Visualizzazione post con etichetta compagnidiviaggio. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta compagnidiviaggio. Mostra tutti i post

29.12.23

credere o non nelle persone ?

canzone  suggerite  

Caro amico\ l'anno che  verrà  -Lucio dalla
il  vagabondo    stanco  - Mcr
Non so a chi credere - Biagio Antonacci 

  Grazie   alle  storie   di  Mario   Calabresi    e  di Emiliano Morrone  (  vedere post  sotto  )   che riesco ad  andare  avanti  ed  a


ed alcuni #fidaticontatti riesco ad andare avanti ed a lasciarmi alle spalle quelli che credevo , #compagnidiviaggio ed invece si sono rilevati #infidi ed #egocentrici . come mi successo recentemente con delle persone con cui ho avuto incomprensioni ed anziche provare a risolverle accusano dando la reponsabilità di ciò solo a me e non anche loro




Potrebbe essere un'immagine raffigurante il seguente testo "Feltrinelli Editore FRED UHLMAN L'amico ritrovato ECONOMICA S Il fatto è che non sopporto l'idea di ferirti. Eppure non credo di essere l'unico responsabile; non è facile essere all'altezza del tuo concetto di amicizia!"


  Ecco che   

da    altre storie   newsletters  di  www.mariocalbresi.it      del  29 dicembre 2023

Questo 2023, a vederlo da qui, dai suoi ultimi giorni, sembra molto buio. Eppure, facendo un viaggio tra le foto del mio telefono, ho ritrovato momenti, incontri e storie piene di luce. La stessa che auguro a tutti noi per l’anno che inizia
È stato un anno faticoso, troppo pieno di giornate in cui le notizie ci hanno riempito di angoscia: inondazioni, persone portate via dall’acqua e dal fango, un clima che non riconosciamo e ci fa paura; donne e ragazze uccise sistematicamente da chi sosteneva di amarle; una guerra che non vuole finire a meno di mille chilometri dal nostro confine orientale; un attentato terroristico di una crudeltà e dimensioni tali che fatichiamo a comprendere e che può solo ricordare l’11 settembre; una reazione per sradicare quel terrorismo che ha smarrito subito il senso delle proporzioni non facendo distinzione tra militanti e civili, tra combattenti e bambini. Un anno in cui abbiamo convissuto con troppa rabbia. Come si può respirare? Come si può avere fiducia e recuperare un po’ di serenità?


L’arcobaleno che ho fotografato sulla spiaggia di Rimini


Ho fatto un viaggio nel mio telefono, nelle foto che ho fatto nell’ultimo anno e ho trovato la risposta: si può e si deve credere nelle persone. Tendiamo a ricordarci quelle che ci hanno fatto un torto, quelle con cui abbiamo avuto uno scontro e non cerchiamo nella memoria chi invece ha fatto la differenza in positivo.
Io la fiducia la ritrovo nelle persone che ho incontrato, nelle storie che mi hanno raccontato, nello scambio e nell’empatia che si può creare. A gennaio a Roma avevo presentato il libro (“Al volante della mia vita”) di una donna straordinaria, si chiamava Alessandra Pederzoli, aveva 48 anni, era una commercialista con la passione per il canto, raccontava la sua lunghissima lotta con un tumore raro. Fino all’ultimo (è mancata a giugno) ha coltivato la vita e le cose che amava di più. Alla fine della presentazione aveva cantato in libreria ed è uno dei ricordi più belli che mi porto dentro.

Alessandra Pederzoli


Una storia a lieto fine, uno straordinario lieto fine, è quella di Lorena e Giuseppe. Lei era una bambina destinata a morire di leucemia nel 1969, lui un giovane medico ostinato a non arrendersi. A febbraio sono andato ad incontrarli per farmi raccontare la vittoria più bella “della carriera e della vita” e di un’amicizia che dura da più di cinquant’anni. La loro storia la potete leggere qui.

Lorena Agliardi e Giuseppe Masera


A marzo, per puro caso ho conosciuto Jack, su un volo all’alba da Catania a Milano. Ha 78 anni e 13 anni fa, poco prima di andare in pensione, è rimasto vedovo. Dopo un periodo passato a pensare di non avere più nulla da fare nella vita e nessun futuro, ha deciso di cominciare a viaggiare. Quando l’ho incontrato aveva appena finito di fare un giro della Sicilia e l’Italia è stato il 69esimo Paese che ha visitato. La sua storia la potete leggere in questa newsletter.

Il selfie che ho scattato con Jack prima che il nostro aereo atterrasse


Oriano Scheggi è nato e cresciuto in mezzo alle vigne di Sangiovese, quelle con cui si produce il Brunello di Montalcino, e lavora da cinquant’anni nel podere di Pieve Santa Restituta, una tenuta che oggi è della famiglia Gaja.
Oriano ricorda che quando era bambino si facevano olio e vino: le viti erano piantate tra un filare di olivo e l’altro, poi a gennaio del 1985, in una sola notte, la temperatura scese a 12 gradi sottozero. Una terribile gelata che uccise la gran parte degli alberi e decise il passaggio dall’olio al vino in tutta la zona di Montalcino.
Con Oriano ho camminato a lungo e mi ha spiegato che le colline di Montalcino sono coperte al settanta per cento di boschi di lecci e di querce e sono un paradiso per gli animali, a partire dagli uccelli. Da secoli questo è il panorama e non si può tagliare il bosco storico per piantare le vigne.
La terra che Oriano coltiva è piena di fossili di milioni di anni fa: un paio di anni fa ha trovato due denti di squalo bianco, appartenuti a un esemplare che doveva essere lungo più di dieci metri.

Oriano Scheggi


Una cosa bellissima è tenere fede alle promesse, anche quelle piccole. Così dopo tre anni sono andato a trovare Silvana Vivoli, che manda avanti la più antica gelateria di Firenze. Avevo raccontato la sua storia durante il primo lockdown quando facevano anche cinquanta chilometri per portare un gelato a domicilio e lo servivano ai pochi clienti attraverso una buchetta medioevale nel muro. Silvana è nata nel 1967, al tempo dell’alluvione: «Allora fu un disastro, ci vollero due settimane per rimettere in piedi il negozio, ma questo ci ha insegnato a non arrenderci mai».
Il nonno di Silvana, Raffaello, aveva cominciato a fare il gelato nel 1930, ma nel quartiere di fiorentini non c’è rimasto più nessuno: «Solo mia madre e una signora di 78 anni che ogni giorno cala il cestino dalla finestra per avere il suo gelato».
Aver mantenuto la promessa ha avuto molti lati positivi, non solo osservare come fanno il gelato e perdermi nel loro laboratorio ma anche assaggiare il suo strepitoso affogato al caffè.

