La battuta di pesca I due stavano attraversando uno specchio d'acqua per raggiungere il resto del gruppo con cui erano partiti, quando Botham, 68 anni, è rimasto impigliato con le infradito in una corda mentre cercava di salire a bordo della barca ed è caduto nel fiume Moyle. È stato tirato fuori dall'acqua da Hughes, 62 anni, suo caro amico da quando si erano ritrovati più volte faccia a faccia sul campo da gioco negli anni '80. Botham ha riportato gravi contusioni sul torso, ma per il resto è uscito illeso da una situazione che poteva essere molto pericolosa. Nel fiume, infatti, vivono anche squali toro, che si nutrono degli scarti lasciati dai coccodrilli. «Alla fine della giornata Crocodile Beefy è sopravvissuto», ha detto al giornale australiano Herald Sun, paragonandosi ad una versione goffa e inglese del popolare personaggio Crocodile Dundee. «Sono uscito dall'acqua più velocemente di quanto ci sono entrato. Un bel po' di occhi mi stavano spiando. Fortunatamente non ho avuto tempo di pensare a cosa ci fosse nell'acqua» ha aggiunto il campione che è anche membro della Camera dei Lord del parlamento britannico.
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
9.11.24
Ian Botham, la leggenda del cricket inglese salvata dal rivale australiano: era caduto in acque infestate da coccodrilli
La battuta di pesca I due stavano attraversando uno specchio d'acqua per raggiungere il resto del gruppo con cui erano partiti, quando Botham, 68 anni, è rimasto impigliato con le infradito in una corda mentre cercava di salire a bordo della barca ed è caduto nel fiume Moyle. È stato tirato fuori dall'acqua da Hughes, 62 anni, suo caro amico da quando si erano ritrovati più volte faccia a faccia sul campo da gioco negli anni '80. Botham ha riportato gravi contusioni sul torso, ma per il resto è uscito illeso da una situazione che poteva essere molto pericolosa. Nel fiume, infatti, vivono anche squali toro, che si nutrono degli scarti lasciati dai coccodrilli. «Alla fine della giornata Crocodile Beefy è sopravvissuto», ha detto al giornale australiano Herald Sun, paragonandosi ad una versione goffa e inglese del popolare personaggio Crocodile Dundee. «Sono uscito dall'acqua più velocemente di quanto ci sono entrato. Un bel po' di occhi mi stavano spiando. Fortunatamente non ho avuto tempo di pensare a cosa ci fosse nell'acqua» ha aggiunto il campione che è anche membro della Camera dei Lord del parlamento britannico.
6.8.24
Sevval Ilayda Tarhan,la donna cancellata che ha vinto l'argento con Yusuf Dikec ., Le Olimpiadi di Parigi sono state molto pubblicizzate come “le più sostenibili di sempre”, ma un evento così grande può essere davvero sostenibile per l'ambiente?,
da ilpost.it
Le Olimpiadi di Parigi sono state molto pubblicizzate come “le più sostenibili di sempre”, ma un evento così grande può essere davvero sostenibile per l'ambiente?
Negli anni in cui sono state pianificate e organizzate, le Olimpiadi di Parigi hanno molto promosso il proprio proposito di mettere in piedi un grande evento sportivo contenendone l’impatto ambientale. In particolare l’organizzazione si è impegnata a dimezzare le emissioni di gas serra causate da tutte le attività legate ai Giochi rispetto a quelle delle edizioni di Londra 2012 e di Rio de Janeiro 2016, che secondo le stime ammontarono all’equivalente di 3,3 e 3,6 milioni di tonnellate di anidride carbonica (CO2). Più o meno le emissioni annuali di un piccolo paese come Malta.
Le Olimpiadi sono in corso e i dati ufficiali e completi sulle emissioni saranno diffusi in autunno, ma uno studio indipendente di quanto fatto negli anni di preparazione c’è già. Dice che la strategia per contenere le emissioni è «lodevole», ma anche «incompleta», che manca di trasparenza e non è stata comunicata con la chiarezza necessaria per farne comprendere i limiti, soprattutto nei primi tempi, quando era stata promossa in modo ingannevole, ad esempio dicendo che i Giochi di Parigi sarebbero stati «i primi con un impatto positivo sul clima». L’analisi tuttavia mette anche in discussione l’idea che qualsiasi Olimpiade, per come le concepiamo oggi, possa essere “sostenibile”.
Il solo fatto di radunare in una città decine di migliaia di persone che lavorano per i Giochi e di attirarne milioni per assistervi rende i grandi eventi sportivi incompatibili con gli obiettivi dell’accordo sul clima di Parigi del 2015. La stessa organizzazione delle Olimpiadi di quest’anno ha stimato che più del 45 per cento delle emissioni prodotte saranno dovute al trasporto e all’alloggio degli atleti e degli spettatori.
Lo studio sulla strategia per il clima delle Olimpiadi di Parigi è stato pubblicato ad aprile ed è stato realizzato da Carbon Market Watch, un’organizzazione di ricerca non profit specializzata che riceve finanziamenti dall’Unione Europea, e dall’associazione francese Éclaircies, che analizza questioni legate all’ambiente per aiutare la collettività a capirle. Per quanto riguarda gli aspetti positivi, hanno riconosciuto alla strategia di sostenibilità delle Olimpiadi di quest’anno tre meriti. Il primo, in sostanza, è il fatto che esista una strategia.
