti ritiene che il comportamento umano dipenda da una combinazione di fattori genetici ambientali, psicologici esociali, e non solo da un singolo gene. Nel caso di Viktorija Vovkotrub, la difesa di Kadrus Berisa ha usato questa teoria, ma ciò ha suscitato molte polemiche, poiché potrebbe far sembrare che la violenza fosse inevitabile a causa di una predisposizione biologica. Secondo il diritto, però, un crimine come il femminicidio non può essere giusti!cato da una causa genetica o biologica. Pertanto, a nulla dovrebbe valere invocare il‘gene guerriero’per escludere l’applicazione della pena a carico dell’uomo violento”. 

                      Marilisa d'amico Ordinaria di diritto costituzionale all’Università Statale di Milano

20.11.24

raccontare i femminicidi di oggi parlando di quelli del passato il caso Beatrice cenci

 Per  il 25  novembre oltre  post  di riflessione   anzichè raccontare  le  recenti   storie di femminicidio \  d'amore criminale  che   in una società sempre  più anestetizzata ( o quasi  )  ed  un informazione sempre  più  veloce  dove  dopo tre  giorni (  salvo ecezioni )    sono già  dimenticati o  strumentalizzati vedere le  news  riportate   nel  post  precente ,racconterò un  femminicidio  e  una   violenza  di  genere  insieme    del passato . Si tratta di Beatrice Cenci , alla cui condanna a morte vi assistente e trase ispirazione per una delle opere


 più belle e cariche di pathos nonche la secondo alcuni Il capolavoro più sanguinoso ,  Caravaggio. 


Beatrice Cenci (Roma, 6 febbraio 1577 – Roma, 11 settembre 1599) è stata una nobildonna italiana giustiziata per parricidio e poi assurta al ruolo di eroina popolare, per essersi difesa dal padre violento e depravato.

[---- ] da Beatrice Cenci - Wikipedia

Il parricidio

Esasperata dalle violenze e dagli abusi sessuali paterni, si dice che Beatrice giunse alla decisione di organizzare l'omicidio di Francesco con la complicità della matrigna Lucrezia, dei fratelli Giacomo e Bernardo, del castellano Olimpio Calvetti[6] e del maniscalco Marzio da Fioran, detto il Catalano.
Per due volte il tentativo fallì: la prima volta si cercò di sopprimerlo con il veleno ma l’uomo, assai diffidente, fece assaggiare cibo e bevande alla figlia prima di consumarle così questa proposta fu scartata; la seconda con un'imboscata di briganti locali che però, scoperte le possibili conseguenze, si rifiutarono. La terza volta Francesco, stordito dall'oppio fornito da Giacomo e mescolato a una bevanda, fu assalito nel sonno: Marzio gli spezzò le gambe con un matterello, Olimpio lo finì colpendolo al cranio e alla gola con un chiodo e un martello.
Per mascherare l’omicidio, Olimpio cercò di rompere il pavimento di un balcone per far precipitare il cadavere al suolo, ma non ci riuscì. Così demolì il ballatoio per tentare quindi d'infilarci il cadavere ma la cosa era impossibile: il foro era troppo piccolo. Decisero allora di gettare il corpo dalla balaustra della Rocca, sperando che tutti credessero al cedimento della struttura. Il 9 settembre 1598, Francesco fu trovato in un orto ai piedi della Rocca. Dopo le esequie il conte fu sepolto in fretta nella locale chiesa di Santa Maria. I familiari, che non parteciparono alle cerimonie funebri, lasciarono il castello e tornarono a Roma nella dimora di famiglia, palazzo Cenci, nei pressi del Ghetto.

