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8.11.24

diario di bordo 86 anno II «Il bodybuilding mi ha salvata: avevo 47 anni, ero depressa e in sovrappeso» ., La campionessa di kickboxing derubata a Termini recupera la borsa da sola: «Mi sento Batman, dalle forze dell’ordine nessun aiuto» .,

 «Credi in te stesso e impegnati per diventare la tua versione migliore», scrive Claudia sui suoi profili social. La donna racconta di come aver iniziato a

praticare il 
bodybuilding le abbia salvato la vita, e usa le sue esperienze per spronare altre persone con le sue stesse difficoltà a seguire la medesima strada. Aveva 47 anni, era depressa e sovrappeso, e infine ha trovato la forza per cambiare la sua quotidianità e costruirsi una vita che la rendesse felice. 

La passione per il bodybuilding 
Le sono bastati cinque anni per capovolgere completamente la sua vita e ottenere ciò che desiderava. Naturalmente non tutti trovano la felicità percorrendo la sua stessa strada, ma Claudia Oliveira vuole che la sua esperienza e motivazione sia presa d'ispirazione per trovare la forza di cambiare e raggiungere i propri obiettivi. «Oggi, a 52 anni - scrive sui social - sto vivendo la fase migliore del mio corpo, della mia mente, della mia autostima e della mia forza, e con ciò posso ottenere tutto ciò che desidero!». È stato il bodybuilding a salvarle la vita, a farla uscire da una routine che l'aveva resa depressa, sovrappeso: «Ho deciso che meritavo qualcosa di meglio, così ho iniziato a cambiare le mie abitudini alimentari e a fare bodybuilding. Me ne sono innamorata, e ora non posso vivere senza». Poi dà un consiglio: «Dico sempre che se ci sono riuscita io, puoi farcela anche tu». Con la sua determinazione, Claudia ha partecipato a diverse gare e recentemente ha vinto il premio Fitness Newcomer in una competizione in Brasile.


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Ieri, 7 novembre, era stata all’anteprima di un film al cinema The Space di piazza della Repubblica, in zona Termini a Roma, quando si è accorta che lo zaino che 

                                Elena Pantaleo in una foto tratta dal suo account Instagram.

aveva appoggiato a un muro poco più indietro non c’era più. Da quel momento è iniziata la disavventura della campionessa di kickboxing Elena Pantaleo, palermitana del ’96, fatta di segnalazioni alle forze dell’ordine e inseguimenti in monopattino. Poi il lieto fine: il recupero dello zaino e di tutti i suoi averi, cioè portafogli, pc, abiti: «In tutto avrei dovuto ricomprare cose per almeno 1.000 euro».

La vicenda

«L’incredibile storia di come ho recuperato la mia borsa rubata». Così Pantaleo aveva iniziato sui social il racconto della sua serata. «In tutto questo ero vestita così», si mostrava nel suo abbigliamento costituito da tacchi e un blazer bianco. «Viaggio sola da 10 anni, sono stata in Laos, Cambogia, Egitto, è incredibile che le uniche due volte nella mia vita io sia stata derubata sempre qui, a Termini! Ho raccontato quello che mi è successo perché in molti si ritrovano nella mia stessa situazione, solo non sono campioni mondiali di kickboxing e purtroppo i loro averi non li recuperano», ha spiegato Pantaleo ai suoi follower. Poi inizia il racconto: «Ieri, ore 21, ero di fronte al cinema a chiacchierare con il regista e gli attori di un nuovo film di cui avevamo appena visto l’anteprima». Dopo aver parlato con gli amici decide di andarsene ma si accorge che la sua borsa non c’è più. Ma non si perde d’animo perché dopo il primo furto aveva inserito in ogni zaino un AirTag, il dispositivo che localizza gli oggetti a cui è attaccato o inserito: «Quindi guardo l’app e vedo la mia borsa allontanarsi dalla mia posizione».

La denuncia ai carabinieri

«Mi metto a correre verso tre macchine dei carabinieri che erano esattamente di fronte al cinema. Faccio vedere l’app e chiedo se qualcuno potesse venire con me a cercare di recuperare la borsa. “Eh, noi possiamo andare con la macchina alla posizione indicata, ma tu non puoi salire con noi e non ci possiamo prendere il tuo telefono per vedere la posizione”», racconta la campionessa fornendo la versione dei militari a cui ha chiesto aiuto. Il confronto prosegue: «”Ok, ma visto che si sta muovendo se non sono con voi e non avete il telefono non riuscirete a bloccarlo”. Insisto, capisco che è inutile. “Lasciate stare, vado da sola”. “No, a questo punto siamo obbligati a intervenire e tu ci devi dare i documenti così ti possiamo identificare”. “Mi scusi non mi può lasciare correre all’inseguimento? Dobbiamo per forza perdere 5 minuti preziosi?”». Ma deve procedere all’identificazione: «E fatta ‘sta utilissima trafila con i carabinieri (che partono con una macchina verso via Torino senza manco darmi un contatto per aggiornarli magari sulla posizione) salgo su un monopattino e mi fiondo a Termini dove intuisco che stava andando la mia borsa».

La richiesta d’aiuto all’esercito

Una volta lì: «Chiedo aiuto, di nuovo, all’Esercito che sta lì in presidio permanente. “Guardate è proprio lì sotto i portici, lo vedete sull’app? Qualcuno può venire con me ad aiutarmi?” “Eh no, non possiamo muoverci, tu vai da sola quando hai identificato il ladro torna qui e possiamo accompagnarti”. A quel punto vado sotto i portici». E per mostrare la situazione in cui si trovava, pubblica una foto dei portici di Termini circondati dalla spazzatura: «Tolgo orecchini e bracciali e cammino avanti e indietro nei 200 metri di via Giolitti guardando tutto, persone per terra, borse, chi cammina, dentro i negozi. Finalmente lo vedo, uno con la mia borsa sulle spalle. Penso di tornare dall’Esercito ma in quei tre minuti necessari potrei perderlo di vista e loro non si rimetterebbero a cercarlo. Quindi mi tengo a distanza, aspetto, lo guardo. Posa la borsa dietro a una colonna, vicino a della gente che dorme, e si allontana. Cammino piano, faccio l’indifferente, la afferro e mi metto a correre col cuore a mille e l’adrenalina sparata fino al cervello».