Le Olimpiadi di Parigi sono le prime per cui sia stato fissato un obiettivo di emissioni massime (equivalente a 1,58 milioni di tonnellate di CO2) da rispettare e per cui conseguentemente sia stato elaborato un piano per contenerle. La parte più significativa di tale piano è la decisione di non costruire molte nuove infrastrutture per ospitare i Giochi e di privilegiare materiali da costruzione che comportano basse emissioni, come il legno. È una scelta che ha permesso anche un risparmio economico e che secondo la strategia dell’organizzazione consentirebbe di produrre solo un terzo del budget di emissioni fissato per le infrastrutture. È questo il secondo merito riconosciuto all’organizzazione di Parigi 2024 da Carbon Market Watch ed Éclaircies, sebbene non manchi qualche perplessità.
Parte dei pannelli fotovoltaici sul tetto dell’Aquatics Centre delle Olimpiadi di Parigi, il 28 dicembre 2023 a Saint-Denis (AP Photo/Lewis Joly)
La Société de livraison des ouvrages olympiques (SOLIDEO), l’impresa che ha costruito le nuove strutture, si era posta come obiettivo di emettere al massimo l’equivalente di 650 chili di anidride carbonica per metro quadrato, che sono meno della metà delle emissioni medie prodotte in Francia per costruire case e uffici. L’uso prioritario di materiali a basso impatto avrebbe dovuto consentirlo: finora però non sono state condivise pubblicamente abbastanza informazioni sui lavori per verificare in modo indipendente che l’obiettivo sia stato raggiunto, quindi Carbon Market Watch ed Éclaircies non hanno potuto esprimersi in merito.
La stima complessiva delle emissioni andrà comunque rivista perché il progetto del Villaggio Olimpico non prevedeva un sistema di aria condizionata ma un sistema di raffrescamento geotermico, che però non è stato giudicato adeguato da molte delegazioni atletiche del mondo col risultato che l’organizzazione ha poi installato 2.500 condizionatori portatili.
Il terzo merito riconosciuto da Carbon Market Watch ed Éclaircies all’organizzazione delle Olimpiadi di Parigi è di aver concentrato i siti della maggior parte delle competizioni in un’area relativamente ristretta: l’80 per cento delle strutture usate per le gare si trova in un raggio di 10 chilometri intorno al Villaggio Olimpico e l’85 per cento degli atleti può raggiungere i siti delle competizioni in cui è coinvolto in meno di 30 minuti. Inoltre sia gli atleti sia una piccola parte delle persone che lavorano ai Giochi può spostarsi usando dei veicoli a basse emissioni messi a disposizione dall’organizzazione.
Le cose sarebbero andate ancora meglio se, come da progetto, fossero state completate alcune nuove linee di trasporto pubblico che avrebbero reso tutte le strutture delle gare a Parigi raggiungibili senza automobile.
Ci sono poi vari altri aspetti della strategia per contenere le emissioni delle Olimpiadi di Parigi che secondo Carbon Market Watch ed Éclaircies non sono soddisfacenti.
Il primo è che non è chiaro come mai l’organizzazione si sia posta l’obiettivo di dimezzare le emissioni rispetto alle edizioni di Londra e di Rio de Janeiro (che si stimano essere state le più inquinanti di sempre nella storia delle Olimpiadi) e se sia stato fatto un qualche calcolo legato agli obiettivi dell’accordo sul clima di Parigi. È inoltre più grave che non sia stato trovato un sistema trasparente per confrontare le emissioni di queste Olimpiadi con quelle delle Olimpiadi passate né che sia stato messo in piedi un sistema di monitoraggio delle emissioni nel tempo.
In aggiunta a tutto ciò, tolto il settore dell’edilizia, la strategia per il clima non si occupa in modo sufficiente del resto delle fonti di emissioni, che complessivamente sarebbero i due terzi del totale secondo la stessa organizzazione delle Olimpiadi.
Il Villaggio Olimpico di Parigi, il 23 luglio 2024 (AP Photo/Rebecca Blackwell)
È vero che sempre nell’ottica di ridurre le emissioni è stato deciso per esempio che più del 60 per cento del cibo servito al Villaggio Olimpico fosse vegetale; e che per realizzare molti oggetti usati nei Giochi sono stati usati materiali riciclati (medaglie comprese: è stato sfruttato ferro scartato dalla Torre Eiffel). Ma secondo l’analisi delle due organizzazioni esperte di ecologia non si sarebbe fatto abbastanza. L’organizzazione delle Olimpiadi ha imposto ai propri fornitori di rispettare dei criteri di «neutralità carbonica» per i prodotti e i servizi acquistati dai Giochi, ma non ne ha dato una definizione precisa: per questo non è possibile stabilire davvero l’impatto di tutti gli oggetti usati nel Villaggio Olimpico e nelle altre strutture.