Silvana Vivoli e il suo affogato al caffè


Al Salone del Libro di Torino ho presentato l’ultimo lavoro di Fernando Aramburu, uno dei miei scrittori preferiti, il suo “Patria” è il libro che amo di più. Naturalmente abbiamo parlato di terrorismo basco, di come la società spagnola sta provando a chiudere quelle ferite, ma anche – ed è quello che mi è piaciuto di più – del suo processo creativo. Fernando scrive guardando un grande cactus che ha davanti alla scrivania, personificazione di chi lo leggerà, ma quando si blocca e non riesce ad andare avanti allora a salvarlo ci pensa Luna, la sua cagnolina che sta sempre sui suoi piedi. Escono a fare una passeggiata e lui ritrova il filo della scrittura.

Con Ferdinando Aramburu al Salone del Libro di Torino per presentare il suo ultimo libro: Figli della favola


Quando nel 2011 la cosiddetta “Venere di Morgantina”, una statua del V secolo avanti Cristo raffigurante una dea, tornò in Sicilia (da cui era stata trafugata) dopo un accordo tra lo Stato italiano e il J. Paul Getty Museum di Malibù, mi chiesi se aveva senso portarla nel piccolo museo archeologico di Aidone. Quest’estate sono andato nel centro della Sicilia per trovare la risposta: sì, è giusto che sia tornata a casa, ma meriterebbe di ricevere l’amore e le attenzioni che le venivano date in California.
Meriterebbe quella cura che una coppia di tedeschi, che arrivati qui per caso durante un viaggio decisero di restare a vivere, ha messo nel piccolo bar che si trova proprio di fronte al museo. Producono torte, biscotti alla cicerchia, olio, fanno delle granite strepitose e sono di una gentilezza modello.

L’interno del caffè La Piazzetta del Museo con il titolare


La storia più potente che ho raccontato quest’anno – la potete leggere qui o ascoltare in podcast - è l’incontro tra Maite Billerbeck e Rossana Ottolenghi, la prima è la nipote di un criminale di guerra nazista responsabile della strage degli ebrei del Lago Maggiore (54 uomini, donne e bambini assassinati e gettati nel lago nel settembre di ottant’anni fa), la seconda è la figlia di Becky Bear che sopravvisse alla strage. Il loro incontro a Meina è stato uno degli sforzi più intensi e potenti per tenere lontano l’oblio e per fare memoria in senso nobile e intelligente.

Maite e Rossana il 24 settembre 2023 sul lungolago di Meina


La Signora delle Comete è la mia donna dell’anno. Ho intervistato Amalia Ercoli Finzi, 86 anni, quest’estate e la sua energia e il suo esempio sono la cosa più contagiosa che ho incontrato. Prima laureata in ingegneria aeronautica in Italia, ha lottato senza sosta per farsi spazio in un mondo che era tutto maschile e non ha mai smesso di studiare e ricercare. Il suo racconto lo potete leggere qui e la sua voce ascoltarla qui e capire come andremo un giorno su Marte.

Amalia Ercoli Finzi


Altre/Storie va in vacanza e non uscirà per due settimane. Ci ritroveremo venerdì 19 gennaio. Molti auguri per un anno di serenità e di pace.


e  da 
LA LENTE DI EMILIANO

Il punto di vista sulla Calabria di un intellettuale apolide

Apollo, pieno di informazioni e privo di interessi nel territorio calabrese, risponde sulle difficoltà della regione e sulle direzioni per uscire dal confinamento in cui si trova

da vhttps://www.corrieredellacalabria.it/    Pubblicato il: 29/12/2023 – 6:53




Icaro volò vicino al sole, che ne fuse le ali di cera. È un’immagine attuale, perché la vita è breve, la Terra ha risorse limitate e il potere le spreca a dismisura. Secondo un altro mito, le Colonne d’Ercole, ubicate nello stretto di Gibilterra tra i monti Calpe e Abila, rappresenterebbero le frontiere della conoscenza. Nel XXVI canto dell’Inferno, Dante ce ne offre una descrizione filmica: l’impavido Ulisse è proprio lì, in alto mare insieme ai suoi compagni, che convince all’arrischio: a superare quella barriera, finché «un turbo» spezza la prua della loro nave, infine risucchiata dalle acque vorticose. La morte arriva come destino, punizione, avvertimento. La letteratura di ogni tempo ci spinge a ragionare, al giudizio responsabile, alla coscienza della finitezza umana. Pochi ricordano, nel citare il libro “Ventimila leghe sotto i mari”, con cui lo scrittore Jules Verne ne anticipò l’invenzione, che il sottomarino – Nautilus, nel racconto – viene inghiottito dal maelström, una specie di gorgo, davanti alle coste della Norvegia. Tuttavia, i membri dell’equipaggio si salvano in maniera rocambolesca. Allora la sorte può essere talvolta benevola, ma sempre a futura memoria. Lo psicanalista Sigmund Freud individuò in «Eros» la pulsione di vita, in «Thanatos» quella di morte. Come in “Spleen et Idéal”, di Charles Baudelaire, l’uomo sembra sempre diviso: a un bivio che richiama il dubbio davanti alle Colonne d’Ercole. Anche se la dualità terrena sarebbe apparente e dunque un inganno, secondo il maestro Juri Camisasca, che con Franco Battiato ha scritto brani cantati da tanti ma letti da pochi. Difatti, nel pezzo “Nomadi”, a proposito dell’elevazione spirituale e del distacco dalle passioni e dalla tensione degli uomini, Camisasca precisa: «Come uno straniero non sento legami di sentimento». Da qui la scelta, espressa da Battiato, di vivere «come un eremita che rinuncia a sé».

CALABRIA TERRA DI CONTRASTI

La Calabria è luogo di contrasti: l’esercito della ’ndrangheta e quello della giustizia; lo splendore della costa tirrenica e gli obbrobri di cemento lungo la Statale 18, immortalata dall’antropologo Mauro Minervino; lo Ionio favoloso della Magna Grecia e il litorale senza servizi; le acque trasparenti e i liquami sversati; le foreste rigogliose e l’isolamento cupo dell’interno; la disoccupazione e il lavoro nero; l’orgoglio identitario e la fuga di ragazzi e famiglie; il vanto per chi si afferma fuori sede e il vituperio dei talenti del posto; le utopie dei religiosi Gioacchino e Campanella e l’istinto laico di confinarle come merci Doc; le strade dissestate e i ponti metafisici verso, parafrasando Battiato, orizzonti perduti che non si scordano mai; l’ossessiva retorica sui giovani e il silenzio fisso sulle loro condizioni. Per chi vive in Calabria è perciò arduo orientarsi, mantenere l’equilibrio e non farsi trascinare dagli opposti, che ogni volta si ripropongono a prescindere dalla buona volontà dei singoli. Ed è una condizione frequente fra i giornalisti. Pertanto, oggi intervistiamo un intellettuale apolide, che per comodità chiameremo Apollo, pieno di informazioni e privo di interessi nel territorio calabrese, cui chiediamo quali sono, a suo avviso, le difficoltà della regione e le direzioni per uscire dal confinamento in cui essa si trova.  

