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11.8.25

Le foto dai set ci stanno rovinando tutti i film più attesi del momento

da https://www.rivistastudio.com/

di Elisa Giudici 05 Agosto 2025

Da Il diavolo veste Prada 2 al nuovo Spider-Man con Tom Holland, nessun outfit o ragnatela sono al riparo dal vizio contemporaneo di sapere tutto di film che ancora nemmeno esistono.

L’estate è la stagione dei set, ovvero quella in cui quasi a ogni latitudine i professionisti del mondo del cinema e della televisione lavorano incessantemente per girare i film e le serie che vedremo nella prossima annata. Il motivo è presto detto: bel tempo nell’emisfero settentrionale, città svuotate per chi ha bisogno di girare in esterna nei grandi centri, ma soprattutto dieci cruciali settimane tra fine giugno e fine settembre in cui si esce dalla sbornia degli appuntamenti di settore di primavera e ci si preparata all’inizio della stagione dei premi, che con settembre vede il mondo della Tv sulle barricate per gli Emmy Awards e quello del cinema ai blocchi di partenza con la Mostra del cinema di Venezia e il Toronto International Film Festival. Da lì inizia un incessante tour de force di attività promozionali per i titoli in arrivo in autunno e per le hit di Natale, proseguendo senza sosta fino a marzo, quando con la notte degli Oscar si chiude un’altra annata del carrozzone dell’intrattenimento mainstream.

Chi conta davvero insomma in queste ore è sul set a girare qualcosa. In Italia come all’estero. Pavia è paralizzata dalle riprese di Nord Sud Ovest Est (la seconda stagione della serie Sky sugli 883), mentre in Piemonte aspettano l’arrivo di Luca Guadagnino con Andrew Garfield e Yura Borisov per le riprese di Artificial, divise tra Stati Uniti e Italia. Girando a piedi o in bicicletta per Roma e Milano ogni cinque interruzioni al traffico, una è un set dove di gira qualcosa (le altre quattro sono cantieri stradali, in una ratio da ovetto Kinder anni ‘90). A Londra, nella zona di Barbican, hanno appena tirato il fiato dalle riprese della sesta stagione di Slow Horses, passando il testimone a Glasgow dove Tom Holland si aggira in costume da Uomo Ragno firmando autografi e rimanendo appeso a gru blu oltremare che poi verranno cancellate in postproduzione. Dall’altra parte dell’oceano, nella vera New York, proseguono le riprese de Il Diavolo veste Prada 2. L’elenco sarebbe infinitamente più lungo, ma è estate anche per i commentatori del dietro le quinte del mondo dello spettacolo, anche per quelli che sono in redazione a battere pezzi di commento sulla tastiera invece che starsene in spiaggia a godersi il sole.
Le foto dai set sono spoiler? Tendenzialmente uno dovrebbe evitare gli articoli di lamentatio pura, perciò ho ritenuto necessario darvi una panoramica informativa di una qualche utilità prima di tracciare la mia linea dell’esaurimento, il momento in cui ho sussurato «basta», il dietro le quinte che ha travalicato la linea del Rubicone: mi riferisco a questo fine settimana in cui, lontana dai lidi e dai monti, non solo sono stata investita del dettagliatissimo reportage delle sequenze del finto MET Gala che vedremo ne Il Diavolo veste Prada 2, ma per giunta ho intravisto già classifiche dei migliori outfit indossati dai protagonisti del film, a partire da Miranda / Meryl Streep.
