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27.11.25

diario di. bordo n 155 anno III omonimia fastidiosa frutto del colonialismo sel XIX e XX secolo il caso del ADOLF HITLER A RICONFERMA ALLA GUIDA DELLA REGIONE DELL'OMPUNDJA, IN NAMIBIA ., I SOCIAL NETWORK e LE PIATTAFORME ONLINE SONO DIVENTATI I MEDIA CHE PIÙ INFLUENZANO GLI ITALIANI NELL'ACQUISTO DEI LIBRI, SUBITO DIETRO ALLA TELEVISIONE

  

adolf hitler uunona 1

(Adnkronos) - Adolf Hitler si è candidato di nuovo. Nessun errore di battitura, né allucinazione: in Namibia un consigliere regionale dal nome Adolf Hitler Uunona si è ricandidato dopo aver vinto le elezioni in Ompundja con un margine dell'85% sul suo sfidante. Ora è dato come favorito anche per la tornata del 26 novembre prossimo. 

Il suo nome, che puntualmente suscita curiosità e stupore, è il frutto della complessa eredità lasciata dal passato coloniale tedesco in Africa australe. Ma se in Namibia Adolf Hitler può candidarsi e vincere, in Italia la stessa scelta sarebbe stata bloccata dall'anagrafe. Il passato coloniale si riflette nei nomi. 

La Namibia porta ancora i segni della dominazione tedesca. Dal 1884 al 1915, il territorio fu colonia del Reich con il nome di Deutsch-Südwestafrika. I nomi tedeschi, compreso Adolf, non sono rari nel Paese: rappresentano un lascito culturale che sopravvive alla brutalità del genocidio degli Herero e dei Nama, quando la repressione tedesca uccise l'80% della popolazione herero e il 50% dei nama.

adolf hitler uunona 3

 

Uunona ha spiegato che il padre non conosceva la storia del dittatore nazista quando lo battezzò. Anzi: lo stesso consigliere è molto distante dalla ideologia nazista, è un militante del partito Swapo, che governa dal 1990, e ha dedicato la carriera alla lotta contro l'apartheid. 

In Italia Adolf Hitler potrebbe candidarsi? La risposta alla domanda è semplice: in Italia, un Adolf Hitler non solo non potrebbe candidarsi ma non potrebbe mai esistere legalmente, perché nomi del genere sono vietati dalla legge . La normativa che regola l'attribuzione dei nomi ai nuovi nati è chiara: la legge 396/2000, agli articoli 34 e 35, vieta esplicitamente di imporre nomi che possano ''arrecare pregiudizio morale'' o che siano ''ridicoli o vergognosi''. 

Tra i nomi proibiti rientrano quelli che richiamano personaggi storici controversi: Adolf Hitler, Benito Mussolini, Lenin, Osama Bin Laden. L'obiettivo è proteggere i minori da identità che potrebbero segnarne negativamente l'esistenza.Il decreto non dà un elenco completo dei nomi vietati, ma delle regole che stabiliscono quali non si possono affibbiare ai nuovi nati: Oltre al Dpr del 2000, che fissa le regole di base, la giurisprudenza interviene nei casi specifici per definire quali sono i nomi vietati in Italia.

 

adolf hitler uunona 2

Nel dubbio, se avete intenzione di chiamare vostro figlio ''Doraemon'', ''Pokémon'' ''Pollon'', ''Goku'', ''Bender'' o ''Venerdì'' come il giorno della settimana e uno dei personaggi del romanzo Robinson Crusoe di Defoe, sarebbe meglio cambiare idea.  Inoltre, gli ufficiali di stato civile devono rifiutare nomi che coincidano con quelli del padre o di fratelli viventi, cognomi usati come nomi, appellativi di marchi commerciali come Nutella o Ikea, personaggi di fantasia come Goku o Moby Dick. 

Il limite massimo è di tre nomi staccati: ad esempio, ''Gianmaria'' conta come uno solo mentre ''Anna Maria Bianca Rosa'' viene respinto. Se un genitore insiste nonostante l'avvertimento, l'ufficiale registra il nome ma avvia immediatamente una segnalazione al procuratore della Repubblica per la rettifica giudiziaria.La Namibia subì tra il 1904 e il 1908 il primo genocidio del Novecento, perpetrato proprio dai colonizzatori tedeschi contro le popolazioni Herero e Nama.

