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26.7.21

la vera dittatura sanitaria è un altra è quella L’obiezione di coscienza e il caso Molise dove l'unico ginecologo che pratica l'interruzione volontaria della gravidanza rimanda la pensione perché non arriva un sostituto


Cari   anti green pass  e  cari antivacinisti (  acritici e  critici ) 
prima  di usare  le paroile  appuratevi  del 
 significato  . La vera  dittatura  sanitaria  è  un altra  cosa  .  Non è,  visto che  qui  si tratta  di provvedimenti  emergenziali   vista  la  pandemia   quella contro cui  voi  vi  opponete   al Green Pass negli irresponsabili  vista  la  mancanza    della diastranza  di siucurezza  e  l'uso di mascherina  ,  assembramenti di piazza dei giorni scorsi. La vera dittatura sanitaria viaggia sotto il nome di obiezione di coscienza, viene agita da decenni in tutte le strutture sanitarie e benché metta a rischio il diritto alla salute psicofisica di oltre la metà della popolazione, non fa alcun rumore  se  non qualche  voce isolata  . Nessuna istituzione la mette in discussione e anzi è protetta ed esercitata come se fosse intoccabile. In questo Paese è considerato pacifico il fatto che preservare l'integrità di coscienza di poche persone sia più importante che garantire il diritto di milioni di donne a decidere se essere madri o no.ed in alcuni casi  curatrsi   qual'ora  l'aborto  sia  spontraneo  .
Questa dittatura sanitaria ha conseguenze drammaticamente rilevanti sulla vita e sulla salute delle donne, perché le costringe a cercare strade alternative, più costose nei casi fortunati o meno sicure in tutti gli altri, per ottenere quello che in teoria sarebbe codificato come servizio essenziale del sistema sanitario nazionale, quindi garantito. Il caso dell'ultimo medico non abortista del Molise che non può andare in pensione perché nessuno si è presentato per sostituirlo mostra con chiarezza il cortocircuito normativo in cui siamo costrette a vivere in Italia.Stavoltà do ragione   alla  radical  chic  \   intellettuale  da  solotto    Miche  la murgia   quando dice    che 
 [...] Il contesto di questi pensieri è patriarcale, perché considera le donne funzioni del sistema e non persone; per questo Florynce Kennedy amava ripetere il paradosso che se gli uomini potessero rimanere incinti, l'aborto probabilmente diventerebbe un sacramento. Non sapremo mai se è vero o no, ma nel caso del Molise una certezza l'abbiamo già ed è che abbiamo un problema democratico: il diritto a obiettare per i medici è infatti garantito ovunque, mentre una donna che non vuole diventare madre deve avere abbastanza fortuna da vivere nella regione giusta. Se davvero vi indignano le dittature sanitarie, considerate questa, se non altro perché, a differenza dell'altra, è vera. [ ... ] da    repubblica   comment del 26\7\2921 