Non è che le “foto rubate” dai set siano una novità. Non sarò mai io a inneggiare “ai bei tempi” in cui per scegliere che film andare a vedere in sala avevi a disposizione un trailer, qualche cartellone pubblicitario e (per i più ossessivi o sistematici), la pagina delle recensioni sui quotidiani, su Ciak, su Duellanti o gli sproloqui di qualche oscuro blog dell’età della pietra di Internet, giusto per coprire tutto lo spettro. Ovviamente il successo del franchise di Spider-Man e del primo film de Il Diavolo veste Prada rende i sequel che si stanno girando sulle due sponde dell’Atlantico oggetto di una curiosità trasversale, che va oltre l’interesse che all’epoca riguardava le lettrici del romanzo di Lauren Weisberger, degli spillatini Marvel o dei cinefili a cui veniva promessa una Meryl Streep o di un Sam Raimi in film più pop del solito.
L’odioso meccanismo dell’hype
La situazione attuale però è degenerata in una sorta di visione frammentaria, quotidiana, sgranata, tremolante (e ovviamente in verticale) di film ancora sul set. Insomma, il sogno di quanti pensano che gli spezzoni dei lungometraggi e delle serie verticalizzati e “riempiti” dall’intelligenza artificiale per diventare pratici TikTok sia la sintesi perfetta e ideale del cinema del passato e del presente. L’unico conforto in questo diluvio di dietro le quinte, foto e video non richieste è l’ironia dei meme, lo scudo sarcastico con cui affrontiamo uno scenario talvolta disarmante, in cui abbiamo tutti torto. Non potrei mai puntare il dito contro il passante o il fan che scatta una foto degli interpreti sul set: sarebbe l’equivalente d’indicarmi allo specchio. Ci sta che gli appassionati pubblichino i selfie con la star in piena modalità PR che a fine riprese si fermano a chiacchierare, autografare, commentare le riprese, farsi autoscatti.C’è però davvero bisogno di condividere ogni singolo dettaglio rubato dal set che uno ha avuto la fortuna di vedere sotto casa? Forse no. Set forse non così blindati come un tempo, perché da quando il cinema ha perso centralità nella cultura contemporanea, si è innescato questo odioso meccanismo della macchina dell’hype. Allora ecco che è meglio mostrarceli tutti prima e subito gli outfit di Emily, Andy e Miranda, la nuova tuta di Spider-Man, perché il pubblico va messo sotto la pressione psicologica di dover andare al cinema per avere un’opinione in merito a ciò che il larga parte ha già visto.
Non sappiamo più aspettare
Basta un link mandato da un’amica o un’esitazione nel caricare il successivo reel che ecco che l’algoritmo ci proporrà tutto lo scibile sul dato film, finché non alzeremo bandiera bianca, rivolgendoci per una volta a giornali, siti e canali all news. Non fosse che i social sono una delle risorse principali delle testate e la logica dei click e il funzionamento dei motori di ricerca li assoggetta alla diabolica contenutistica algoritmica, personalistica e ansiogena dei social e di Internet.
Ed è così che si finisce in un pomeriggio agostano a chiedersi se quando uscirà Il diavolo veste Prada 2 ci sarà un outfit rimasto inedito a sorprenderci, se un qualche dettaglio del nuovo Spider-Man sfuggirà alla ragnatela del web. Con l’ultimo, nerissimo pensiero che questo J’accuse, stanco e accaldato, è una parte del tutto integrante di questo circolo vizioso di un mondo bulimico e ossessivo che non sa più aspettare e ancor meno gustare le cose belle.