 

adolf hitler 14

L'80% degli Herero e il 50% dei Nama furono sterminati attraverso impiccagioni, fucilazioni, campi di concentramento e l'avvelenamento sistematico dei pozzi d'acqua. Il generale tedesco Lothar von Trotha ordinò lo sterminio completo: ''Ogni Herero, con o senza armi, con o senza bestiame, sarà fucilato''. Quel genocidio, riconosciuto dalla Germania solo nel 2021, anticipò le tecniche che i nazisti avrebbero poi perfezionato nei lager europei.Eppure, nonostante questa brutalità, la Namibia non ha vissuto la tragica esperienza dell'Olocausto. 

Nella percezione collettiva locale, il nome Adolf rimanda alla colonizzazione tedesca, non al nazismo, come invece succede in Europa. Nel Paese africano vivono ancora 13.000 tedeschi discendenti dei coloni, parlano tedesco, celebrano l'Oktoberfest, possiedono televisioni e giornali nella lingua di Goethe. I nomi tedeschi, Adolf incluso, fanno parte di questa eredità culturale stratificata, segni di un passato coloniale che non coincide con l'immaginario europeo del nazismo. Lo stesso Adolf Hitler Uunona scherza sul fatto di non avere ''mire espansionistiche di dominio globale'', consapevole della reazione che il suo nome provoca oltre i confini africani.




sempre  dal portale    dagospia



BOOKTOK

(ANSA) - I social network scalano la classifica dei media che più influenzano gli italiani nell'acquisto dei libri: dichiara di aver scelto almeno un titolo da comprare negli ultimi dodici mesi sulla base dei suggerimenti di booktoker e bookinfluencer o altri contenuti sui social il 20% della popolazione 15-74 anni. Meglio fa solo la televisione, con il 24%. A seguire i podcast (15%), la radio (15%) e quindi giornali e inserti culturali (13%).

 

I dati completi su come i media influenzano le scelte di lettori e acquirenti saranno presentati il 6 dicembre a Roma, all'interno del programma professionale di Più libri più liberi, la Fiera nazionale della piccola e media editoria organizzata dall'Associazione Italiana Editori (AIE) dal 4 all'8 dicembre alla Nuvola dell'EUR, durante l'incontro La forma del libro: booksthetic, collezionismo e nuove comunità di lettura, in Sala Aldus alle 15.30.

BOOKTOK

 

Intervengono: Loredana Baldinucci (Il Castoro OFF), Mario Bonaldi (Blackie Edizioni), Vincenzo Campo (Edizioni Henry Beyle). Modera Elisa Buletti (Giornale della Libreria). Nello stesso giorno altri due incontri saranno dedicati all'editoria turistica e ai nuovi generi del romanzo. Gli editori che stanno reinventando il libro di viaggio si tiene alle 13.30 in Sala Aldus, intervengono Vittorio Anastasia (Ediciclo), Pietro Biancardi (The Passenger/Iperborea), Mauro Morellini (Morellini editore), Giulio Perrone (Perrone editore).

booktok

 

Modera Samuele Cafasso (Giornale della Libreria). A seguire, ore 14.30 in Sala Aldus, È l'ora dei romanzi di de-formazione? Un'occasione per osservare la narrativa che cambia pelle nell'era delle traiettorie spezzate e delle identità mutevoli. Intervengono Eugenia Dubini (NN Edizioni), Tiziana Triana (Fandango Libri), Tiziano Cancelli (Mercurio Books). Modera Alessandra Rotondo (Giornale della Libreria).



  




È uno squarcio nell’anima del Paese.
Perché non stiamo parlando di tre folli isolati.
Stiamo parlando ,se tutto verrà confermato, di oltre cento italiani che avrebbero trasformato la guerra in un parco giochi per psicopatici, pagando per “giocare” a fare i cecchini su donne, bambini, civili inermi.
Gente “perbene”, con soldi, con famiglia, con rispettabilità sociale.
Gente che il lunedì mattina tornava in ufficio con la coscienza linda e la camicia stirata, dopo aver passato il weekend a sparare su esseri umani come fossero bersagli di cartone.
Se tutto questo venisse provato, non sarebbe una semplice vergogna: sarebbe una ferita etica nazionale, la dimostrazione lampante che il male non abita solo nei regimi o nei fanatici, ma può covare tranquillo nelle nostre case, nei nostri condomìni, negli stessi luoghi in cui ci illudiamo che la civiltà sia garantita.
E allora sì, che si scavi fino in fondo.
Che non si chiuda un occhio, che non si insabbi nulla, che nessuno si rifugi dietro la comoda foglia di fico del “non sapevo”.
Perché la Verità, quando è così sporca, non si guarda: si affronta.
E se tutto questo sarà confermato, non basteranno scuse, né processi individuali.
Servirà una riflessione collettiva, feroce, onesta, perché una cosa è certa:
non doveva succedere.
Non poteva succedere.
Non in nostro nome.

