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21.9.25

speciale Gaza la vita e le storie tra le bombe . non è più una guerra ma solo un genocidio




Se prima   in contemporanea  a genocidio   usavo  la   parola  guerra   , adesso  anche  a   costo  d'essere   etichettato  come  antisemita  ,  ma  m'importa  una   sega ⋇   ,   perché  sono apposto  con la  mia  coscienza  e  non riesco    ad  essere    antisemita per    conoscenza  storica  e  formazione  culturale   (  anche se  ogni tanto  per  rabbia   e  indignazione  per  quello che  sta  succedendo in  Israele  \  Palestina ci  sono   caduto  ma  poi  mi  sono  scusato  ed  ho  fatto autocritico    che   ha letto i  post  dal  7  ottobre di due  anni  fa   lo sa  benissimo  )    userò  la  parola  genocidio  . Infatti  per  essere  guerra   dovrebbero essere due  parti  in conflitto   che  si  combattono   anche   con  bombardamenti  invece    c'è  solo  una  parte  che assedia  e affama  l'altra come  di mostrano  le storie      sotto riportate      .   .....    rischierei    uscire  dal  post   odierno ,  riprendiamo   la  discussione  prossimamente   se  volete  .  per il momento accontentavi  di : <<Il peso delle parole che grava su Israele >>   da  https://www.lachiavedisophia.com/   che   coincide   con la mia  motivazione 
Ma  desso   basta veniamo   alle  storie 
N.B 
 nel  caso i  video ( non sono riuscito a  scaricarli  o  a  copiare  il codice embed   ho solo  capito  l'articolo convinto   di copiare  anche  i  video    ) non si dovessero  vedere     riporto all'inizio l'url  da  cui   ho preso  l'articolo e  in cui   si trova  il  video 

Gaza, bambino scalzo in fuga che porta in spalle la sorellina: il video drammatico

https://tg.la7.it/esteri/gaza-bambino-in-fuga-sorellina-video-19-09-2025-244499
Il gesto diventato virale sul web: simbolo del dramma in Medio Oriente

Due fratellini, il più grande porta in spalle la sorellina, a piedi nudi, stremato lungo la via di fuga degli sfollati dal nord di Gaza al sud. Immagini strazianti, simbolo di umanità, postate sui social e che in breve hanno scosso non poco gli animi degli utenti in rete. 
La fuga da Gaza
La sorella più piccola aggrappata al fratello più grande che urla tutto il suo dolore. Uno strazio per l'anima. I due bambini soli tra le macerie di Gaza, entrambi con lo sguardo perso. Un video di quasi 20 secondi che documenta la disperazione di un popolo costretto a lasciare il cuore della Striscia. Secondo i militari israeliani dell'Idf sono almeno 500mila le persone in fuga da Gaza City, prima dell'azione di terra dei soldati con la stella di David c'erano invece circa un milione di abitanti.   
Le firme a sostegno dello Stato palestinese 
Sono quasi 9mila gli israeliani che hanno firmato una petizione a sostegno della richiesta di riconoscimento dello Stato palestinese in vista del prossimo vertice del 22 settembre a New York con Arabia Saudita e Francia a presiedere. E' atteso per quel giorno il riconoscimento formale di Gran Bretagna, Francia, Canada, Australia e Belgio"No alla guerra, sì al riconoscimento!" lo slogan dell'iniziativa si legge sui media israeliani. L'organizzazione della raccolta firme punta a quota 10mila firme israeliani da mostrare all'Assemblea Generale dell'Onu prevista la prossima settimana. Dimostrare una volta per tutte che c'è un pezzo di cittadini israeliani che si oppone alla guerra e spingono con forza per la pace

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A 9 anni perde una gamba nel raid israeliano, la ricostruisce con un tubo di plastica. Il video virale da Gaza

Un tubo di plastica, un coltello da tavola e uno spago, per poter continuare a tirare calci a un pallone. In queste ore sono diventate virali le immagini, girate dai giornalisti di Gaza, in cui un bambino di nove anni di Gaza senza una gamba a causa di un bombardamento israeliano se ne costruisce una "di fortuna" per poter tenere viva la sua passione per il calcio. Si chiama Rateb, e nel raid ha perso la madre e un fratello.
Il video del bambino di Gaza con una gamba ricavata da un tubo dell'acquaNel video girato dal giornalista di Gaza Tamerh Qeshta, la cui versione tradotta da Translating Falasteen mostriamo in copertina dell'articolo, il bambino, che si chiama Rateb Abu Qleiq, racconta la sua storia: "Ho detto a mio fratello di prendere un tubo, così posso giocarci a calcio", dice. "Sono stato sfollato dal nord a Deir el-Balah", spiega Rateb, che nelle immagini si vede riuscire a tirare calci a un pallone con la nuova gamba "di fortuna", costruita con un tubo dell'acqua legato a ciò che resta della sua gamba. "Tre mesi fa ero dai miei zii con i miei fratelli, e siamo stati bombardati. Mia madre è stata uccisa, mio fratello è stato ucciso. La mia gamba è stata tranciata, ma ho messo un tubo. Mi sono rimasti un fratello e una sorella".

Rateb con la maglia di Messi

In un altro video, girato dal fotogiornalista Fadel Mghari, ritrae Rateb con indosso la maglietta di Lionel Messi al Barcellona. Lui e suo fratello stanno tagliando il pezzo di tubo con un coltello da tavola, e lo si vede calzare la sua nuova "protesi" fissata a ciò che rimane dell'arto con uno spago, per poi allontanarsi con l'ausilio delle stampelle.L'agenzia palestinese Quds News Network, che ha ricondiviso il video, scrive: "Nonostante il dolore e la perdita, sogna ancora di correre, di tornare a scuola e di riunirsi al padre, in attesa di una protesi che possa aiutarlo a recuperare la sua infanzia".