3.4.13

Legge 194: se l’obiezione di coscienza diventa omissione di coscienza

Prima del post d'oggi devo fare un premessa in modo d'anticipare chi sicuramente mi scriverà che sono un abortista , che non ho rispetto per chi pratica l'obiezione di coscienza contro l'aborto , e menate varie . 
1) Aborto io non sono nè pro né a favore dell'aborto ho già parlato qui e qui e non mi dilungo oltre rimandandovi a tali post 
2) io rispetto chi è obiettore di coscienza contro l'aborto . Ma tale obbiezione dev'essere convinta e coerente . Non è che sei obbiettore in pubblico o abortista in privato . O quando essa viene usata in maniera strumentale o di comodo vedere articolo sotto violando questo canone : << (..) di prestare assistenza d'urgenza a chi ne ha bisogno .... >> del giuramento di Ipocrate \ quello che fanno i medici  quandi  si laureano e\o si specilizzano  .
Ma  ora bado alle  ciancie  e  veniamo  al post  vero e proprio .
Leggo  sul  il fattoquotidiano del 3 aprile 2013 di Nadia Somma e Mario De Maglie  questop articolo  interessante   che  dimostra  come si stia  rischiando   di tornare  indietro di circa  40  anni    quando si moriva  per  aborto 

E’ notte e nel reparto di ostetricia e ginecologia di un ospedale della provincia di Pordenone una donna sta molto male dopo l’intervento per l’interruzione volontaria di gravidanza. L’ostetrica teme un’emorragia e chiede inutilmente
 l’intervento della dottoressa in turno. La donna però si appella all’obiezione di coscienza da cui si sente tutelata. Alla fine deve intervenire il primario del reparto che presta soccorso alla paziente.Il 2 aprile la sesta corte penale della Cassazione ha condannato a un anno di reclusione e all’interdizione dall’esercizio della professione medica la dottoressa che quella notte rifiutò di dare le cure mediche alla paziente ricoverata. La Suprema corte ha infatti ritenuto che l’obiezione di coscienza riguardi solo la fase dell’intervento chirurgico fino all’espulsione del feto e dellaplacenta, non i momenti precedenti o successivi l’interruzione di gravidanza.
Fino a questa sentenza, l’estensiva interpretazione dell’articolo 9 della 194 che prevede l’obiezione, ha lasciato molte donne prive di assistenza medica negli ospedali italiani prima o dopo aver abortito, fino al verificarsi di situazioni assurde come l’obiezione dei portantini e di quegli infermieri che nemmeno intervengono nell’iter dell’Ivg.
Nel libro “Abortire tra obiettori” (di Laura Fiore, Tempesta editore) sono raccontate situazioni in cui viene leso il diritto delle donne, umano prima che legale, di ricevere assistenza medica e insieme a esso viene tolta ogni dignità e rispetto. Nell’ottundimento delle coscienze, sta avvenendo in Italia una sorta di moderna inquisizione contro le “streghe” che abortiscono.
L’obiezione di coscienza ormai riguarda l’80 per cento dei ginecologi nel sud Italia e il 70 per cento nel nord. Se non ci saranno risposte politiche adeguate, nelle strutture pubbliche italiane tra meno di cinque anni non sarà più possibile ricorrere all’aborto legale. Se così fosse si riaprirebbe lo scenario ipocrita e discriminatorio degli anni che hanno preceduto la legge 194: le donne con possibilità economiche potranno abortire all’estero o in strutture private, quelle meno abbienti dovranno ricorrere all’aborto clandestino, esporsi a rischi di salute e di vita. Le precarie, le immigrate, le meno abbienti torneranno a morire di aborto (e ci sono già casi tra le immigrate).
Riguardo questo problema non c’è stata nessuna risposta politica. Nonostante i rischi per la salute delle donne, le uniche iniziative istituzionali hanno riguardato i compromessi fatti sulla pelle delle donne con i movimenti contro l’aborto legale (diamogli finalmente l’esatta denominazione) che chiedono di entrare nelle strutture pubbliche dove si pratica l’Ivg.
Sono seguiti attacchi ai consultori - come sta avvenendo da anni nel Lazio – o protocolli per migliorare l’iter dell’Ivg che non affrontano il problema dell’obiezione di coscienza quando più che il diritto di una scelta individuale, diventa ostacolo all’applicazione della 194 e al diritto di scelta delle donne. Le difficoltà sono soprattutto per l’aborto terapeutico per le malformazioni del feto. Le donne sono costrette a recarsi da una struttura sanitaria all’altra, mentre le liste e i tempi di attesa si allungano, e il tempo è poco, e i ginecologi che applicano la 194 sono lasciati soli con un enorme carico di lavoro. Sui problema della mancanza di regolamentazione del numero di medici obiettori, sono impegnati da anni i ginecologi della Laiga che hanno affiancato l’Ippf nel ricorso al Comitato europeo per i diritti sociali (Consiglio d’Europa). In attesa che l’Europa si pronunci (ci vorranno circa 18 mesi),  questa sentenza della Cassazione ha fatto almeno luce su quanto avvenuto quella notte a Pordenone quando l’obiezione di coscienza è divenuta un’omissione di coscienza.

non soi che altro  dire  se  non  mala tempora  currunt   

20.5.12

SARDUS FABER © Il Medioevo di Fabrizio De André e i suoni del Mediterraneo sardo direttore artistico sandro fresi

Sarà eseguito   prossimamente con molta  probabilità  quest’estate  per  il festival de  Andreiano    il  progetto 