La stessa espressione «neutralità carbonica», che indica la condizione in cui si emette nell’atmosfera una quantità di gas serra pari a quella che si riesce ad assorbire, è ritenuta sensata solo quando si considerano le emissioni annuali di un paese o del mondo e per questo non dovrebbe essere usata in riferimento a prodotti, servizi o eventi. Lo dicono anche le linee guida del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) per ridurre l’impatto ambientale dei Giochi. Per questo usarla in altri contesti è considerata una forma di “greenwashing”, cioè di marketing che presenta in modo ingannevole un prodotto come positivo per l’ambiente o il clima.
Carbon Market Watch ed Éclaircies hanno anche segnalato che le aziende sponsor delle Olimpiadi non sono state selezionate tenendo conto delle iniziative per ridurre il loro impatto sul clima. Uno dei partner è ArcelorMittal, il grande gruppo produttore di acciaio, uno dei materiali a cui si devono più emissioni. «L’assenza di criteri relativi al clima per selezionare gli sponsor è un’occasione mancata per influenzare le grandi aziende», hanno scritto nella loro analisi.
Un altro grosso limite della strategia climatica delle Olimpiadi di Parigi è che non ha previsto un modo efficace per ridurre l’impatto dei numerosissimi viaggi aerei necessari per fare arrivare gli atleti e altri lavoratori a Parigi (o nella Polinesia francese per le gare di surf), per non parlare dei turisti. L’organizzazione aveva detto che avrebbe «incoraggiato, raccomandato o invitato» i visitatori a raggiungere Parigi in treno, ma senza dare ulteriori dettagli e senza impegnarsi con iniziative più impegnative.
Infine anche per quanto riguarda il consumo di energia elettrica c’è una pecca nella strategia per il clima delle Olimpiadi. L’organizzazione ha detto che tutta l’energia che sarà usata durante i Giochi è stata prodotta con fonti rinnovabili, ma senza specificare bene in che senso.
«Alimentata con il 100% di energia da fonti rinnovabili» infatti può voler dire cose diverse. Di solito quest’espressione si usa per indicare che sono state acquistate delle garanzie d’origine (GO), cioè dei certificati che provano che una certa quantità di energia da fonti rinnovabili è stata immessa nella rete elettrica: un fornitore può vendere sia energia prodotta direttamente con fonti fossili che “energia pulita” comprando queste garanzie d’origine. Ma le GO non garantiscono che l’acquisto di questa energia abbia stimolato una produzione di energia da fonti rinnovabili che altrimenti non sarebbe avvenuta. Il discorso è diverso se l’energia è acquistata da aziende che producono in proprio energia da fonti rinnovabili. Per sapere esattamente che energia viene usata a Parigi servirebbe una maggiore trasparenza da parte dell’organizzazione dei Giochi.
Al di là di queste valutazioni secondo Carbon Market Watch ed Éclaircies, ma anche secondo vari altri esperti di questioni ecologiche che criticano le Olimpiadi (come lo studioso statunitense Jules Boykoff, per cui i Giochi di Parigi sono «una lezione di greenwashing»), è lo stesso concetto che c’è dietro a essere poco sostenibile. Questi critici propongono di provare a ripensare i grandi eventi sportivi internazionali, mettendo in discussione l’idea di organizzarli in un’unica città o quasi, e considerando invece di distribuire le gare in vari paesi per ridurre i viaggi aerei necessari. Per farlo in modo equo si potrebbe ideare un sistema di sorteggio per evitare che gli sport più seguiti siano ospitati sempre dagli stessi paesi.
In alternativa si potrebbe pensare di organizzarli sempre nelle stesse tre o quattro città, in modo da usare sempre le stesse infrastrutture. Questo potrebbe limitare l’accessibilità ai Giochi in quanto pubblico per gran parte della popolazione mondiale, ma del resto già oggi per i paesi con meno risorse economiche è difficile prendere in considerazione l’idea di ospitare le Olimpiadi.
Tornando a Parigi, l’organizzazione è comunque consapevole che la strategia per il clima poteva essere migliore. «Volevamo dimostrare che un altro modello era possibile e creare un lascito per altri grandi eventi sportivi», ha detto Georgina Grenon, direttrice “dell’eccellenza ambientale” per le Olimpiadi di quest’anno: «Non sosteniamo di essere perfetti, ma vogliamo mostrare che le cose si possono fare in modo diverso rispetto al passato».
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quando uno sport dipenmde dal mare
Difficilmente si trova uno sport che dipenda così tanto da un singolo fattore incontrollabile, come il surf dipende dal mare. I surfisti si sfidano uno contro uno in round di mezz'ora (35 minuti nelle finali) in cui possono prendere tutte le onde che vogliono, avendo una volta a testa la priorità per scegliere l'onda migliore, e i giudici danno loro dei punteggi sulla base di varie cose che riescono a fare dentro e sopra l'onda. E se l'onda non arriva? Eh.