 

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Arrestato direttore d'orchestra israeliano che chiede di "fermare il genocidio a Gaza"

Ilan Volkov: "Addolorato" per le sofferenze inflitte "su scala inimmaginabile" a masse di "palestinesi innocenti"

È un arresto che fa rumore: si tratta del direttore d'orchestra israeliano Ilan Volkov che appena una settimana fa dopo aver diretto la Bbc Scottish Symphony Orchestra a margine del concerto clou dei celebri Bbc Proms, una rassegna britannica di musica classica che da decenni va in scena durante l'estate alla Royal Albert Hall, ha preso la parola davanti ad un pubblico cosmopolita per denunciare ciò che accade nella Striscia. Con lui sono state arrestate altre tre persone. 
Cosa ha detto su Gaza Ilan Volkov, il direttore d'orchestra israeliano
Ciò che accade nella Striscia di Gaza è "atroce e orrendo". "Io amo il mio Paese", ha premesso, "ma sono addolorato" per le sofferenze inflitte "su scala inimmaginabile" a masse di "palestinesi innocenti": "uccisi a migliaia, dispersi dalle loro case, privati di scuole e ospedali, ignari di quando potranno avere il prossimo pasto". Volkov ha poi descritto la condizione "terribile" degli ostaggi israeliani superstiti nelle mani di Hamas "da quasi due anni" e quella di tanti "prigionieri politici che languono nelle carceri" dello Stato ebraico. E ancora sottolinea "l'impotenza" della gente comune, ma "la politica" incalza "riguarda tutti": di qui l'invito a ciascuno a fare ciò che può affinché "questa follia sia fermata adesso". "Gli ebrei israeliani e i palestinesi non sono in grado di fermare tutto questo da soli", ha concluso, sollecitando il resto del mondo ad agire perché "ogni minuto che passa mette a rischio la sicurezza di milioni" di persone.
L'arresto di Volkov durante la protesta ai confini con Gaza
Così Volkov mentre viene portato via dagli agenti su un'auto della polizia, insiste con la sua denuncia: "Dobbiamo fermare il genocidio ora. Sta rovinando la vita di tutti. Fermatelo". Volkov è nato a Tel Aviv e all'età di 26 anni è stato nominato direttore principale della BBC Scottish Symphony Orchestra, per poi diventare direttore ospite principale nel 2009.Il suo arresto avviene mentre i carri armati e gli aerei israeliani bombardano Gaza City, obiettivo di una nuova importante offensiva terrestre, costringendo i palestinesi a fuggire verso sud. Il quotidiano israeliano Haaretz, infine, scrive che quattro persone erano state arrestate, tra cui Volkov ma poi sono state rilasciate "dopo poco tempo".  

 

   non  sono  solo fatti trisiti  quelli che  avvengono  a  Gaza ma  speeranza  e  felicità  d'essere  ancora  vivi  


da  https://altreconomia.it/

Storia di Tahani e Nourdine, di un amore e di una gravidanza nella Striscia di Gaza
di Elisa Brunelli — 20 Agosto 2024

Tahani e Nourdine fuggiti in spiaggia dopo il matrimonio © Tahani Shehada


Tahani Shehada è una giovane gazawi che prima del 7 ottobre lavorava per un’agenzia di stampa nella Striscia. Con il fidanzato, Nourdine, stava pianificando il matrimonio a fine anno. Persi di vista nella guerra si ritrovano al Sud, devastati negli affetti, e decidono di sposarsi sotto le bombe. Quando provano a evacuare per partorire in Egitto, Israele occupa Rafah e serra l’ultimo valico
“Quello che mi spaventa di più non è il sangue che schizza ovunque ma la paura di perdere il senso delle cose, di dimenticare come si ride e di diventare una persona consumata dalla depressione e dal dolore”.
Tahani Shehada, 27 anni, ha sempre avuto talento nello scegliere le parole giuste per trasmettere il suo messaggio. Prima del 7 ottobre 2023 lo faceva per lavoro come presentatrice e videomaker per un’agenzia stampa di Gaza City, dove è nata e vissuta tutta la vita. Oggi, le parole di Tahani risuonano pesanti come macigni dal campo profughi di Nuseirat, a pochi metri dal luogo di uno degli attacchi più brutali dall’inizio della guerra su Gaza.
Durante un’operazione per recuperare alcuni ostaggi portati a Gaza da Hamas il 7 ottobre, infatti, centinaia di civili palestinesi sono stati uccisi e feriti dalle forze armate israeliane.
È proprio qui che vive Tahani, o come dice lei, “sopravvive”, da sfollata dopo essere stata costretta ad abbandonare la sua casa, come centinaia di migliaia di altri palestinesi, fuggendo dal Nord di Gaza verso il Sud, zone che l’esercito israeliano aveva garantito come sicure.
“Il 6 ottobre -ricorda la giovane- io e il mio fidanzato Nourdine abbiamo pranzato al mare e passeggiato la sera al chiaro di Luna per le strade di Gaza, parlando dei nostri sogni. Ora è tutto svanito”. Tahani e Nourdine si erano conosciuti al lavoro, avevano fissato il matrimonio per il 14 dicembre 2023, pianificando meticolosamente ogni dettaglio. Con i loro risparmi stavano ristrutturando un piccolo appartamento che dopo le nozze avrebbero finalmente chiamato “casa”.
“Sono sopravvissuta a cinque guerre ma ho capito subito che questa sarebbe stata diversa -sottolinea Tahani-. Dopo venti giorni di bombardamenti incessanti e spietati, la mia famiglia e quella di Nourdine sono state costrette a spostarsi verso Sud. All’inizio, ci eravamo opposti agli ordini di evacuazione ma la devastazione non ci ha lasciato scelta. Il viaggio è stato molto pericoloso, non credevamo di farcela”.
Per Tahani e la sua famiglia iniziavano così le prime settimane da sfollati in una scuola dell’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel vicino Oriente, dove centinaia di persone si erano ammassate i giorni prima in fuga dai bombardamenti. Del fidanzato, erano state perse le tracce. L’esercito israeliano continuava a colpire, tra i molti bersagli, le reti di telecomunicazione, causando lunghe interruzioni del segnale.
Il sovraffollamento, le condizioni igieniche precarie e la mancanza di privacy erano aggravati dal terrore che a Nourdine fosse accaduto il peggio. A fare compagnia a Tahani c’era solo Ceasar, un gatto anche lui sfollato da chissà dove, che aveva voluto ribattezzare come il suo ultimo animale domestico, aggrappandosi con tutta la sua forza ai frammenti di una vita che non voleva credere appartenesse già al passato.