Beatrice Cenci in prigione. Quadro di Achille Leonardi, XIX secolo

Le indagini

Inizialmente non furono svolte indagini, ma voci e sospetti, alimentati dalla fama sinistra del conte e dagli odi che aveva suscitato nei suoi congiunti, indussero le autorità a indagare sul reale svolgimento dei fatti.Dopo le prime due inchieste, la prima voluta dal feudatario di Petrella, duca Marzio Colonna e la seconda ordinata dal viceré del Regno di Napoli don Enrico di Gusman, conte di Olivares, lo stesso pontefice Clemente VIII volle intervenire nella vicenda.La salma fu riesumata e le ferite furono attentamente esaminate da un medico e due chirurghi che esclusero la caduta come possibile causa delle lesioni. Fu anche interrogata una lavandaia alla quale Beatrice aveva chiesto di lavare lenzuola intrise di sangue dicendole che le macchie erano dovute alle sue mestruazioni ma la giustificazione, dichiarò la donna, non le sembrò verosimile. Gli inquirenti furono insospettiti, inoltre, dall'assenza di sangue nel luogo ove il cadavere era stato rinvenuto.I congiurati furono scoperti e imprigionati. Calvetti, minacciato di tormenti, rivelò il complotto. Riuscito a fuggire, fu poi fatto uccidere da un conoscente dei Cenci, monsignor Mario Guerra,[senza fonte] per impedirne ulteriori testimonianze. Anche Marzio da Fioran, sottoposto a tortura, confessò ma, messo a confronto con Beatrice, ritrattò e morì poco dopo per le ferite subite. Giacomo e Bernardo confessarono anch'essi. Beatrice inizialmente negò ostinatamente ogni coinvolgimento indicando Olimpio come unico colpevole, ma la tortura[7] della corda[8] ne vinse ogni resistenza ed ella finì per ammettere il delitto.Acquisite le prove, i due fratelli Bernardo e Giacomo furono rinchiusi nel carcere di Tordinona,[9] Beatrice e Lucrezia in quello di Corte Savella.[10]

Prospero Farinacci, difensore di Beatrice. Da Crasso, Ritratti d'huomini letterati1666

Il processo

Il processo fu affidato al giudice Ulisse Moscato ed ebbe un grande seguito pubblico. Nel dibattimento si affrontarono due tra i più grandi avvocati dell'epoca: l'alatrense Pompeo Molella per l'accusa e Prospero Farinacci per la difesa. Farinacci, nel tentativo di alleggerire la posizione della giovane, accusò Francesco di aver stuprato la figlia, ma Beatrice, nelle sue deposizioni, non volle mai confermare l'affermazione del difensore. Alla fine prevalsero le tesi accusatorie di Molella e gli imputati superstiti vennero tutti giudicati colpevoli e condannati a morte.Cardinali e difensori inoltrarono richieste di clemenza al pontefice ma Clemente VIII, preoccupato per i numerosi e ripetuti episodi di violenza verificatisi nel territorio dello Stato, volle dare un severo ammonimento[11] e le respinse: Beatrice e Lucrezia furono condannate alla decapitazione, Giacomo allo squartamento. Solo per Bernardo il pontefice acconsentì alla commutazione della pena: di soli diciotto anni, non aveva partecipato attivamente all'omicidio, venendo condannato unicamente per non aver denunciato il complotto; per la sua giovane età ebbe risparmiata la vita, ma gli fu imposta la pena dei remi perpetui, cioè remare per tutta la vita sulle galere pontificie, e fu obbligato, inoltre, ad assistere all'esecuzione dei congiunti legato a una sedia. In aggiunta, la notizia della commutazione della pena gli fu deliberatamente nascosta e comunicata solo poche ore prima della scampata esecuzione. Solo alcuni anni più tardi, dopo il pagamento di una grossa somma di denaro, riottenne la libertà.

Castel Sant'Angelo: luogo dell'esecuzione
Esecuzione di Beatrice Cenci

L'esecuzione

L'esecuzione di Beatrice, della matrigna e del fratello maggiore avvenne l'11 settembre 1599 nella piazza di Castel Sant'Angelo gremita di folla. Tra i presenti anche tre artisti: CaravaggioOrazio Gentileschi e la figlia di costui, la futura pittrice Artemisia. La giornata molto afosa causò il decesso di alcuni spettatori per insolazione (che risultò fatale anche al giovane romano Ubaldino Ubaldini, famoso per la sua grande bellezza, come ricorda Stendhal nelle sue Cronache italiane); altri rimasero uccisi nella calca e qualcuno invece scivolò nel Tevere, morendo annegato.La decapitazione delle due donne fu eseguita con la spada[12][13]. La prima a essere uccisa fu Lucrezia, seguì poi Beatrice e infine Giacomo, che fu seviziato durante il tragitto con tenaglie roventi, mazzolato e infine squartato

           [....] 

non  so  che altro dire   alla  prossima


18.11.24

il discorso di Valditara alla Fondazione per Giulia Cecchettin : «Il patriarcato è finito. Violenze in aumento per l’immigrazione illegale» se stava zitto faceva più bella figura