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Mentre grandi nazioni come gli Stati Uniti o la Cina, per citarne un paio, accumulano centinaia di medaglie d'oro, alcuni Paesi si distinguono per avere un unico trionfo olimpico. Questi straordinari atleti hanno reso orgogliosa la loro nazione, conquistando l'oro e mettendo il loro Paese sulla mappa dei vincitori ai Giochi Olimpici. Siete curiosi di conoscere questi momenti storici e i campioni che li hanno resi possibili? Scoprite le storie affascinanti degli eroi che hanno portato a casa l'unica medaglia d'oro del loro Paese! N.b per no appensatire troppo il post ne ho scelto due ( le alòtre le trovate Stars Insider )
1) Il nuotatore Joseph Schooling fece la Storia a Rio 2016. Non solo vinse la prima e unica medaglia d'oro di Singapore, ma lo fece battendo Michael Phelps nei 100m farfalla !
2) La Siria ha un totale di quattro medaglie olimpiche, ma i Giochi del 1996 ad Atlanta sono particolarmente speciali per questo Paese per via dell'oro dell'eptatleta Ghada Shouaa.
Dopo essere salita sul podio, Shouaa
è diventata la migliore eptatleta del mondo per due anni consecutivi ed è considerata una delle migliori atlete arabe di tutti i tempi.
22.5.23
Alluvione, l’eroe di Ravenna: "Deviate l’acqua sui miei terreni". E la città si salva
Alluvione, l’eroe di Ravenna: "Deviate l’acqua sui miei terreni". E la città si salva
Il presidente di una coop agricola ha sacrificato i raccolti: "Mais, grano e ravanello, tutto perso. Ma rifarei la stessa scelta"
In città il giudizio è unanime: il sacrificio dei suoi terreni ha salvato il centro di Ravenna.
"Ringrazio tutti per gli attestati di stima, ma ringrazierei piuttosto tutte le persone del consorzio di bonifica, della Protezione civile e i volontari che da giorni, dormendo poco o nulla, stanno facendo il possibile per farci uscire da questo incubo. Sono loro i veri eroi".
Fabrizio Galavotti è il presidente della Cab Terra, una settantina di soci e la cooperativa più antica di Ravenna, nata nel 1888 col sudore di Nullo Baldini e di altri 40 braccianti. Venerdì scorso, acconsentendo al taglio di un argine, ha immolato duecento ettari di campi, tra i pochi fondi con ortaggi fin lì risparmiati dal diluvio universale, facendoli allagare dall’acqua di un canale rigonfio e pronto a esondare, a poche centinaia di metri dalla città dei mosaici e dal polo chimico.
Galavotti, intuisco che l’etichetta di eroe non la gradisce. Ma è indubbio che il vostro gesto di altruismo abbia risparmiato ulteriori sofferenze.
"Ho dato una mano. La situazione era drammatica e tra le varie opzioni in campo, su richiesta della prefettura e del consorzio di bonifica, c’era il taglio del canale dove si trova l’idrovora e allagare i nostri duecento ettari in via Romea, per cercare di alleggerire la pressione dell’acqua e salvare il salvabile. L’idrovora e le sei, sette pompe supplementari non riuscivano a smaltire tutta l’acqua, così abbiamo acconsentito, nella speranza funzionasse".
E ha funzionato?
"Sembrerebbe di sì. La situazione è in miglioramento, l’acqua continua a defluire dalla rottura controllata del canale. Il livello sta scendendo, si vedono 50 metri di un campo dove il giorno prima era tutto un lago. Ci vorrà ancora un pochino perché l’acqua da mandare al mare è veramente tantissima, ma qualche segnale incoraggiante c’è. Incrociamo le dita".
In cosa è consistito questo ’taglio controllato’?
"Il corso d’acqua si chiama ’Le canale’, abbiamo tagliato la strada parallela, via degli Zingari, inserendo tre tubi di grosse dimensioni per poi ricoprirla. Ha fatto tutto la Protezione civile, noi abbiamo semplicemente dato l’assenso. L’acqua defluita si riversa in un campo e da lì raggiunge lo scolo Cerba, che era vuoto e dove c’è un’altra idrovora. Dopo c’è il mare".
Cosa si può dire abbia salvato?
"Con precisione non so indicarlo, indubbiamente il canale sarebbe esondato prima. E prima vuole dire a ridosso della città".
I campi sacrificati erano già compromessi?
"Al contrario. Su un totale di duemila ettari, ne avevamo 400 sommersi. In questi duecento avevamo grano, mais, barbabietola e ravanello, in parte quasi pronti per la raccolta. È stata una scelta, ma la rifarei".
Insomma, un danno consistente.
"Certamente. Ma penso alle nostre sorelle di Legacoop, per esempio alla Cab Massari di Conselice con 1500 ettari sott’acqua. Per loro è un vero dramma".
