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7.10.25
il 7 ottobre secondo me e Lorenzo Tosa
Quello che è successo il 7 ottobre 2023 è un crimine atroce che va condannato in ogni modo e in tutte le forme.
Se qualche miserabile pensa davvero che faccia fatica a condannare la barbara uccisione di 1175 tra donne, uomini, civili e bambini, non ha capito nulla di quello che sono e delle ragioni profonde di pace per cui mi batto da sempre. Ovunque e per chiunque.
E di sicuro non potrà mai capire la mia, la nostra rabbia e il nostro dolore per il genocidio che è
cominciato il giorno dopo il 7 ottobre e che ha superato, moltiplicato per 100, ogni crimine compiuto da Hamas quel giorno, ogni dolore provocato, ogni morto ammazzato.
Rispetto profondamente chi oggi ricorda il 7 ottobre con cordoglio e partecipazione, come ha fatto il Presidente della Repubblica Mattarella.
Chi invece usa il 7 ottobre - come molti stanno facendo in queste ore, e in questi due anni - come clava da usare contro i palestinesi, contro la Flotilla, contro i milioni di italiani scesi in piazza per Gaza, mi fa orrore.
Ed è parte e complice più o meno volontario di quel clima d’odio inestirpabile che ha provocato il 7 ottobre, così come tutto quello che è successo dopo il 7 ottobre e pure tutto quello che è accaduto negli anni - i decenni - prima del 7 ottobre.
Perché no, la questione israelo-palestinese non è cominciata affatto il 7 ottobre.Quel giorno atroce è semplicemente cominciato un genocidio.
6.10.25
7 ottobre 2023 - 7 ottobre 2025 risposta israeliana a brutture di hamas con un genocidio
collettiva, sostenuti da immagini che abbiamo visto e rivisto. Accanto a questi, ci sono decine di migliaia di altri nomi, quelli delle vittime palestinesi nella Striscia di Gaza: un conteggio che, nella sua drammatica stima al ribasso, si fa fatica a tenere e che le stime ufficiali ci parlano di oltre 60.000 morti. È la cifra di una tragedia in corso, del genocidio che anche gli storici israeliani ormai ammettono essere tale, oltre alle Nazioni Uniti e alla Corte di Giustizia Internazionale. Eppure, proprio in Italia, questo dramma si scontra con una narrazione politica che nega o minimizza. La destra italiana, tra stampa e esponenti di governo, usa la dichiarazione di Liliana Segre nella quale nega l’atto genocidario a Gaza, e la destra lo usa come un "grimaldello" per delegittimare un movimento globale che si è levato a sostegno del popolo palestinese e contro l'orrore. Da Tokyo a Montreal, le piazze del mondo manifestano, in alcune piazza gli striscioni dicono “Facciamo come l’Italia, blocchiamo tutto!” mentre proprio il nostro Paese sembra avvitato in una spirale di polarizzazione. [.... ] continua in quest articolo di https://www.fanpage.it/podcast/scanner/
Il che conferma quanto questo nostro blog con le sue appendici social ( sia con facebook.com/redbepeulisse1 dissattivasto da fb e non più recuperabile sia con quello attuale www.facebbok.com/redbeppeulisse2 con la pagina fb Compagnidistrada e gli accounts istrangram\ thereads ( redbeppeulisse1 e redbeppeulisse2 ) e ora sempre con redbeppeulisse su Bluesky ha seguitoe segue , con post più o meno regolari aggiornamenti, il genocidio in atto nei confronti della
popolazione palestinese della Striscia di Gaza da parte di Israele.Oggi come fa lo stesso il fatto quotidiano in : « Il 7 ottobre 2023 e i crimini di guerra di Hamas: tutto ciò che Amnesty ha documentato finora » da cui ho preso le notrizia riportate sotto torniamo al primo giorno di questi due anni: agli attacchi guidati da Hamas nel sud d’Israele il 7 ottobre 2023.
Quel giorno, secondo una banca dati prodotta dal quotidiano israeliano Haaretz e incrociata con altri elenchi, sono state prese in ostaggio 251 persone. Di queste, 27 erano soldati in servizio attivo e 224, dunque la stragrande maggioranza, civili: 124 uomini, 64 donne e 36 minori. Al momento della presa in ostaggio, 16 persone avevano meno di 10 anni, nove erano ultraottantenni. In gran parte erano ebrei israeliani, sette erano beduini con cittadinanza israeliana e 35 cittadini stranieri. In 36 casi le persone prese in ostaggio erano già morte quando sono state portate nella Striscia di Gaza.