«LA SICUREZZA DEI CALABRESI MINATA DALLA ‘NDRANGHETA»

«La Calabria, rinomata per la bellezza naturale e la propria storia, si trova – premette il nostro interlocutore – a fronteggiare una serie di sfide significative che hanno un impatto profondo sulla vita quotidiana dei suoi abitanti. Uno dei problemi più gravi di questa terra è il radicamento della ’ndrangheta, fra le organizzazioni criminali più potenti al mondo. La criminalità organizzata ha radici profonde nel tessuto sociale calabrese. Ciò mina la sicurezza, la fiducia nelle istituzioni e l’opportunità economica. La presenza della ’ndrangheta crea un clima di paura e incertezza che influenza negativamente la qualità della vita dei cittadini. Ma non è tutto. Infatti, la Calabria si scontra con gravi difficoltà amministrative che ne impediscono lo sviluppo sostenibile. La burocrazia e la corruzione hanno ostacolato la realizzazione di progetti cruciali e la gestione efficiente delle risorse pubbliche. Inoltre, la mancanza di infrastrutture adeguate, come strade e trasporti efficienti, limita l’accessibilità e la connettività, isolando alcune comunità e ostacolando lo sviluppo economico».

Si parla spesso dello stato del Servizio sanitario regionale. Qual è il suo punto di vista, in proposito?

«Il sistema sanitario calabrese affronta gravi sfide, tra cui la carenza di personale medico qualificato, la mancanza di strutture moderne e la difficoltà nell’accesso a servizi di qualità. Questi problemi mettono a rischio la salute della popolazione e aumentano la pressione sui residenti, che spesso devono affrontare lunghi tempi di attesa e percorsi di cura inefficienti».

Qual è la sua opinione riguardo alle aree interne della Calabria?

«Stanno vivendo uno spopolamento costante, con le giovani generazioni che scelgono di emigrare in cerca di opportunità altrove. Questo fenomeno è alimentato da un’economia debole, con un tasso di disoccupazione elevato e limitate prospettive di crescita. L’assenza di opportunità lavorative stimola il dominio della criminalità organizzata e crea un circolo vizioso che perpetua la fragilità economica della regione».

Qual è il rapporto fra i cittadini e la politica?

«A volte, la politica locale sembra essere orientata a mantenere lo stato delle cose, piuttosto che a implementare riforme significative. La subordinazione dei cittadini alla politica crea un ambiente in cui le voci della popolazione rischiano di essere soffocate, contribuendo alla persistenza di problemi strutturali. Questo clima spinge molti giovani e famiglie a cercare una vita migliore altrove. È un’emigrazione che indebolisce ulteriormente il tessuto sociale della Calabria».

Come costruire un futuro migliore?

«La Calabria si trova di fronte a sfide complesse e interconnesse, che richiedono un approccio integrato per affrontarle. Occorre combattere la ’ndrangheta, migliorare la governance, potenziare le infrastrutture, rafforzare il sistema sanitario e promuovere lo sviluppo economico. Sono passi fondamentali per garantire un futuro più luminoso per questa affascinante regione del sud italiano. La disorganizzazione, la disoccupazione e l’emigrazione sono in Calabria problemi centrali, che richiedono una riflessione approfondita. La regione può puntare sulle sue risorse storiche e culturali per promuovere il turismo sostenibile e creare opportunità economiche. Bisogna investire nella valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico. Ciò può attrarre visitatori e generare entrate vitali per lo sviluppo locale».

E poi?

«Va contrastata la disorganizzazione generale con una governance efficiente e trasparente. È indispensabile implementare riforme amministrative, semplificare la burocrazia e contrastare la corruzione. Ciò al fine di creare un ambiente più favorevole agli investimenti e alla crescita economica».

Come affrontare la disoccupazione?

«È un problema che richiede un approccio multilivello. È giunto il momento di diversificare l’economia, di incoraggiare l’imprenditorialità locale, di promuovere l’istruzione e la formazione professionale. Si tratta di interventi che possono contribuire a creare opportunità di lavoro e a ridurre la dipendenza da settori vulnerabili».

L’emigrazione è un vecchio problema della Calabria. Come fermarla?

«Ridurre l’emigrazione implica fornire incentivi per trattenere i talenti locali. Ciò può essere realizzato attraverso la creazione di opportunità professionali, mediante investimenti nell’istruzione e nella ricerca e con la promozione di un ambiente favorevole all’innovazione e alla creatività».

Esiste una mentalità ostativa?

«La mentalità locale dominante può influenzare significativamente lo sviluppo. È dunque essenziale alimentare una mentalità aperta al cambiamento, alla collaborazione e all’innovazione. La comunità stessa deve essere parte attiva nella definizione del proprio futuro, superando resistenze al cambiamento e promuovendo una cultura di responsabilità collettiva. In questo senso, il ruolo della classe politica è cruciale. Una classe politica impegnata, responsabile e orientata al benessere della comunità può fungere da catalizzatore per il cambiamento positivo. La trasparenza, l’accountability e la partecipazione democratica sono elementi chiave per valutare e migliorare il livello della classe politica calabrese. In sintesi, il superamento delle sfide della Calabria richiede un approccio integrato che coinvolga la valorizzazione delle sue risorse, miglioramenti infrastrutturali, un’economia diversificata, un cambiamento nella mentalità e una classe politica impegnata. Solo attraverso uno sforzo congiunto della comunità locale, delle istituzioni e degli attori economici, è possibile costruire un futuro più prospero e sostenibile per questa regione straordinaria».

Quanto, a suo avviso, è stato finora fatto, rispetto a ciò che ha suggerito per lo sviluppo della Calabria?

«Valutare gli sforzi compiuti per lo sviluppo della Calabria è complesso e può variare a seconda dei contesti e delle aree specifiche. Tuttavia, è possibile fornire alcune osservazioni generali. Sono stati fatti passi in avanti nella promozione del turismo culturale, ma ulteriori investimenti e sforzi potrebbero ampliare l’attrattività della regione. Ancora, sono state avviate riforme amministrative, ma la lotta alla corruzione e la semplificazione della burocrazia richiedono interventi continuativi per garantire un ambiente favorevole agli investimenti. Credo che siano in corso tentativi di diversificare l’economia e stimolare l’imprenditorialità, ma la disoccupazione persistente suggerisce la necessità di ulteriori iniziative e politiche mirate».

Perché, sulla base delle sue informazioni, in Calabria c’è poca collaborazione tra i vari attori locali, tra politica e società civile, tra cultura e imprese, tra pubblico e privato?

«Fattori storici e tradizioni locali possono influenzare le dinamiche sociali. Spesso, la cultura della chiusura e della diffidenza può ostacolare la collaborazione. Inoltre, problemi strutturali, penso alla corruzione e alla cattiva governance in singole realtà, possono minare la fiducia tra la popolazione e le istituzioni, creando barriere alla collaborazione. Peraltro, la mancanza di incentivi e di un ambiente favorevole può scoraggiare la collaborazione tra il settore pubblico e privato. La percezione di una mancanza di trasparenza e gli interessi personali possono alimentare la diffidenza reciproca. In alcune situazioni, poi, la competizione a fronte di risorse limitate può superare la volontà di collaborare. Questo può essere evidente tra le imprese, ma anche tra diversi livelli di governo. Se non bastasse, le visioni divergenti sullo sviluppo della regione possono ostacolare la collaborazione. Diverse parti interessate potrebbero avere obiettivi contrastanti, rendendo difficile trovare terreni comuni».