«Mi sento Batman»

«Il tutto è durato 20 minuti, io sono al settimo cielo, mi sento Batman, mi sembra che sia stato l’universo a voler permettermi di rifarmi quando mi hanno rubato la valigia 6 mesi fa. Fare kickboxing mi ha dato coraggio; gli AirTag sono la migliore spesa della mia vita; ogni volta che dico che le forze dell’ordine in Italia sono pessime e andrebbero riformate mi si dice “si poi quando ti rapinano chi chiami?” Eh, infatti, chi dovrei chiamare?», la conclusione amara della campionessa.


5.9.24

La storia di Yasamin A. R. è una medico del Sant'Orsola di Bologna -. 38 anni , nata , cresciuta , e laureata qui ma per lo Stato non sono italiana".

 È nata a Cesena ed è cresciuta a Treviso. Ha frequentato la facoltà di Medicina e
Chirurgia dell'Università di Bologna, dove si è laureata a pieni voti. E dopo un eccellente percorso di specializzazione ora lavora a tempo indeterminato al Policlinico Sant'Orsola
Eppure per lo Stato italiano non è italiana. È la storia Yasamin A. R., medico di 34 anni che ogni giorno vive sulla sua pelle il paradosso generato dalla burocrazia del nostro Paese. Yasamin, infatti, paga le tasse in Italia e qui ha vissuto quasi ininterrottamente da quando è nata. Ma a causa dei requisiti tanto stringenti quanto astratti, se tutto va bene potrà ottenere il passaporto soltanto quando spegnerà quaranta candeline. "Vuoi sapere la beffa? - aggiunge al telefono contattata da BolognaToday -. La cosa che le persone mi chiedono più spesso è: 'Da quanto tempo sei in Italia? " 
La richiesta negata per il trasloco a Londra per motivi famigliari

Yasamin risponde alla chiamata subito dopo che ha finito il suo turno nel reparto di Medicina fisica e riabilitativa. Nonostante la stanchezza, ha una voce energica da cui trapela una lieve inflessione romagnola. Racconta che ha la cittadinanza britannica perché britannica era sua mamma, mentre suo papà era iraniano. Dopo aver fatto l'asilo e i primi tre anni di elementari a Treviso, a otto anni deve con tutta la famiglia trasferirsi a Londra perché la madre è malata e ha bisogno di cure. Per frequentare la quarta elementare deve iscriversi all'anagrafe londinese. "Passati dodici mesi siamo rientrati in Italia perché mamma non ce l'aveva fatta - continua -. Da quel momento ho vissuto sempre qui". Quando compie diciotto anni, però, Yasamin non può inoltrare la richiesta di cittadinanza: la legge richiede dieci anni di continuità di residenza italiana.

L'inferno degli uffici e del permesso di soggiorno

Ma la sua vita va avanti. Diploma con voti brillanti e iscrizione all'Unibo. Sotto le Due Torri si trova anche un lavoretto per mantenersi: "Ho anche tre fratelli di cui due più piccoli - racconta - e a quel tempo le cose a mio padre non andavano molto bene dal punto di vista economico". Dopo il primo anno di Medicina scompare anche il papà. Diventando orfana, sfuma di nuovo la possibilità di richiedere la cittadinanza: "A ventidue anni avevo la continuità, ma non più una famiglia alle spalle per rientrare nei parametri economici richiesti".

La ragazza continua a studiare, affianca agli esami impieghi part-time come baby-sitting e ripetizioni e si laurea perfettamente in tempo. Prosegue con la specialistica e la conclude con il massimo dei voti. Nel frattempo, però, l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea con la Brexit stravolge di nuovo tutto e Yasamin diventa addirittura un'extracomunitaria. Comincia l'inferno dell'ufficio migrazioni e della burocrazia per ottenere il permesso di soggiorno: "È stato un periodo drammatico - ricorda il medico -. Nessuno rispondeva alle mail, non capivo come prendere appuntamento. Agli sportelli le persone vengono trattate malissimo. Io avevo bisogno del documento per partecipare a un concorso e la prima volta me lo consegnarono con il nome scritto sbagliato. Da gennaio 2025 avrò bisogno del visto per circolare in Europa e questa è un'altra 'comodissima' cosa che mi si prospetta davanti".

"Chi ha un parente italiano può arrivare a votare, mentre io non l'ho mai fatto"

Oggi Yasamin ha un visto permanente, ma questo non basta a fare la stessa vita di un'italiana. La mancanza della cittadinanza si ripercuote nella sua quotidianità, dalla partecipazione ai bandi ai controlli di sicurezza fino alle denunce: "Due mesi fa sono stata scippata, e l'agente di polizia mi chiedeva se avessi un lavoro e da quanto fossi in Italia. È la prima cosa che tante persone mi chiedono sempre. Ed è veramente snervante".

Grazie al suo lavoro, tra due anni potrà finalmente fare l'agognata richiesta perché sarà in grado di dimostrare almeno tre anni di reddito. Dopodiché, se tutto fila liscio ce ne vorranno ancora quattro perché le venga finalmente riconosciuto un diritto: a quarant'anni Yasamin diventerà una cittadina italiana dopo aver vissuto 39 anni in Italia. Ma l'amarezza rimane: "Provo tanta rabbia, a volte ho pensato di andarmene dall'Italia - ribadisce la medico -. Tantissimi sono nella mia stessa situazione: persone che sono nate e hanno studiato e che sentono l'Italia come casa propria. Ed è assurdo invece che dall'altra parte del mondo c'è gente che non è mai stata in Italia, ha diritto a chiedere la cittadinanza perché ha sposato un italiano o perché ha un parente italiano, e può potenzialmente addirittura votare. Mentre io, che alle ultime elezioni europee ho fatto il medico scrutatore nell'ospedale in cui lavoro, non ho mai potuto farlo".