Tahani e Ceasar, sfollati in una scuola dell’Unrwa © Tahani Shehada

Dopo giorni di privazione, Tahani è stata accolta nella casa di una zia, ma la speranza di ottenere un’illusione di sicurezza si è rivelata ben presto vana. Era sul balcone quando un bombardamento ha distrutto la casa del vicino: “Ancora oggi continuo a sentire le urla dei bambini sotto le macerie”, ricorda trattenendo le lacrime.
Trascorso quasi un mese di angosciante silenzio, Nourdine è riuscito finalmente a mettersi in contatto con la fidanzata, ma la gioia del ricongiungimento non è durata a lungo. Pochi giorni dopo, un cecchino israeliano ha ucciso con un colpo alla testa il fratello di Tahani. La stessa sorte era toccata anche al fratello di Nourdine. “Il nostro mondo ci è crollato di nuovo addosso. È questo il prezzo fissato per noi? Trovare una persona amata e perderne un’altra?”, si chiede Tahani.
I due fidanzati si erano promessi di aspettare la fine della guerra per celebrare il matrimonio che avevano così tanto sognato ma l’idea di potersi perdere nuovamente ha iniziato a tormentarli. “Abbiamo deciso che non potevamo aspettare oltre -ribadisce Tahani-. Ci siamo sposati così, senza cerimonia, mentre piangevamo ancora i nostri fratelli. Sognavo di indossare un vestito bianco e invece mi sono unita a mio marito portando i colori neri del lutto. Dopo il matrimonio avevamo deciso di visitare il mare. Volevamo sfuggire al caos della guerra e cercare un momento di romanticismo. Fingevamo di ignorare il rumore degli aerei da guerra anche se era più forte delle nostre voci”.
Tahani e Nourdine, ora marito e moglie, sono riusciti ad affittare un piccolo locale -amara ironia della sorte- all’interno di una sala per matrimoni nel campo di Nuseirat. Qui dormono, cucinano, passano le giornate interminabili facendosi forza.La hall per matrimoni diventata rifugio improvvisato per la coppia © Tahani Shehada

Dopo le concitate settimane di febbraio, durante le quali si respirava un discreto ottimismo per i trattati in corso, Tahani scopre di essere incinta. “Sentivo di avere finalmente un motivo per cui vivere -continua-. Quella mattina avevo svegliato Nourdine e gli avevo mostrato il test di gravidanza. Era al settimo cielo. Diceva che questo bambino era un dono di Allah per compensarci per gli orrori che avevamo visto in tutti questi mesi. Eravamo così felici perché pensavamo che la guerra potesse finire in qualsiasi momento. Avremmo potuto godere della gravidanza e vedere nostro figlio crescere”. Ma la guerra continua, al contrario, a infuriare senza tregua, e la gioia di quei momenti è ormai svanita. Come centinaia di gazawi, la giovane coppia ha deciso di lanciare un crowdfunding nel tentativo di evacuare in Egitto, ma con la conquista del valico di Rafah da parte delle truppe israeliane, l’unico passaggio per i palestinesi intrappolati a Gaza dal 2007, le loro speranze rischiano di frantumarsi.
“Sono a un punto della gravidanza in cui il bambino riesce a percepire i rumori esterni -confida Tahani-. Sta vivendo gli orrori di questa situazione ancora prima di nascere e il pensiero di partorire in queste condizioni mi terrorizza. Chiedo solo che nostro figlio possa crescere in un ambiente senza paura e privazioni. Io non so dove ci stia portando la vita, ma ormai tutta la forza che ci ha permesso di arrivare vivi fin qui si sta dimostrando inutile. Le nostre anime si stanno svuotando, stiamo diventando insensibili a tutto”.

