Se prima in contemporanea a genocidio usavo la parola guerra , adesso anche a costo d'essere etichettato come antisemita , ma m'importa una sega ⋇ , perché sono apposto con la mia coscienza e non riesco ad essere antisemita per conoscenza storica e formazione culturale ( anche se ogni tanto per rabbia e indignazione per quello che sta succedendo in Israele \ Palestina ci sono caduto ma poi mi sono scusato ed ho fatto autocritico che ha letto i post dal 7 ottobre di due anni fa lo sa benissimo ) userò la parola genocidio . Infatti per essere guerra dovrebbero essere due parti in conflitto che si combattono anche con bombardamenti invece c'è solo una parte che assedia e affama l'altra come di mostrano le storie sotto riportate . ..... rischierei uscire dal post odierno , riprendiamo la discussione prossimamente se volete . per il momento accontentavi di : <<Il peso delle parole che grava su Israele >> da https://www.lachiavedisophia.com/ che coincide con la mia motivazione
N.B
nel caso i video ( non sono riuscito a scaricarli o a copiare il codice embed ho solo capito l'articolo convinto di copiare anche i video ) non si dovessero vedere riporto all'inizio l'url da cui ho preso l'articolo e in cui si trova il video
Gaza, bambino scalzo in fuga che porta in spalle la sorellina: il video drammatico
Il gesto diventato virale sul web: simbolo del dramma in Medio Oriente
Due fratellini, il più grande porta in spalle la sorellina, a piedi nudi, stremato lungo la via di fuga degli sfollati dal nord di Gaza al sud. Immagini strazianti, simbolo di umanità, postate sui social e che in breve hanno scosso non poco gli animi degli utenti in rete.
La fuga da Gaza
La sorella più piccola aggrappata al fratello più grande che urla tutto il suo dolore. Uno strazio per l'anima. I due bambini soli tra le macerie di Gaza, entrambi con lo sguardo perso. Un video di quasi 20 secondi che documenta la disperazione di un popolo costretto a lasciare il cuore della Striscia. Secondo i militari israeliani dell'Idf sono almeno 500mila le persone in fuga da Gaza City, prima dell'azione di terra dei soldati con la stella di David c'erano invece circa un milione di abitanti.
Le firme a sostegno dello Stato palestinese
Sono quasi 9mila gli israeliani che hanno firmato una petizione a sostegno della richiesta di riconoscimento dello Stato palestinese in vista del prossimo vertice del 22 settembre a New York con Arabia Saudita e Francia a presiedere. E' atteso per quel giorno il riconoscimento formale di Gran Bretagna, Francia, Canada, Australia e Belgio. "No alla guerra, sì al riconoscimento!" lo slogan dell'iniziativa si legge sui media israeliani. L'organizzazione della raccolta firme punta a quota 10mila firme israeliani da mostrare all'Assemblea Generale dell'Onu prevista la prossima settimana. Dimostrare una volta per tutte che c'è un pezzo di cittadini israeliani che si oppone alla guerra e spingono con forza per la pace
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A 9 anni perde una gamba nel raid israeliano, la ricostruisce con un tubo di plastica. Il video virale da Gaza
La storia di Rateb, che sogna di poter continuare a giocare a calcio
Un tubo di plastica, un coltello da tavola e uno spago, per poter continuare a tirare calci a un pallone. In queste ore sono diventate virali le immagini, girate dai giornalisti di Gaza, in cui un bambino di nove anni di Gaza senza una gamba a causa di un bombardamento israeliano se ne costruisce una "di fortuna" per poter tenere viva la sua passione per il calcio. Si chiama Rateb, e nel raid ha perso la madre e un fratello.
Il video del bambino di Gaza con una gamba ricavata da un tubo dell'acquaNel video girato dal giornalista di Gaza Tamerh Qeshta, la cui versione tradotta da Translating Falasteen mostriamo in copertina dell'articolo, il bambino, che si chiama Rateb Abu Qleiq, racconta la sua storia: "Ho detto a mio fratello di prendere un tubo, così posso giocarci a calcio", dice. "Sono stato sfollato dal nord a Deir el-Balah", spiega Rateb, che nelle immagini si vede riuscire a tirare calci a un pallone con la nuova gamba "di fortuna", costruita con un tubo dell'acqua legato a ciò che resta della sua gamba. "Tre mesi fa ero dai miei zii con i miei fratelli, e siamo stati bombardati. Mia madre è stata uccisa, mio fratello è stato ucciso. La mia gamba è stata tranciata, ma ho messo un tubo. Mi sono rimasti un fratello e una sorella".