La lettera a Lepore, Zuppi e Bergonzoni: "Mi hanno risposto ma poi nulla"

Due mesi fa Yasamin ha scritto una lettera in cui raccontava la sua storia e il suo problema. L'ha inviata alle istituzioni locali, tra cui "il sindaco di Bologna Matteo Lepore, l'arcivescovo Matteo Maria Zuppi e l'attore Alessandro Borgonzoni". Da tutti loro, dice, ha ricevuto una risposta solidale, ma, aggiunge, "poi non è più successo nulla". La stessa lettera è stata ripresa dal giornalista del Post Francesco Costa nella puntata del podcast 'Morning' mercoledì mattina. Con le sue parole Yasamin spera di "contribuire a una maggiore apertura, una maggiore sensibilità. Perché le regole smettano di essere così rigide, perché chi nasce e cresce in Italia è italiano".

11.7.24

ROMA un utente per evitare controlli dichiara come domicilio quello degli uffici anagrafe e gli adetti non se ne accorgono

  io  che  credevo  che  storie      come questa    di cui   parlo oggi   sucedessero solo  nei film  comici   invece  succedono davvero  . Ora  va bene  tutti  sbagliamo  ed  facciamo errori    nessuno escluso  .  Ma
questi sono gravi  .   quindo  mi    faccio   ,  la  classica  domanda  ,  chi cotrolla  i  controllori  ?  Ma  soprattutto questi sono  del mestiere  o  era  quelache amico  loro    e quindi  hanno  chiuso  un  occhio 

 da  webinfo@adnkronos.com (Web Info) el  10\7\2024

L'anagrafe più pazza del mondo: la "signora" Vita Mala abita negli uffici del Comune di Roma

 Al Comune di Roma succedono delle cose che nemmeno il miglior sceneggiatore di Walt Disney saprebbe inventare. L’ultimo esempio? La “signora” Vita Mala comunica di alloggiare in via Luigi Petroselli 50 (codice di avviamento postale 00186), ovvero gli uffici centrali dell’anagrafe capitolina. E cosa fa il solerte impiegato del Comune? Protocolla la pratica e poi la invia immediatamente all’ufficio della polizia municipale affinché i vigili di zona possano effettuare il sopralluogo e confermare che la signora Mala-Vita ha la sua dimora abituale negli uffici dell’anagrafe in via Petroselli. Roba da non crederci, giusto? Eppure ci sono le prove: il documento è stato effettivamente protocollato dagli uffici del Comune di Roma. Ma alla polizia municipale, come si legge con un appunto scritto a penna, qualcuno si è reso conto che qualcosa non andava e lo ha messo in “STAND BAI” (scritto proprio così). A questo punto, è evidente, che all’ombra del Colosseo vale tutto. E la Mala Vita, lo sa benissimo.  


25.5.22

peripezie in autobus di una donna al 8 mese di Ester Castano

Ottavo mese di gravidanza da un paio di giorni. Scelgo di prendere la 92 (è un autobus, per chi non fosse di Milano) per andare a fare una visita medica invece della macchina.
Nonostante tutto (ovvero:
* affollamento nelle ore di punta
* poche volte trovo posto seduta e aspetta e spera che la gente si alzi
* gli anziani che se sono seduta - ho una pancia relativamente piccola, lasciamogli il beneficio del dubbio - mi guardano male

* la gente viaggia senza mascherina anche se obbligatoria (ieri un tizio mi ha starnutito e tossito in faccia)
* gli autobus vetusti quanto l’asfalto della circonvalla che qui lo dico qui lo nego se non partorisci tra una frenata e una buca dissestata puoi ritenerti fortunata
* il biglietto del bus costa 2 euro anche per poche fermate, anche per una; il parcheggio - col benessere di arrivarci con l’aria condizionata - costa 2 euro. La spesa è uguale, ma l’ambiente ringrazia. E io all’ambiente ci tengo
Nonostante tutto, dicevo, in città scelgo di muovermi con i mezzi pubblici e questo farò finché potrò.
Arrivo a piedi alla fermata (zero pensiline, picchia il sole delle 14, fa caldo) e mi accorgo di essere senza contanti, ho solo il bancomat. E per fare un biglietto dal tabaccaio servono i contanti. È il 2022, w la tecnologia ma ok. Tra l’altro è l’unico rivenditore nell’arco di un chilometro circa. Impossibile raggiungerlo tra afa e panza, sono sveglia dalle 7.30 e ho appena controllato la pressione: è bassa.
Decido di fare il biglietto online, inviando un messaggio con scritto ATM al 48444. Due minuti dopo il bus passa, io salgo. Sale anche il controllore.
- biglietto prego
- ecco qua, le faccio vedere l’sms
- signorina vedo solo il suo invio al 48444 ma qui non c’è alcun biglietto di risposta. Doveva prima aspettare a terra che le arrivasse la conferma di aver ricevuto il biglietto, e solo dopo salire sul bus
- guardi, non so se nota: sono all’ottavo mese, ho un appuntamento medico, non c’era nemmeno una pensilina per ripararsi dal sole. Ho inviato l’sms come scritto sul sito di ATM e sono salita
- mi spiace ma finché non le arriva il biglietto in risposta al suo sms deve stare a terra e se non le arriva comprare il cartaceo, ecco una stazione dei treni, scenda e troverà le macchinette
E così è andata. Sono dovuta scendere, io e otto mesi di panza. Il caldo e l’afa. Il biglietto online non è mai arrivato (e già qui..). Sono entrata in stazione (due rampe di scale a piedi perché l’ascensore era rotto) e fare il biglietto cartaceo. Ovviamente non essendo una saetta ho perso la corsa successiva, e ho dovuto attendere al sole quella dopo.
Tutto bene, ho rispettato le regole e non chiedo sconti. Però mi domando per quale motivo in mezza Europa puoi fare agilmente i biglietti online (a Milano se non ho possibilità di scaricare app mi attacco) o a bordo del pullman (contactless, bancomat, contanti come già nelle metro), comprese altre città italiane, e nella modernissima civilissima avantisisma Milano no.
Ah, mentre vi scrivo davanti a me sul bus una donna mangia un gelato