18.3.23
Onori e sgarbi Dopo l’8 settembre Ettore Castiglioni portò in salvo un centinaio di persone, tra cui molti ebrei e il futuro capo dello Stato Il no a un monumento
Questa storia è ormai di ordinaria meschinità politica. Ha radici lontane. Lo spunto è una data: il 12 marzo 1944. Ogni anno, sui social, in occasione di questa ricorrenza, si ricorda il grande alpinista e partigiano Ettore “Nino” Castiglioni, sottotenente degli Alpini che dopo l’8 settembre 1943 si era unitoai partigiani e che salvò oltre cento ebrei e antifascisti fra i quali il futuro presidente Luigi Einaudi, portandoli al sicuro in Svizzera, nel Cantone dei Grigioni, e queste imprese lo hanno eletto “Giusto tra le Nazioni”. Castiglioni, infatti, morì assiderato la notte del 12 marzo 1944 mentre fuggiva dalla Svizzera, dove era stato arrestato per la sua attività di passeur . Indossava un lenzuolo e un plaid: i gendarmi elvetici gli avevano sequestrato gli scarponi, gli sci, la giacca a vento, persino i pantaloni. Se assurda e ingiusta è stata la morte di Castiglioni, ancor più assurda e ignobile è invece stata la decisione di Donato Seppi, sindaco di Ruffré-mendola che ha negato la posa di un monumento dedicato all’eroico alpinista nella piazza del paese, in provincia di Trento, dove Ettore era nato il 28 agosto 1908. Successe cinque anni fa, ma da allora, ogni 12 marzo, un’ondata di indignazione si abbatte sul settantenne Seppi. Ancor prima di diventare partigiano, Castiglioni era stato tra le due guerre uno dei più forti scalatori europei (affrontò le Dolomiti a soli 15 anni), tanto da essere premiato con la medaglia d’oro al merito alpinistico. Autore di bellissime guide escursionistiche sulle Pale di San Martino, le Odle, il Sella, la Marmolada, le Dolomiti di Brenta, con il trentino Bruno Detassis aprì oltre 200 vie. Conosceva a menadito le montagne della Valtellina: accompagnava i fuggiaschi lungo sicuri percorsi in alta quota, sfruttando ogni valico, ogni passo, ogni scorciatoia. Una volta entrato in Svizzera, cercava di rabbonire le guardie con forme di formaggio. Ma non bastò. Arrestato per spionaggio e contrabbando, rimase in cella due settimane. Al rilascio, lo minacciarono: se rientri, ti sbattiamo in galera e gettiamo via la chiave della cella. Ettore non si spaventò. Continuò nei suoi percorsi clandestini, sfidando i nazisti e i loro alleati repubblichini. Un giorno, i gendarmi svizzeri lo intercettano. Addosso ha documenti falsi. Un’aggravante. Finisce rinchiuso in un hotel. Riesce a scappare lo stesso, calandosi dalla finestra con un lenzuolo, avvolto in una coperta. Troppo poco per proteggersi dal freddo. C’era la luna piena, quella notte. C’erano anche 20 gradi sottozero, mentre raggiunge il Passo del Forno. Il ghiacciaio non fece sconti. Stremato, Ettore si accostò a un masso. Forse voleva riposarsi, prima di riprendere il cammino verso il fondovalle. Non si rialza più. Il gelo lo uccide. Lo ritrovarono il 6 giugno. Appena oltre il Passo del Forno (quota 2770), sul versante italiano c’è un piccolo piano, formato dal letto di un ghiacciaio scomparso. Al centro, quel masso. Un po’ più grande degli altri che stanno attorno. E una piccola targa arrugginita: “Ettore Castiglioni – 12 marzo 1944 – alpinista patriota”. Ufficialmente, il sindaco di Ruffré ha motivato il rifiuto di concedere lo spazio pubblico al monumento perché “non aveva nulla a che fare con Ruffré, era uno di Milano”, scusa risibile, visto che Castiglioni era nato lì, dunque un legame tutt’altro che casuale (come il rapporto che Castiglioni aveva col Trentino). Era il 2018, il gesto del sindaco suscitò indignazione e proteste, alle quali Seppi replicò: se ci tenete tanto, potete erigere il monumento in un terreno privato. Lo fecero, in un bosco appena fuori Ruffré. Ma nessuno dimenticò l’affronto. Gli alpinisti sono come i marinai. Aiutano, soccorrono. Comprendono. Ma non perdonano gli inumani: “Stando a contatto coi profughi si può toccare con mano la gioia che si dà. Li si vede con la faccia stravolta dalla paura e poi, al confine, sereni e felici salutarti come un salvatore”, aveva appuntato Castiglioni nei giorni in cui salvava ebrei e antifascisti, “dare la libertà alla gente, aiutarli a fuggire per me adesso è un motivo di vita”. Disperatamente attuale.
14.12.22
questo si chiama eroismo rofighter, il pilota potrebbe essere rimasto ai comandi per evitare l'impatto sulle zone abitate
da repubblica AGGIORNATO ALLE
di Gioacchino Amato, Maria Emanuela Ingoglia
Potrebbe essere rimasto ai comandi del suo caccia Eurofighter fino all’ultimo per evitare l’impatto in zone abitate, il capitano Fabio Antonio Altruda, 33 anni, originario di Caserta, morto nell’impatto del suo aereo ieri pomeriggio a cinque miglia dall’aeroporto di Trapani Birgi dove stava rientrando dopo una normale missione di addestramento. Per il momento è solo una delle ipotesi sulla tragedia sulla quale farà luce un’inchiesta dell’aeronautica militare alla quale se ne è aggiunta un’altra della procura di Trapani.