28.4.25

le porte - Pacmogda Clémentine

 L'evoluzione dell'umanità si è accompagnata sempre di muri e chiusure. I primati a un certo momento hanno avuto bisogno di proteggersi dai predatori dormendo sugli alberi. Poi man mano, dopo aver acquisito l'abilità a creare e più l'intelligenza a organizzare andava performandosi, l'umano a imparato a costruirsi un riparo con materiali vari che andavano dai rami e fogli alla paglia fino ad arrivare ai mattoni prima di fango e poi di altri materiali sempre più resistenti e duraturi. All'inizio doveva essere questa cosa della proprietà privata che nasceva. Però anche il bisogno di avere un posto sicuro e riservato dove conservare le proprie cose e dove poter avere un minimo di intimità.Quando ero piccola, ho visto e ho dormito in case di fango principalmente delle capanne, cioè case circolare con un tetto di paglia a forma di cappello. Era bello vedere la fabbricazione del tetto, è un giorno di viavai, di sudore, di ilarità, di aiuto riciproco, di cibo e bevande di miglio, spesso piccante, preparate con burro di karitè. Poi alla fine tutto un gruppo di uomini che lo sollevano urlando "haya haya!" fino ad appoggiarlo sulla casa. Queste case hanno un ingresso ma non avevano una porta materiale che si chiude (una porta senza la porta che apre e chiude). Non era necessario. La maggioranza aveva ai due lati della porta, due grossi pezzi di legno inchiodati al suolo che si chiama "Lugri" e fra questi due si metteva una specie di stuoia di paglia tessuto bene sempre da uomini che si appoggiava all'ingresso e fungeva da porta. I legni servono a tenerlo fermo. Quando uno voleva entrare o uscire, bastava tirare questa stuoia di lato. Serviva sopratutto a non lasciare entrare gli animali in casa. Non serviva per impedire a qualcuno di entrare per rubare non si sa cosa. Nessuno entrava a casa di altri per nessun motivo a parte le altre persone che abitano lì e che sono famigliari che potrebbero entrare a prendere qualcosa da usare e rimettere a posto. Poi pian piano, le case hanno cominciato ad avere una porta fatta di lamiere che si comprava al mercato con o senza lucchetto. Il lucchetto a volte serviva a tenere la porta chiusa mentre si va via, altrimenti il vento lo faceva aprirsi da solo. Tanto che per uscire se uno non ha un lucchetto, legava la porta con un filo.

Pian piano, nei villaggi nascevano altre tipi di case con tetto di lamiere per vari motivi. Le condizioni di vita migliorano al costo di tanti sacrifici ma lo spazio di una capanna cominciava ad essere insufficiente a contenere le persone e le loro cose. In più nessuno può negare che sia comodo avere una casa più grande. Poi era segno di modernità. Inoltre bisogna osservare che comunque il bosco si allontana sempre di più e la paglia diventa diventa difficile da trovare. Infine con il passar degli anni, i giovani migravano verso le città e trovare dei ragazzi per andare a raccogliere la paglia e tessere le stuoie per fare i tetti, diventa più difficile. Allora si mette da parte per messi o anni e si compra le lamiere poi si fanno i mattoni per costruire le case. Le case hanno cominciato ad avere le porte di lamiere con lucchetto ma anche e di più le porte mettaliche tipo a persiane più robuste non con lucchetto ma con serratura. Le chiavi sono diventate anche più robuste e stranamente sono nati i ladri che rompono serrature e lucchetti e portano via cose di proprietà di altri. Anche se nel frattempo all'interno, varie porte avevano i "crochets", cioè si chiede anche all'interno e da fuori nessuno lo vede e quindi non può aprire. In Europa, le porte hanno spesso vari serrature. A Pisa noi ne avevamo almeno tre una più potente dell'altro. Tutto questo contro gli eventuali ladri o altri delinquenti. Ai citofoni, a volte c'è il video per vedere chi sta suonando prima di aprire. Ora tante sono le case con allarmi inseriti. Forse fra una decina di anni la maggior parte delle case ne saranno dotate. Ma i ladri e i delinquenti continuano a esistere e vanno avanti lo stesso. Ogni tanto si ferma qualcuno ma altri rimangono in azione. Ho come l'impressione che più le porte sono robusti, resistenti e perfezionati, più i ladri diventono professionisti e creativi. Alla fine mi sembra che non sono le porte il problema. Non sono le porte che ci proteggono ma come risuciamo a gestire i diritti umani. Come riusciamo a lasciare o a non lasciare qualcuno indietro. Più ci blindiamo più siamo soggetti agli effetti della delinquenza. Si sa che la delinquenza nasce della povertà, lo sfruttamente, l'insensibilità, le delusioni vari ma anche dalla solitudine. Mi ricordo della mia infanzia e delle porte di paglia e mi chiedo ma come mai siamo arrivati a questo livello di paura degli altri e come gli altri sono diventati una minaccia? Sembra abbia vissuto più di 100 anni sulla terra invece non ho nemmeno la metà ancora. Sembra che più costruiamo muri, più la necessità e/o la voglia di cavalcarli nascono e con loro le tecniche per arrivarci.