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il secondo  da repubblica  

Gaza, il matrimonio sotto le bombe e una macchina come casa: la festa triste di Ibrahim e Narmin  non riesco  a  condividerlo   ecco  dove  trovarlo    Gaza, il matrimonio sotto le bombe e una macchina come casa: la festa triste di Ibrahim e Narmin - la Repubblica

Nonostante i continui bombardamenti, Ibrahim e Narmin Abed hanno deciso finalmente di celebrare il loro matrimonio. La coppia, costretta ad abbandonare la loro casa nella città settentrionale di Gaza, ha cercato rifugio nella scuola dell'UNRWA a Deir al-Balah, nel sud. Sono sposati ma non hanno mai festeggiato. La sposa Narmin racconta: “Avevamo programmato di celebrare il matrimonio con una festa ma lo abbiamo rimandato di un mese, poi ancora di altri mesi”. Ora hanno deciso di fare una festa seppur in mod spartano secondo le circostanze di guerra. “Volevo fare una grande festa di matrimonio, ma i soldi non ci sono, questo è il nostro destino, è così" spiega Narmin. Dopo la cerimonia nuziale, la giovane coppia si è diretta verso un'auto che per loro era diventata la casa.  


 

11.7.25

Unorthodox – Una fuga verso la libertà: la mia opinione sulla serie Netflix


per  chi  ha  fretta

📺 Unorthodox (Netflix)
Unorthodox è una miniserie televisiva tedesca e statunitense ideata e scritta da Anna Winger e Alexa Karolinski, diretta da Maria Schrader e basata sull'autobiografia del 2012 di Deborah Feldman Ex ortodossache ha lasciato il movimento Satmar, una comunità chassidica di New York. Il rifiuto scandaloso delle mie radici chassidiche (Unorthodox: The Scandalous Rejection of My Hasidic Roots). La miniserie è stata scritta da Anna Winger e Alexa Karolinski,  Unorthodox è la prima serie di Netflix quasi interamente recitata in yiddish.
La miniserie, composta da quattro puntate, è stata resa disponibile internazionalmente sulla piattaforma Netflix dal 26 marzo 2020.[ una miniserie intensa, ispirata a una storia vera.
Segue Esty, una giovane donna in fuga da una comunità ultra-ortodossa per cercare libertà e identità.Più che una semplice fuga, è un viaggio umano tra fede, appartenenza e rinascita.
🎭 Personaggi complessi.🎥 Storia potente.🤔 Domande profonde: siamo davvero liberi di scegliere chi vogliamo essere?
👉 L’avete vista? Quale personaggio vi ha colpito di più? fatemelo  sapere   nei  commenti