Infatti Nel nostro sistema ci sono infatti due diritti confliggenti: quello di decidere di non generare e l'altro, quello di sottrarsi a uno specifico compito medico regolato dalla legge. Poiché il secondo diritto è considerato indiscutibile, quando a rivendicarlo è la maggioranza dei medici di un territorio, appare chiaro quale dei due sia davvero prevalente: in assenza di ginecologi che facciano il loro mestiere  nel  pubblico  e  per intero, le donne perdono la garanzia di poter scegliere se fare o non fare una delle scelte più importanti  e  spesso  dolorose  (   dipende  da  casao  a caso    vedi la vicenda  di  Alice  Merlo   foto a  destra      intervistata      su queste  pagine che  non ha  provato     dolore  non l'aver  scelto  di ricorrere  all'interruzione  volontaria di  gravidanza  )   della loro vita. Le più fragili ed esposte tra loro - perché giovanissime, precarie o in relazioni abusanti - pagano conseguenze
che nessuno sembra considerare rilevanti. 
Su molti dei media che commentano la notizia si sente volentieri la specificazione che il Molise sarebbe una delle regioni a più basso indice di natalità d'Italia, come se i due dati - libertà di scelta e culle vuote - fossero collegati o dovessero esserlo. Eppure è proprio il caso del Molise a dimostrare che, anche in condizioni di quasi impossibilità di interruzione delle gravidanze, chi non vuole diventare madre non lo diventa comunque. Dietro quel pensiero, sostenuto apertamente dai partiti di destra e dai loro esponenti istituzionali, c'è però un ragionamento fallace: se siamo un Paese di vecchi la colpa è delle donne egoiste che non fanno più figli. La soluzione al problema della natalità nazionale per molti sarebbe evidentemente quella di obbligare le donne a riprodursi anche quando non vogliono, trattandole come fattrici di stato, gravide obtorto collo per procura nazionale.Il contesto di questi pensieri è patriarcale, perché considera le donne funzioni del sistema e non persone; per questo Florynce Kennedy amava ripetere il paradosso che se gli uomini potessero rimanere incinti, l'aborto probabilmente diventerebbe un sacramento. Non sapremo mai se è vero o no, ma nel caso del Molise una certezza l'abbiamo già ed è che abbiamo un problema democratico: il diritto a obiettare per i medici è infatti garantito ovunque, mentre una donna che non vuole diventare madre deve avere abbastanza fortuna da vivere nella regione giusta. Se davvero vi indignano le dittature sanitarie, considerate questa, se non altro perché, a differenza dell'altra, è vera.
Ecco quindi      che   per  continuare a garantire l'aborto in Molise Michele Mariano, 69 anni,  foto  in  alto ad inizio post   unico ginecologo non obiettore a praticare le interruzioni volontarie di gravidanza nella regione, ha rimandato la pensione. Per sostituirlo non si è fatto avanti nessuno. L'avviso pubblico per reperire altri medici non obiettori è stato una chiamata nel vuoto. Così per Mariano è arrivata la proroga, che lo terrà in servizio all'ospedale Cardarelli di Campobasso fino alla fine dell'anno. La caccia al sostituto continua, ora è stato bandito un concorso. Intanto, da pochi giorni, l'Azienda sanitaria ha assegnato al Dipartimento Ivg la ginecologa Giovanna Gerardi, che affiancherà Mariano per 18 ore a settimana. Una buona notizia, che però non basta a tranquillizzare i sostenitori della 194.
  
  ecco    cosa  ha  dichiarato lui stesso  a   https://www.repubblica.it/  qui l'articolo  integrale  

Dottore, come è possibile?
"La nostra è un'anomalia, è vero, ma il problema è nazionale. I medici non obiettori mancano in tutta Italia. E una volta tanto devo spezzare una lancia per l'amministrazione. Magari in passato non ha agito bene, ma stavolta non ha colpe: ha bandito subito un avviso, sta bandendo un concorso. Ora è arrivata anche la collega che ci darà una mano ed è già una piccola vittoria".

La dottoressa Gerardi quanto rimarrà? Prenderà il suo posto?
"Non lo so. Non so nulla purtroppo".

Perché non sono arrivate risposte per l'avviso?
"Perché chi fa aborti non fa carriera: trovatemi un primario che ne faccia. In Italia c'è la Chiesa, e finché ci sarà il Vaticano che detta legge questo problema ci sarà sempre. Ci sarà sempre un vescovo che chiama il politico di turno e si assicura un primario non obiettore per un pugno di voti. E poi perché la maggioranza dell'opinione pubblica - e dei colleghi - considera chi pratica le Ivg come qualcuno da mettere da parte, ginecologi di serie B, che fanno qualcosa di brutto. Io qui sono "il medico degli aborti": si scordano che faccio anche partorire".

Soffre a essere definito così?
"Sono 40 anni che faccio questo lavoro. Non mi sento un sicario, come disse Bergoglio, applico solo la legge. Nessuno si diverte a fare interruzioni di gravidanza. Per strada mi salutano solo le donne che ho fatto partorire, di rado le altre, perché c'è vergogna. Ma sapesse quante mi ringraziano privatamente per averle aiutate a interrompere una gravidanza, specie quelle che lo hanno fatto per ragioni mediche".

Che presentimento ha per il concorso: arriveranno domande?
"Prevede l'assunzione a tempo indeterminato, per cui è possibile che arrivino. Ma è anche probabile che chi si presenta lo faccia solo per essere assunto e poi diventi obiettore. La mia speranza è che si presenti qualcuno che davvero desidera continuare il mio lavoro".

Un solo non obiettore per tutta la regione non è comunque poco?
"Con il concorso si fa una graduatoria da cui pescare. Può essere assunta una persona, due o tre. La situazione potrebbe migliorare".