25.1.23

La forza del perdono il caso di Giuseppina Bakhita - DONNE E TRATTA: L’ALTRA BAKHITA da Diaconia "Santa Maria Egiziaca" in Bresso

 il  gruppo      facebook Diaconia "Santa Maria Egiziaca" in Bresso  riporta  la  storia   Bakhita Fortunata Quascé,


Alla forza del perdono che Giuseppina Bakhita attinge dall’incontro con Cristo si aggiunge il coraggio che Fortunata Bakhita Quascé attinge da Cristo per contrastare ostinatamente la schiavitù. Lei testimonia come una donna schiava che scopre la propria dignità divenga a sua volta “liberazione” per tante altre vittime.

da https://www.combonifem.it/

DONNE E TRATTA: L’ALTRA BAKHITA

Il 25 gennaio 2023 viene presentata a Roma la vita di Bakhita Fortunata Quascé, donna libera contro la schiavitù

Santa Bakhita è una religiosa sudanese dell’Ottocento, rapita da bambina in Darfur e venduta più volte come schiava. Nel 1882 viene comprata a Khartoum da Calisto Legnani, console italiano, che nel 1884, a causa della rivoluzione mahdista, lascia il Sudan e affida la ragazza a un suo amico che vive in Veneto. Lì Bakhita conosce le Suore canossiane di Venezia, si avvicina al cristianesimo, viene battezzata con il nome di Giuseppina Fortunata Margherita, e nel 1893 chiede di diventare 
canossiana per servire “il paron buono” dal quale si sentiva tanto amata: Gesù Cristo
.
Donna semplice, accogliente e libera da rancore, spende il resto della sua vita in Italia lavorando in cucina, in sacrestia e in portineria. Giovanni Paolo II la proclama santa nell’anno 2000, dopo il miracolo di una guarigione avvenuta in Brasile.
C’è un’altra Bakhita, anche lei sudanese, anche lei rapita dagli schiavisti in Kordofan e venduta al mercato. Quando santa Bakhita nasceva, lei era già a Verona, presso l’istituto di don Nicola Mazza, grande educatore di giovani indigenti ma brillanti. Presso le consacrate che lo affiancano come “mamme” dei piccoli nuclei di ragazze, lui dal 1852 accoglie anche bambini e bambine riscattate in Africa dalla schiavitù. La “moretta” Bakhita Fortunata Quascé, grazie alla “zia” Anna Rubelli, studia e diventa maestra, ma non rimane in Veneto. Nel 1873 riparte per l’Africa, alla volta del Sudan. Con altre “morette” educate in Italia, diventa educatrice di giovani africane che la missione cattolica di El Obeid libera dalla schiavitù, proprio nel Kordofan della sua travagliata infanzia.

Nel 1882, quando Giuseppina Fortunata Bakhita viene comprata da Calisto Legnani a Kahrtoum, Bakhita Fortunata Quascé diventa Pia Madre della Nigrizia a El Obeid. La rivoluzione mahadista travolge il Sudan, e nel 1883 anche lei viene fatta prigioniera con altre suore; con loro subisce percosse e maltrattamenti e più di loro, come africana, è esposta a una nuova schiavitù. Riesce a fuggire nel 1885 insieme a suor Maria Caprini, e nel 1888 è di nuovo maestra in Cairo, nella colonia antischiavista Leone XIII. Una donna tenace, mai più schiava, che continua a liberare tante altre ragazze.