4.2.22

Goito, dalle mucche alle vasche di storioni: le sfide vinte della fattoria Naviglio., Vino sottozero, la cantina è nell'igloo.,L'unico hangar dove osavano i dirigibili

Il caviale del Mincio è l'oro nero d'Italia

Valerio Lo Muzio Centomila storioni e 15 tonnellate annue di produzione: terzo posto mondiale. Principali clienti: estremo Oriente e Russia. Reportage da Bovolone, nel cuore del Veneto

 e  https://www.jamesmagazine.it/food/cru-caviar-nero-italiano/ Il caviale più pregiato non viene dal Caspio o dalle steppe russe. L’oro nero’ si produce nel cuore della pianura lombarda. Dallo storione del 
Volga 
allo storione del Mincio, si potrebbe dire, parlando della sfida lanciata ormai alcuni anni fa dall’azienda agricola Naviglio, di Maglio di Goito nel Mantovano
. Un’ennesima eccellenza produttiva, che può vantare persino clienti dalla Russia


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Duecento bottiglie conservate a duemila metri: uno studio promosso in Val Camonica vuole verificare come il clima di alta montagna influenzi l'affinamento dei sapori





di Chiara Nardinocchi

Incuriosito  ho  cercato notizie  su tale  progetto   ed  ecco  cosa  ho trovato 
  su  https://www.bresciaoggi.it/territori/valcamonica/un-igloo-come-cantina-per-i-vini-1.9154014


Il contesto è degno di «Frozen» o di qualche leggenda nordica e lo scenario si presta: il Corno D’Aola nella ski area di Ponte di Legno, nel Parco dell’Adamello. Più in basso, in Valle Camonica è stata
riscoperta una tradizione vinicola diventata un punto di riferimento all’interno della produzione agroalimentare del territorio. Perché allora non unire i due elementi, la neve e il vino, per creare un prodotto unico nel suo genere? Da questa idea nasce un esperimento inedito: un igloo, una vera casa di ghiaccio realizzata a 2.000 metri di quota dall’artista camuno Ivan Mariotti, da utilizzare come originale cantina di affinamento dei vini. Al suo interno, all’inizio dell’inverno, sono state collocate circa 200 bottiglie. La Cantina Bignotti ha depositato in questa cantina speciale i suoi rossi Igt e gli spumanti Supremo e Brut metodo classico, mentre il Consorzio Vini di Valcamonica, che riunisce al suo interno 12 cantine, partecipa all’esperimento con una trentina di etichette tra rossi, bianchi e passito. L’iniziativa ha ovviamente anche uno scopo scientifico: servirà a capire meglio come l’alta quota e il freddo invernale possano contribuire a migliorare l’affinamento in bottiglia dei vini locali. Il contributo scientifico all’esperimento è stato affidato a Unimont, l’Università della Montagna, polo di eccellenza dell’Università degli Studi di Milano che ha sede a Edolo, nel comprensorio Pontedilegno-Tonale. Spiega Anna Giorgi di Unimont: «Verranno effettuate analisi chimico-fisiche e organolettiche sia sui vini collocati nell’igloo che su quelli lasciati nelle cantine delle aziende in fondo Valle, che consentiranno una prima comparazione necessaria a verificare l’effetto delle condizioni di quota e a meglio orientare la ricerca nei prossimi anni. Il coinvolgimento dei ricercatori e degli studenti del polo Unimont in questa esperienza è in piena coerenza con la “mission” della sede decentrata della Statale di Milano, ovvero trasformare le specificità dei territori montani in punti di forza anziché elementi di debolezza grazie ad approcci innovativi e collaborazioni strategiche con le forze territoriali». «Il turismo può essere una straordinaria fonte di conoscenza di un territorio e dei suoi prodotti e l’ambito agricolo a sua volta può essere un valido alleato delle strategie turistiche - spiega Michele Bertolini, direttore del Consorzio Pontedilegno-Tonale -. Riteniamo che unire questi due comparti possa rappresentare un’ottima occasione di sviluppo». •.
                                        L.Feb



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L'unico hangar dove osavano i dirigibili
È ad Augusta, in Sicilia: un edificio colossale iniziato a costruire nel 1917 per contrastare i sommergibili tedeschi. Ora è abbandonato. E si litiga sul suo destino
di Salvo Catalano

la struttura è imponente. Sorprende il fatto che questa struttura sia stata fatta e abbandonata dal 1920 ed è ancora li intatta, volendo anche riutilizzabile; le costruzioni di oggi soprattutto pubbliche è già tanto se durano trent' anni manutentandole costantemente. Ľ idea di un sommergibile classe Totti li dentro mi sembra proprio una bella idea, come restituire alla comunità e a chi la sa valorizzare tutta ľ area.
per  chi volesse  saperne  di  più    ecco alcuni siti  

3.11.21

strano che i nogreenpass protestino giudicandolo come dittatura ma non protestano contro quest'altra quella dello spid

   oltre  a lamentarsi  spesso ipocritamente, come  fa  notare  il video sotto  ,  per  la mancanza  di privacy ed  libertà



 non  protestano  è  no si lamentano  pe r una  ben  più grave   e   chi penalizza   ,   chi ha   problem   con l'informatica   ed il digitale  . Infatti   su FQ( il fatto quotidiano  d'oggi )  leggo 



  quindi  meditate  gente   meditate  prima  di manifestare   e   di prendere  posizioni  