Rispetto all'applicazione della 194, quali sono i problemi nazionali cui faceva riferimento?
"Prima di tutto l'obiezione di coscienza. La legge la consente, e allora la battaglia va fatta a monte: già all'università, non bisognerebbe permettere a chi vorrà fare il ginecologo di diventare obiettore. Poi bisogna impedire che un ginecologo possa scoprirsi di colpo obiettore dopo essere stato assunto magari con un concorso bandito per garantire l'applicazione della 194. In Svezia, i ginecologi che rifiutano di praticare le Ivg vengono licenziati, perché un aborto è parte del loro lavoro. In Italia no: si fanno assumere, diventano obiettori e arrivederci. La lotta va condotta a livello nazionale, su scala locale si può fare poco. Poi è vero, le amministrazioni territoriali trascurano il problema, ma anche un direttore generale non può mettersi contro una legge che permette ai medici di esercitare un diritto".

Lei in pensione ci vuole andare?
"Io no, ne ho di tempo davanti per bighellonare al mattino e la felicità di far nascere bambini mi spinge a continuare. Ma ho la sensazione che, dati i tempi dell'Italia, non si riuscirà a fare questo concorso per quando me ne dovrei andare".
Se non c'è un sostituto resterà?
"Io ci sono, ma non sono Highlander. Io lavoro e lo faccio per il bene delle persone, ma in un modo o nell'altro dovrà finire. Probabilmente mi prorogheranno ancora".

13.6.15

la 194 va potenziata non riformata o abolita la storia di Michela Napolitano che sceglie di non abortire e di tenersi il 4 figlio




MICHELA NAPOLITANO
AVREI DOVUTO ABORTIRE,
MA NON ME LO SAREI MAI PERDONATA

Di Alina Rizzi

La notte che scoprii di essere incinta del mio quarto figlio, tutti i sogni e i progetti che avevo mi caddero addosso. Erano le due del mattino quando lanciai un grido che svegliò non solo i miei bambini, ma anche qualche villeggiante attorno alla nostra casa. Mi sentii precipitare in un abisso senza uscita. Non ce l’avrei mai fatta a portare avanti un’altra gravidanza, dopo aver avuto Edoardo, il maschietto, e poi le gemelline Silvia e Alessandra, in soli quattro anni.
Mi sentii sopraffatta al pensiero dei problemi economici che avrebbe comportato quella nascita, ma
soprattutto sapevo che sarebbe stato molto rischioso per la mia salute. Ricordavo bene quanto era stato faticoso portare avanti le gravidanze precedenti, il vomito continuo, i malesseri, il deperimento fisico. Per mio marito fu subito evidente che non potevo avere un altro bambino. Si prospettò l’idea di un’interruzione di gravidanza, che mi lasciò incredula e abbattuta.
Il giorno dopo, il mio ginecologo, volle farmi una prima ecografia. Lo vidi scuotere la testa, davanti alla probabilità di due embrioni.
“ Hai tre bambini piccoli, sei reduce da gravidanze difficili e parti cesarei, come credi di potercela fare?” mi domandò in tono serio.
“ Il tuo corpo è debole, non può reggere il trauma fisico che si prospetta.”
Mio marito era d’accordo. La decisione più saggia sembrava già presa. Eppure non riuscivo a darmi pace.

