Succede che sui campi dilettantistici e giovanili della Brianza, come di tutta Italia, ne vedi e soprattutto ne senti, davvero, di tutti i colori (e in questa vicenda è proprio il caso di sottolineare la parola “colori”...). Ma c'è un limite a tutto. E quando senti qualcosa che va “oltre”, ti senti in dovere di denunciarlo. Per far riflettere un pochino, senza demagogia.Succede che in un sabato pomeriggio di primavera, su un campo della zona, ti fermi a vedere una partita di Primi Calci 2008. Bambini di 8-9 anni. La partita è normalmente combattuta. Un papà “ultras” della squadra di casa, peraltro molto noto al proprio gruppo di genitori e all'allenatore, manda in scena il consueto show: improperi, urla, critiche all'allenatore e ai bambini, incitamenti sguaiati e ordini al proprio figlio. Immarcabile. Ingestibile. A un certo punto, però, si supera: “Prendi un barcone e torna al tuo paese!”.Diretto all'attaccante della squadra avversaria, un bambino africano, reo a suo parere di qualche spinta di troppo in campo.Un minuto di silenzio.
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
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