Dal 7 ottobre 2023 è iniziato uno straziante calvario. Tutte le persone prese in ostaggio sono state isolate dal mondo esterno, private di ogni contatto con le famiglie e dell’accesso al Comitato internazionale della Croce rossa fino al momento in cui alcune di loro sono tornate a casa. Per mesi e mesi, molte famiglie non hanno mai ricevuto segnali che i loro cari fossero vivi o morti e questo ha aumentato la loro sofferenza.
Shoshan Haran, fondatrice e presidente dell’organizzazione non governativa per lo sviluppo Fair Planet ed esponente del movimento pacifista Women Wage Peace ,è stata rapita da Hamas insieme a sei familiari, tra i quali tre minori. Allora aveva 67 anni e viveva nel kibbutz di Be’eri, a quattro chilometri dalla barriera di separazione che circonda la Striscia di Gaza. Ha raccontato ad Amnesty International che, dopo aver ricevuto un allarme via Whatsapp, lei e i suoi familiari si sono riparati in una stanza sicura.
Uomini armati li hanno costretti a uscire. Uno di loro, in inglese, ha detto: “Donne e bambini, con noi. Gli uomini, bum-bum”. Shoshan e i sei familiari sono stati portati nella Striscia di Gaza. Lei e cinque familiari sono stati liberati dopo quelli che ha definito “50 orribili giorni di prigionia”. Solo allora ha saputo che suo marito, Avshalom Haran, era stato ucciso quando la famiglia era stata costretta a uscire dalla stanza sicura. Suo genero, Tal Shoham, è tornato in libertà dopo oltre 500 giorni di prigionia.
Nelle testimonianze fornite ad Amnesty International, agli organi d’informazione o ai professionisti sanitari, gli ostaggi rimessi in libertà hanno denunciato di essere stati sottoposti a violenza. Uno di loro ha raccontato che lui e altri quattro ostaggi sono stati picchiati per diversi giorni subito dopo la cattura e collocati in un tunnel senza livelli adeguati di cibo e acqua. Almeno cinque altri ostaggi tornati in libertà, quattro uomini e una donna, hanno reso noto di aver subito pestaggi e altre violenze fisiche. Quattro donne, due ragazze e due uomini hanno dichiarato pubblicamente di aver subito aggressioni sessuali, di aver dovuto denudarsi e di aver subito minacce di matrimoni forzati. Tutte queste forme di violenza fisica e sessuale costituiscono, secondo il diritto internazionale, maltrattamenti o tortura.
Nel settembre 2024 la Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sul Territorio palestinese occupato compresa Gerusalemme Est ha dichiarato di “aver ricevuto informazioni credibili circa il fatto che alcune persone in ostaggio sono state sottoposte a violenza sessuale e di genere”, compresa una donna che ha denunciato di essere stata stuprata.
L’Ufficio della rappresentante speciale del segretario generale sulla violenza sessuale durante i conflitti e l’Ufficio del procuratore della Corte penale internazionale hanno a loro volta individuato prove di violenza sessuale, stupri compresi, nei confronti delle persone prese in ostaggio. La Camera preprocessuale della Corte penale internazionale, quando ha approvato la richiesta del mandato d’arresto contro Mohammed Diab Ibrahim al-Masri (conosciuto come Mohammed Deif), comandante dell’ala militare di Hamas, ha sottolineato che “mentre erano trattenute a Gaza, alcune persone prese in ostaggio, per lo più donne, sono state sottoposte a violenza sessuale e di genere, come penetrazioni forzate, nudità forzata e trattamenti inumani e degradanti”.
Hamas e gli altri gruppi armati palestinesi hanno pubblicato foto e video di ostaggi spesso feriti, angosciati, impauriti o imploranti la propria liberazione. Li hanno fatti sfilare in mezzo alla folla mentre li portavano all’interno della Striscia di Gaza e li hanno sottoposti a umilianti “cerimonie della liberazione”. Sottoporre persone in ostaggio a trattamenti umilianti e degradanti del genere è una forma di oltraggio alla libertà personale, vietata dal diritto internazionale e che costituisce un crimine di guerra.
Tra la fine di luglio e l’inizio di agosto del 2025 i gruppi armati palestinesi hanno pubblicato online video di due ostaggi da cui si capiva che erano stati sottoposti a gravi maltrattamenti. Uno di loro, Rom Braslavski, è inquadrato in un video col logo delle Brigate al-Quds (l’ala militare del Jihad islamico palestinese) mentre si trova sul pavimento di un tunnel, emaciato e sudato: afferma di essere troppo debole per stare in piedi e di essere in punto di morte. Per aumentare la sofferenza dei suoi familiari, il Jihad islamico palestinese ha affermato che, dopo le riprese, ha perso i contatti coi rapitori dell’ostaggio.