UNA SCELTA DEVASTANTE
Avvolta in un abito di cotone scuro sgualcito, sorretta dal braccio confortevole di mio marito, varcai l’atrio dell’ospedale, dove mi attendeva una seconda diagnosi clinica embrionale.
Dopo una breve attesa, fu il mio turno di salire sul lettino appena lasciato libero da una mamma più fortunata di me, che si allontanava raggiante di gioia e autostima.
Una grande tristezza mi invadeva mentre scoprivo l’addome per l’ecografia. Subito avvertii il cuore del piccolo che portavo in grembo e ricordai quando quell'evento aveva rappresentato uno dei momenti più belli della mia vita. Strinsi gli occhi che bruciavano di lacrime.
Il medico sorrideva, sembrava ignorare i motivi reali della mia visita.
“ Signora, è davvero precoce questo bambino, guardi come la sta salutando”, disse, mostrandomi la manina sinistra che si muoveva come un’onda, forse per salutarmi davvero.
Mi sentii scoppiare il cuore e dentro di me sussurrai: “Quanto sei bello, amore mio”.
Seppi che non si trattava di una gravidanza gemellare e per un attimo immaginai di portarla avanti: per quanto rischioso era ciò che desideravo davvero.
Nessuno però mi sostenne in questo mio irrazionale desiderio. Mia madre e i miei fratelli, preoccupatissimi, volevano convincermi che non dovevo dubitare, che era la scelta migliore per tutti. Al consultorio incontrai molte altre donne che stavano prendendo quella stessa strada, eppure, io mi sentivo quasi estranea tra di loro. Perché?
Una mattina si fece avanti una donna dall'aspetto spartano, proponendoci dei colloqui individuali. Persi la pazienza e scattai in piedi colma di rancore.
“ No, voglio parlare davanti a tutte loro,-“ dissi con voce dura.
“ Non ho nulla da nascondere, niente di cui vergognarmi!”
L’operatrice annuì e iniziò a parlarci delle emozioni che provavamo, del senso di colpa, del dilemma morale, ma anche dell’importanza dell’evento che stava accadendo nel nostro corpo.A quel punto sbottai come una furia. Detestavo la sua verità assoluta. Chi credeva di essere? Una santa? Una missionaria? Aveva idea del dolore che stavo provando?
Urlai davanti al suo sguardo incredulo e poi la tensione mi fece scoppiare in lacrime. Altre donne piansero insieme a me. Allora l’operatrice si avvicinò e ci legò tutte in un unico abbraccio. Per la prima volta dall’inizio di quella vicenda provai una sensazione di autentico conforto e condivisione, e mi sentii un po’ più forte. Purtroppo mi bastò tornare a casa, da mio marito e i bambini, per rendermi conto che non potevo farmi trascinare dalle emozioni, dovevo pensare al bene di tutta la famiglia e fare il mio dovere. 
HA DECISO IL CUORE
Era il giorno dell’intervento. Mi trovavo in ospedale, dopo venti giorni di sofferenza fisica e morale. La nausea era già fortissima e a volte vomitavo sangue. Non mangiavo più. Non riuscivo a dormire. Mi ero rinchiusa in duro bozzolo di dolore. Ero intenzionata a fare la cosa più giusta, ma mi sentivo come una condannata a morte. Sapevo che non avrei mai superato l’aborto.
Prima di entrare in sala operatoria mio marito si chinò sulla barella per baciarmi e inaspettatamente sussurrò: “Michela, ricorda che fino all’ultimo momento puoi decidere quello che vuoi”.
Era un uomo meraviglioso, prostrato dalla sofferenza, ma ancora capace di sostenermi fino alla fine.
Mi portarono via e chiusi gli occhi. Singhiozzavo senza neppure accorgermene, mentre gli infermieri trafficavano attorno a me.
D’un tratto sentii una mano che mi accarezzava il braccio sinistro e aprii gli occhi. Era il medico dagli occhi chiari che avevo visto poco prima.
“ Perché lei piange tanto? “ mi chiese dolcemente.
Le parole mi strariparono dalle labbra come un torrente in piena.
“ Piango perché credo che sto facendo la cosa più brutta della mia vita,” gli dissi.
“Perché signora, non è convinta?” insistette.
“Oh no! Io non sono mai stata convinta di lasciare qui una parte di me. Ma temo sia troppo tardi!” esclamai.
Calò un profondo silenzio e non sapevo proprio cosa aspettarmi. Il medico mi strinse più forte il braccio poi si voltò verso gli infermieri dicendo:
“ Ragazzi, fermate tutto, la signora va via.”
Grandi lacrime di sollievo mi rigarono le guance, mentre intorno avvertivo sospiri, complimenti sussurrati, parole di conforto.
Il medico afferrò la barella e mi portò fuori di persona, senza nascondere l’orgoglio che provava.
Le altre donne in attesa dell’intervento mi guardarono incredule e commosse. Mio marito mi abbracciò tremando, non aveva bisogno di spiegazioni.
“Va bene così, tesoro,” sussurrò.
Non posso descrivere la gioia con cui tornai a casa, impaziente di dare la bella notizia a tutti.
E non importa se ho avuto la gravidanza difficile che mi avevano prospettato, un altro cesareo e un successivo intervento. Mia figlia Elvira è nata in perfetta salute, splendida, e con i suoi tre fratelli è il sole della mia vita.