Rateb con la maglia di Messi
In un altro video, girato dal fotogiornalista Fadel Mghari, ritrae Rateb con indosso la maglietta di Lionel Messi al Barcellona. Lui e suo fratello stanno tagliando il pezzo di tubo con un coltello da tavola, e lo si vede calzare la sua nuova "protesi" fissata a ciò che rimane dell'arto con uno spago, per poi allontanarsi con l'ausilio delle stampelle.L'agenzia palestinese Quds News Network, che ha ricondiviso il video, scrive: "Nonostante il dolore e la perdita, sogna ancora di correre, di tornare a scuola e di riunirsi al padre, in attesa di una protesi che possa aiutarlo a recuperare la sua infanzia".
Despite the pain and loss, he still dreams of running, of going back to school, and of reuniting with his father — waiting for a prosthetic limb that could help restore his childhood.
— Quds News Network (@QudsNen) September 20, 2025
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Arrestato direttore d'orchestra israeliano che chiede di "fermare il genocidio a Gaza"
È un arresto che fa rumore: si tratta del direttore d'orchestra israeliano Ilan Volkov che appena una settimana fa dopo aver diretto la Bbc Scottish Symphony Orchestra a margine del concerto clou dei celebri Bbc Proms, una rassegna britannica di musica classica che da decenni va in scena durante l'estate alla Royal Albert Hall, ha preso la parola davanti ad un pubblico cosmopolita per denunciare ciò che accade nella Striscia. Con lui sono state arrestate altre tre persone.
Cosa ha detto su Gaza Ilan Volkov, il direttore d'orchestra israeliano
Ciò che accade nella Striscia di Gaza è "atroce e orrendo". "Io amo il mio Paese", ha premesso, "ma sono addolorato" per le sofferenze inflitte "su scala inimmaginabile" a masse di "palestinesi innocenti": "uccisi a migliaia, dispersi dalle loro case, privati di scuole e ospedali, ignari di quando potranno avere il prossimo pasto". Volkov ha poi descritto la condizione "terribile" degli ostaggi israeliani superstiti nelle mani di Hamas "da quasi due anni" e quella di tanti "prigionieri politici che languono nelle carceri" dello Stato ebraico. E ancora sottolinea "l'impotenza" della gente comune, ma "la politica" incalza "riguarda tutti": di qui l'invito a ciascuno a fare ciò che può affinché "questa follia sia fermata adesso". "Gli ebrei israeliani e i palestinesi non sono in grado di fermare tutto questo da soli", ha concluso, sollecitando il resto del mondo ad agire perché "ogni minuto che passa mette a rischio la sicurezza di milioni" di persone.
L'arresto di Volkov durante la protesta ai confini con Gaza
Così Volkov mentre viene portato via dagli agenti su un'auto della polizia, insiste con la sua denuncia: "Dobbiamo fermare il genocidio ora. Sta rovinando la vita di tutti. Fermatelo". Volkov è nato a Tel Aviv e all'età di 26 anni è stato nominato direttore principale della BBC Scottish Symphony Orchestra, per poi diventare direttore ospite principale nel 2009.Il suo arresto avviene mentre i carri armati e gli aerei israeliani bombardano Gaza City, obiettivo di una nuova importante offensiva terrestre, costringendo i palestinesi a fuggire verso sud. Il quotidiano israeliano Haaretz, infine, scrive che quattro persone erano state arrestate, tra cui Volkov ma poi sono state rilasciate "dopo poco tempo".