Nel video di Evyatar David, pubblicato il 2 agosto 2025 dalle Brigate al-Qassam, l’uomo appare profondamente provato, all’interno di un tunnel e costretto a scavare quella che dichiara di ritenere essere la propria fossa. Fornisce dettagli, facendo riferimento a note scritte su un calendario, sul numero di giorni da cui è privo di cibo. Essere costretti a scavare la propria fossa in circostanze del genere equivale a tortura così come lo è il diniego intenzionale di cibo per lunghi periodi di tempo in condizioni di prigionia e di violenza psicologica.
La cattura di ostaggi e la diffusione di video sulla loro sofferenza è un crimine non solo nei riguardi delle vittime dirette. L’incertezza e l’angoscia causate alle famiglie degli ostaggi costituiscono a loro volta forme di maltrattamento e di tortura.
Delle 47 persone che continuano a essere illegalmente trattenute nella Striscia di Gaza, si ritiene che 20 uomini siano ancora vivi.
Amnesty International continua a chiedere che questi ultimi siano rimessi in libertà, così come che siano riconsegnati i corpi degli ostaggi morti o uccisi durante il rapimento o nel corso della prigionia
28.9.25
tele Meloni colpisce ancora nepppure i democristiani e Berlusconi erano cosi Questa volta in modo particolarmente grave. La Rai ha rimosso - e rinviato - No other land” dal proprio palinsesto.
arrivata direttamente dai palazzi romani. Risultato? Il documentario è stato spostato prudentemente in altra data, il 21 ottobre, per non intralciare la narrazione unica e unilaterale sul 7 ottobre tutta unicamente appannaggio di Israele.Non sia mai che il governo Meloni si risenta o rischi di disturbare laLobby israeliana . L’ennesima occasione persa per fare del Servizio Pubblico degno di questo nome.L’ennesima vergogna nazionale.Peggio , dai pochi ricordi diretti che ho visto la mia età anagrafica , del consociativismo prima repubblica e forse anche di Berlusconi .
Meno male che flash web
21.9.25
speciale Gaza la vita e le storie tra le bombe . non è più una guerra ma solo un genocidio
Se prima in contemporanea a genocidio usavo la parola guerra , adesso anche a costo d'essere etichettato come antisemita , ma m'importa una sega ⋇ , perché sono apposto con la mia coscienza e non riesco ad essere antisemita per conoscenza storica e formazione culturale ( anche se ogni tanto per rabbia e indignazione per quello che sta succedendo in Israele \ Palestina ci sono caduto ma poi mi sono scusato ed ho fatto autocritico che ha letto i post dal 7 ottobre di due anni fa lo sa benissimo ) userò la parola genocidio . Infatti per essere guerra dovrebbero essere due parti in conflitto che si combattono anche con bombardamenti invece c'è solo una parte che assedia e affama l'altra come di mostrano le storie sotto riportate . ..... rischierei uscire dal post odierno , riprendiamo la discussione prossimamente se volete . per il momento accontentavi di : <<Il peso delle parole che grava su Israele >> da https://www.lachiavedisophia.com/ che coincide con la mia motivazione
N.B
nel caso i video ( non sono riuscito a scaricarli o a copiare il codice embed ho solo capito l'articolo convinto di copiare anche i video ) non si dovessero vedere riporto all'inizio l'url da cui ho preso l'articolo e in cui si trova il video
Gaza, bambino scalzo in fuga che porta in spalle la sorellina: il video drammatico
Il gesto diventato virale sul web: simbolo del dramma in Medio Oriente
Due fratellini, il più grande porta in spalle la sorellina, a piedi nudi, stremato lungo la via di fuga degli sfollati dal nord di Gaza al sud. Immagini strazianti, simbolo di umanità, postate sui social e che in breve hanno scosso non poco gli animi degli utenti in rete.
La fuga da Gaza
La sorella più piccola aggrappata al fratello più grande che urla tutto il suo dolore. Uno strazio per l'anima. I due bambini soli tra le macerie di Gaza, entrambi con lo sguardo perso. Un video di quasi 20 secondi che documenta la disperazione di un popolo costretto a lasciare il cuore della Striscia. Secondo i militari israeliani dell'Idf sono almeno 500mila le persone in fuga da Gaza City, prima dell'azione di terra dei soldati con la stella di David c'erano invece circa un milione di abitanti.