28.4.14

Angelica , studentessa del liceo artistico di Piacenza rgazza madre di 16 e pro life ma difende la 194 parlandone nelle scuole

 Leggendo , su repubblica  di sabato scorso    , la storia  di  Angelica Pellarini mamma  a  16 anni   che    non  molla  e   n ha  voluto abortire  o  non riconoscere  alla nascita    ( come  la legge prevvede  ) il suo bambinbo  , ma  ha deciso di tenerlo  e  di non lasciare la scuola e  gli studi  ,   metto in discussione  la mia easperienza  con i pro life  , accorgendomi che non sono tutti fanatici  e  con i paraocchi  . L'esperienza  è  una brutta bestiua   , qualcosa  di  volubile  e  mai definitivbo come dice  Pietro Marras in figlio  del  re 
 


Adesso  la  storia  di

  Angelica, studentessa del liceo artistico di Piacenza  di  16  anni , ha partorito il piccolo Maele sei mesi fa. Ha risposto in un'assemblea alle domande di 500 coetanei. "Ora spiego a scuola la mia scommessa di mamma bambina e difendo la legge 194"
Maele  , mesi 5 e giorni 20, è davvero — come dice la sua mamma — «un bel tortello». «Otto chili e mezzo

                                      JENNER MELETTI

 PIACENZA . Maele, mesi 5 e giorni 20, è davvero - come dice la sua mamma - "un bel tortello". "Otto chili e mezzo. A tenerlo in braccio, si fa una gran ginnastica". Il piccolo batte la mano sul tavolo, vuole attirare l'attenzione. "Non mi staccherei mai da lui. Un mese fa l'ho portato in gita con la mia classe, a Reggio Emilia. È stato buonissimo"...
Angelica Pellarini, 16 anni, non si sente una mamma speciale. "Sono una mamma, e questo è tutto. Quando resti incinta il bambino diventa il centro del tuo mondo. Ma il resto non scompare: sono una studentessa del liceo artistico e voglio continuare ad andare a scuola. All'inizio pensavo che tutte queste cose fossero molto normali e soprattutto private. Poi ho saputo di altre ragazze giovanissime,
che si sono trovate nella mia situazione. Alcune sono diventate mamme, altre hanno fatto scelte diverse. E allora ho deciso di parlare di noi e fra noi, per dire a voce alta quelle parole che prima venivano soltanto sussurrate".
È bella e delicata, la storia di mamma Angelica, del suo compagno Simone Savinetti, 19 anni, anche lui studente al liceo artistico, e del piccolo Maele (in celtico vorrebbe dire Principe) che adesso prende il ciuccio e si addormenta. Una storia che è diventata pubblica - raccontata da Simona Segalini su la Libertà - quando Angelica si è presentata a un'assemblea del liceo classico Melchiorre Gioia e davanti a 500 studenti ha raccontato la sua esperienza di piccola mamma e di altre due sue amiche. "Non sono qui per giudicare gli altri e nemmeno per dire che la mia scelta, quella di tenere il bambino, sia la sola giusta. L'importante è che sia fatta veramente da noi. E che sia davvero meditata". Tante domande, e alcune hanno fatto ridere Angelica e le sue amiche. "È vero che si ingrassa tanto? Ti sono venute le smagliature?". Poi le domande serie. "Come l'hanno presa i tuoi genitori?". "Anch'io ho 16 anni. A questa età come si fa ad essere una vera mamma?".
Angelica ha raccontato se stessa. "Diventare davvero una mamma? Il problema non sussiste. Nel momento in cui prendi in braccio il tuo piccolo sei una vera mamma. L'importante è ragionare e non dare retta a chi ti dice che, restando incinta, ti sei "fatta fregare", che ti sei rovinata la vita, che non ce la farai mai... Tutte persone che parlano della fatica che farai e non della gioia che sta arrivando. Quando senti il tuo piccolo che dice "gu", quando ti svegli al mattino e lui ti sorride...". Le amiche di Angelica hanno raccontato storie diverse. D., incinta a 17 anni, è stata cacciata da casa. È andata nell'appartamento del suo ragazzo ma i suoi genitori non possono aiutarla con il bambino e così D. ha dovuto lasciare la scuola. G. - nascosta dietro un paravento - ha raccontato il suo aborto. "Anche quella - dice Angelica - è una scelta coraggiosa. Io non faccio prediche. La legge 194 è stata una conquista delle donne. Dico soltanto che l'aborto deve essere l'ultima strada, quando tutte le altre risultano chiuse. Per questo, nelle assemblee, parliamo anche di prevenzione. Anch'io e Simone stavamo attenti, ma non sempre i contraccettivi funzionano".
La mamma di Maele non nasconde di essere fortunata. "Quando ho saputo di essere incinta, ho deciso subito: il bimbo lo tengo. Ne ho parlato immediatamente con Simone e anche lui non ha avuto dubbi. "Eravamo in due quando c'è stato il concepimento, saremo in due a tirare su il bambino". Mia madre Giusy, quando le ho dato la notizia, mi ha chiesto soltanto: "Tu e Simone siete felici?"". "Quando ho parlato con mio padre - racconta il ragazzo - lui non ha detto niente. Ma il giorno dopo ho visto che gli alberi del giardino più che potati erano stati massacrati. In qualche modo si era sfogato. I miei genitori mi hanno però sempre insegnato che bisogna essere capaci di prendersi le proprie responsabilità".
Angelica pellarini ( 16 )   con il suo  partener  Simone  Savinetti  (  19 )

