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23.2.25

L'ex campione di motocross Toccaceli: «Paralizzato dal collo in giù a 23 anni: uso il joystick col fiato. E faccio il coach per Valentino Rossi»

dopo il  post    su L'Heysel  ed  il  ricordo   di  chi c'era   sia  come  giocatore  sia  come  tifoso   , ecco  un altra  storia     che  unisce  sport  e    disabilità. La storia  dell'ex campione di motocross Bryan Toccaceli  ora paralizzato   dal  collo  in  giù .Ma  che ha  mantenuto intatta la  passione  e efa  il coache  per  Valentino 


L'ex campione di motocross Toccaceli

Cosa sta ascoltando?

«Cremonini, il nuovo cd. Mi piace molto, sto facendo un ripasso generale delle ultime canzoni perché a giugno andrò al concerto. Non ero mai riuscito a trovare il biglietto, per noi persone con disabilità ce ne sono sempre pochi».

Bryan Toccaceli abbassa il volume per farsi sentire meglio. Lo fa senza alzarsi e senza muovere un braccio o un dito. Non può, il suo corpo è completamente paralizzato dal collo in giù, è così da quando aveva 23 anni: «Ne sono passati già sette dall’incidente, mi sembra ieri. Era l’1 maggio, il giorno prima del mio compleanno».

Campione di motocross, poi cosa è successo?

«Ero passato all’enduro, la domenica avrei avuto la prima gara del campionato italiano. Quel giorno era festa e la mattina andai ad allenarmi insieme ai miei amici. Succede che la moto si spegne. La spingiamo fuori dal bosco, la porto a casa, la smonto e cambio tutto quello che potevo cambiare. Era saltato un fusibile, lo sostituisco».

E poi?

«Faccio qualche giro di prova intorno a casa, la moto andava bene. Vado al crossodromo di Baldasserona per capire se avrebbe risposto bene ai salti e alle vibrazioni. Arrivo alla pista, faccio un paio di giri. Sembra tutto a posto. "cavolo, stamani non mi sono allenato. Già che ci sono faccio qualche manche", mi dico. Rientro, faccio il primo giro. Ma a metà del secondo, durante un salto, la moto si spegne di nuovo. Improvvisamente».

Da lì cosa ricorda?

«Una volta a terra non riuscivo più a respirare. Mi sono agitato molto, un amico si avvicinò prendendomi la mano. "Stringila, stanno arrivando i soccorsi”. Ci provavo, ma non riuscivo. Da lì il buio».

Quando riapre gli occhi?

«Cinque giorni dopo, al Bufalini di Cesena. Mi avevano sedato, avevo avuto degli arresti cardiaci. Poi due operazioni e i problemi di respirazione. Per i dottori sarei dovuto restare per sempre attaccato all'ossigeno, ma mi imposi. "Non lo voglio più". E oggi è solo un ricordo». 

Quando ha realizzato che non si sarebbe più mosso?

«All’inizio pensavo si trattasse di una frattura che si sarebbe risistemata. In fin dei conti avevo diversi amici sulla sedia a rotelle. "Loro le braccia le muovono, guidano le macchine, fanno tante altre cose”, pensavo. Spronavo i dottori ad aumentare le ore di palestra illudendomi che sarebbe servito a qualcosa. Loro hanno cercato di farmelo capire giorno dopo giorno: "Bryan, hai una lesione completa del midollo”. Muovo solo un po’ le spalle, ogni tanto mi chiedo. "Perché a me? Perché così tanto?"».

Tanti piloti le sono stati vicino, compreso Valentino Rossi.

«In molti sono venuti a trovarmi e anche lui si era informato per farlo in modo segreto, così da evitare la calca. Ma decideva un orario e dopo mezz’ora lo sapeva già tutto l’ospedale. Quindi organizzò un grande pranzo a casa sua».

Oggi lavora per lui.

«Nel 2021 mi chiamò. "Ti andrebbe di diventare il coach della VR46 Academy?". Lo andavo a vedere spesso quando coi suoi allievi girava al Ranch di Tavullia. Sono tutti appassionati di motocross e il mio compito consiste nell’aiutarli nell’impostazione di guida e non solo. Ma ne hanno poco bisogno, si vede che sono dei professionisti. Hanno una maniacalità nel setup della moto fuori dal normale. Anche alla PlayStation».

Alla PlayStation?

«Col primo joystick usavo il mento, poi ne ho ordinato uno più avanzato dall'America e con la bocca cambio le marce. Poi invece dei tasti uso il fiato: soffio per una cosa, doppio soffio per un'altra e così via. Sfido Valentino, Pasini e Mauro Sanchini ad IRacing, un simulatore di guida. Girano forte, è tosta. Ogni tanto faccio da tappo, ma non mi faccio passare». 

Cosa le manca della vita di prima?

«Le moto erano diventate una pugnalata, oggi le guardo con più leggerezza. Mi sentivo osservato, ma ci ho fatto l’abitudine. Il dipendere da altri mi fa arrabbiare. “Mi puoi grattare il naso?”, all’inizio lo chiedevo solo ai miei genitori. Se avevo bisogno di bere un sorso d’acqua ed ero solo coi miei amici, piuttosto restavo a secco».

Ha ereditato la passione per i motori da suo padre. Si è mai sentito in colpa per quello che è successo?

«Il fatto che abbia reagito bene fin da subito lo ha aiutato. E poi chi sceglie di correre sa sempre che quando scende in pista potrebbe essere l’ultima volta».

E lei si sente mai in colpa nei confronti dei suoi genitori?

«Ho stravolto la loro vita. Potevano fare viaggi, andare in vacanza. Invece devono restare a casa per me e io a questa cosa ci penso, non c’è niente da fare. Mia mamma faceva la cuoca nelle scuole, poi è stata quattro anni con me grazie alle ferie solidali di colleghi e amici. Ora è tornata a lavorare, mentre papà – gommista – è andato in pensione».

Il 2 maggio farà 30 anni.

«Ogni 1 maggio mi incupisco, guardo le lancette dell’orologio e con la testa torno al momento dell’incidente. Ma i miei amici bussano, entrano in casa e mi portano via di peso. "Tanto non puoi opporre resistenza", scherzano. Da poco siamo stati a un addio al celibato a Barcellona, è stato il mio primo viaggio sulla sedia a rotelle».

E l’amore?

«Ci credo ancora ma non ne sento la mancanza. Una volta pensavo di dover avere tutto per essere felice, oggi anche una chiacchierata a casa mi fa stare bene».

È vero che ama i bambini?

«Sogno di aprire una scuola per giovani piloti, mi sono anche informato per prendere il patentino da istruttore. Prima dell’incidente avevo già avuto un’esperienza simile, quando li vedevo agitati prima delle gare mi piaceva tranquillizzarli. Purtroppo il mio incidente ha spaventato un po’ tutti, in molti hanno venduto le loro moto».

E suo figlio lo metterebbe su una moto?

«Sì, perché mi ha fatto vivere emozioni bellissime». 

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