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7.7.25
effetti collaterali di una vendetta amorosa nel caso dell'esplosione diTorino . dove per vendicarsi dell'amanteo dell'ex : fa involontariamente una strge . ma lei era fuori casa dal fidanzato .
la prima parte del titolo è sarcastico , ovviamente non c'è niente da ridere anzi il contrario .
Infatti al centro della vicenda si trova una donna di 30 anni, residente da sette anni nell’appartamento al quinto piano dell’edificio esploso. La giovane sarebbe stata l’oggetto di un’ossessione da parte dell’arrestato, che si era invaghito di lei. La Stampa la etichetta come ex amante, ma non è ancora chiaro se tra i due ci fosse stata una relazione vera o platonica. Non riuscendo ad accettare il suo distacco e la presenza di un nuovo compagno, l’uomo avrebbe deciso di vendicarsi tentando di incendiarle l’abitazione. Secondo la Procura, l’intento era quello di colpirla simbolicamente, distruggendo ciò che le apparteneva.
Come riporta La Stampa, il 23 giugno, era partita per l’Isola d’Elba per far visita al suo attuale fidanzato, rientrando a Torino solo la sera del 4 luglio. L’esplosione era avvenuta invece nella notte tra il 29 e il 30 giugno, mentre lei era ancora lontana. Il sospettato avrebbe approfittato della sua assenza per entrare nell’edificio e appiccare l’incendio. Ma il suo gesto ha avuto conseguenze ben più gravi di quanto previsto.
Jacopo Peretti, vittima inconsapevole e innocente
Nell’esplosione ha perso la vita Jacopo Peretti, 33 anni, originario di Mazzè e trasferitosi da poco a Torino per motivi di studio e lavoro. Si trovava nel suo appartamento, nello stesso piano dell’obiettivo dell’attacco, e secondo gli inquirenti non era in alcun modo coinvolto nella vicenda. La sua è una morte tragica, definita dalla Procura come quella di una “vittima collaterale”: un giovane senza legami con l’attentatore o con Madalina, morto solo per trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Resta intanto lo sgomento tra i residenti di via Nizza, colpiti non solo da un’esplosione fisica, ma anche da un atto che, stando alle indagini, si sarebbe originato da una spirale di rancore personale sfociata in tragedia collettiva.Pure io che nel mio passato ho usato la vendetta ( solo violenza psicologica e diffamazione , mai ma mai violenza fisica ) verso dei rifiuti da parte femminili sono e sarei arrivato a tanto a coinvolgere , far morire in questo caso , persone che non c'entrano niente
9.3.25
per una relazione non tossica e onesta prima di tutto + Manuale di autodifesa puntata XXI I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco SE AVETE BISOGNO DI AIUTO INVIATE LA POSIZIONE e dite sempre dove state andando e mandate la posizione sul cellulare
puntata precedente post del 1 marzo
1 ONESTÀ PRIMA DI TUTTO.
guardarvi dentro e di essere onesti con voi stessi.
2 CHIEDETE AIUTO.
Se da soli non riuscite a essere obiettivi nella valutazione, e comunicare fatevi aiutare da un professionista che possa guidarvi in un percorso di autoconoscenza.
3 SI PUÒ CAMBIARE.
Ricordate che la “tossicità” non è sempre una caratteristica intrinseca e inamovibile della nostra personalità e, per questo, può essere cambiata o meglio trasformata in quyalcosa di costruttivo
4 ANALIZZATE LE CONSEGUENZE.
Cercate di analizzare le conseguenze che il vostro comportamento ha sugli altri, in particolare sulle persone cui volete bene. Il risultato principale è quello di provocare ansia e stress costanti in se stessi e negli altri.
5 ASCOLTATE IL PROSSIMO.
Mettetevi in ascolto degli altri e se ci riuscite delle loro esigenze \ bisogni \ spazi . Evitate di creare con liti inutili, di fare critiche poco costruttive e di reagire sempre in maniera altamente difensiva o aggressiva.
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Dite sempre a qualcuno di fiducia dove state andando, soprattutto se avete un incontro con una persona sconosciuta o chiaccherata . Impegnati ( ed ossessionatìi )come siamo a difendere la nostra privacy, a volte dimentichiamo che ci sono abitudini che potrebbero tornare utili in caso di pericolo. Una di questa è condividere la propria posizione. Naturalmente, se usato in maniera equilibrata e non come uno strumento di controllo per verificare dove si trova e cosa sta facendo la persona che “controlliamo”, questo stratagemma può risultare molto utile. È importante sapere che per rilevare la nostra posizione e quindi comunicarla a terzi in caso di necessità, è possibile usare Google Maps, che solitamente è preinstallato su qualsiasi smartphone. Prima di tutto occorre attivare la localizzazione Gps del proprio cellulare. Una volta fatto, sul nostro smartpone comparirà un pallino sulla mappa che indica la nostra posizione. Tenendo premuto per qualche secondo il dito sul pallino, in alto nella barra dove digitiamo gli indirizzi comparirà una serie di numeri, che corrispondono alle nostre coordinate Gps, rilevabili anche quando siamo in modalità offlne, quindi senza connessione dati. A questo punto possiamo copiarle e incollarle in un messaggio da inviare con un semplice sms a chi vogliamo sappia dove ci troviamo Se invece vi trovate in una zona coperta dalla connessione dati e potete navigare su Internet liberamente, è ancora più facile comunicare la posizione. Ormai le piattaforme di messaggistica più di&use consentono di condividerla anche per più ore. Pensiamo a WhatsApp, per esempio, applicazione difusissima. Senza che sentiate violata la vostra privacy, è possibile condividere anticipatamente (senza aspe"are che si presenti necessariamente il pericolo) la vostra posizione, in modo che chi la riceva possa monitorarvi e intervenire in caso di bisogno.