Altruda volava in coppia con un altro aereo che lo precedeva e che è normalmente rientrato alla base mentre dalla torre di controllo venivano persi i contatti con l’ufficiale pilota. Secondo le prime notizie dall’aereo non sarebbe arrivato nessun allarme, neanche il segnale automatico di espulsione del sedile eiettabile che fa entrare automaticamente in funzione il Gps.
La notizia dell’incidente è stata comunicata ai genitori del giovane ufficiale, “ai quali il Capo di stato maggiore dell'Aeronautica, Generale di squadra aerea Luca Goretti, a nome dell'intera forza armata, si stringe in un profondo segno di vicinanza e cordoglio”.
Il Capitano Fabio Antonio Altruda era entrato in aeronautica militare con il corso regolare Ibis 5° dell'Accademia aeronautica di Pozzuoli nel 2007. Pilota combat ready su velivolo Eurofighter, in forza al 37° Stormo di Trapani dal marzo del 2021, aveva all'attivo centinaia di ore di volo, molte delle quali effettuate anche in operazioni fuori dai confini nazionali in attività di air policing Nato.
Trapani, trovato il corpo del pilota dell'Eurofighter precipitato: l'impatto a 3 km dalla base
Al momento tutte le ipotesi sono ugualmente al vaglio di chi indaga, da un guasto meccanico al fenomeno del wind shear, il vento improvviso che può schiacciare verso il suolo un velivolo in atterraggio, fino ad un malore.
Molti i messaggi di cordoglio ad iniziare da quello del presidente della Regione, Renato Schifani: “Tutto il governo regionale – scrive il governatore - si stringe attorno alla famiglia dell'ufficiale scomparso, al Capo di stato maggiore, alle donne e agli uomini dell'Aeronautica militare italiana”.
Aereo militare precipita vicino all'aeroporto di Trapani, ritrovato il corpo del pilota
di Gioacchino Amato, Maria Emanuela Ingoglia“La notizia che non volevamo ricevere – scrive il sindaco di Marsala, Massimo Grillo - il capitano Fabio Antonio Altruda, pilota dell'aereo militare caduto ieri sera a nord di Marsala, purtroppo non è sopravvissuto all'incidente. Caduto per servire lo Stato, la sua morte lascia sgomenti tutti noi. Alla famiglia rivolgo le condoglianze della città di Marsala e dell'intera amministrazione comunale - aggiunge Grillo -. Il sentito cordoglio va anche all'Aeronautica militare e al 37esimo Stormo di Birgi, oggi orfani di una così giovane vita”. Condoglianze per la grave perdita del pilota sono state espresse anche dal presidente del Consiglio comunale di Marsala, Enzo Sturiano, a nome suo e dell'intera assemblea. Il vescovo di Trapani Pietro Maria Fragnelli rilancia il messaggio del cappellano militare del 37° stormo, padre Giuseppe Maniscalco: “Preghiamo per la sua anima perché venga accolta nelle mani di Gesù risorto e preghiamo per i suoi familiari perché da Dio abbiano consolazione e conforto in queste ore di profondo dolore”.
Stamattina, cessata l’emergenza l’aeroporto di Trapani Birgi ha riaperto al traffico civile. Alle 7,40 è regolarmente atterrato il volo della Dat proveniente da Pantelleria e alle 8,10 è partito regolarmente il volo di ritorno della stessa compagnia verso l'isola a sud della Sicilia.
16.11.21
La storia della maestra che lotta contro il cancro restando con i suoi alunni che ha “commosso” Mattarella
Alcuni li chiameranno incoscienti ed imprudenti e si comportano ( nessuno escluso a volte ci casco pure io ) come quelli del meme a sinistra . Ma per me e per altri come la mia utente fb
Gisella Rossi RossaOra qualcuno\a dirà che se ne trovano a migliaia di storie del genere .
indubbiamente una grande Donna, e sono certa che la forza che le veniva dai suoi ragazzi sia stata una grande terapia, oltre che un grosso esempio per i suoi ragazzi
Certo Di belle e brave persone ce ne sono tante, sono la maggioranza ed
è giusto metterle in evidenza e prenderle ad esempio ,ma purtroppo rimangono nell'ombra e nel silenzio . Inoltre Storie come questa sono linfa vitale per continuare a svolgere il nostro lavoro con passione e serenità. Ovviamente, la cosa più importante è che la collega vinca la sua battaglia contro il cancro e guarisca. Auguri !!!