I nonni hanno messo a disposizione un loro appartamento. "Dieci giorni dopo il parto - racconta Angelica - ero in classe per una verifica. Ancora adesso ho la media dell'8. Alle 11 del mattino arrivava a scuola mia mamma e mi portava il bimbo, per l'allattamento. Partendo dalla mia esperienza di mamma - studentessa, ho preparato un progetto, che si chiama "Sensibilizzazione alla vita". Noi piccole mamme abbiamo bisogno di qualche aiuto: un posto dove allattare a scuola, ad esempio, che non sia la stanzetta dei bidelli. E abbiamo bisogno di una nuova norma che ci consenta di non perdere l'anno se ci sono più di quattro mesi di assenza. Ci sono crediti per gli studenti che fanno i tutor dei più giovani, si potrebbero mettere anche per chi aiuta noi mamme. Il mio liceo, comunque, è stato meraviglioso. Gli insegnanti e i compagni di classe ci hanno portato il passeggino triplo e altri regali. A settembre andrò a parlare del mio progetto in altre scuole. Alcuni ragazzi che mi avevano sentito al liceo Gioia mi hanno invitato anche in due parrocchie. Io sono cattolica ma non praticante. Del resto, la nostra - mia e delle altre ragazze - è una questione di diritti e non di fede". Il "bel tortello" si sveglia, vuole la mamma. "Un altro figlio? Pensiamo di sì. Ma dopo l'università".in braccio, si fa una gran ginnastica». Il piccolo batte la mano sul tavolo, vuole attirare l'attenzione. «Non mi staccherei mai da lui. Un mese fa l'ho portato in gita con la mia classe, a Reggio Emilia. È stato buonissimo ».
Non si sente una mamma speciale. «Sono una mamma, e questo è tutto. Quando resti incinta il bambino diventa il centro del tuo mondo. Ma il resto non scompare: sono una studentessa del liceo artistico e voglio continuare ad andare a scuola. All'inizio pensavo che tutte queste cose fossero molto normali e soprattutto private. Poi ho saputo di altre ragazze giovanissime, che si sono trovate nella mia situazione. Alcune sono diventate mamme, altre hanno fatto scelte diverse. E allora ho deciso di parlare di noi e fra noi, per dire a voce alta quelle parole che prima venivano soltanto sussurrate». È bella e delicata, la storia di mamma Angelica, del suo compagno Simone Savinetti, 19 anni, anche lui studente al liceo artistico, e del piccolo Maele (in celtico vorrebbe dire Principe) che adesso prende il ciuccio e si addormenta. Una storia che è diventata pubblica — raccontata da Simona Segalini su la Libertà — quando Angelica si è presentata a un'assemblea del liceo classico Melchiorre Gioia e davanti a 500 studenti ha raccontato la sua esperienza di piccola mamma e di altre due sue amiche. «Non sono qui per giudicare gli altri e nemmeno per dire che la mia scelta, quella di tenere il bambino, sia la sola giusta. L'importante è che sia fatta veramente da noi. E che sia davvero meditata». Tante domande, e alcune hanno fatto ridere Angelica e le sue amiche. «È vero che si ingrassa tanto? Ti sono venute le smagliature?». Poi le domande serie. «Come l'hanno presa i tuoi genitori?». «Anch'io ho 16 anni. A questa età come si fa ad essere una vera mamma?». Angelica ha raccontato se stessa. «Diventare davvero una mamma? Il problema non sussiste. Nel momento in cui prendi in braccio il tuo piccolo sei una vera