Incuriosito da questa serie suggeritami da amici fra cui un amica laureata in arabo del medio oriente ho approfondito tramite loro e un documentario di 20 minuti, Making Unorthodox, che racconta le riprese e il processo creativo dietro la serie.E altre recensioni e letture sula serie in particolare : Perché devi vedere assolutamente la serie Unorthodox su Netflix   di https://www.tag24.it/
ho approfondto    il contesto culturale di Unorthodox  e  ulteriormente  le mie  conoscienze sulla  cultura  ebraica e   le suye sfacetature \ interpretazioni   dei libri sacri  
La serie si basa sulla vita all’interno della comunità chassidica Satmar, un gruppo ultra-ortodosso ebraico con sede a Williamsburg, Brooklyn. Questo contesto, raramente esplorato nella narrativa televisiva, è fondamentale per comprendere la forza della storia di Esty.
La cultura Satmar è profondamente legata alla tradizione, con regole precise che regolano ogni aspetto della vita: abbigliamento, lingua, educazione, ruoli di genere, e perfino la musica. Lo yiddish è la lingua principale, e la separazione tra uomini e donne è marcata.
Per le donne, le aspettative sono chiare: matrimonio giovane, maternità e dedizione alla famiglia. In questo ambiente, il dissenso non è solo scoraggiato – è impensabile.
Unorthodox non giudica apertamente questa cultura, ma la mostra attraverso gli occhi di chi non riesce più a respirare al suo interno. Il contrasto con la Berlino multiculturale non è solo geografico, ma profondamente simbolico: rappresenta la collisione tra due mondi e la fatica del trovare un’identità tra passato e presente.
Unorthodox è una miniserie Netflix che racconta la storia di Esty, una giovane donna che decide di lasciare la sua comunità ultra-ortodossa a Brooklyn per cercare una nuova vita a Berlino. Ispirata all’autobiografia di Deborah Feldman, la serie offre uno sguardo intenso e realistico su un mondo poco conosciuto, affrontando temi come l’identità, l’autodeterminazione e il peso delle tradizioni .
Dal punto di vista tecnico, la serie colpisce per l’accuratezza della ricostruzione culturale,  infatti  si  mantenuta la lingua  originale   della  comunita   e l’interpretazione della protagonista, che riesce a trasmettere con grande forza le emozioni contrastanti del suo percorso. La regia è essenziale ma coinvolgente, e riesce a bilanciare momenti di grande intensità emotiva con una narrazione fluida e ben costruita  nonostante l'uso  eccessivo   dei  flashback e  un racconto   non  lineare  . 
Pur essendo una storia individuale, Unorthodox solleva domande universali: quanto siamo disposti a rischiare per essere liberi? Fino a che punto la cultura in cui cresciamo definisce chi siamo?
Personalmente, a  parte (  forse questione di abitudine ) la  poca linearità  nei  racconto  più  adatto a mio  avviso    a  un romanzo  che a  un  film ,  ho trovato la serie coinvolgente e ben realizzata. Nonostante alcune semplificazioni necessarie al formato televisivo, Unorthodox riesce a lasciare il segno.
Ecco una  cosa mi  ha colpito   dei ta ai personaggi principali di Unorthodox:I personaggi principali: tra fede, ribellione e ricerca di sé.  Infatti  uno  degli aspetti  più riusciti di Unorthodox è la caratterizzazione dei personaggi, che non cadono mai nel bianco o nero, ma mostrano sfumature e contraddizioni umane.Esty Shapiro
È la protagonista assoluta. Giovane donna cresciuta nella comunità chassidica Satmar, Esty incarna il desiderio di libertà e la fatica di liberarsi da un’identità imposta. La sua trasformazione, sia interiore che esteriore, è al centro della narrazione. Il modo in cui affronta il senso di colpa, la paura e l’incertezza del futuro rende il suo viaggio emotivamente potente e realistico.Yanky Shapiro Il marito di Esty, inizialmente può apparire come un semplice “antagonista”, ma la serie gli concede spazio per mostrarsi più complesso. È vittima di un sistema tanto quanto Esty, e il suo comportamento è spesso dettato dalla pressione della famiglia e della comunità. La sua evoluzione, tra fragilità e tentativi maldestri di riconquista, offre un ritratto credibile di chi è rimasto nel mondo che Esty ha scelto di abbandonare. Moische Cugino di Yanky, rappresenta la parte più conservatrice e aggressiva della comunità. Il suo ruolo è quello dell’inseguitore, ma anche lui è un personaggio tormentato. Il suo passato problematico emerge a tratti, lasciando intuire quanto sia intrappolato in una struttura che non perdona la deviazione.Robert e il gruppo di Berlino
Rappresentano l'altro lato del mondo di Esty: quello libero, aperto e multiculturale. Nonostante la loro accoglienza, Esty si rende conto che anche qui deve trovare il suo posto. Robert, in particolare, è il primo legame autentico che Esty sviluppa al di fuori della sua comunità, ma la serie evita ogni banalizzazione romantica, lasciando spazio a una relazione fondata su comprensione e rispetto. 
Ecco una riflessione da aggiungere dopo l’approfondimento dei personaggi, per chiudere in modo coerente e stimolante tale mia  recensione  di  Una storia che vive nei suoi personaggi è  quella   che  Unorthodox non è solo il racconto di una fuga, ma soprattutto la rappresentazione di un conflitto interiore che prende forma attraverso i suoi personaggi. Esty, Yanky, Moische e gli altri non sono semplici simboli o stereotipi: sono esseri umani intrappolati tra aspettative sociali, senso del dovere e desideri personali.
Ciò che colpisce è che nessuno dei personaggi è del tutto "buono" o "cattivo". Anche chi ostacola Esty lo fa spesso per paura, per convinzione o per incapacità di vedere un’alternativa. Allo stesso tempo, il mondo esterno non è dipinto come perfetto o privo di ostacoli: è solo diverso, e altrettanto complesso.
In definitiva, Unorthodox invita a riflettere su quanto la libertà sia una conquista personale e mai priva di costi. Ed è proprio grazie a questi personaggi – vivi, imperfetti, umani – che il messaggio arriva con forza e autenticità .Quindi   nonostante    sia   in molt  punti   caduta    nei  : «  Pericoli del flashback Affilato come la lama di una katana, il flashback è altrettanto pericoloso da maneggiare se non si è esperti. Impone cura e attenzione. I pericoli del flashback sono i suoi stessi pregi, ma al negativo. Primo fra tutti è il calo di tensione. Se utilizzato al punto giusto aiuta a rendere il testo più arioso e a rallentarlo un po’, ma che ne sarebbe del nostro testo se ne abusassimo? Se lo usassimo troppo spesso o se il nostro flashback fosse troppo lungo? Indovinato. Farebbe perdere al romanzo la tensione narrativa e si assisterebbe a quello che in sociologia viene definito ‘sbadiglio’. Il lettore si annoierebbe, inizierebbe a pensare alle vacanze o alle spese da fare o a quel grazioso vicino di casa che… e il testo sarebbe spacciato. È un bel rischio.»   ( da Il flashback, cos’è e come usarlo  di  Francesco Montonati|  )  Mi è piaciuto molto per   i motivi     citati   nella  sezione  i sintesi  \ per  chi  ha  fretta  .  
E voi vi siete riconosciuti in qualcuno di loro? Quale personaggio vi ha colpito di più, e perché?  E voi l’avete vista? Che impressione vi ha fatto? Vi è sembrata una rappresentazione equilibrata o troppo romanzata?Mi piacerebbe conoscere anche il vostro punto di vista nei commenti. 

10.5.22

come non abbassarsi allo stesso livello degli haters - odiatori la storia di Valentina Palli sindaca di Russi che diventa amica del suo odiatore , ed altre storie di pace

 