Sta facendo un’analisi di buon senso, senza puntare l’indice verso qualcuno.

«Non servirebbe l’accusa. Voglio pure sottolineare che la mancanza di coinvolgimento attivo della società civile può indebolire la voce della comunità calabrese. La partecipazione civica è fondamentale per una collaborazione efficace. Infine, ma non per ultimo, la pervasività della ’ndrangheta può intimidire la società civile, riducendo la volontà di collaborare per paura di ritorsioni».

E quindi?

«Per superare queste sfide, reputo necessario promuovere una cultura di trasparenza, responsabilità e partecipazione attiva. Tali iniziative sono utili a favorire il dialogo aperto tra i vari attori, a sviluppare una mentalità di collaborazione e ad agevolare la nascita di piattaforme per coinvolgere la società civile».

Ora possiamo svelare che l’intervista è stata rilasciata da ChatGPT, con qualche piccolissimo ritocco. Continueremo ad approfondire il tema dell’Intelligenza artificiale, che oggi ci rinvia al mito delle Colonne d’Ercole, per la conoscenza, per la responsabilità, per la vita umana. (redazione@corrierecal.it)



4.1.23

viaggiare da soli o in compagnia ?

il perché ho scelto di chiamare le mie appendici internet anch'io è per questo che avevo chiamato il mio mio blog cdv.splinder.com poi con il passaggio a blogger www.ulisse-compagnidistrada.blogspot.com  e  poi  la   pagina Facebook    compagnidistrada   sta  in questo post   del  gruppo    facebookiano   compagnidiviaggio2013




Chi viaggia senza incontrare l'altro,
non viaggia, si sposta.
Vorrei sempre essere altrove, dove non sono, nel luogo dal quale sono or ora fuggito.
Solo nel tragitto tra il luogo che ho appena lasciato e quello dove sto andando io sono felice.

16.5.22

Il pluralismo è un valore il rispetto anche


Cari amici e colleghi,   cari  lettori    fissi    o  occasionali
da quando  nel  lontano 2004  (  se  si  considera  anche   il vecchio  splinder  ) mi capita  e  mi è capitato  di pubblicare tesi per me non condivisbili  sostenute da svariate nostre firme. Ma ne sono  felice e anche un po’ fiero, perché non ho mai inteso il nostro blog come una fureria e il mio ruolo di "direttore" come quello di gendarme della verità o dell’accettabilità. Quindi, messa in salvo l’oggettività dei fatti,   che  varia  da  persona  a  persona  continuerò a pubblicare  ed  a  lasciar  pubblicare post articoli  da  coloro  che   vi  scrivono  direttamente o  che  trovo sui social  o altri siti ed  blog  ed dopo moderazione ( onde evitare che si faccia flamewar )  i giudizi dei nostri commentatori, anche di quelli più urticanti, stimolanti e provocatori senza alcuna censura  se  non la  mancanza  di  rispetto  . Riservando a me e a chi vorrà l’eventuale diritto di replicare. Ma sempre sul piano  dello scambio  delle
Come  ben  sapete    ,   sia   che  mi  seguite   qui  o  sull'appendice  facebookiana  , il  blog  è  libero e plurale in cui c’è, e deve rimanere, spazio per tutti i collaboratori  o  semplici  commentari  nessuno escluso.  Ed  ogni  volta  che     che  qualcuno\a      si cancella  perchè non  sopporta le critiche \  osservazioni  com'è  avvenuto  nell'ultima  discussione  (   la  trovate  qui  con  i relativi  commenti  ) m'intristisco perchè il  blog    cosi  come  la sua  appendice  social   è    fatta   da utenti \  compagnidistrada    che si confrontano civilmente    e si scambiano idee e  non  degli insulti  ( specialmente gratuiti e personali perchè  anche  se  a volte  succedeun Vaff può capitare ed essere accettato\ tollerato )  ,  delle scomuniche e degli ostracismi.
Una discussione quotidiana, ancor più necessaria in un momento storico così difficile, che rende   tale  spazio     già  di  per  se  caotico   vivo e mai appiattito su una singola tesi. Allo stesso tempo, pluralità non vuol dire sempre condivisione. Una cosa sono le opinioni, come quelle sulle responsabilità e le cause della guerra, un’altra le tesi  , alcuni  di noi   inaccettabili   ma  per  sempre  da  rispettare    seppur  nel contrastarle    Possiamo assicurare a  ***** e ***** che hanno partecipato alla discussione ed hanno abbandonato per un semplice rimprovero sui toni usati   che  se  vogliono  possono  rientrare quando vogliono  e    replicare  i nostri post o i commenti degli altri utenti o gente di passaggio (in quanto i commenti   sia qui che sull'appendice social  sono aperti anche agli anonimi ) purché  seguano  le regole di buon senso  . Infatti Il dibattito   tra noi  utenti  ed  anche con gli esterni  testimonia, ancora una volta, che  la varietà di opinioni   ed  punti di vista    sono  valore da difendere. Ai lettori assicuriamo che il lavoro delle sue redattrici e dei suoi redattori  ed  pure  i  commenti  anche  duri  saranno   sempre a garanzia della libertà di questo Blog .

13.5.17

con droghe o senza droghe , con soldi e senza soldi ,senza o con tecnologie si è sempre viaggiato e sempre si viaggia e tutto viaggia

viaggiare  dentro di  se   senza droghe
viaggiare per  conoscere  

my play list
oltrealle  tre  canzoni   riportatenel ost   eccovene altre
VIAGGI E MIRAGGI - Francesco De Gregori
COMPAGNI DI VIAGGIO   "
21Beat - Il Viaggio 
IN VIAGGIO  CSI  
Fiorella Mannoia - In viaggio
Cesare Cremonini - Buon Viaggio 


Stamattina  Camminando  perr  andare    fare il mio cosueto turno di volontariato   alla bottega del commercio  equo   , sono capitato  davanti  all'agenzia  di viaggi  , e poi poco fa  cazzeggiando   viaggiando   virtualmdente    con il pc   e  vedendo   gli articoli  (  che  qui  sotto riprongo  )    mi è  venuto il mente  il post  d'oggi  .Infatti nonostante  non esista  angolo  del  mondo ormai   che non sia  consciuto  e d  esplorato  https://it.wikipedia.org/wiki/Esplorazioni_geografiche sia  che  si viaggi passivamente 
« Gli occidentali hanno curiosamente limitato la storia del mondo raggruppando il poco che sapevano sull'espansione della razza umana intorno ai popoli di Israele, Grecia e Roma. Così facendo hanno ignorato tutti quei viaggiatori ed esploratori che a bordo di navi hanno solcato i mari della Cina, l'oceano Indiano, l'oceano Pacifico e i mari artici, e che in carovane, hanno attraversato le immense distese dell'Asia. In verità la parte più cospicua del globo, con culture diverse da quelle degli antichi Greci e Romani è rimasta sconosciuta a coloro che hanno scritto del loro, piccolo, mondo con la convinzione di scrivere la storia e la geografia del mondo.  »
                          (   Henri Cordier 1849 – 1925  )
o attivamente si sente sempre il desiderio di viaggiare perchè