Il suo miracolo è stato questo, e a lei si ispirano le Suore missionarie comboniane che da decenni contrastano nuove forme di schiavitù.
Dal 2015, la “Giornata di preghiera e azione contro la tratta” ricorre l’8 febbraio, giorno in cui si ricorda la “nascita al cielo” di santa Bakhita.
Quest’anno c’è anche un’altra Bakhita, deceduta il 12 ottobre 1899 in Cairo.

Alla forza del perdono che Giuseppina Bakhita attinge dall’incontro con Cristo si aggiunge il coraggio che Fortunata Bakhita Quascé attinge da Cristo per contrastare ostinatamente la schiavitù. Lei testimonia come una donna schiava che scopre la propria dignità divenga a sua volta “liberazione” per tante altre vittime.
Oggi, grazie a Maria Tatsos, la sua storia è raccontata nel libro: “Fortunata Bakhita Quascè. Una donna libera contro la schiavitù”, e merita attenzione.

30.11.19

Nuoro, l'idea di Agnese Siotto : viaggio di sole donne in Marocco per abbattere i pregiudizi sulle donne che viaggiano da sole

di cosa stiamo parlando
CTS Centro Turistico Sardo Nuoro25 novembre alle ore 19:27
E' successo il 18Dicembre2018, due turiste sono state violentate ed uccise durante il loro viaggio in Marocco, sulle montagne dell'Alto Atlante. Ed è stata subito polemica sessita. "Non si viaggia da sole" dicevano gli uni, "se la sono cercata" aggiungevano gli altri, "in certi posti due ragazze da sole cose pretendono?!" apostrofavano tanti.
Noi oggi, quasi un anno dopo rispondiamo , durante la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, con una proposta di viaggio tutta al femminile, proprio su quella montagna, il 4.000 mt più conosciuto del Marocco.
Sarà un viaggio per sole donne accompagnato da Agnese Siotto Viaggi. Un trekking di 3 giorni seguito da una gita alla scoperta del meraviglioso Marocco. Non contro qualcosa ma a favore Delle donne e della loro libertà!
VIAGGIO DI GRUPPO CON SOLO 15 POSTI   

Noi oggi, quasi un anno dopo rispondiamo , durante la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, con una proposta di viaggio tutta al femminile, proprio su quella montagna, il 4.000 mt più conosciuto del Marocco.
Sarà un viaggio per sole donne accompagnato da Agnese Siotto Viaggi. Un trekking di 3 giorni seguito da una gita alla scoperta del meraviglioso Marocco. Non contro qualcosa ma a favore Delle donne e della loro libertà!
VIAGGIO DI GRUPPO CON SOLO 15 POSTI   
                               
 dall'account  fb   per    chi  fosse interessato\a     oltre  il suo   fb  c'è  anche    il  suo bel  canale   istangram  (  https://www.instagram.com/ines_yes8/?hl=it ) della  protagonista  della  storia  d'oggi 


la battaglia soprattutto culturale  contro  i femminicidi (  violenza   sulle donne  ) e   contro  gli stereotipi sessisti e  maschilisti   va      anzi dovrebbe  essere   oltre l'ipocrita   e  pulicoscienza   giornata del  25  novembre .  E  non solo     con ,  secondo me   ridicoli ed  incomprensibili  alla  maggior  parte  dell'opinione  pubblica , panchine e  scarpe   rosse  . Ecco   che  l'iniziativa  , certo una  goccia   nel mare mediatico  e   monoculturale  o  culturame  ,   di cui  si parla   nel post  d'oggi   ha  grande  significato     e  può essere    un esempio ed  una  base  da  cui  partire o continuare se  già la  si fa  .

  da la  nuova  sardegna    del 30\11\2019

Nuoro, l'idea di Agnese: viaggio di sole donne in Marocco per abbattere i pregiudizi - La Nuova Sardegna <!--



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    «Rifaremo il tragitto di Louisa e Maren, violentate e uccise»

                                    Luca Urgu 





    Procuratrice Ancona, 'non tutti i casi di violenza sono uguali'

    © Provided by ANSA (ANSA) - ANCONA, 04 DIC - "Questa storia lascia l'amaro in bocca, non si possono trattare tutti i casi di violen...