This was at the Proms 2 nights ago - conductor Ilan Volkov pic.twitter.com/XeipZECjWE
— Mishal Husain (@MishalHusain) September 13, 2025
non sono solo fatti trisiti quelli che avvengono a Gaza ma speeranza e felicità d'essere ancora vivi
da https://altreconomia.it/
Storia di Tahani e Nourdine, di un amore e di una gravidanza nella Striscia di Gaza
di Elisa Brunelli — 20 Agosto 2024
Tahani e Nourdine fuggiti in spiaggia dopo il matrimonio © Tahani Shehada
Tahani Shehada è una giovane gazawi che prima del 7 ottobre lavorava per un’agenzia di stampa nella Striscia. Con il fidanzato, Nourdine, stava pianificando il matrimonio a fine anno. Persi di vista nella guerra si ritrovano al Sud, devastati negli affetti, e decidono di sposarsi sotto le bombe. Quando provano a evacuare per partorire in Egitto, Israele occupa Rafah e serra l’ultimo valico
“Quello che mi spaventa di più non è il sangue che schizza ovunque ma la paura di perdere il senso delle cose, di dimenticare come si ride e di diventare una persona consumata dalla depressione e dal dolore”.
Tahani Shehada, 27 anni, ha sempre avuto talento nello scegliere le parole giuste per trasmettere il suo messaggio. Prima del 7 ottobre 2023 lo faceva per lavoro come presentatrice e videomaker per un’agenzia stampa di Gaza City, dove è nata e vissuta tutta la vita. Oggi, le parole di Tahani risuonano pesanti come macigni dal campo profughi di Nuseirat, a pochi metri dal luogo di uno degli attacchi più brutali dall’inizio della guerra su Gaza.
Durante un’operazione per recuperare alcuni ostaggi portati a Gaza da Hamas il 7 ottobre, infatti, centinaia di civili palestinesi sono stati uccisi e feriti dalle forze armate israeliane.
È proprio qui che vive Tahani, o come dice lei, “sopravvive”, da sfollata dopo essere stata costretta ad abbandonare la sua casa, come centinaia di migliaia di altri palestinesi, fuggendo dal Nord di Gaza verso il Sud, zone che l’esercito israeliano aveva garantito come sicure.
“Il 6 ottobre -ricorda la giovane- io e il mio fidanzato Nourdine abbiamo pranzato al mare e passeggiato la sera al chiaro di Luna per le strade di Gaza, parlando dei nostri sogni. Ora è tutto svanito”. Tahani e Nourdine si erano conosciuti al lavoro, avevano fissato il matrimonio per il 14 dicembre 2023, pianificando meticolosamente ogni dettaglio. Con i loro risparmi stavano ristrutturando un piccolo appartamento che dopo le nozze avrebbero finalmente chiamato “casa”.
“Sono sopravvissuta a cinque guerre ma ho capito subito che questa sarebbe stata diversa -sottolinea Tahani-. Dopo venti giorni di bombardamenti incessanti e spietati, la mia famiglia e quella di Nourdine sono state costrette a spostarsi verso Sud. All’inizio, ci eravamo opposti agli ordini di evacuazione ma la devastazione non ci ha lasciato scelta. Il viaggio è stato molto pericoloso, non credevamo di farcela”.
Per Tahani e la sua famiglia iniziavano così le prime settimane da sfollati in una scuola dell’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel vicino Oriente, dove centinaia di persone si erano ammassate i giorni prima in fuga dai bombardamenti. Del fidanzato, erano state perse le tracce. L’esercito israeliano continuava a colpire, tra i molti bersagli, le reti di telecomunicazione, causando lunghe interruzioni del segnale.
Il sovraffollamento, le condizioni igieniche precarie e la mancanza di privacy erano aggravati dal terrore che a Nourdine fosse accaduto il peggio. A fare compagnia a Tahani c’era solo Ceasar, un gatto anche lui sfollato da chissà dove, che aveva voluto ribattezzare come il suo ultimo animale domestico, aggrappandosi con tutta la sua forza ai frammenti di una vita che non voleva credere appartenesse già al passato.

Tahani e Ceasar, sfollati in una scuola dell’Unrwa © Tahani Shehada
Dopo giorni di privazione, Tahani è stata accolta nella casa di una zia, ma la speranza di ottenere un’illusione di sicurezza si è rivelata ben presto vana. Era sul balcone quando un bombardamento ha distrutto la casa del vicino: “Ancora oggi continuo a sentire le urla dei bambini sotto le macerie”, ricorda trattenendo le lacrime.