Viaggiare, è proprio utile, fa lavorare l’immaginazione. Tutto il resto è delusione e fatica. Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. Ecco la sua forza. Va dalla vita alla morte. Uomini, bestie, città e cose, è tutto inventato. È un romanzo, nient’altro che una storia fittizia. Lo dice Littré, lui non sbaglia mai. E poi in ogni caso tutti possono fare altrettanto. Basta chiudere gli occhi. È dall’altra parte della vita.
[Louis-Ferdinand Céline ~ Viaggio al Termine della notte]



c'è chi lo  fa :
  • con la  fantasia o osservando la  natura  che viaggia  continuamente   





  •   viaggiando    a  ritroso  del  tempo  e  nel passato  come faccio  o  almeno ci provo   riportando  storie  e  ho  fatti curiosi 
si può fare   anche  senza    droghe  



o  questa




  •   fisicamente    o  cercando  di vedere  uno stesso posto  in prospettive  diverse  .

  esempio  

La metropolitana di New York: un viaggio nel viaggio

La metropolitana di New York è un vero viaggio nel viaggio, una sorpresa ogni giorno

da http://www.ioacquaesapone.it/articolo.php?id=2473 Ven 24 Feb 2017 | di Testo e foto di Roberto Gabriele | Mondo




Ogni viaggio ha un suo sguardo, un diverso punto di vista, un incontro inaspettato. Per questo amo preparare la valigia e andare a caccia di nuovi stupori davanti alle cose che vedo; nulla è mai ovvio né scontato, neanche le cose che già conosco o i luoghi che ho già visitato. Ogni volta è una scoperta, perché nel frattempo sono io che cambio.
La metropolitana di New York non fa eccezione: è un vero viaggio nel viaggio, una sorpresa, perché quasi sempre è nuova la gente che vi si incontra... Ho scritto ‘quasi’ perchè in realtà ci sono alcune figure che sembrano far parte da sempre di quelle gallerie e appartenere ai lunghi condotti che portano nelle viscere rocciose del sottosuolo di Manhattan, quasi fossero elementi di arredo progettati insieme alla stazione.
L’UOMO DI “METRO”
È il caso dell’uomo che distribuisce le copie gratuite di “Metro”, il free magazine che conosciamo anche in Italia: la sua vita professionale inizia al mattino alle 6 quando comincia ad urlare una specie di litania che dura fino alle 9, allorché le copie del giornale sono esaurite e lui sparisce insieme a loro, dileguandosi senza riapparire fino al mattino successivo, e così per anni, per sempre… Puoi ritornare e ritrovarlo lì: stazione 34 linea BDFM.
LA FAMIGLIA COUNTRY
Se ti trovi a frequentare la Grand Central Station, nei suoi infiniti corridoi sotterranei, esattamente dove c’è il passaggio comunicante con lo “Shuttle” per Times Square, lì trovi puntualmente la musica country suonata dalla classica famiglia allargata: tre fratelli, due di questi con relative mogli che suonano la chitarra, il basso e la batteria e cantano, vestiti con camicie a quadroni, gonne a fiori e ciabatte. Cantano la vita rurale della gente del Sud.
BONO VOX NELLA SUBWAY
Ma non ci sono solo gli habitué, nella Subway puoi trovare ogni genere di artisti di strada, alcuni di loro sono dei veri professionisti e hanno uno speciale patentino che li abilita ad esibirsi: li trovi sui treni, ma possono essere dovunque, puoi vederli in un posto e il giorno dopo sentirli cantare a Broadway. E può capitare anche di incontrare gli U2, come è successo qualche tempo fa e poi postato sui social!
BURATTINI E BALLERINI ACROBATI
Ti puoi imbattere, poi, in burattinai e suonatori di fisarmonica, in ballerini-acrobati, ma anche nel disperato di turno, quello che non sa cantare, né suonare, né ballare, quello che cerca di attirare l’attenzione, parlando di sua madre tossicodipendente e del padre ucciso.
5 MILIONI DI PERSONE AL GIORNO
E poi c’è la gente… migliaia di persone in ogni treno, 5 milioni e mezzo di persone al giorno e quasi due miliardi l’anno! C’è il mondo intorno a te. Ricordo le scene del film “Il cielo sopra Berlino” di Wim Wenders, in cui un angelo era in grado di ascoltare i pensieri delle persone sulla metropolitana e capirne le infinite storie di vita. Ecco, quando sono sulla metropolitana di New York le guardo e a volte le fotografo, ma sempre le ascolto, anche nei loro infiniti silenzi. I loro corpi parlano. Osservo la gente e ne immagino le storie, proprio come nel film. Le ragazze bellissime e alte le vedi dirigersi a Chelsea, dove ci sono le Agenzie di modelle. Le immagini andare a fare un casting: le vedi in metro e potresti magari ritrovarle in un manifesto pubblicitario al rientro in Italia…
TOP MANAGER ALLA MARATONA
Puoi vedere ovunque il classico top manager nel suo look, con una borsa nera per il computer o che indossa il cappotto con lo zaino sulle spalle: va al lavoro la mattina portandosi l’abbigliamento per allenarsi dopo l’ufficio. Finito l’orario di lavoro, indossa le scarpe e la tenuta da running, mette il cappotto e il resto nello zaino e torna a casa, facendo anche 15-20 chilometri di corsa, allenamento base per la preparazione della più classica delle Maratone, quella di New York!
I ‘COLORI’ NELLA METRO
La metropolitana a New York è anche multicolor: i diversi colori della pelle mi parlano della società cosmopolita newyorkese e che non ha paragoni in nessun’altra città del mondo in termine di numero di etnie.
DA MANHATTAN AL BRONX E RITORNO
Per allontanarmi da Manhattan, ombelico del mondo, prendo la linea 4 o la 5 e me ne vado nel Bronx, dove conosco qualche posticino poco turistico nel quale scoprire la faccia più vera della città. La via del ritorno sulla metropolitana ha il fascino di una scena che si ripete: io unico bianco circondato da un treno di blacks e qualche portoricano. Pochi orientali e quasi tutti neri. Si muovono a famiglie intere, mamme con due o tre figli oppure gruppi di amici adolescenti, ma sempre insieme. Ci trovi i rappers, quelli più distinti e le facce tipiche delle donne che vanno a fare le pulizie in qualche ufficio a Wall Street. La cosa più bella è osservare lo “sbiancamento” del colore medio della pelle dei passeggeri man mano che il treno si avvicina a Manhattan e poi a Downtown. I neri scendono e i bianchi salgono: quel treno unisce il quartiere più povero e quello più ricco della città, è un treno democratico, uguale per tutti, e che accompagna ciascuno nella propria vita.
VICINO ALL’INFERNO
L’aspetto che mi piace di più della metropolitana di NYC è il suo fascino decadente che non le vieta di essere efficientissima in tutto. Credo che sia la rete più fatiscente che io abbia mai visto in un Paese occidentale: è sporca, gli interni non sono minimamente curati e la manutenzione che viene fatta è solo tecnologica, senza nulla di estetico. Non è raro imbattersi in topi giganti anche in pieno centro, si trovano travi arrugginite e perdite di acqua provenienti non si sa da dove, cartacce e bicchieri di cartone, scatole di pizza e coperte puzzolenti abbandonate dagli stessi clochard per quanto erano inservibili. Qui si dimenticano i fasti e le decorazioni della metropolitana di Mosca, la modernità e l’arte di quella di Napoli, o la pulizia di quella di Berlino. Qui sei vicino all’inferno, anche per il caldo umido che provi tutto l’anno, per il rumore assordante dei treni e dei loro condizionatori. Eppure questa città, senza la sua fetida Subway non sarebbe così bella.
STAZIONI DI PERIFERIA
Adoro perdermi nelle stazioni di periferia, quelle più isolate, dove ti trovi da solo ad aspettare un treno o dove scendi e hai l’impressione di essere inseguito dai passi silenziosi di un serial killer. Sono quelle stazioni sopraelevate che trovi a Brooklyn, nel Queens o a Coney Island, dove ti rendi conto di essere nella Little Mosca e dove i negozi hanno le scritte in cirillico! Ne conosco di bellissime: stazioni che passano all’altezza delle basse case a due piani della infinita periferia di New York. Siamo ad un’ora di metropolitana da Manhattan e siamo ancora nella municipalità di New York. I due capolinea distano tra loro quasi tre ore di viaggio! Da queste stazioni puoi osservare i tetti delle case, viaggiando a circa 10 metri di altezza da terra, ma anche in lontananza tutto lo skyline di Manhattan e i suoi grattacieli che riempiono l’orizzonte. Una vista mozzafiato, uno degli scorci più belli che abbia mai visto della città…
LA LINEA 7
C’è una stazione della linea 7 nella quale potrei stare affacciato per ore alla piccola balaustra al termine del binario. Da quel punto mi accorgo di essere sopra la città, sotto di me c’è la strada che brulica di auto, camion e persone, e se alzo lo sguardo dritto davanti a me vedo arrivare i treni che arrancano sui binari in salita. Sullo sfondo di tutto questo, da lontano, posso osservare l’Empire State Building, il nuovissimo One World Trade Center e il traffico di treni e passeggeri che sfilano intorno a me.
LA LINEA A: VERSO L’OCEANO
E se prendi la linea A, quella blu, in direzione Far Rockaway e superi l’aeroporto JFK, dove decine di aerei riempiono il cielo con i loro boati, non fermarti e prosegui ancora, sei nel nulla, ti stai avvicinando al mare. Eccolo: ora ce l’hai davanti, sei sull’Oceano Atlantico! Intorno a te vedrai i surfisti affrontare le onde come se fossi in California. Qui non ci sono grattacieli, ma solo ville sul mare e un silenzio assordante rotto solo dal garrito dei gabbiani. Approfitta per fare una passeggiata e dimenticare il centro per qualche ora: qui c’è la quiete che non trovi a Manhattan, quando dopo questa gita ritornerai in mezzo alla gente sarà ancora più bello apprezzare il caos!
LA LINEA MARRONE AL TRAMONTO
E poi c’è il ponte di Williamsburg, percorrilo al tramonto sulla linea marrone JMZ, quando il sole tramonta. Affacciandoti sulla destra riuscirai a vedere il Manhattan Bridge e poi in fondo il Ponte di Brooklyn, con il sole che tramonta dietro ai grattacieli: questi sono i venti secondi più belli del viaggio, non puoi allungarli, non puoi ripeterli e non hai tempo neanche di fare una foto: dura un attimo, ti mozza il fiato, senti un groppo alla gola e in quel preciso momento ti rendi conto che sei davvero a New York!
25 LINEE, 472 STAZIONI