RAVENNA 
Dopo mesi in cui veniva ricoperta di insulti al telefono si è presentata a casa sua: "Qual è il problema?". Hanno fatto pace con una brioche. Una storia singolare raccontata in un post su Facebook dalla sindaca di Russi Valentina Palli. (  foto a destra  ) Da quando è stata eletta, con una lista civica legata al centrosinistra, il signor Renato, 90 anni, ha cominciato a tempestarla di telefonate (con offese): decine e decine di chiamate per mesi in Comune, a lei, alla sua segretaria e ai collaboratori, alla Provincia, proprietaria della strada. Il motivo? Il traffico, i camion
che passavano davanti a casa. "Non mi lasciano riposare", la lamentela. "Determinato, caparbio, testone finanche. Perennemente arrabbiato - scrive la prima cittadina del Comune nel Ravennate - Il suo problema era il traffico pesante davanti a casa sua, a suo avviso cresciuto esponenzialmente, tanto che non lo lasciava più riposare. E allora si attaccava al telefono proferendo insulti a tutti. Gli insulti di Renato sono stati, per mesi, una sorta di ricorrenza quotidiana per i malcapitati che rispondevano alle telefonate". Così la sindaca ha deciso di reagire.  "In un giorno di sole - racconta - senza avvisarlo, mi sono presentata a casa sua. Sono stata lì un’oretta, un tempo di chiacchiere, di storia della sua vita e della sua famiglia. Di vicinanza umana.  Abbiamo parlato anche un po’ della strada ma in effetti nel nostro tempo insieme quello fu un tema del tutto residuale.  Da quel giorno, le sue telefonate sono cambiate. Il rumore della strada deve essere cessato perché non lo ha mai più citato". Poi Renato ha preso il Covid ed è stato ricoverato. "Dall’ospedale, visto che è solo, chiamava noi e noi abbiamo fatto altrettanto con lui, chiamandolo al telefono e chiedendo ai medici come stesse, per assicurarci che non si sentisse solo (all’ospedale ci era vietato andare…) e così Renato è tornato a casa. Come dice lui: “alla mia età sono anche tornato!” e si è commosso al telefono quando lo ho chiamato per dargli il bentornato". Il lieto fine? "Adesso, ogni tanto, mi fisso (da sola e senza avvisarlo) un appuntamento in agenda. Gli porto una brioche (che non mangia) e lo passo a salutare - conclude Valentina Palli - La strada deve essere diventata nel frattanto tranquillissima perché non ne abbiamo mai più parlato". In compenso quelle visite sono diventate un appuntamento fisso: brioche con Renato.


  sempre  in  ambito di pace    e di coesistenza  \  convivenza    ci  sono   queste  due  storie    soprattutto la  prima 

Dall’Italia a San Pietroburgo in bicicletta, il messaggio di Monokov contro la guerra




Daniil, in arte Monokov, è un ragazzo russo di 18 anni che vive in Italia dal 2009. Da oltre sessanta giorni sta viaggiando per l’Europa, a bordo della sua bicicletta, partendo da San Ginesio, un comune in provincia di Macerata, nelle Marche. Il suo obiettivo è diffondere un messaggio contro la guerra e contro la Russofobia nel continente. Al momento si trova in Polonia, dove i suoi canali social sono diventati virali, ma ha già percorso circa 3 mila chilometri e attraversato 9 Paesi, con la speranza di arrivare fino a San Pietroburgo. Nei video e nelle foto che pubblica, spesso Monokov mostra una bandiera che porta i colori bianco blu bianco. “È la bandiera dei russi che sono contro la guerra”, ha spiegato Monokov, aggiungendo che i colori sono stati scelti prendendo la bandiera russa e togliendo il colore rosso, che “simboleggia il sangue della guerra”, motivo per cui è stato sostituito con il bianco. Durante il suo percorso, Daniil ha avuto modo di confrontarsi con diverse persone, anche con profughi ucraini. Daniil vuole veicolare un messaggio di pace, senza schierarsi politicamente “non voglio parlare di politica, sono neutrale”.
                                di
 Tommaso Bertini   


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Lugansk, 15enne ferita guida un'auto sotto i bombardamenti e porta in salvo 4 persone: l'intervista

"Mi sono trovata sotto un bombardamento a Popasna, nella regione di Lugansk. Eravamo in macchina quando all'improvviso i russi hanno iniziato a sparare". 
Liza, 15 anni, si trovava in compagnia di quattro persone in quel momento, tutti suoi compagni di viaggio. Il guidatore è stato ferito da alcune scheggie così la ragazza ha preso la situazione in mano
Lugansk, 15enne ferita guida un'auto sotto i bombardamenti e porta in salvo 4 persone: l'intervista

"Mi sono trovata sotto un bombardamento a Popasna, nella regione di Lugansk. Eravamo in macchina quando all'improvviso i russi hanno iniziato a sparare". Liza, 15 anni, si trovava in compagnia di quattro persone in quel momento, tutti suoi compagni di viaggio. Il guidatore è stato ferito da alcune scheggie così la ragazza ha preso la situazione in mano e ha portato tutti in salvo a Bakhmut, città dell'Ucraina orientale. A raccontare la sua storia è stato il canale "Ucraina-24", che ha raccolto la testimonianza della ragazza mentre questa veniva trasferita in ospedale in ambulanza. L'intervista è stata rilanciata anche dall'ex ambasciatore ucraino in Italia, Dimitri Volovnykiv. . e ha portato tutti in salvo a Bakhmut, città dell'Ucraina orientale. A raccontare la sua storia è stato il canale "Ucraina-24", che ha raccolto la testimonianza della ragazza mentre questa veniva trasferita in ospedale in ambulanza. L'intervista è stata rilanciata anche dall'ex ambasciatore ucraino in Italia, Dimitri Volovnykiv. .
 



6.12.21

Lei è Samia.

GLI INVISIBILI  (   https://storiedeglialtri.it/serie/immigrati/ 
Erano fieri della loro vita, della loro famiglia, dell’educazione ricevuta e della posizione nella società. Hanno perso tutto, sono diventati rifugiati ,  quando   riescono  ad  arrivare  vivi.  