Trascorso quasi un mese di angosciante silenzio, Nourdine è riuscito finalmente a mettersi in contatto con la fidanzata, ma la gioia del ricongiungimento non è durata a lungo. Pochi giorni dopo, un cecchino israeliano ha ucciso con un colpo alla testa il fratello di Tahani. La stessa sorte era toccata anche al fratello di Nourdine. “Il nostro mondo ci è crollato di nuovo addosso. È questo il prezzo fissato per noi? Trovare una persona amata e perderne un’altra?”, si chiede Tahani.
I due fidanzati si erano promessi di aspettare la fine della guerra per celebrare il matrimonio che avevano così tanto sognato ma l’idea di potersi perdere nuovamente ha iniziato a tormentarli. “Abbiamo deciso che non potevamo aspettare oltre -ribadisce Tahani-. Ci siamo sposati così, senza cerimonia, mentre piangevamo ancora i nostri fratelli. Sognavo di indossare un vestito bianco e invece mi sono unita a mio marito portando i colori neri del lutto. Dopo il matrimonio avevamo deciso di visitare il mare. Volevamo sfuggire al caos della guerra e cercare un momento di romanticismo. Fingevamo di ignorare il rumore degli aerei da guerra anche se era più forte delle nostre voci”.
Tahani e Nourdine, ora marito e moglie, sono riusciti ad affittare un piccolo locale -amara ironia della sorte- all’interno di una sala per matrimoni nel campo di Nuseirat. Qui dormono, cucinano, passano le giornate interminabili facendosi forza.
La hall per matrimoni diventata rifugio improvvisato per la coppia © Tahani Shehada
Dopo le concitate settimane di febbraio, durante le quali si respirava un discreto ottimismo per i trattati in corso, Tahani scopre di essere incinta. “Sentivo di avere finalmente un motivo per cui vivere -continua-. Quella mattina avevo svegliato Nourdine e gli avevo mostrato il test di gravidanza. Era al settimo cielo. Diceva che questo bambino era un dono di Allah per compensarci per gli orrori che avevamo visto in tutti questi mesi. Eravamo così felici perché pensavamo che la guerra potesse finire in qualsiasi momento. Avremmo potuto godere della gravidanza e vedere nostro figlio crescere”. Ma la guerra continua, al contrario, a infuriare senza tregua, e la gioia di quei momenti è ormai svanita. Come centinaia di gazawi, la giovane coppia ha deciso di lanciare un crowdfunding nel tentativo di evacuare in Egitto, ma con la conquista del valico di Rafah da parte delle truppe israeliane, l’unico passaggio per i palestinesi intrappolati a Gaza dal 2007, le loro speranze rischiano di frantumarsi.
“Sono a un punto della gravidanza in cui il bambino riesce a percepire i rumori esterni -confida Tahani-. Sta vivendo gli orrori di questa situazione ancora prima di nascere e il pensiero di partorire in queste condizioni mi terrorizza. Chiedo solo che nostro figlio possa crescere in un ambiente senza paura e privazioni. Io non so dove ci stia portando la vita, ma ormai tutta la forza che ci ha permesso di arrivare vivi fin qui si sta dimostrando inutile. Le nostre anime si stanno svuotando, stiamo diventando insensibili a tutto”.
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il secondo da repubblica
Gaza, il matrimonio sotto le bombe e una macchina come casa: la festa triste di Ibrahim e Narmin non riesco a condividerlo ecco dove trovarlo Gaza, il matrimonio sotto le bombe e una macchina come casa: la festa triste di Ibrahim e Narmin - la Repubblica
Nonostante i continui bombardamenti, Ibrahim e Narmin Abed hanno deciso finalmente di celebrare il loro matrimonio. La coppia, costretta ad abbandonare la loro casa nella città settentrionale di Gaza, ha cercato rifugio nella scuola dell'UNRWA a Deir al-Balah, nel sud. Sono sposati ma non hanno mai festeggiato. La sposa Narmin racconta: “Avevamo programmato di celebrare il matrimonio con una festa ma lo abbiamo rimandato di un mese, poi ancora di altri mesi”. Ora hanno deciso di fare una festa seppur in mod spartano secondo le circostanze di guerra. “Volevo fare una grande festa di matrimonio, ma i soldi non ci sono, questo è il nostro destino, è così" spiega Narmin. Dopo la cerimonia nuziale, la giovane coppia si è diretta verso un'auto che per loro era diventata la casa.

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