mamma. L'importante è ragionare e non dare retta a chi ti dice che, restando incinta, ti sei "fatta fregare", che ti sei rovinata la vita, che non ce la farai mai… Tutte persone che parlano della fatica che farai e non della gioia che sta arrivando. Quando senti il tuo piccolo che dice "gu", quando ti svegli al mattino e lui ti sorride…». Le amiche di Angelica hanno raccontato storie diverse. D., incinta a 17 anni, è stata cacciata da casa. È andata nell'appartamento del suo ragazzo ma i suoi genitori non possono aiutarla con il bambino e così D. ha dovuto lasciare la scuola. G. — nascosta dietro un paravento — ha raccontato il suo aborto. «Anche quella — dice Angelica — è una scelta coraggiosa. Io non faccio prediche. La legge 194 è stata una conquista delle donne. Dico soltanto che l'aborto deve essere l'ultima strada, quando tutte le altre risultano chiuse. Per questo, nelle assemblee, parliamo anche di prevenzione. Anch'io e Simone stavamo attenti, ma non sempre i contraccettivi funzionano». La mamma di Maele non nasconde di essere fortunata. «Quando ho saputo di essere incinta, ho deciso subito: il bimbo lo tengo. Ne ho parlato immediatamente con Simone e anche lui non ha avuto dubbi. "Eravamo in due quando c'è stato il concepimento, saremo in due a tirare su il bambino". Mia madre Giusy, quando le ho dato la notizia, mi ha chiesto soltanto: "Tu e Simone siete felici?" ». «Quando ho parlato con mio padre — racconta il ragazzo — lui non ha detto niente. Ma il giorno dopo ho visto che gli alberi del giardino più che potati erano stati massacrati. In qualche modo si era sfogato. I miei genitori mi hanno però sempre insegnato che bisogna essere capaci di prendersi le proprie responsabilità». I nonni hanno messo a disposizione un loro appartamento. «Dieci giorni dopo il parto — racconta Angelica — ero in classe per una verifica. Ancora adesso ho la media dell'8. Alle 11 del mattino arrivava a scuola mia mamma e mi portava il bimbo, per l'allattamento. Partendo dalla mia esperienza di mamma — studentessa, ho preparato un progetto, che si chiama "Sensibilizzazione alla vita". Noi piccole mamme abbiamo bisogno di qualche aiuto: un posto dove allattare a scuola, ad esempio, che non sia la stanzetta dei bidelli. E abbiamo bisogno di una nuova norma che ci consenta di non perdere l'anno se ci sono più di quattro mesi di assenza. Ci sono crediti per gli studenti che fanno i tutor dei più giovani, si potrebbero mettere anche per chi aiuta noi mamme. Il mio liceo, comunque, è stato meraviglioso. Gli insegnanti e i compagni di classe ci hanno portato il passeggino triplo e altri regali. A settembre andrò a parlare del mio progetto in altre scuole. Alcuni ragazzi che mi avevano sentito al liceo Gioia mi hanno invitato anche in due parrocchie. Io sono cattolica ma non praticante. Del resto, la nostra — mia e delle altre ragazze — è una questione di diritti e non di fede». Il «bel tortello» si sveglia, vuole la mamma. «Un altro figlio? Pensiamo di sì. Ma dopo l'università ».  Il diritto di abortire, per le donne, è stato una conquista. Ma deve essere l'ultima strada, serve prevenzione Andrò in altre classi per dire che le babymadri non devono essere penalizzate ma aiutate. Non rinuncio a laurearmi " "