Le firme a sostegno dello Stato palestinese
Sono quasi 9mila gli israeliani che hanno firmato una petizione a sostegno della richiesta di riconoscimento dello Stato palestinese in vista del prossimo vertice del 22 settembre a New York con Arabia Saudita e Francia a presiedere. E' atteso per quel giorno il riconoscimento formale di Gran Bretagna, Francia, Canada, Australia e Belgio. "No alla guerra, sì al riconoscimento!" lo slogan dell'iniziativa si legge sui media israeliani. L'organizzazione della raccolta firme punta a quota 10mila firme israeliani da mostrare all'Assemblea Generale dell'Onu prevista la prossima settimana. Dimostrare una volta per tutte che c'è un pezzo di cittadini israeliani che si oppone alla guerra e spingono con forza per la pace
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A 9 anni perde una gamba nel raid israeliano, la ricostruisce con un tubo di plastica. Il video virale da Gaza
La storia di Rateb, che sogna di poter continuare a giocare a calcio
Un tubo di plastica, un coltello da tavola e uno spago, per poter continuare a tirare calci a un pallone. In queste ore sono diventate virali le immagini, girate dai giornalisti di Gaza, in cui un bambino di nove anni di Gaza senza una gamba a causa di un bombardamento israeliano se ne costruisce una "di fortuna" per poter tenere viva la sua passione per il calcio. Si chiama Rateb, e nel raid ha perso la madre e un fratello.
Il video del bambino di Gaza con una gamba ricavata da un tubo dell'acquaNel video girato dal giornalista di Gaza Tamerh Qeshta, la cui versione tradotta da Translating Falasteen mostriamo in copertina dell'articolo, il bambino, che si chiama Rateb Abu Qleiq, racconta la sua storia: "Ho detto a mio fratello di prendere un tubo, così posso giocarci a calcio", dice. "Sono stato sfollato dal nord a Deir el-Balah", spiega Rateb, che nelle immagini si vede riuscire a tirare calci a un pallone con la nuova gamba "di fortuna", costruita con un tubo dell'acqua legato a ciò che resta della sua gamba. "Tre mesi fa ero dai miei zii con i miei fratelli, e siamo stati bombardati. Mia madre è stata uccisa, mio fratello è stato ucciso. La mia gamba è stata tranciata, ma ho messo un tubo. Mi sono rimasti un fratello e una sorella".
Rateb con la maglia di Messi
In un altro video, girato dal fotogiornalista Fadel Mghari, ritrae Rateb con indosso la maglietta di Lionel Messi al Barcellona. Lui e suo fratello stanno tagliando il pezzo di tubo con un coltello da tavola, e lo si vede calzare la sua nuova "protesi" fissata a ciò che rimane dell'arto con uno spago, per poi allontanarsi con l'ausilio delle stampelle.L'agenzia palestinese Quds News Network, che ha ricondiviso il video, scrive: "Nonostante il dolore e la perdita, sogna ancora di correre, di tornare a scuola e di riunirsi al padre, in attesa di una protesi che possa aiutarlo a recuperare la sua infanzia".
Despite the pain and loss, he still dreams of running, of going back to school, and of reuniting with his father — waiting for a prosthetic limb that could help restore his childhood.
— Quds News Network (@QudsNen) September 20, 2025
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Arrestato direttore d'orchestra israeliano che chiede di "fermare il genocidio a Gaza"
È un arresto che fa rumore: si tratta del direttore d'orchestra israeliano Ilan Volkov che appena una settimana fa dopo aver diretto la Bbc Scottish Symphony Orchestra a margine del concerto clou dei celebri Bbc Proms, una rassegna britannica di musica classica che da decenni va in scena durante l'estate alla Royal Albert Hall, ha preso la parola davanti ad un pubblico cosmopolita per denunciare ciò che accade nella Striscia. Con lui sono state arrestate altre tre persone.
Cosa ha detto su Gaza Ilan Volkov, il direttore d'orchestra israeliano
Ciò che accade nella Striscia di Gaza è "atroce e orrendo". "Io amo il mio Paese", ha premesso, "ma sono addolorato" per le sofferenze inflitte "su scala inimmaginabile" a masse di "palestinesi innocenti": "uccisi a migliaia, dispersi dalle loro case, privati di scuole e ospedali, ignari di quando potranno avere il prossimo pasto". Volkov ha poi descritto la condizione "terribile" degli ostaggi israeliani superstiti nelle mani di Hamas "da quasi due anni" e quella di tanti "prigionieri politici che languono nelle carceri" dello Stato ebraico. E ancora sottolinea "l'impotenza" della gente comune, ma "la politica" incalza "riguarda tutti": di qui l'invito a ciascuno a fare ciò che può affinché "questa follia sia fermata adesso". "Gli ebrei israeliani e i palestinesi non sono in grado di fermare tutto questo da soli", ha concluso, sollecitando il resto del mondo ad agire perché "ogni minuto che passa mette a rischio la sicurezza di milioni" di persone.
