Antefatto
Andi Nganso ha 35 anni, è un medico di origini camerunensi. Arrivato in Italia nel 2006 per studiare medicina, dopo aver lavorato per la Croce Rossa italiana, inizialmente nei centri di accoglienza di Lampedusa e Bresso, poi a Roma, da qualche mese è medico di urgenza ed emergenza in Veneto. Era in servizio al pronto soccorso di Lignano Sabbiadoro (Udine) quando, per via della propria pelle, si è visto scaraventare addosso da un paziente, un uomo di circa 60 anni della provincia di Treviso una serie ininterrotta di insulti razzisti. “Non toccarmi, sei nero!”, “Preferivo due costole rotte che farmi visitare da un ne**o”, gli ha urlato l’uomo. Parole che restano cristallizzate in un audio registrato nel mezzo dell’aggressione.
Io non avrei mai immaginato, quando ero molto più giovane, che mi sarebbe toccato vivere in una società così scoraggiante.Avevo fiducia nel futuro, la gente che pontificava di razzismo, odio, mi sembrava miseria umana destinata a implodere nella propria merda culturale.I miei coetanei, cresciuti a pane, catechismo e ora di religione, mi sembravano gente normale, umanamente parlando, chi più e chi meno, e insomma ero certa che da lì a poco, l'arretratezza sarebbe stata nebulizzata dalla cultura, dalle conquiste sociali, dai valori umani.Mi sembrava che quelli che ancora additavano la gente sui barconi (allora arrivavano dall'Albania, per dire), o se la prendevano con i terroni o i neri, fossero solo vecchi stronzi, o giovani stronzi, comunque destinati progressivamente all'isolamento sociale.Insomma non ero io quella strana
A cinquant'anni mi ritrovo a sentirmi strana, in una società che disprezzo profondamente, con due figli adolescenti a cui cercare di spiegare che è l'impegno dei singoli a fare la differenza, anche se per quanto ci si possa impegnare alla fine si è travolti dalla massa. Una massa di analfabeti, cattivi, violenti.E così ecco spiegata la mia reazione alla storia di un medico italiano, Andi Nganso, insultato da un paziente perché nero, insultato al punto da dover fare intervenire le forze dell'ordine.Insultato insieme alla collega infermiera, anche lei oggetto di insulti perché donna.Il tutto in un pronto soccorso di un ospedale veneto.Peraltro, Andi Nganso, non è nuovo a questo tipo di aggressioni.Niente.Io me ne tiro fuori, non ho armi, risorse per fronteggiare questa melma subumana, non ho più risorse neppure per me.In sintesi, alla fine, quella diversa sono diventata io.Tantissima solidarietà, ancora, al dott. Nganso.