«Occorre non far finta di vedere che l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e devianza, in qualche modo discendenti da immigrazione illegale». Così il ministro dell’Istruzione,Giuseppe Valditara, nel suo videomessaggio trasmesso durante la presentazione alla Camera dei deputati della Fondazione Giulia Cecchettin, in presenza del pare Gino. Di solito  non  mi    meraviglio di  niente , ma  stavolta   anch'io    : ‹‹ Trovo francamente sconcertante ›› come   Irene Manzi,  del Pd  ‹‹ che il Ministro dell’Istruzione, davanti alla famiglia di Giulia Cecchettin e nel giorno della nascita di una fondazione che meritoriamente vuole lavorare con le scuole sul tema dell’affettività e della violenza, sulla qualità delle relazioni e sugli abissi che ci interrogano, banalizzi (per non dire rovini) tutto con uno spot di inutile violenza ideologica, con molte falsità e trovando anche il tempo di additare il solito nemico esterno.Questa volta se lo sarebbe dovuto risparmiare »
Una frase che si è inserita, quasi come chiosa finale, in un discorso durato una manciata di minuti e che ha toccato vari altri temi. Dalla Costituzione italiana all’inesistenza, almeno come fenomeno giuridico , del patriarcato .
Non è mancata la replica di Gino Cecchettin che, a margine della presentazione, ha glissato così: «Le parole del ministro Valditara?.
L'intervento del ministro  è il classico  esempio  di come  rovinare  un buon  discorso . Infilandoci  gli
immigrati  coem  capro espriatorio  . IL  ministro   ingnora o magari loo  sa  benissimo  ma  pee  propaganda    nasconde    che secondo i dati ISTAT e del Ministero dell'Interno aggiornati al 2023, gli stranieri rappresentano il circa 32-33% degli arresti per reati di violenza sessuale e molestie. Gli italiani rappresentano circa il 67-70% dei responsabili dei reati sessuali, che rimane una maggioranza significativa. Gli italiani sono inoltre più spesso soggetti a processi per reati di violenza sessuale domestica o in ambito lavorativo, aree meno denunciate per gli stranieri​. Ci sono anche differenze nel trattamento legale: Gli stranieri hanno meno accesso a misure alternative alla detenzione, il che aumenta la loro visibilità nelle statistiche carcerarie.Pregiudizi: Esiste una tendenza, confermata da studi sociologici, a denunciare più frequentemente crimini attribuiti a stranieri.Quindi  qualcuno può dire a Valditara che l'80% dei femminicidi è ad opera del compagno/ex compagno e che non è un fenomeno etnico ma sociale? Vogliamo parlare del "denunciate donne che tanto poi tornate a casa da sole", del codice rosso o di come funziona male il braccialetto elettronico che avvisa la vittima di stalking? IL patriarcato  c'è ogni volta che negate che esiste il problema o date altrove la colpa di quanto sta accadendo. Voi non avete paura quando uscite la sera, non sapete cosa vuol dire vedere donne adulte dire: "Ma l'importante è che non lo contraddico quando ha una giornata storta" ai corsi di difesa personale.Inoltre  si contraddice   in quanto si.  è vero    dal  punto  di vista legale il  patricarto  è stato    abolityo  per  legge  con  il nuovo  diritto  di  famiglia del  1975  che ha sostituito alla famiglia fondata sulla gerarchia la famiglia fondata sulla eguaglianza.  ma   esistono    ancore  le scorie    culturali  come   ammette Valditara, «nel nostro Paese ci sono ancora residui di maschilismo, diciamo pure di machismo, che vanno combattuti». Si tratta di quelli che «portano a considerare la donna come un oggetto, una persona con minore dignità, che deve subire». E questo maschilismo “moderno” «si manifesta in tanti modi»: dalle discriminazioni lavorative, al catcalling fino alla violenza vera e propria» . Ecco  quindi che  il discorso partito bene  è  stato  rovinato  dall''affermazione   che esiste un legame tra violenza sessuale e immigrazione senza uno straccio di dato, evidenze, prove, ha un solo nome: razzismo. Ovvero, discriminazione e ideologia (a proposito) allo stato puro.Il ministro chieda scusa a quest’uomo coraggioso, Gino Cecchettin, alla famiglia di Giulia, alle cento donne morte ammazzate ogni anno per mano di uomini spesso mariti, compagni, conviventi, fidanzati ITALIANISSIMI. Questa è pura propaganda per fomentare odio, oltre che grave ignoranza relativa al problema di cui si parla senza conoscerlo. Ed è grave da parte di una figura istituzionale  ch ha  in mano  il ministero dell'istruzione .In pratica  è   Il solito e ampiamente sfruttato riflesso di riportare sempre ogni argomentazione al flagello degli immigrati irregolari oramai é automatico nei discorsi di questi figuri. Ma tant' é. Evidentemente ad un certo elettorato queste deformazioni della realtà piacciono. Che tristezza !

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