L'arresto di Volkov durante la protesta ai confini con Gaza
Così Volkov mentre viene portato via dagli agenti su un'auto della polizia, insiste con la sua denuncia: "Dobbiamo fermare il genocidio ora. Sta rovinando la vita di tutti. Fermatelo". Volkov è nato a Tel Aviv e all'età di 26 anni è stato nominato direttore principale della BBC Scottish Symphony Orchestra, per poi diventare direttore ospite principale nel 2009.Il suo arresto avviene mentre i carri armati e gli aerei israeliani bombardano Gaza City, obiettivo di una nuova importante offensiva terrestre, costringendo i palestinesi a fuggire verso sud. Il quotidiano israeliano Haaretz, infine, scrive che quattro persone erano state arrestate, tra cui Volkov ma poi sono state rilasciate "dopo poco tempo".
This was at the Proms 2 nights ago - conductor Ilan Volkov pic.twitter.com/XeipZECjWE
— Mishal Husain (@MishalHusain) September 13, 2025
non sono solo fatti trisiti quelli che avvengono a Gaza ma speeranza e felicità d'essere ancora vivi
da https://altreconomia.it/
Storia di Tahani e Nourdine, di un amore e di una gravidanza nella Striscia di Gaza
di Elisa Brunelli — 20 Agosto 2024
Tahani e Nourdine fuggiti in spiaggia dopo il matrimonio © Tahani Shehada
Tahani Shehada è una giovane gazawi che prima del 7 ottobre lavorava per un’agenzia di stampa nella Striscia. Con il fidanzato, Nourdine, stava pianificando il matrimonio a fine anno. Persi di vista nella guerra si ritrovano al Sud, devastati negli affetti, e decidono di sposarsi sotto le bombe. Quando provano a evacuare per partorire in Egitto, Israele occupa Rafah e serra l’ultimo valico
“Quello che mi spaventa di più non è il sangue che schizza ovunque ma la paura di perdere il senso delle cose, di dimenticare come si ride e di diventare una persona consumata dalla depressione e dal dolore”.
Tahani Shehada, 27 anni, ha sempre avuto talento nello scegliere le parole giuste per trasmettere il suo messaggio. Prima del 7 ottobre 2023 lo faceva per lavoro come presentatrice e videomaker per un’agenzia stampa di Gaza City, dove è nata e vissuta tutta la vita. Oggi, le parole di Tahani risuonano pesanti come macigni dal campo profughi di Nuseirat, a pochi metri dal luogo di uno degli attacchi più brutali dall’inizio della guerra su Gaza.
Durante un’operazione per recuperare alcuni ostaggi portati a Gaza da Hamas il 7 ottobre, infatti, centinaia di civili palestinesi sono stati uccisi e feriti dalle forze armate israeliane.
È proprio qui che vive Tahani, o come dice lei, “sopravvive”, da sfollata dopo essere stata costretta ad abbandonare la sua casa, come centinaia di migliaia di altri palestinesi, fuggendo dal Nord di Gaza verso il Sud, zone che l’esercito israeliano aveva garantito come sicure.
“Il 6 ottobre -ricorda la giovane- io e il mio fidanzato Nourdine abbiamo pranzato al mare e passeggiato la sera al chiaro di Luna per le strade di Gaza, parlando dei nostri sogni. Ora è tutto svanito”. Tahani e Nourdine si erano conosciuti al lavoro, avevano fissato il matrimonio per il 14 dicembre 2023, pianificando meticolosamente ogni dettaglio. Con i loro risparmi stavano ristrutturando un piccolo appartamento che dopo le nozze avrebbero finalmente chiamato “casa”.
“Sono sopravvissuta a cinque guerre ma ho capito subito che questa sarebbe stata diversa -sottolinea Tahani-. Dopo venti giorni di bombardamenti incessanti e spietati, la mia famiglia e quella di Nourdine sono state costrette a spostarsi verso Sud. All’inizio, ci eravamo opposti agli ordini di evacuazione ma la devastazione non ci ha lasciato scelta. Il viaggio è stato molto pericoloso, non credevamo di farcela”.
Per Tahani e la sua famiglia iniziavano così le prime settimane da sfollati in una scuola dell’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel vicino Oriente, dove centinaia di persone si erano ammassate i giorni prima in fuga dai bombardamenti. Del fidanzato, erano state perse le tracce. L’esercito israeliano continuava a colpire, tra i molti bersagli, le reti di telecomunicazione, causando lunghe interruzioni del segnale.
Il sovraffollamento, le condizioni igieniche precarie e la mancanza di privacy erano aggravati dal terrore che a Nourdine fosse accaduto il peggio. A fare compagnia a Tahani c’era solo Ceasar, un gatto anche lui sfollato da chissà dove, che aveva voluto ribattezzare come il suo ultimo animale domestico, aggrappandosi con tutta la sua forza ai frammenti di una vita che non voleva credere appartenesse già al passato.