Lei è Samia. Nasce a Mogadiscio, in Somalia, nel 1991. È la più piccola di 6 fratelli. Il padre è fruttivendolo. Il suo paese è in guerra. Samia è una bambina gracile, ma ha due gambe agili. Corre, si allena. Sogna. Ha 10 anni. Partecipa a una gara tra ragazzi più grandi. Il papà le regala una fascia di spugna. Vai, corri, figlia mia. Senza paura. Samia corre, e arriva prima. È il 2008. Samia si sente pronta,
si iscrive ai campionati africani di atletica leggera. Fa i 100 metri, arriva ultima, ma viene convocata per
le olimpiadi di Pechino. Potrà rappresentare il suo paese. È un grande onore. Mancano sei mesi alle gare, Samia dovrà lavorare sodo, sputare sangue. Sa che non ha molte possibilità, ma ci prova. Si allena tutti i giorni, da sola. Corre senza velo. Ma è pericoloso. Esce di casa, la fermano ai posti di blocco. La minacciano. Se non la smetti, ti scanniamo. Samia non si ferma, si allena di notte, di nascosto. È il 19 agosto. Olimpiadi di Pechino. Samia è ai blocchi di partenza dei 200 metri. Guarda le altre. Sono allenate, muscolose, indossano tute sgargianti. Lei è magrissima, porta una maglietta bianca e dei fuseaux neri sotto il ginocchio. Sulla testa, la fascia che le aveva regalato il suo papà. Le scarpe gliele hanno date le atlete del Sudan. Samia è un fascio di nervi. Aspetta il segnale, via! Fa uno sforzo enorme, tira più che può, le altre le sfrecciano a fianco, tagliano il traguardo, lei sta ancora facendo la curva. È ultima. Il pubblico la applaude. Samia piange. È felice. Torna a Mogadiscio. Nessuno ha seguito la sua gara. Non importa, si rifarà alle olimpiadi di Londra. Mancano 4 anni. Deve solo trovare un allenatore. Può farcela. Intanto riceve nuove minacce. Deve nascondersi, lì non può più stare. Si mette in viaggio. Nairobi, Etiopia, Sudan, Libia. È il 2012. Samia ha 21 anni. Si imbarca su un gommone. La sorella è a Londra, la aspetta. Il suo gommone va in avaria. Affonda. Samia si getta in mare. Allunga una mano fuori dall’acqua. Non la afferra nessuno. Samia Yusuf Omar annega a largo di Lampedusa.

19.9.21

Aiuta i migranti: criminale

 

Aiuta i migranti: criminale

FOTO LAPRESSE
Da quale parte La polizia italiana al confine di Claviere presidia i respingimenti di migranti della Francia

VAL SUSA MANDATO DI CATTURA PER IL “GIGANTE” NO TAV

Èdavvero un concentrato unico di generosità e testardaggine montagnina, la Val di Susa. Dove una comunità popolare forgiatasi nella Resistenza antifascista, rigenerata dalla decennale vertenza contro un’alta Velocità inutile e nociva, non ha voluto disertare neppure l’i mpegno del sostegno logistico ai migranti che tentano di espatriare in Francia. Ne hanno viste di tutti i colori, lassù, additati come il covo della sovversione italiana, ma certo non si aspettavano venisse raggiunto da mandato di cattura internazionale uno dei personaggi più conosciuti e amati della valle: Emilio Scalzo, 66 anni vissuti intensamente fra la Sicilia delle origini e le vette alpine piemontesi.

La Francia ne chiede l’estradizione accusandolo di aver partecipato a scontri con la Gendarmerie alla frontiera di Claviere, durante una protesta contro la vera e propria caccia ai migranti dispiegata oltre confine. Mercoledì scorso tre auto dei carabinieri si sono appostate a Bussoleno per catturarlo appena uscito di casa, quasi si trattasse di un elemento pericoloso. Forse perché intimorite dalla fama di atleta che contraddistingue questo gigante buono, portiere di calcio e pugile dilettante, di mestiere pescivendolo e per vocazione militante No Tav. Di certo ignoravano la sua storia di vita raccontata da Chiara Sasso nel bel libro A testa alta ( Intra Moenia), l’impegno a non lasciarsi risucchiare nella malavita com’è successo ad alcuni dei suoi otto fratelli, senza però mai abbandonarli. In carcere prima di lui era finita a 73 anni Nicoletta Dosio, autrice della post- fazione del volume. Per fare l’en plein mancherebbe solo che arrestino pure il magistrato Livio Pepino, già membro del Csm, oggi impegnato nel Gruppo Abele, che firma la prefazione del volume.

Fatto sta che Emilio Scalzo attende rinchiuso in cella alle Vallette di Torino l’udienza di mercoledì 29 settembre in cui una Corte d’appello esaminerà la richiesta di estradizione avanzata da Parigi. Per scongiurarla, i difensori faranno presente che a ottobre Scalzo dovrà rispondere di fronte alla giustizia italiana di alcuni reati minori, come il taglio delle reti di un cantiere Tav. Così funziona da queste parti: si ritrovano in veste di pregiudicati insegnanti, negozianti, contadini che non mollano la presa.

I compaesani di Emilio Scalzo stasera daranno vita a una fiaccolata a Bussoleno. Loro ricordano la volta in cui tornò a casa scalzo perché aveva regalato le scarpe a un migrante che doveva traversare i boschi innevati d’inverno. Mal sopportano l’ipocrisia di un’opinione pubblica che si commuove per il dramma degli afghani in cerca di salvezza, ma ignora la sorte dei due afghani precipitati giovedì scorso nel lago artificiale di Rochemolles mentre tentavano l’espatrio. Sono sbalorditi dall’ idea che il mandato di cattura internazionale possa applicarsi a un reato minore come quello di cui viene accusato Emilio, un uomo di cui possono testimoniare l’altruismo e il tragitto di vita, sempre insidiato dalla prossimità del male, ma sempre rivolto al bene.