La storia della maestra che lotta contro il cancro restando con i suoi alunni che ha “commosso” Mattarella
Annamaria Valzasina, maestra 59enne di Bollate, sarà premiata il prossimo 29 novembre dal Presidente della Repubblica: la sua storia, raccontata da una sua alunna, è un esempio di umanità e forza d’animo
Il prossimo 29 novembre Annamaria Valzasina, 59 anni, maestra alla scuola elementare Antonio Rosmini di Bollate (Milano), verrà insignita dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana da Sergio Mattarella. Il Presidente della Repubblica è venuto a conoscenza della storia della donna da una lettera scrittagli da una sua giovane alunna, che ha voluto raccontargli quanto fosse speciale la sua insegnante. Annamaria, infatti, è malata di cancro, ma pur di non trascurare la sua classe a conclusione del ciclo delle elementari, ha nascosto la malattia agli studenti e organizzato le terapie chemioterapiche e radio nei momenti di pausa dal lavoro.“Faccio ancora fatica a crederci”, ha raccontato a Adnkronos. “Quando ieri è squillato il telefono ed ho avuto l’annuncio dal Quirinale – ha spiegato – pensavo fosse uno scherzo. Non sapevo nulla della lettera. Io ho fatto il mio dovere, quello che sentivo giusto fare e che fanno quasi tutti gli insegnanti. Questo premio va a loro, dalla scuola dell’infanzia all’università. Non sono l’unica a meritarmelo. Siamo tutti così. Mattarella ha premiato tutti noi”. Suo marito e i suoi figli, preoccupati per le sue condizioni di salute, erano contrari alla sua decisione di concludere il percorso con la classe di cui era l’unica insegnante. “E poi – aggiunge – il lavoro per me è stata una terapia, una medicina. Andavo a scuola, non pensavo e mi stupivo… come quando tolta la parrucca mi sono presentata in classe con i capelli grigi in ricrescita ed uno di loro mi ha detto: sembri una di New York”.
In merito alla lettera, la maestra ha riferito le parole del segretario di Mattarella, che le ha confessato come il Presidente della Repubblica si sia commosso leggendola. “Io non l’ho ancora letta e solo oggi ho saputo chi l’ha scritta. Credo che la bambina, forse guidata dai genitori, abbia compreso il valore dell’impegno. Le ore di lavoro la domenica pomeriggio a preparare le lezioni, correggere i compiti, tentare di comprendere come lavorare in dad… Per questo ci tengo a dire che Mattarella ha premiato tutti noi insegnanti, il nostro lavoro sommerso”.
In totale sono 33 le onorificenze al Merito della Repubblica Italiana che il Presidente della Repubblica conferirà il prossimo 29 novembre a cittadini che hanno rappresentato “casi significativi di impegno civile, di dedizione al bene comune e di testimonianza dei valori repubblicani”.
12.12.20
Covid La maestra fatina e gli eroi all’epoca del coronavirus
da Oggi n°50 17\12\2020
di Cristina Rogledi
QUESTI MESI ORRIBILI CI HANNO REGALATO ANCHE PRO VEDI SOLIDARIETÀ E SENSO CIVICO. DAI RISTORANTI CHE HANNO DONATO PASTI, AI “MAGHI” CHE HANNO RESUSCITATO COMPUTER DA FORNIRE AGLI STUDENTI PERLA SCUOLA A DISTANZA, ACHISI È “SCOPERTO” INFERMIERE ...
Ogni giorno, la cronaca della pandemia snocciola numeri drammatici e immagini cariche di dolore. Eppure, in questi mesi ci sono state persone speciali, generose o fantasiose che si sono rese protagoniste di storie che regalano speranza e persino buon umore. Ne abbiamo scelte dieci.
Un Pc agli studenti in Dad
A Sorrento, una mamma e un tecnico informatico hanno unito le forze per regalare ai ragazzi che fanno lezione a distanza, computer e tablet rigenerati. «Un giorno ho scritto su Facebook che una mamma aveva bisogno di un tablet per la figlia e mi hanno risposto in tanti offrendomi Pc che non usavano più. Da lì, ho deciso di darmi da fare», racconta Eugenia Di Leva, 45, amica di Vittorio Acampora, 50, il tecnico che ridà vita ai computer. «Le aziende ci regalano i loro computer», racconta Vittorio, «io li riparo, li masterizzo e poi li diamo a famiglie bisognose», spiega. L’iniziativa, del tutto gratuita, ha avuto successo: un ente ha donato tablet nuovi. E c’è chi ha pagato le spese dei pezzi di ricambio. A oggi sono stati regalati più di 200 Pc. Per informazioni: consultate la pagina Facebook di Eugenia Di Leva.
È l’iniziativa lanciata dalla Taverna di Dracula, un ristorante di Tivoli, vicino a Roma, che nel mese di novembre ha messo a disposizione la sua cucina e un menu di ricette italiane e rumene. L’idea è dei due gestori rumeni, marito e moglie, Raisa Hampu e Michele Lina, da 15 anni in Italia. Sulla lavagna esposta fuori dal locale, invitano a entrare dalle 12.30 alle 14.30 tutte le persone in difficoltà che desiderano un pasto caldo: «Ogni giorno abbiamo avuto 20 persone. Se torneremo a incassare abbastanza, abbiamo deciso che ogni lunedì offriremo pasti ai più bisognosi», dice Michele.