Tahani e Ceasar, sfollati in una scuola dell’Unrwa © Tahani Shehada
Dopo giorni di privazione, Tahani è stata accolta nella casa di una zia, ma la speranza di ottenere un’illusione di sicurezza si è rivelata ben presto vana. Era sul balcone quando un bombardamento ha distrutto la casa del vicino: “Ancora oggi continuo a sentire le urla dei bambini sotto le macerie”, ricorda trattenendo le lacrime.
Trascorso quasi un mese di angosciante silenzio, Nourdine è riuscito finalmente a mettersi in contatto con la fidanzata, ma la gioia del ricongiungimento non è durata a lungo. Pochi giorni dopo, un cecchino israeliano ha ucciso con un colpo alla testa il fratello di Tahani. La stessa sorte era toccata anche al fratello di Nourdine. “Il nostro mondo ci è crollato di nuovo addosso. È questo il prezzo fissato per noi? Trovare una persona amata e perderne un’altra?”, si chiede Tahani.
I due fidanzati si erano promessi di aspettare la fine della guerra per celebrare il matrimonio che avevano così tanto sognato ma l’idea di potersi perdere nuovamente ha iniziato a tormentarli. “Abbiamo deciso che non potevamo aspettare oltre -ribadisce Tahani-. Ci siamo sposati così, senza cerimonia, mentre piangevamo ancora i nostri fratelli. Sognavo di indossare un vestito bianco e invece mi sono unita a mio marito portando i colori neri del lutto. Dopo il matrimonio avevamo deciso di visitare il mare. Volevamo sfuggire al caos della guerra e cercare un momento di romanticismo. Fingevamo di ignorare il rumore degli aerei da guerra anche se era più forte delle nostre voci”.
Tahani e Nourdine, ora marito e moglie, sono riusciti ad affittare un piccolo locale -amara ironia della sorte- all’interno di una sala per matrimoni nel campo di Nuseirat. Qui dormono, cucinano, passano le giornate interminabili facendosi forza.
La hall per matrimoni diventata rifugio improvvisato per la coppia © Tahani Shehada
Dopo le concitate settimane di febbraio, durante le quali si respirava un discreto ottimismo per i trattati in corso, Tahani scopre di essere incinta. “Sentivo di avere finalmente un motivo per cui vivere -continua-. Quella mattina avevo svegliato Nourdine e gli avevo mostrato il test di gravidanza. Era al settimo cielo. Diceva che questo bambino era un dono di Allah per compensarci per gli orrori che avevamo visto in tutti questi mesi. Eravamo così felici perché pensavamo che la guerra potesse finire in qualsiasi momento. Avremmo potuto godere della gravidanza e vedere nostro figlio crescere”. Ma la guerra continua, al contrario, a infuriare senza tregua, e la gioia di quei momenti è ormai svanita. Come centinaia di gazawi, la giovane coppia ha deciso di lanciare un crowdfunding nel tentativo di evacuare in Egitto, ma con la conquista del valico di Rafah da parte delle truppe israeliane, l’unico passaggio per i palestinesi intrappolati a Gaza dal 2007, le loro speranze rischiano di frantumarsi.
“Sono a un punto della gravidanza in cui il bambino riesce a percepire i rumori esterni -confida Tahani-. Sta vivendo gli orrori di questa situazione ancora prima di nascere e il pensiero di partorire in queste condizioni mi terrorizza. Chiedo solo che nostro figlio possa crescere in un ambiente senza paura e privazioni. Io non so dove ci stia portando la vita, ma ormai tutta la forza che ci ha permesso di arrivare vivi fin qui si sta dimostrando inutile. Le nostre anime si stanno svuotando, stiamo diventando insensibili a tutto”.
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il secondo da repubblica
Gaza, il matrimonio sotto le bombe e una macchina come casa: la festa triste di Ibrahim e Narmin non riesco a condividerlo ecco dove trovarlo Gaza, il matrimonio sotto le bombe e una macchina come casa: la festa triste di Ibrahim e Narmin - la Repubblica
Nonostante i continui bombardamenti, Ibrahim e Narmin Abed hanno deciso finalmente di celebrare il loro matrimonio. La coppia, costretta ad abbandonare la loro casa nella città settentrionale di Gaza, ha cercato rifugio nella scuola dell'UNRWA a Deir al-Balah, nel sud. Sono sposati ma non hanno mai festeggiato. La sposa Narmin racconta: “Avevamo programmato di celebrare il matrimonio con una festa ma lo abbiamo rimandato di un mese, poi ancora di altri mesi”. Ora hanno deciso di fare una festa seppur in mod spartano secondo le circostanze di guerra. “Volevo fare una grande festa di matrimonio, ma i soldi non ci sono, questo è il nostro destino, è così" spiega Narmin. Dopo la cerimonia nuziale, la giovane coppia si è diretta verso un'auto che per loro era diventata la casa.