15.6.18

COGLIERE IL PRESENTE, SFUGGIRE ALLE CONVENZIONI: 4 DESTINAZIONI PER VIAGGIARE SOLI



in sottofondo
Corduroy - Let's Play Two - Pearl Jam


La quotidianità ci rassicura, ci fa sentire protetti, ci fa guardare al domani con meno ansie. Ma a volte può rappresentare un peso, un impedimento alla propria realizzazione personale, un ostacolo alla felicità

Si può sfuggire alla routine in molti modi senza  droghe   o altrio emzzi artificiali   uno dei più efficaci - e divertenti - per vivere il presente con spirito d’avventura è viaggiare  non solo fisdicamente  : sfidare prima di tutto noi stessi e le nostre abitudini per cercare l’insolito, l’altro. Trovando mondi incredibilmente diversi da noi, paradossalmente troviamo noi stessi, lasciando alle spalle convenzioni e schemi che credevamo nostri e che invece non ci appartengono. Ma  sopratuytto accettando  di contaminarci  con l'altro   e  cercare un identità aperta   e non chiusa   Decidere una meta alla quale affidarsi è qualcosa di estremamente personale, ma tra le tante destinazioni ne abbiamo scelte tre dove inseguire i propri sogni e ritrovare una nuova libertà (anche di espressione) diventa un’avventura incredibile


Cogliere il presente, sfuggire alle convenzioni: 4 destinazioni per viaggiare soli

In Sud Africa per imparare dai ranger


 
Amanti degli animali, della natura e degli spazi aperti? Prendetevi un po’ di tempo e intraprendete l’addestramento per diventare ranger: imparate a riconoscere le impronte dei leoni, dei ghepardi, dei leopardi, dei rinoceronti e delle giraffe in Namibia. I tramonti infuocati e la voce del bush vi faranno scoprire il vostro nuovo io.





Cogliere il presente, sfuggire alle convenzioni: 4 destinazioni per viaggiare soli
Lontani da tutto, nel deserto della Bolivia, il Salar de Uyuni

 
Sognate un luogo dove dimenticarvi della tecnologia: di fronte a uno spettacolo indimenticabile preferite guardare coi vostri occhi piuttosto che attraverso la fotocamera del cellulare. Il Salar de Uyuni è tra i deserti più grandi del mondo, caratterizzato da una distesa di sale bianchissimo, formazioni rocciose e isole ricche di cactus. Incredibilmente, con una fauna quasi inesistente, qui è invece comune vedere fenicotteri rosa.








Cogliere il presente, sfuggire alle convenzioni: 4 destinazioni per viaggiare soli
Mettere a tacere le preoccupazioni sul sentiero degli Appalachi

 
Le responsabilità non vi lasciano neanche quando c’è un oceano fra voi e loro? Forse è il caso di stancare anche i vostri pensieri - oltre che i vostri piedi - con un’escursione lunga 3.500 chilometri che va dalla Georgia al Maine, negli Stati Uniti. Il continuo mutare di paesaggi, fra montagne e foreste, animali selvatici e incontri fortuiti, vi farà abbracciare il concetto che tutto cambia, e va bene così.






Cogliere il presente, sfuggire alle convenzioni: 4 destinazioni per viaggiare soli



Taipei, Taiwan: perché non sempre il silenzio è d’oro


 
Riuscite a sentirvi vivi solo se siete circondati dal caos cittadino. Più cose avete da fare, più vi sentite in pace con voi stessi. Taipei, la capitale di Taiwan posta all'estremità settentrionale dell’isola, vi stupirà: tra passato e presente, qui energia e cultura si incontrano per un’esplosione di stimoli: mercatini notturni, infinite opzioni di street-food e pop-up store vi aspettano.









Questi luoghi, così diversi fra loro, hanno un comune denominatore:  un inno alla forza liberatoria dei viaggi on the road e del viaggio in sé, per entrare in contatto con il proprio io.

Scopriamo i protagonisti di questa avventura, intraprendenti e magnetici.

The Marshal

Cogliere il presente, sfuggire alle convenzioni: 4 destinazioni per viaggiare soli
La città è alle spalle, il futuro davanti a sé, per lui esiste solo il presente. Il protagonista è un uomo misterioso accarezzato dalla luce calda del tramonto che gli promette orizzonti infiniti.

Wayfarer Blaze

Cogliere il presente, sfuggire alle convenzioni: 4 destinazioni per viaggiare soli
Indipendente e forte, questa cowboy contemporanea ha solo un obiettivo in mente: essere se stessa.

Aviator Evolve

Cogliere il presente, sfuggire alle convenzioni: 4 destinazioni per viaggiare soli
Nessuna meta in particolare, l’importante è godersi il viaggio. La protagonista di questo scatto accoglie una nuova alba, un’occasione per rincorrere i propri sogni. 

Hexagonal

Cogliere il presente, sfuggire alle convenzioni: 4 destinazioni per viaggiare soli
Un cane e una chitarra come unici compagni di viaggio, il protagonista di questa immagine sceglie di affrontare la strada meno battuta, e non ha intenzione di tornare indietro.

Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

   Dopo  la  morte  nei  giorno scorsi  all'età  di  80 anni   di  Maurizio Fercioni ( foto al  centro    )  considerato il primo tatuat...