3.4.13

Legge 194: se l’obiezione di coscienza diventa omissione di coscienza

Prima del post d'oggi devo fare un premessa in modo d'anticipare chi sicuramente mi scriverà che sono un abortista , che non ho rispetto per chi pratica l'obiezione di coscienza contro l'aborto , e menate varie . 
1) Aborto io non sono nè pro né a favore dell'aborto ho già parlato qui e qui e non mi dilungo oltre rimandandovi a tali post 
2) io rispetto chi è obiettore di coscienza contro l'aborto . Ma tale obbiezione dev'essere convinta e coerente . Non è che sei obbiettore in pubblico o abortista in privato . O quando essa viene usata in maniera strumentale o di comodo vedere articolo sotto violando questo canone : << (..) di prestare assistenza d'urgenza a chi ne ha bisogno .... >> del giuramento di Ipocrate \ quello che fanno i medici  quandi  si laureano e\o si specilizzano  .
Ma  ora bado alle  ciancie  e  veniamo  al post  vero e proprio .
Leggo  sul  il fattoquotidiano del 3 aprile 2013 di Nadia Somma e Mario De Maglie  questop articolo  interessante   che  dimostra  come si stia  rischiando   di tornare  indietro di circa  40  anni    quando si moriva  per  aborto 

E’ notte e nel reparto di ostetricia e ginecologia di un ospedale della provincia di Pordenone una donna sta molto male dopo l’intervento per l’interruzione volontaria di gravidanza. L’ostetrica teme un’emorragia e chiede inutilmente
 l’intervento della dottoressa in turno. La donna però si appella all’obiezione di coscienza da cui si sente tutelata. Alla fine deve intervenire il primario del reparto che presta soccorso alla paziente.Il 2 aprile la sesta corte penale della Cassazione ha condannato a un anno di reclusione e all’interdizione dall’esercizio della professione medica la dottoressa che quella notte rifiutò di dare le cure mediche alla paziente ricoverata. La Suprema corte ha infatti ritenuto che l’obiezione di coscienza riguardi solo la fase dell’intervento chirurgico fino all’espulsione del feto e dellaplacenta, non i momenti precedenti o successivi l’interruzione di gravidanza.
Fino a questa sentenza, l’estensiva interpretazione dell’articolo 9 della 194 che prevede l’obiezione, ha lasciato molte donne prive di assistenza medica negli ospedali italiani prima o dopo aver abortito, fino al verificarsi di situazioni assurde come l’obiezione dei portantini e di quegli infermieri che nemmeno intervengono nell’iter dell’Ivg.
Nel libro “Abortire tra obiettori” (di Laura Fiore, Tempesta editore) sono raccontate situazioni in cui viene leso il diritto delle donne, umano prima che legale, di ricevere assistenza medica e insieme a esso viene tolta ogni dignità e rispetto. Nell’ottundimento delle coscienze, sta avvenendo in Italia una sorta di moderna inquisizione contro le “streghe” che abortiscono.
L’obiezione di coscienza ormai riguarda l’80 per cento dei ginecologi nel sud Italia e il 70 per cento nel nord. Se non ci saranno risposte politiche adeguate, nelle strutture pubbliche italiane tra meno di cinque anni non sarà più possibile ricorrere all’aborto legale. Se così fosse si riaprirebbe lo scenario ipocrita e discriminatorio degli anni che hanno preceduto la legge 194: le donne con possibilità economiche potranno abortire all’estero o in strutture private, quelle meno abbienti dovranno ricorrere all’aborto clandestino, esporsi a rischi di salute e di vita. Le precarie, le immigrate, le meno abbienti torneranno a morire di aborto (e ci sono già casi tra le immigrate).
Riguardo questo problema non c’è stata nessuna risposta politica. Nonostante i rischi per la salute delle donne, le uniche iniziative istituzionali hanno riguardato i compromessi fatti sulla pelle delle donne con i movimenti contro l’aborto legale (diamogli finalmente l’esatta denominazione) che chiedono di entrare nelle strutture pubbliche dove si pratica l’Ivg.
Sono seguiti attacchi ai consultori - come sta avvenendo da anni nel Lazio – o protocolli per migliorare l’iter dell’Ivg che non affrontano il problema dell’obiezione di coscienza quando più che il diritto di una scelta individuale, diventa ostacolo all’applicazione della 194 e al diritto di scelta delle donne. Le difficoltà sono soprattutto per l’aborto terapeutico per le malformazioni del feto. Le donne sono costrette a recarsi da una struttura sanitaria all’altra, mentre le liste e i tempi di attesa si allungano, e il tempo è poco, e i ginecologi che applicano la 194 sono lasciati soli con un enorme carico di lavoro. Sui problema della mancanza di regolamentazione del numero di medici obiettori, sono impegnati da anni i ginecologi della Laiga che hanno affiancato l’Ippf nel ricorso al Comitato europeo per i diritti sociali (Consiglio d’Europa). In attesa che l’Europa si pronunci (ci vorranno circa 18 mesi),  questa sentenza della Cassazione ha fatto almeno luce su quanto avvenuto quella notte a Pordenone quando l’obiezione di coscienza è divenuta un’omissione di coscienza.

non soi che altro  dire  se  non  mala tempora  currunt   

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...