20.9.25
vescovo di napoli don mimmo battaglia si rivolge ad israele . anche lui per i pro israeliani è un pro palestina e filo hammas m ed atisemita
anche la chiesa , eccetto il vaticano , nella persona del vescovo di. Napoli don mimmo battaglia ( qui L'omelia integrale si rivolge agli israeliani invitandoli a smettere con la carneficina \ genocidio verso i palestinesi . Eccone alcuni stralci dall'omelia che il Vescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, ha pronunciato, pieno di commozione, questa mattina in occasione delle celebrazioni di San Gennaro. Parole intrise di Profezia!
"Oggi la parola sangue ci brucia addosso. Perché il sangue è un linguaggio che tutti capiamo, e che chiede conto a tutti. Il sangue di Gennaro si mescola idealmente al sangue versato in Palestina, come in Ucraina e in ogni terra ferita dove la violenza si crede onnipotente e invece è solo rumore. Il sangue è sacro: ogni goccia innocente è un sacramento rovesciato. Se potessi, raccoglierei in un’ampolla il sangue di ogni vittima — bambini, donne, uomini di ogni popolo — e lo esporrei qui, sotto queste volte, perché nessun rito ci assolva dalla responsabilità, perché la preghiera senta il peso di ogni ferita e non scivoli via. E oggi, con pudore e con fuoco, dico: è il sangue di ogni bambino di Gaza che metterei esposto in questa cattedrale, accanto all’ampolla del santo. Perché non esistono “altre” lacrime: tutta la terra è un unico altare ...Da questa cattedrale che respira come un petto antico, si alza un appello chiaro, diretto, senza garbo diplomatico:Ascolta, Israele: non ti parlo da avversario, ma da fratello nell’umano. Ti chiamo col nome con cui la Scrittura convoca il cuore all’essenziale: Ascolta. Cessa di versare sangue palestinese.Cessino gli assedi che tolgono pane e acqua; cessino i colpi che sbriciolano case e infanzie; cessino le rappresaglie che scambiano la sicurezza con lo schiacciamento, cessi l’invasione che soffoca ogni speranza di pace. La sicurezza che calpesta un popolo non è sicurezza: è un incendio che, prima o poi, brucia la mano che credeva di domarlo.So il peso del tuo lutto, le ferite che porti nella carne e nella coscienza. Ogni terrorismo è un sacrilegio, ogni sequestro un’ombra sull’umano, ogni razzo contro civili un peccato che grida. Ma oggi — davanti al sangue del martire — ti chiamo per nome: tu, Israele, fermati. Apri i valichi, lascia passare cure e pane, sospendi il fuoco che non distingue e moltiplica gli orfani. Non ti chiedo debolezza: ti chiedo grandezza. La grandezza di chi arresta la propria forza quando la forza profana la giustizia; di chi riconosce che l’unica vittoria che salva è quella sulla vendetta … Sorelle e fratelli, Napoli, nonostante le sue ferite, è città di pace. E da questa città affacciata sul mediterraneo vorrei si generasse un movimento di speranza e di pace, perché come diceva La Pira occorre partire dalle città per unire le nazioni. E vorrei anche che questo contagio di riconciliazione fosse fondato su un linguaggio chiaro, compreso da tutti i popoli di tutte le città che su questo mare affacciano i propri timori e le proprie speranze. Perché la menzogna comincia dalle parole, soprattutto da quelle ambigue, anestetizzate: i droni sono fucilazioni telecomandate; i “danni collaterali” sono bambini senza volto; una spesa militare che supera scuola e sanità non è sicurezza ma suicidio collettivo. Convertiamo gli arsenali in ospedali, gli utili di guerra in borse di studio, i bunker in bibliotecheQuesta è l’unica geopolitica evangelica degna del Nome che invochiamo …Diciamocelo con la franchezza dei santi: il male non è un’idea, è una filiera. Ha uffici, contabili, bonus, piani industriali. La guerra non “scoppia”: si produce, si finanzia, si premia. Ogni bilancio militare che si gonfia come una vela è vento cattivo contro la carne dei poveri. Ogni “espansione della spesa per la difesa” che supera scuola e sanità non ci rende sicuri: ci rende più soli e più poveri.Il grido dei poveri e degli ultimi, il sangue dei bambini e il pianto delle loro madri, dice ai potenti di questa terra, alle istituzioni di questa nostra unione, alla Knesset, ai governi, ad ogni comando militare: fermate la spirale! Cercate giustizia prima dei confini, diritti prima dei recinti, dignità prima dei calcoli. Non si costruisce pace con check-point e interruzioni di vita, ma con diritto eguale, sicurezza reciproca, misericordia politica.Il sangue gridato dalle macerie non è un argomento: è un’anafora di Dio che ripete: Che ne hai fatto di tuo fratello?Sorelle e fratelli che sedete nei parlamenti, vi chiedo: come potete scegliere i missili prima del pane? Dove avete smarrito il volto dei vostri fratelli e delle vostre sorelle?Sorelle e fratelli che operate nella finanza e nei grandi mercati, vi chiedo: come potete esultare quando la guerra si allunga e le azioni della difesa salgono? Non sentite il grido dei vostri fratelli e delle vostre sorelle? Sorelle e fratelli imprenditori e azionari le cui industrie falsificano il Vangelo del lavoro, fondendo aratri in granate, vi chiedo: che ne avete fatto della dignità dei vostri fratelli e delle vostre sorelle?".