Il dottore che parla ai sordomuti
Marco D’Angelo, al secondo anno di Medicina interna, 28 anni, ha imparato ha imparato in Rete al cellulare la lingua dei segni per poter parlare con una paziente sordomuta di 37 anni ricoverata al Gemelli di Roma per Covid. «La
La fatina delle fiabe
A San Giuliano Terme (Pisa), una maestra della scuola primaria ha deciso di trasformarsi in “fatina delle fiabe” e “vaccinare” i bambini con la fantasia. Daniela Bertini, allegra e coloratissima, a bordo della sua Bici delle Storie a domicilio raggiunge i bimbi in quarantena e legge loro delle favole. I piccoli ascoltano dal giardino, dal balcone o dalla finestra e per un po’ dimenticano l’isolamento. Unprogetto gratuito creato da Daniela, lettrice per vocazione, quando un suo alunno è dovuto rimanere a casa 20 giorni. «Sono andata a portargli un libro e l’accoglienza è stata così di festa che ho capito come potevo aiutare i bimbi», racconta. Per prenotare la Bici delle storie: associazione Il Gabbiano: 347.03.41.330
In Sicilia per curare a domicilio
Dalla Lombardia alla Sicilia per curare la madre che nessuno voleva visitare. Riccardo Munda, 39 anni, è un medico di base siciliano che da sette anni vive a Selvino ( Bergamo) e, durante l’epidemia, ha assistito di persona pazienti tra Nembro e la Valseriana, ricevendo chiamate anche da altre province e
regioni. «Mi rintracciano col passaparola e non so dire di no», spiega. «Quando ho saputo che mia madre e mio cognato stavano male ma nessuno li visitava, sono salito sull’aereo». Avevano entrambi la polmonite bilaterale ed erano curati con la Tachipirina. Quando Munda è arrivato a Mazzarino, Caltanissetta, già che c’era, ha curato i compaesani. «Non critico i colleghi, l’età media èoltre i 60 anni e molti si sono ammalati. Però se sono morte tante persone nella Bergamasca è perché è mancata l’assistenza primaria».
Il cane Rex è tornato a casa
Rex è un cagnolone nero che per cinque anni ha vissuto in una bella casa immersa nel verde in una valle del Trentino.
Il 13 aprile Claudio, il padrone di Rex, muore e la moglie e la figlia, distrutte dal dolore, si rendono conto che non sarebbero riuscite a gestirlo. Per questo, a malincuore, chiedono aiuto a delle associazioni per cercargli un’altra famiglia. Non riescono e così Rex arriva al canile di Trento. Per lui è difficile dimenticare e sembra triste. «Eravamo addolorate per papà ma più il tempo passava, più pesava anche l’assenza di Rex, così siamo andate a fargli visita», racconta, Marcella. Quando lo vedono realizzano quanti ricordi del papà sono legati a lui e lo riportano a casa.
Si innamorano dal balcone
Galeotto fu il balcone nella città dell’amore, Verona. Michele D’Alpaos e Paola Agnelli si sono innamorati guardandosi da casa a casa. Lei avvocato di 39 anni e lui, Michele, bancario di 38, vicini di
casa che non si erano mai incrociati. Lei va sul balcone per sentire la sorella Lisa suonare il violino. Dall’altra parte della strada c’è Michele. Lui, attratto dalla musica si incuriosisce, nota la sua bella vicina, la cerca sui social e la contatta. Il colpo di fulmine scatta da palazzo a palazzo.Giocano a tennis da tetto a tetto
I balconi come nuovo terreno di gioco Durante la quarantena, Carola 11 anni e Vittoria 13, di Finale Ligure (Savona), hanno deciso di allenarsi a tennis giocando ciascuna dal tetto del proprio palazzo. Cemento come campo da gioco e ringhiera come rete: il video ha fatto il giro del mondo. Al punto che su quel tetto un giorno spunta Roger Federer, il campione svizzero, che gira con le ragazze uno spot della Barilla
Una pioggia i complimenti su Facebook:
da Djokovic, Nadal, Martina Navratilova, Sara Errani e Roberta Vinci. Dall’estero arrivano le tv.
Tutti in aiuto dei ragazzi pizzaioli
La pizzeria Cà Moro dove lavorano 12 ragazzi con sindrome di down rischiava di chiudere, i ragazzi erano già in cassa integrazione, e così l’associazione Il Parco del Mulino, che la gestisce, ha lanciato un appello via social alla sua città, Livorno: «Aiutateci». Commovente la reazione dei cittadini: dopoqualche ora la pizzeria è stata travolta da centinaia di chiamate e messaggi, un’ondata d’affetto travolgente. Sono state ordinate più di 100 pizze al giorno. Se il servizio d’asporto continuerà a funzionare, i ragazzi della cooperativa potranno continuare a lavorare in attesa che arrivino tempi migliori.
La bocconiana diventa infermiera
Da studentessa bocconiana a infermiera provetta: in ottobre, Sara Paganuzzi, 21 anni, di Milano, era impegnata a preparare gli esami universitari quando sua nonna, Mariapia, 83, si ammala di Covid. La nonna vive da sola e la famiglia realizza che è difficile curarla a distanza, così Sara non ci pensa due volte e si trasferisce da lei con mascherine e tute antivirus. «All’inizio la aiutavo solo con lemedicine e i pasti», racconta Sara. «Poi, però, abbiamo dovuto passare alle iniezioni intramuscolo di antibiotico e alle bombole di ossigeno». Per farcela, Sara studia i video tutorial e si confronta al telefono coi medici. Il suo impegno viene premiato: la nonna guarisce.
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