SARDUS FABER ©
Il Medioevo di Fabrizio De André
e i suoni del Mediterraneo sardo




del musicista gallurese Sandro Fresi che, partito alla ricerca degli archetipi espressivi sardi, ha sviluppato, agli inizi degli anni '80, una rilettura originale dei modi e dei repertori comunque rispettosa delle matrici. La  sua è : << (….)  una ricerca solitaria tra i moduli polivocali e la riproposizione di antichi strumenti musicali della civiltà agropastorale caduti nell'oblio, è scaturito nel '97 il cd Iskeliu (prefazione di Fabrizio De Andre'), sintesi tra campionamento digitale del suono tradizionale e suono prodotto da strumenti acustici a cui sono seguiti gli album Speradifoli (2001) Zivula (2003) e Folas de Anglona (2005).>> , ma  allo stesso  tempo  aperta  e  aiutata  da  valenti  musicisti  .>>  ( dalla sua  homepage  http://iskeliu.com/  )

Sandro Fresi  organetto medioevale, ghironda, clavisymbalum-arrangiamenti-direzione
 llaud catalano, liuto, ceterina
Mary D’Alessandro  voce, chitarra barocca
Fabio De Leonardis  viola da gamba, violoncello



 Il  progetto  secondo  il depliant  che  ho avuto modo di visionare in anteprima   (  di cui  ne  riposto in questo post  le  immagini  ) 


IL RE FA RULLARE I TAMBURI
NELL' ACQUA DELLA CHIARA FONTANA
FILA LA LANA
GEORDIE
CANZONE DELL'AMORE PERDUTO
S'I FOSSE FOCO
LA CANZONE DI BARBARA
AVE MARIA
ILRITORNO DI GIUSEPPE
IL SOGNO DI MARIA
SI CHIAMAVA GESU'
AMORE CHE VIENI AMORE CHE VAI
VOLTA LA CARTA vs CANARIOS di Sanz
SALLY
CANTO DEL SERVO
PASTORE
LA GUERRA DI PIERO
COME AGAIN  (J.Dowland)
HERE'S TO YOU  (J.Baez)

              Durata del concerto : 1h, 30’

Ora leggendo la scaletta delle canzoni gli rivolgo anch'io la domanda che gli fa il maestro Giuseppe Severini ( foto a destra ) esperto liutaio (  1  2  3 )  : << Vorrei fare una domanda a Sandro lo so, come mi disse un giorno Matteo Collura, che un'opera si giudica per quello che contiene e non per quello che non contiene, ma il mio non è un giudizio: perchè manca proprio il Testamento, ispirato al grande poeta medievale Francois Villon ? >>





Ora   conoscendo  il maestro Fresi e il gruppo  con i suoi  precedenti lavori  credo   che   <<  Il respiro del mediterraneo sardo nel suono dei liuti e degli strumenti ‘a ventu’ incontra il Medioevo e i classici ‘minori’ della produzione giovanile di Fabrizio De André. Quella popolare che rimanda ai repertori dei trovatori come ‘Il re fa rullare i tamburi’ o ‘Geordie’; o quella colta che cita l’adagio di Telemann su cui poggiano le parole della ‘Canzone dell’amore perduto’, che sanno trasportare anime sensibili in luoghi  indefiniti e senza tempo, sospese in una sorta di arcaica contemporaneità, come accade nelle fiabe.  >> che    sempre  secondo la seconda pagina  depliant  c'è  l’intento di  discostarsi <<  volutamente dai toni commemorativi e dall’utilizzo di arrangiamenti  ampiamente diffusi negli ultimi anni e affida il canto alla voce quasi eterea di una giovane donna accompagnata da strumenti colti ed extracolti con particolare riferimento al vasto e sconosciuto  instrumentarium del ‘ piccolo continente’ sardo, come il Maestro  [  de  Andrè ] amava definire la nostra isola.>>Il progetto, dunque, intende offrire innovazione ed una elevata qualità della proposta artistica racchiusa in un universo sonoro destinato a quanti vogliano ritrovare nell’incanto e l’armonia di queste latitudini, le suggestioni che hanno portato fin qui, ispirato e definitivamente conquistato Fabrizio De André.  Come potete vedere sotto   dalla dedica  che  fa  a Sandrò per il suo primo disco  . 
 concludo    ancora  con le parole di Sandro : << Insieme alla piacevole sensazione di aver condiviso l’universo poetico del più profondo e sensibile autore contemporaneo attraverso quella misteriosa alchimia di suoni e ‘parole cangianti’ su cui poggia l’immenso edificio del ricordo.
 A risentirci   dopo  la loro esibizione  

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