8.8.21

non tutti che hanno fatto il green pass falso sono imbeccilli e no green pass


  sul    gruppo    fb   : adotta   anche tu  un analfabeta   funzionale  gruppo   che  fa   le pulci  agli analfabeti   funzionali  o ai  creduloni  acritici   , ho  trovato     questo post    di  


Amico dei segreti dell'internet, cacciatore dei misteri di potenti organizzazioni, detective degli intrighi internazionali..... hai comprato alla modica cifra di 400 euro un greenpass tarocco dal primo canale telegram che te lo proponeva ? È dura, lo so .... ti credevi V per Vendetta ed invece ti scopri Furio che telefona all'Aci.Mi raccomando... ora prodigati in mille consulenze legali da parte di sedicenti avvocati che ti diranno quanto è incostituzionale tutto questo... tanto siamo sempre a tempo a trovare un'alchimista sul deep web che ti trasforma le grondaie di rame in oro!


  e questa interessante  discussione  

Sandra Basilischi
Ma bravi, prima si fanno fregare 300 euro, poi si ritroveranno finanziamenti a gogò da pagare, visto che lasciano copia di carta di identità e tessera sanitaria a chissà chi.

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Biagio Maestri
Sandra Basilischi stavo pensando la stessa cosa. Questi sono quelli che non vogliono essere controllati dal microchip di bill gates e poi danno tutti i documenti ad uno sconosciuto su telegram.·

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· 2 h

Andrea Zacchello
Sandra Basilischi infatti con quei documenti apri linee telefoniche, finanziamenti ect ....·
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· 2 h


Luigi Patitucci
Andrea Zacchello se ti va bene. Immagina se questi dati finissero in mano a criminali seri (cosa più che probabile se finissero nel deep web)·
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· 2 h


Sandra Basilischi
Per non parlare dei casi in cui ti ritrovi amministratore di millemila società


  vero  . però qui   non  ci soi  domanda   se ad aver acquistato il green pass taroccato fossero anche coloro che per infida burocrazia e leggi fatte ad ninchiam che rendendo complicatissimo ottenerlo peggio.del lascia passare A38 di Asterix una la scena pr chi non lo ricorda



non riescono ad ottenerlo ?

18.6.21

Il calvario di Daniela, morta a 37 anni e con tre tumori dopo aver chiesto senza ottenerlo il suicidio assistito

 

lo  so ci  sarebbero  cose  più allegre  di cui parlare   e  polemizzare 🤣😁  . Ma  : << È inaccettabile che chi è nelle condizioni di Daniela sia costretta a un simile calvario. I malati non possono aspettare i tempi della burocrazia  >> L’Associazione Luca Coscioni .

Infatti    secondo    https://www.fanpage.it  , Daniela37enne foggiana malata di tumore al  :  pacreas, al fegato e al sistema neuroendocrino, aveva chiesto di poter ricorrere al suicidio assistito ma è morta prima di un pronunciamento del Tribunale di Roma Aveva un tumore al sistema neuroendocrino, al pancreas e al fegato Daniela, 37enne foggiana residente a Roma che, alla luce delle sue condizioni di salute e di una malattia ormai allo stato terminale, aveva scelto di morire per porre fine alle sue sofferenze. 

Purtroppo, però, non ha fatto in tempo a esaudire il suo desiderio perché si è spenta lo scorso 5 giugno, poche settimane prima che il Tribunale di Roma potesse esprimersi sulla sua richiesta di ricorrere, in applicazione della sentenza della Corte Costituzionale, al suicidio assistito. La sua storia, contenuta in un video appello, è stata resa nota oggi dall'Associazione Luca Coscioni nel corso di una conferenza stampa alla Camera per dare inizio alla raccolta firme sul referendum per l'eutanasia. "Ho vissuto una vita da persona libera. Vorrei essere libera di morire nel migliore dei modi", aveva auspicato Daniela che, senza più alcuna speranza di guarigione, aveva chiesto di poter essere ‘libera di morire' accanto ai suoi cari. ....  continua su: https://www.fanpage.it/attualita/il-calvario-di-daniela-morta-a-37-anni-e-con-tre-tumori-dopo-aver-chiesto-il-suicidio-assistito/

 P.s.
scusate  se non riporto  come sono solito  le  lacrime  agli occhi   oltre  a farmi .... 🤬

27.2.21

come nei romanzi dI Saramago La donna è morta da un anno, ma per il Comune di Castelsardo è ancora viva

 Questi  errori   , di cui  trovate  sotto  , uno  degli ultimi  ,  in realtà  bisognerebbe  chiamarli paradossi  burocratici   sono   "l'applicazione  "  de  Le intermittenze della morte   romanzo di José Saramago ( 1922-2010 )  scritto a Lisbona nel 2005.


 [....] Il libro, come afferma l'autore, non è una riflessione filosofica sulla vita e neanche una “meditazione metafisica” sulla morte. È una situazione assurda espressa con un tono ironico e sarcastico, possibile grazie all'abilità dello scrittore, che dà giudizi severi sulla politica, sulla Chiesa e anche sull'uomo contemporaneo che, nonostante il suo trionfo sulla natura, senza la presenza della morte, riscopre tutta la sua fragilità. L'autore chiede di sospendere per un attimo il comune senso di realtà, inserire un aspetto nuovo, impossibile, assurdo e semplicemente di credervi. Tutto prenderà così senso e ogni cosa sarà perfettamente coerente e ovvia. Ci offre un panorama dove ci sono personaggi legati insieme da un'unica paradossale situazione, quell'appunto dell'assenza della morte, tutti presi a progettare e a filosofeggiare sulla nuova e anomala realtà presente davanti a loro. La protagonista assoluta è la morte, che vuole conoscere da vicino il violoncellista, resa antropomorfa, legata alle vicende umane, non astratta, impersonale, e invincibile. Il libro è narrato da un narratore eterodiegetico e contiene opinioni e commenti dell'autore. [...] 

                  da  https://it.wikipedia.org/wiki/Le_intermittenze_della_morte


Insomma chi è vivo risulta morto ,chi è morto risulta vivo 🤪🤪🤪   e come   succede  spesso   anche    di recente    quando  vai  in ufficio  pubblico   e  l'impiegato\a  mostrandoti il terminale     ti dice  ma lei  è deceduto .  Poi    tu  ,  anziché  loro    che  fanno  gli errori  ,  devi porvi  rimedio    e dimostrare    con una fatica  del  genere 

Asterix e la burocrazia: Come richiedere un documento in Italia? from Simone Giacometti on Vimeo.

che  sei  vivo\a  e  purtroppo  non serve  la  carta  d'identità  o la  tua  presenza  .  