380 chilometri, 25 linee, 472 stazioni, sugli stessi binari puoi prendere i treni locali che fermano in tutte le stazioni, oppure gli Express che ne saltano tantissime e sono più veloci, ma se sbagli dovrai tornare indietro! Una jungla di binari, di gallerie, di collegamenti: puoi camminare a piedi per un chilometro solo per cambiare tra due linee che solo apparentemente si incrociano! Per orientarti devi sapere che le linee dentro Manhattan sono parallele tra loro e le stazioni hanno il numero della street che tagliano; troverai 4 stazioni con lo stesso numero, su strade diverse e lontane tra loro. Le direzioni da seguire sono sempre e solo due: Uptown and Bronx, oppure Queens o Downtown and Brooklyn.



Ma si può viaggiare , se  si  fa per  avventura  od in solitaria    anche senza tecnologia o con ilmminimo indispensabile per le emergenze come dimostra il finale di due : Basilicata coast to coast 2010 diretto da Rocco Papaleo. e Into the Wild - Nelle terre selvagge (Into the Wild) è un film del 2007 scritto e diretto da Sean Penn, basato sul libro di Jon Krakauer Nelle terre estreme,o per fornire prova documentaria come di mostra questa storia


Come in "Into the Wild", la straordinaria avventura di Eliott


L'incontro con il grizzly, la fame combattuta pescando e mangiando bacche. Il parigino Eliott Schonfeld si è misurato per 3 mesi nella selvaggia Alaska sulle orme di Christopher McCandless, il giovane americano raccontato dal film "Into the Wild" di Sean Penn. Alla stessa età del protagonista del film, Eliott ha viaggiato in solitaria per 1800 km in canoa e 900 a piedi. In questo video il racconto della sua straordinaria avventura (credit: Eliott Schonfeld https://www.facebook.com/eliottschonfeldaventurier/)
 oppure   lavora  e viagia  insieme  




Lavorare in paradiso: vita da nomadi digitali
Per svolgere il proprio mestiere hanno bisogno solo di un pc e di una veloce e potentissima connessione. Per concentrarsi, dei luoghi più incantevoli della Terra di Barbara Savodini


Si chiama home work, mentre coloro che lo praticano sono stati ribattezzati nomadi digitali e fanno tanta invidia agli impiegati tradizionali. Sì, perché per lavorare hanno bisogno solo del loro intelletto, di un pc e di una connessione e per concentrarsi prendono dimora nei più suggestivi scorci della terra, veri e propri paradisi terrestri, visitati da tutti gli altri comuni mortali magari una sola volta nella vita. Fino a qualche anno fa, questi eletti non erano che una manciata di persone in tutto il globo, ma la tecnologia ha velocemente trasformato il modo di concepire il lavoro e così, ora, sono le aziende ad andare a caccia di super cervelloni da spedire dove il clima è sempre mite, l’acqua cristallina e la brezza tiepida e delicata. E il vantaggio è duplice: le sedi centrali spendono la metà per vitto e alloggio (il costo medio mensile non supera mai le 500 euro), mentre i dipendenti rendono il doppio. 