18.9.25
Fede e bellezza a Gazadi © Daniela Tuscano
25.5.25
DIARIO DI BORDO ANNO III speciale conflitto in israele : combattere il sionismo ma senza discriminare le persone , disinformazione sul genocidio a Gaza , l'esercito israeliano usa i palestinesi come scusi umani ., come mai i fans di israele e della sua politica non accusano anche gli ebrei ultra ortodossi ed antisionisti di essere antisemiti ?
Gaza, Mohammad Yassin aveva 5 anni: è morto di fame a causa dal blocco israeliano agli aiuti umanitari Mohammad Mustafa Yassin, 5 anni, è morto all’ospedale al-Ahli Arab Baptist. I medici hanno confermato che la causa del decesso è stata una malnutrizione prolungata. Un bambino di cinque anni è morto a causa della grave malnutrizione che affligge la popolazione della Striscia di Gaza. Lo hanno riferito fonti mediche locali, secondo cui il decesso è direttamente legato al blocco degli aiuti imposto da Israele. La notizia è stata confermata anche da Hala Abou-Hassira, ambasciatrice dello Stato di Palestina in Francia. ..... ( non ce la faccio a leggere oltre ho le lacrime agli occhi ) continua su: https://www.fanpage.it/esteri/gaza-mohammad-yassin-aveva-5-anni-e-morto-di-fame-a-causa-dal-blocco-israeliano-agli-aiuti-umanitari/ )
Una nuova inchiesta di AP( agenzia distampa Usa ) ha raccontato che la pratica è sistematica
Non sapevo che in italia è in europa ci fosse un'allergia alle bandiere palestinesi e al loro sventolio pacifico
«Sono stata identificata dai carabinieri perché sventolavo la bandiera della Palestina al Giro d'Italia». Lo ha raccontato Cristina Guarda, europarlamentare per Europa Verde, con un video sui social. «Facevo il mio, da essere umano, cittadina e politica: manifestavo per più di 50.000 vittime e i milioni di palestinesi oppressi, consumati da fame e sete, dilaniati da bombe e fuoco», ha scritto. I carabinieri, ha aggiunto, «hanno fatto un po' più del proprio dovere, identificandomi solo dopo avermi chiesto che bandiera sventolassi».
<< Quello che accade a Gaza è molto, molto doloroso per me, e credo che sia lo stesso per tutti” ha detto al ‘Quotidiano nazionale’. “Netanyahu sta provocando uno tsunami di antisemitismo, perché tutti identificano gli ebrei con il governo israeliano. Ma la maggioranza degli ebrei e degli israeliani non è assolutamente d’accordo col governo Netanyahu”. “Ma non basta. Gli israeliani devono protestare di più. Non solo il sabato, ma tutti i giorni, anzi giorno e notte. Anche assediando la casa-bunker di Netanyahu e della moglie. Questo è il momento di ribellarsi. Tutti, nell’esercito, dovrebbero ribellarsi e non eseguire ordini che sono disumani. Bisogna dire di no”.E poi:
<<Usare Dio per uccidere è una cosa mostruosa. Lo hanno fatto tutti, anche i nazisti. Ricordo le fibbie sulle cinture delle SS ad Auschwitz: c’era scritto “Gott mit uns”, Dio è con noi. Quando uscii dal campo mi dissi: povero Dio, in nome tuo hanno ucciso milioni di persone Le vite dei palestinesi a Gaza vengono trattate come vite di serie b. È l’ora di creare uno Stato palestinese, a quel punto cambierebbe tutto”.
ancora non riescano a prendere coscienza e distanza dalla politica d'Israele che sta facendo danni oltre che al popolo palestinese anche a loro stessi ?? con questo è tutto alla prossima si deus cherete e sos carabineris permittinis ( cit musicale )
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