Ecco la storia d'oggi in sintesi perchè ovviamente l' Articolo completo e nel giornale in edicola e nella sua versione digitale ovviamente a €


da la nuova Sardegna del 26\2\2021

                          di Nadia  Cossu 

La donna è morta da un anno, ma per il Comune di Castelsardo è ancora viva  

Impossibile aprire la successione per l'eredità di una anziana deceduta durante un viaggio in Romania






SASSARI.
«Questo è un mio pensiero per tua figlia». Così l’anziana signora Michelina Marceddu, di Castelsardo, aveva detto a Costanza Delogu mentre le consegnava una busta gialla. Si conoscevano bene perché Costanza, insieme a sua figlia, lavorava in una cartoleria e l’immobile era di proprietà dell’anziana a cui spesso sbrigava commissioni e risolveva piccoli intoppi della vita quotidiana che una persona di quell’età e sola non avrebbe potuto gestire. Il 13 gennaio la Marceddu muore. Costanza Delogu viene a saperlo dopo un po’, perché nel frattempo si era trasferita a Tergu. A un certo punto, mentre rievoca ricordi di quella signora che si era sempre mostrata tanto buona e gentile con lei e con sua figlia, le torna in mente la busta gialla: «Quando l’abbiamo aperta siamo rimaste senza parole: mia figlia era stata designata erede universale». Ma dopo oltre un anno le due donne non sono ancora riuscite a beneficiare del lascito. Il motivo? Al Comune di Castelsardo la signora Michelina Marceddu risulta viva. E quindi non possono rilasciare il certificato di morte agli eredi.

30.1.21

“paradossi italiani si vuole fare una statua a Gigi Riva ma una legge fascista ancora vigente lo impedisce

appoggio in pieno tale iniziativa : da sardo , da refrattario e libertario , oltre che da sportivo ( passivo per per pigrizia e motivi di salute ) soprattutto dopo questa intervista : << Non essendo sardo ho deciso di diventarlo. Per la vita”. Luca Telese intervista Gigi Riva >> uno di quei " continentali " che venuti in Sardegna l'hanno amata e fatta grande , oltre a rispettarla.  

Pietro Porcella è uno dei tanti italiani all’estero, abita in un Comune della Florida non lontano da Miami, fa il giornalista e il professore di italiano. Fu il primo a lanciare l’idea di una statua gigante a Gigi Riva nel 2015 con un articolo che uscì sulla sua rubrica (molto letta) che appare sul quotidiano di New York “America Oggi”.

Era la vigilia dell’apertura della piazza Manlio Scopigno, a Cagliari, davanti all’Amsicora. Poi quell’idea, che sembrava impossibile e irrealizzabile, grazie alla testardaggine di Pietro divenne il progetto del comitato.( qui per aggiornamenti https://www.facebook.com/unastatuapergigiriva/  qui per  chi     vuole  contribuire  "COMITATO UNA STATUA PER GIGI RIVA" va effettuato al seguente IBAN
IT33N0101504809000070653484 per chi lo effettua dall'estero il BIC (codice swift) è BPMOIT22XXX
oppure ci si può recare direttamente a Cagliari filiale n. 6 del Banco di Sardegna al Quartiere del Sole in Via del Pozzetto (tel.070-3792000) e compilare l'apposito modulo.  )
Porcella ha una testa dura da sardo, più una mentalità fattiva amplificata dall’esperienza americana. Nel tempo l’idea di un monumento a Gigi Riva e ai campioni dello scudetto del 1969-70 si è perfezionata. Porcella ha iniziato a tessere la sua tela, preparando i bozzetti della statua, cercando i materiali, avviando la sottoscrizione, iniziando il rito dei tanti incontri istituzionali. Ha costruito un comitato il cui convivono ex campioni di calcio, amici di Riva, personalità che vengono da mondo diversi, ma nessun politico. Purtroppo Una vecchia legge del 1927 ne vieterebbe la realizzazione, ma la sensazione è che alla fine l’ostacolo possa essere superato, e la statua di Gigi Riva si farà: una scultura in bronzo alta tre metri, che raffigura il sardo di Leggiuno in una delle sue epiche “stamborrate”, posizionata al centro del grande piazzale antistante il Lazzaretto, e che sarà finanziata con una grande raccolta fondi popolare.




una cosa che fa incazzare visto che Un certo Pelé  😁😂 detiene il record di statue nel suo Paese, il Brasile: nel 2014 erano già sei. Ma lì nessuna legge le vietava)





il resto della storia da https://www.tpi.it/sport/calcio/    del 30\1\2021

Stiamo facendo un battaglia per Gigi Riva, e contro… Mussolini.
Riva contro Mussolini? Beh, devi spiegarla.
Tu sai, perché condividi il nostro progetto, che il sottoscritto, Pietro Porcella, coordina un comitato che ha l’obiettivo di erigere una statua in pietra, a Cagliari, in onore di Gigi Riva.