LA RISCOSSA DELLE AGENZIE DI VIAGGIO
L’unico problema è che spesso questi paradisi terrestri, luoghi come la Thailandia, l’Indonesia, il Vietnam o la Giamaica, sono anche quelli in cui la connessione funziona peggio. Ecco che scendono in campo le agenzie: ai tempi delle vacanze low cost, in cui nessuno sembra più aver bisogno della figura dell’operatore di viaggio, c’è chi si reinventa e con questa tendenza ha scoperto un nuovo business. Per rendersi conto della diffusione del fenomeno, basta dare uno sguardo su internet alla quantità di agenzie che lavorano nel settore del nomadismo digitale: c’è Roam, per chi intende trasferire non un dipendente, ma un intero ufficio; Hacker Paradise, il cui nome è già di per sé emblematico; “Wi-fi tribe” che sembra essere il prediletto da chi, anziché concentrazione cerca ispirazione, con centinaia di pittori, artisti e scrittori che lo raggiungono ogni anno. E poi c'è anche nomadlist.com che ha classificato i luoghi belli del nostro pianeta, prendendo in esame cinque parametri: connessione, costo, sicurezza, divertimento e giudizio degli utenti.
conveniente, insomma, è inevitabile, ma in fondo, per chi vive sempre in vacanza, anche dilatare un po' l'orario di lavoro non è certo un problema! 
tori che lo raggiungono ogni anno. E poi c'è anche nomadlist.com che ha classificato i luoghi belli del nostro pianeta, prendendo in esame cinque parametri: connessione, costo, sicurezza, divertimento e giudizio degli utenti.
SVEGLIA PRESTO E TANTE PAUSE: ECCO LA GIORNATA TIPO
La giornata tipo di un nomade digitale? Sveglia presto, perché si sa, il mattino ha l’oro in bocca, un tuffo in piscina o nelle acque cristalline dell’isola, una colazione genuina e poi via a sfornare calcoli o deduzioni informatiche fino alla prima pausa; un pasto fresco all’ombra di una palma o una breve seduta di joga in una capanna, per poi tornare al pc fino alle 17. Proprio come in ufficio, insomma, ma alla fine dell’orario lavorativo ad attendere il lavoratore privato da ogni energia non è il traffico di Milano o il caos di Londra, ma sabbia bianca e natura incontaminata, così, all’indomani, il cervellone dell’azienda sarà più carico che mai. L’abbigliamento? Che dire, quando l’ufficio è dall’altra parte del mondo l’outfit passa in secondo piano e anche chi guadagna 4-5mila euro al mese può permettersi di recarsi alla sua postazione di lavoro in calzoncini e infradito. Anche la vita in paradiso, purtroppo, può avere qualche difetto e nel caso dei nomadi digitali il nemico numero uno è il fuso orario. Qualche in conveniente, insomma, è inevitabile, ma in fondo, per chi vive sempre in vacanza, anche dilatare un po' l'orario di lavoro non è certo un problema! 


Lo strano caso di “Refuga”

Ci sono poi anche aziende che mandano i dipendenti in questi paradisi terrestri non per sempre, ma soltanto per consentire loro di ritrovare se stessi, nuovi stimoli o complicità di gruppo. È questo il caso dell’agenzia “Refuga”, alla quale, tra gli altri, si sono già rivolti Apple e Facebook, i cui 500 impiegati dei settori più delicati hanno trovato la loro complicità scalando vette inarrivabili o attraversando l’India in bicicletta.





ce  chi o lo fa    da  sempre  attirandoti  pregiudizi e  generalizzazioni

Si puà anche   viaggiare  artificialmente con droghe  ed  alluccinogeni ma   lo sconsiglio  perchè   si rischia   la  morte   come di mostra questa  storia   meglio farlo  nei  modi sudetti  o  con la fantasia e  la letteratura   perchè  in viaggio   è libertà fuggire  ( come il film meditteraneo  )  evadere  o oltre  che in se  stessi nel proprio io    vedere le  righe precedenti  e  l'url  sopra 




12.10.14

la sardegna non è solo paolo fresu o enzo favata . Logrind: Da Oristano il rock made in Italy che fa la differenza

la sardegna   non è  solo  Maria  Carta  , Sandro  Fresi  , Piero Marras  ,  Paolo Fresu o Enzo Favata ,  solo per  citare  i primi  che mi vengono in mente . Ma    


Fra  questi nuovi  gruppi    della  nuove leve   ci sono   Oppure (  vedere  sotto  la   nota  stampa \ recensione  dell'amica     \  compagna di strada   Eleonora Casula ) i logrind un gruppo  Oristanese

Essi    a  mio avviso  almeno da quei pezzzi che  ho  avuto modo  d'ascoltare   online ( vedere  url  sotto  )   che promettono  bene , infatti  stanno   riscuotendo  ottimi critiche    da specialisti  e  dei media   ecco uno Da Oristano parte il viaggio musicale dei Logrind, una band rock/pop italiana, quattro giovani una sola passione: la musica pop ed il rock americano anni 90. 
Andrea Carmelita alla voce,  Sharmel, Gianluca Macis  alla Chitarra,  L.Macys, Alessandro Dalla Palma alla Chitarra ,  Dallas, Fabrizio Foglia, Batteria , Fabrice e Omar Lampis al Basso  O.Jay, un caldo mix sardo molisano, che si mette  in gioco. 
Il proprio ambiente non basta per chi è giovane ed ama la musica; è necessario uscire e, sognando un po,' si arriva a superare i confini nazionali esportando il “Rock made in Italy”. 
Tra aspettative e duro lavoro in studio e sul palchi dell'Isola e non solo,  i Logrind sono immediatamente apprezzati dal Contest Heineken Jammin’ Festival e da Mondo Ichnusa. I brani composti e suonati dal gruppo si “piazzano bene”: svettano in cima alle classifiche ascolti in poco tempo, i riconoscimenti arrivano da migliaia di utenti della rete e non solo. 
L'energia data dai risultati positivi porta i Logrind a partecipare alla tappa milanese del TMF (Tour Music Fest) dove ottengono “ un’ottima critica artistica da parte  degli addetti ai lavori.”  
A luglio 2014 esce  FIRED,  il primo EP della band made in Oristano. Fired è disponibile sui migliori digital stores ed in cd.  Interamente  creato e prodotto dai Logrind con il mastering analogico di Filippo Strang del VDSS Studio di Morolo – Frosinone, l’extended play  è composto da cinque tracce con una durata di 20 minuti di Rock/Pop. 
I Logrind sono determinati e così, qualche giorno fa, ennesimo goal:  la band conquista  il primo posto al concorso regionale “Radio Contea”  svolto in Sardegna e dedicato agli artisti emergenti. Ulteriore conferma della spiccata attitudine dei Logrind  per il live. 
Piccoli e grandi successi proseguono, i Logrind vengono apprezzati negli Stati Uniti dove alcuni artisti seguono con attenzione la band oristanese presente anche sul sito americano Reverbnation. 
Al  sogno segue la realtà: il singolo “Waiting for your call” dei Logrind è attualmente in rotazione su numerose radio FM regionali italiane e in diversi network europei. 
Altro da dire? Sicuramente tanto tantissimo ma lo faranno i Logrind stessi. 
Per ora continuiamo a seguirli e perchè no a dar loro sostegno al concorso online Redbull Tour Bus Chiavi in manoIl brano è  votabile dagli utenti fino al 17 Novembre 2014. 
Una band con un percorso musicale tutto vissuto e tutto da vivere, una band che continuerà a far parlare di sé: mentre scriviamo questa nota in quasi tutte le region di Italia passa il single, ascoltabile nelle maggiori radio fm regionali e diversi network europei. 
Perchè con Logrind il rock made in Italy è differente.  ma  peccato  che  abbiano deciso   di farsi conoscere  usando  solo l'inglese  . Con le loro  potenzialità  potrebbero dare l'esempio , e forse  portare  ad un movimento , le premesse  e e basi ci sono  capace ( come quello  che  fu il rock progressive italiano ) di svecchiare completamente come sta facendo il rap e l'hip hop la musica italiana che ha ripreso dopo al parentesi 60\80 a essere solo fior e cuore \ amore  e menate  simili , salvo poche eccezioni  del mondo  indie    che purtroppo non riesce ad  emergere  dal suo ruolo di  nicchia  , ma canzone fu cosi profetica  ,   in giro  da   Renzo Arbore con questa  canzone  