13.10.24
diario di Bordo n 81 anno II "Vergognatevi", il fratello di Totò Schillaci contro la Rai., Da poliziotta a suora: «Così continuo ad aiutare le vittime della violenza»., la seconmda vita di armanda gallius scampata ad uno stalker., trisnonna a 85 anni
L’attore e doppiatore Luca Ward ha letto un messaggio in sua memoria e invitato il pubblico a inscenare una coreografia di luci con i telefonini per dare maggiore
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L’hanno cercata ben 8 emittenti televisive: Il boccone del resto era ghiotto: la suora-poliziotta, la religiosa che trent’anni fa arrestava i malfattori, oggi lavora perché nella Chiesa nessuno più abusi dei minori. Suor Tosca Ferrante, originaria di Visciano (5mila abitanti in provincia di Napoli) si è negata: a lei quell’etichetta sta stretta, anche se non rinnega nulla di quando, prima della professione religiosa, a 19 anni decise di entrare in polizia. Una confidenza ad Avvenire però la concede: quello che l’aveva convinta era stata la serie televisiva degli anni Ottanta “CHiPs”, due poliziotti in moto che facevano del bene al prossimo.
Suor Tosca nel 2024 ha compiuto 55 anni, ha festeggiato i 25 di professione religiosa ed è stata eletta superiora generale delle suore Apostoline di Castel Gandolfo, l’ultima creatura del beato don Giacomo Alberione. Laureata in psicologia dopo la professione religiosa, oggi coordina il Servizio di tutela minori delle diocesi toscane e di quello diocesano di Pisa; spesso è in trasferta per tenere corsi di formazione per gli operatori pastorali, ed è stato proprio in occasione di un seminario a Pistoia, qualche giorno fa, che la sua storia di suora-poliziotta è stata “intercettata”.
Quando si pensa a una persona in divisa, con pistola e manette, la si associa spesso a un potere. Invece io ho vissuto l’esperienza in Polizia come servizio alla collettività.
Come hanno vissuto i suoi genitori la sua scelta giovanile?
Mio padre faceva il muratore, mia madre la casalinga, entrambi molto credenti, iscritti all’Azione Cattolica. Mio padre è stato molto tempo all’estero, in Venezuela e in Germania e ha trasmesso a me e a m io fratello, che lavora nell’Esercito, il valore della giustizia e dell’aiuto al prossimo. La Polizia è stato il mio primo spazio in cui incarnare quei valori. Quindi sì, dopo il disorientamento iniziale, sono stati favorevoli alla mia scelta.
Quali sono stati i suoi primi incarichi?
All’inizio sono stata a Roma, al Commissariato di Tor Pignattara. Dopo due anni e mezzo sono stata trasferita a Napoli, all’Ufficio stranieri. La sera andavamo negli alberghi a recuperare le prostitute per dar loro il foglio di via. Ho incontrato tante persone sofferenti: delinquenti, tossicodipendenti, giovani donne vittime della tratta, stranieri in attesa di permesso di soggiorno spesso vittime di raggiri: insomma tanta povertà, tanto vuoto e anche tanto male. E questo mi ha permesso di comprendere qual era la mia vocazione: ho sentito che Dio mi chiamava a donare tutta la mia vita.
E ha scelto la vita religiosa. Come è accaduto?
È stato un percorso, iniziato a 15 anni quando andai a Castel Gandolfo, dalle Suore Apostoline, per un’esperienza estiva. Ho sempre continuato a frequentarle, anche durante i miei cinque anni di lavoro in Polizia. Un giorno mi venne chiesto di vigilare su un minorenne che aveva compiuto un furto, il primo della sua vita. Dopo un po’ che parlavamo, lui iniziò a piangere, era spaventato. Poi mi disse: “Ho paura, mi dai un abbraccio?”. Non potevo, ero in divisa. Tornata a casa, mi guardai allo specchio e dissi: “Ma chi stai diventando?”.
Il carisma delle suore Apostoline, di cui lei è la superiora generale, è vocazionale, cioè stare accanto ai giovani affinché ciascuno trovi la sua strada e a chi ha già fatto una scelta di vita e vive un tempo di difficoltà vocazionale. Lei ha raccontato che da bambina voleva diventare maestra o infermiera, poi è diventata poliziotta e ora è psicologa e suora. È un po’ un cerchio che si chiude?
Mi pare che ciò che accomuna queste esperienze è la dimensione della cura della persona, attraverso l’ascolto, per garantire a tutti di stare al mondo con dignità.
Nel 2020 la Conferenza episcopale italiana ha istituito i Servizi diocesani e regionali per la tutela dei minori. Lei coordina quelli di Pisa e della Toscana. Questa rete anti-abusi funziona?
Sì, funziona. La chiave del servizio è la ricerca delle verità e trovare strade perché ciò che è accaduto non accada mai più. Una strada è la formazione: molto del nostro lavoro è richiamare alla responsabilità dell’essere adulti a coloro che operano in contesti parrocchiali. La fatica per i giovani è trovare punti di riferimento a cui guardare, adulti affidabili, maturi, che siano in grado di accompagnarli nella loro ricerca di senso.
Nelle diocesi, accanto ai Servizi di tutela, ci sono anche i Centri di ascolto, a cui arrivano segnalazioni di casi o testimonianze. Ha incontrato anche vittime di abusi?
«Il piccolo Alessio mi ha reso trisnonna, è un dono di Dio»
Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO
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