Certo: una scultura particolare, un simbolo, una piccola impresa. Il primo scudetto del Sud, quello del Cagliari, nel segno di Davide contro Golia.
Esatto: secondo lo statuto che ci siamo dati la statua dovrà ritrarre Gigi mentre è impegnato in una delle sue acrobazie. Io la chiamo “la stamborrata”. Ci piacerebbe che sorgesse a Sant’Elia.

Perché?
È un quartiere popolare a cui Gigi è molto legato, è una periferia che si sta riqualificando, è il luogo del suo stadio, è quello da cui partiva da ragazzo con il suo amico pescatore Martino.

Poi mi spieghi tutto meglio. Ma ora chiarisci la battuta d’esordio.
È presto detto: abbiamo iniziato la nostra attività quando c’era un sindaco di sinistra, Massimo Zedda, subito entusiasta e sostenitore del progetto…

E adesso c’è un sindaco di Fratelli d’Italia: Truzzu.
Ma perché fortuna anche lui é favorevole al progetto del comitato. In consiglio comunale penso che raccoglieremmo l’unanimità.

E cosa manca?
Un intervento del ministro Lamorgese.
Il ministro dell’Interno? Come mai?
Abbiamo scoperto, strada facendo, un paradosso contenuto in un articolo mai abrogato di una legge del periodo fascista sulla monumentalistica. Questa legge oggi é ancora in vigore.

Davvero?
Pensa: si tratta della legge 1188 del giugno de 1927. Si sono dimenticati di cancellarla.
E cosa prevede l’articolo di cui parli?
Che la statua ad un personaggio vivente possa essere autorizzata solo in tre casi.

Quali?
Non ridere. Il primo: se il personaggio è un gerarca del regime fascista.
Incredibile. Soprattutto perché il regime è finito da più di settant’anni.
Il secondo: se il personaggio è un alto prelato.

E questo si spiega con il concordato siglato fra Stato e Chiesa, proprio dal regime di Mussolini.
Il terzo caso é quello che interessa a noi. Si può dedicare una statua ad un vivente se c’è una deroga particolare del ministro dell’Interno.

Mi stai dicendo che in linea teorica oggi si potrebbe erigere una statua a Benito Mussolini ma non a Gigi Riva?
Esatto! Per questo credo che questa storia abbia un certo interesse per la vita nazionale italiana, e non solo per gli appassionati di calcio.

È stata dura convincere Riva?
C’è voluto più di un anno perché arrivasse a condividere il progetto alle condizioni che ti dirò.

Pietro, so che questa impresa, per di più animata dall’altra parte del mondo, ti sta costando molto impegno. Come mai sei così determinato?
Ti dico una cosa: se in America avessero un Gigi Riva, avrebbero edificato un mausoleo in suo onore. Abitando lì mi sono reso conto ancora meglio di come la monumentalistica possa essere una grande opportunità culturale e non solo.

Intendi dire anche economica.
Riva è noto da un capo all’altro del pianeta, è un simbolo italiano, è un personaggio pubblico privo di qualsiasi macchia. Verrebbero a visitare la statua da tutto il mondo.

La immaginate grande?
Beh, con il basamento siamo a 6 metri: ci piace che sia visibile dal cielo e dal mare, dall’aereo e dalla nave.

Sarà posata?
Raffigurerà Riva mentre colpisce il pallone. A Oxford – cioè in sardo – si dice mentre sta facendo una “stamborrata”.

Cosa ci sarà scritto?
Una cosa sobria: “A Gigi Riva: l’uomo, il campione, il sardo”.


Anche se Gigi è nato a Leggiuno, in provincia di Varese?
Ti cito una sua frase, che vale anche per gli altri suoi compagni di squadra rimasti in Sardegna: “Non essendo sardi, abbiamo scelto di diventarlo”. Questa epigrafe lo renderebbe felice, è il senso della sua vita.

Hai in mente un esempio?
A Madeira, in Portogallo, hanno dedicato a Cristiano Ronaldo un intero aeroporto. Che fra l’altro ospita un busto di bronzo dedicato al celebre giocatore del Real Madrid, oggi alla Juventus. Non è incredibile?

Spiega cosa intendi.
Beh, Ronaldo è un giocatore ancora in attività, per certi versi controverso. Gigi Riva è una pagina della vita nazionale già consegnata alla storia.

Lo conoscono anche in America?
Ovunque. Ti ricordo una celebre frase dell’allenatore del Brasile, Joao Alves Jobim Saldanha, che nel 1970 disse: “Anche l’Italia ha un suo Pelé, tutto di calcestruzzo: si chiama Gigi Riva”.

Come avete fatto a convincere uno degli uomini più schivi del mondo?
(Ride). Eeeeh… spiegandogli la verità. E cioè che questa statua sarebbe un regalo alla città, che richiamerebbe turisti. Che il monumento sorgerebbe in un quartiere popolare che oggi è tagliato fuori da qualsiasi itinerario turistico.

E lui?
Come ti ho detto, ci ha pensato a lungo, e poi ha posto tre condizioni e ha espresso un desiderio.
Quali condizioni?
La prima: che non ci siano di mezzo dei politici. La seconda: che ci fossero anche i nomi dei suoi compagni.
E la terza?
Che non costi un solo euro alle casse del Comune, della Regione o dello Stato.

Questo rende il vostro lavoro li difficile.
Chi ama Gigi condivide questo suo modo di vedere le cose. Non costare nulla agli altri, dare piuttosto che ricevere. È il suo stile di vita. Il suo esempio, se vuoi.

E il desiderio sul monumento?
Non ridere: “Ci deve essere spazio perché i bambini possano correrci intorno”. Gigi intende che deve essere un monumento vivo, inserito in un tessuto urbano vivo. Non un mausoleo, o una costruzione astrusa ed estranea alla città.

E i compagni come devono essere ricordati?
Ha chiesto che nel basamento di pietra ci fossero incisi anche i nomi dei suoi compagni, del mister Manlio Scopigno, e del dirigente che costruì quella squadra, Andrea Arrica.