 Ma   è  ed   questo  che mi piace  di loro  l'umiltà e la modestia  . Infatti  <<  Non siamo una band che nasce con l’aspirazione e/o presunzione di svecchiare la musica italiana. 
. Per le  altre recensioni  , pezzi  , ecc   ecco dove  cercare  


LINE UP

Andrea Carmelita – Voce (Nome d’arte Sharmel)
Gianluca Macis – Chitarra (Nome d’arte L.Macys)
Alessandro Dalla Palma – Chitarra (Nome d’arte Dallas)
Fabrizio Foglia – Batteria (Nome d’arte Fabrice)
Omar Lampis – Basso (Nome d’arte O.Jay)

Siti

Contatti: booking@logrind.com – logrindmusic@gmail.com Tel. +39 347 5095698

Contatti con stampa e media:

Eleonora Casula
3397916117
eleonora@webjournalist.eu
Linkedin: Eleonora Casula




In virtù'  dei loro  pezzi  e    delle ottime recensioni  che  si leggono in rete   ho deciso  d'intervistarli

nella vostra bio : << Scelgono di esprimersi in lingua inglese per dare una dimensione internazionale alla propria musica, scelta dettata dal sound moderno a metà strada tra il Brit Pop e il Rock americano degli anni ’90, ma anche dal forte desiderio di varcare i confini regionali-nazionali per mettersi in gioco innanzi a realtà artistiche importanti ed esportare il Rock “Made in Italy”.>> non è che vi  siete , con il rischio di bruciarvi ( toccando ferro e facendo gesti apotropaici ) parti troppo in fretta a livello internazionale senza fare una gavetta in italia o tentare di svecchiare la musica italiana come fecero i gruppi ( pfm , banco del mutuo soccorso , ecc ) del rock progressivo italiano ? come mai questa scelta ? 
 La scelta della lingua inglese è dovuta alla musicalità della lingua stessa. Probabilmente ciò è dovuto
alla minore presenza di nessi consonantici e “suoni duri” rispetto all’italiano  che la rendono
maggiormente malleabile. E’ una scelta dettata dalla resa melodica complessiva, ma anche dalla
mia personale passione per le lingue estere.Non siamo una band che nasce con l’aspirazione e/o presunzione di svecchiare la musica italiana.
Hai fatto giustamente riferimento a capisaldi del prog italiano, tuttavia erano altri anni, noi siamo 
una band rock/pop del 2014 laddove le condizioni sociali si sono ribaltate, il music business pure e 
la “partita” si gioca a viso aperto nel mondo social con il quale è meno arduo rispetto al passato 
raggiungere un pubblico multiculturale, benché la qualità di molte bands  emergenti e dunque la 
concorrenza sia di altissimo livello.Essere sognatori è una qualità indispensabile per un musicista, pertanto non credo che il desiderio
di raggiungere certi obiettivi sia foriero di sventura o implichi la presunzione di voler evitare, o
sottrarci alla gavetta regionale e nazionale, cosa che peraltro stiamo facendo e vogliamo continuare
a fare con passione, dedizione e sacrificio. Ben vengano infatti clubs e manifestazioni che possano
ospitare i nostri concerti. Tuttavia spero che il contenuto della nostra biografia non dia adito a
fraintendimenti, l’umiltà è la prima delle qualità umane che si devono possedere in questo ambito.
Siamo persone umili ma determinate. [....]
Hai fatto giustamente riferimento a capisaldi del prog italiano, tuttavia erano altri anni, noi siamo
una band rock/pop del 2014 laddove le condizioni sociali si sono ribaltate, il music business pure e
la “partita” si gioca a viso aperto nel mondo social con il quale è meno arduo rispetto al passato
raggiungere un pubblico multiculturale, benché la qualità di molte bands emergenti e dunque la
concorrenza sia di altissimo livello.
In sintesi, non credo che il nostro modus operandi possa portare verso un’amara sconfitta. Anche
Mogol in una recente intervista, alla domanda: “Quali sono le possibilità di affermazione per un
giovane o per una band emergente?” ha risposto: “ Deve mettersi alla prova, sperimentarsi, crearsi
una cultura musicale e farsi conoscere. Formazione e promozione: le due parole d’ordine”.
 Ed è quello che stiamo facendo noi. Creiamo e suoniamo questi brani perché in questi ci
riconosciamo, ci appassionano e fare musica migliora la qualità della nostra esistenza, ci mettiamo
alla prova, sperimentiamo, inoltre ascoltiamo qualsiasi genere per accrescere la nostra cultura
musicale. Anche una semplice intervista presso una radio, un giornale e un ottimo blog come il tuo
credo possano instillare un certo grado di interesse verso la musica che facciamo, nel bene e nel
male.
cosa c'è oltre le vostra provenienza , di sardo e molisano nella vostra arte ?E’ vero, nella nostra arte non vi sono elementi folk, non ci sono tracce né di Sardegna né di Molise a
parte la provenienza geografica, ciò nonostante siamo fieri delle nostre radici.
a quando qualche pezzo in italiano ?
 Ti rivelo che esistono già alcuni singoli in italiano che potrebbero essere inseriti in qualche nostra futura pubblicazione,
ma che si possono già ascoltare ai nostri live.








complottismo e fake news perchè la gente ci crede

  come  anticipato  nella  chiusura  del  post  precedente  : <<   le  paure  ed  i  dubbi  inutili  , insieme al  complottismo e  dis...