Che ragionamento ha fatto?
Sa di essere il simbolo di quella vittoria, ma sa anche – e vuole che tutti ricordino – che fu prodotta dall’impegno di tutta una squadra.

E il luogo?
A lui la nostra idea del Sant’Elia piaceva molto, perché quel mare, davanti allo scoglio, era il luogo sacro dove si rintanava il lunedì mattina dopo la partita domenicale. Andava a pescare talvolta col suo amico Martino. Si isolava dal mondo e voleva stare con la gente silenziosa e rispettosa come lui. Sant’Elia è una periferia che si sta riqualificando, è il luogo del suo stadio, da dove si gode una vista esclusiva sulla città antica e sulle montagna.

E la forgia della statua?
Nella riunione di comitato si erano portate avanti tre possibilità sull’icona di Riva nel tempo: il magnifico gol di testa in tuffo a Napoli nella partita con la Nazionale contro la Germania Est, la strepitosa rovesciata al volo a Vicenza nell’anno dello scudetto o la classica “stamborrata” di sinistro.

Adriano Reginato osservò’ subito che se facevamo questa statua doveva essere una fotografia di quel Riva con quella maglietta del Cagliari. La rovesciata di Vicenza, fu detto, pur essendo la più suggestiva, avrebbe avuto uno sviluppo orizzontale che copriva il viso e sarebbe stata molto più difficile da realizzare. Alla fine ha vinto l’idea de l’hombre vertical: Gigi Riva che calcia potente di sinistro, con quella maglietta, quei calzoncini, quei calzettoni e quelle scarpette così speciali. È il modello sul quale stiamo lavorando.

Avete raccolto un entusiasmo che non vi aspettavate…
Sono arrivati subito migliaia di euro. Poi ci siamo fermati noi, perché volevamo che dopo le interlocuzioni positive con Comune e Soprintendenza fosse chiarito questo punto della deroga.

Chi altro vi aiuta?
Pensa che la figlia di Pinuccio Sciola, il più grande artista sardo contemporaneo, noto nel mondo per le sue pietre parlanti – purtroppo scomparso – ha messo a disposizione, regalandola, tutta la pietra che servirà per il basamento.

Gratis?
Sono tonnellate. Non ha voluto una centesimo. Sciola e Gigi si volevano bene. Ma ci sono anche altri produttori sardi di granito che hanno espresso disponibilità.

Chi vigila sui soldi?
Il nume tutelare del comitato è Oliviero Salvago, uno dei più cari amici di Gigi. Nel comitato ci sono anche suoi ex compagni di squadra come Beppe Tomasini e Adriano Reginato, il portiere del record di imbattibilità in serie A.

Morale della favola?
Nessuno tocca un centesimo se non per la statua. Tutti lavorano in modo volontario. I soldi già raccolti sono inventariati e custoditi gelosamente. Si va dai 10 euro del pensionato ai 100 del libero professionista.

E la figura della statua?
Sarà di un marmo granito, sarebbe bello se fosse quello della “sella del Diavolo”, il più noto promontorio di Cagliari, quello che si vede da lì.

È vero che avevate immaginato una maglia che veniva cambiata ogni anno?
L’idea è stata messa si voti e bocciata. Sapeva troppo di culto superstizioso. Il comitato preferisce laicità e sobrietà.

E cosa vorresti che accadesse?
Che la Lamorgese ci ricevesse, o anche solo che ci concedesse una deroga.

Perché dovrebbe farlo?
In primo luogo per correggere una legge che, come abbiamo visto, è platealmente sbagliata.
E poi?
Perché, anche e soprattutto nel tempo del Covid, questo Paese ha bisogno di scegliersi dei simboli positivi, anche nel secolo Novecento, e di indicarli a tutto il mondo come la sua carta di indennità.

In quella legge c’è scritto tuttavia che la deroga può essere data a chi ha dei meriti gli occhi della patria.
È una formula retorica, ma stiamo al gioco: Gigi ha vinto un Mondiale da dirigente, si è rotto due gambe giocando in Nazionale, detiene il record assoluto di gol in azzurro di tutti i tempi.

Non temi che possano esserci polemiche?
Sul suo nome? Ne parliamo da tre anni, in Italia e nel mondo: non abbiamo ricevuto o raccolto un solo parere critico. Conterà qualcosa?

Vorresti qualcos’altro?
Sì. Che dopo averci dato la deroga cambiassero questa legge un po’ folle.

Dimmi di più sul paradosso della legge fascista.
L’avvocato Dore, prezioso esponente del nostro comitato, ha scoperto, strada facendo, quel paradosso contenuto in un articolo mai abrogato di questa legge del periodo fascista sulla monumentalistica. Questa legge é ancora in vigore. Pensa, si sono dimenticati di cancellarla. Ti pare possibile?
No.
Tuttavia nella stessa legge – e questo è molto importante – c’è anche la via di uscita. A parte l’eccezione del gerarca e del prelato, quella che interessa a noi è la terza.

Perché non c’è bisogno di cambiare la legge.
Si può dedicare una statua ad un vivente se c’è una deroga particolare del ministro dell’Interno, nel caso il personaggio in questione sia stato di grande onore per la patria. E noi nella lettera certificata inviata alla ministra Lamorgese il 3 ottobre 2019 le abbiamo elencato i motivi per i quali Gigi è stato di grande onore per la patria.

Ovvero?
Sia come giocatore sia come dirigente sportivo e soprattutto come uomo d’esempio per fedeltà, onesta e valori morali.

Così l’auspicio è che, grazie a Riva, quella norma possa essere riscritta.
Stiamo facendo tutto questo anche per farlo capire alla ministra. E agli italiani. Sarebbe bello se finalmente questa legge iniqua fosse cambiata grazie a Gigi. Non vogliamo che nessuno ci ringrazi.
No?
(Ride). No. Ci basta che ci facciano la statua. E che poi, possibilmente, rimettano a posto la legge cancellando questo assurdo giuridico.

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