Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
10.10.24
il mondo all'incontrario è il fascioambasciatore ( Mario vattani ) che denuncia per aver fatto il suo lavoro un giornalista ( lorenzo Tosa)
10.10.21
cari green pass cosa aspettate a prendere le distanze dai fascisti di forza nuova ? volete essere etichettati come fascisti
Cari no Green pass
Capisco , anche se non condivido perchè protestate senza proporre alternative , il vostro malumore per un decreto fato a .... . Ma almeno evitate di farvi strumentalizzare e farvi scambiare \ etichettare quando sappiamo benissimo che non è cosi come fascisti e violenti tipo quelli che ieri
Alcuni frange del vostro movimento hanno assalto squadrista alla Cgil, come ai tempi del ventennio.
Un simbolo della democrazia ( o presunta tale ) violati. Saccheggi, devastazione, eversione pura guidata da forze dichiaratamente neofasciste.
Quindi mi chiedo ma che .... aspettate a prenderne le distanze e a chiedere di lo scioglimento di Forza Nuova
No Green Pass: assalto all’Umberto I di Roma nella notte: 4 feriti, devastato il Pronto soccorso
Al Policlinico era ricoverato uno dei partecipanti alla protesta di ieri, già in stato di fermo
Non si sono placate nella notte le proteste dei No Green Pass, che già dal tardo pomeriggio di ieri si sono resi protagonisti di violenti scontri e tafferugli con le forze dell’ordine nelle vie del centro di Roma, a seguito della manifestazione indetta a Piazza del Popolo. Una trentina di manifestanti ha assaltato nella notte il pronto soccorso del Policlinico Umberto I della Capitale, dove era ricoverato uno dei partecipanti alla protesta contro il Green Pass, già in stato di fermo. I manifestanti hanno sfondato la porta di ingresso, poi hanno devastato il pronto soccorso.
3.5.18
quando l'ideologia rovina tutto Il “caso Magni”: da Valibona alla maglia rosa La “scelta sbagliata” del campione di ciclismo, ripudiato nell'Italia divisa.
da
http://iltirreno.gelocal.it/prato/cronaca/2018/05/01
Il “caso Magni”: da Valibona alla maglia rosa
Una celebre immagine, esempio della proverbiale tempra di Magni: nonostante la clavicola fratturata, prosegue la corsa e si regge al manubrio tenendo in bocca un pezzo di gomma
PRATO. Il rosa della maglia di leader del Giro d’Italia, sogno di ogni ciclista, il nero delle camicie dei fascisti, il rosso delle bandiere comuniste e dei fazzoletti dei partigiani. Si potrebbe raccontare anche attraverso i colori la storia di Fiorenzo Magni, il “terzo uomo” degli anni d’oro del ciclismo italiano, l’unico in grado di inserirsi nel dominio dei campionissimi Coppi e Bartali ritagliandosi una sua dimensione di campione, con la vittoria in tre Giri d’Italia e in tre Giri delle Fiandre. Ma il cuore del libro di Walter Bernardi, “Il 'caso’ Fiorenzo Magni: l’uomo e il campione nell’Italia divisa” che uscirà giovedì 3 maggio, non è il ciclismo. La vicenda umana di Magni e anche la sua carriera sportiva ruotano inevitabilmente intorno alla battaglia di Valibona che vide un gruppo di partigiani assediato da un oltre un centinaio di fascisti e carabinieri. Con Magni nelle file dei repubblichini. I “fatti di Valibona” sono uno dei miti della Resistenza pratese. La presenza di Magni “dalla parte sbagliata” non gli è mai stata perdonata, e ne ha deciso l'oblio della sua gente, la rimozione dal pantheon delle glorie “pratesi”.
I “fatti di Valibona”. Il 3 gennaio del 1944 una spedizione fascista raggiunse quella località sperduta sui monti della Calvana per sgominare una brigata partigiana che minacciava i collegamenti tra Prato e Bologna. L'intervento fu pianificato dalla Gnr (la Guardia nazionale della Repubblica di Salò) di Prato e dai carabinieri di Prato e Calenzano, con la partecipazione del battaglione Muti di Firenze, un corpo speciale delle milizie repubblichine. Alla fine oltre 120 tra camicie nere e carabinieri si avviarono verso Valibona, poche case in cui risiedevano tre famiglie, valico che metteva in comunicazione la Valbisenzio con la Valmarina. Lì, si sapeva, si era stabilita la brigata guidata da Lanciotto Ballerini, un giovane capo partigiano di Campi vicino alle posizioni di Giustizia a Libertà. In quella brigata di 19 persone si erano ritrovati elementi di diversa provenienza. C'erano perfino due russi, un inglese e due jugoslavi. Quando alle prime luci dell'alba i fascisti arrivarono a Valibona trovarono i partigiani chiusi in un fienile e intorno a quell'edificio si scatenò il fuoco. Fu una battaglia vera e propria, si sparò dalle 6 alle 10 del mattino e alla fine i partigiani asserragliati nel fienile dovettero arrendersi. Il bilancio fu di sei fascisti e tre partigiani uccisi, tra questi ultimi anche Lanciotto Ballerini e il russo Vladimir. A quelli fatti prigionieri non furono risparmiate sevizie e violenze.
Il fienile di Valibona dove trovavano i partigiani assediati dai fascisti
Il processo. Finita la guerra, il processo si celebrò a Firenze nel 1948 in Corte d'assise d'appello. Alla sbarra i fascisti che avevano partecipato alla spedizione. Nel corso degli anni la presenza di Magni, allora 24enne, alla battaglia fu a lungo controversa e neppure il processo sciolse tutti i dubbi. Bernardi attinge per la prima volta anche agli atti del processo di Valibona ritrovati nell'archivio di Stato di Perugia da John Foot, storico inglese che ha dedicato i suoi studi all'Italia e allo sport (calcio e ciclismo) e che firma anche la prefazione al libro. Tra gli imputati c’era anche Magni, mentre sfilavano i testimoni, in un’aula che ribolliva di passione. Vengono chiamati a testimoniare anche altri ciclisti tra cui Bartali e il montemurlese Bini che non si presenteranno
Si presenta invece Alfredo Martini, futuro ct della nazionale, ciclista promettente e comunista, che difende Magni. Al processo si intrecciano le testimonianze di chi dice di averlo visto a Valibona, di chi l'ha sentito dileggiare i morti, fino a chi lo accusa niente meno di essere stato proprio lui a uccidere Lanciotto. E quelle di chi invece racconta di una sua partecipazione tiepida al fascismo, delle buone azioni a favore di antifascisti vaianesi e di un prigioniero inglese nascosto in una fattoria della zona. E insomma, c'era o no Magni quella mattina a Valibona? Si sa che i fascisti di Vaiano avevano voluto che una loro rappresentanza fosse nel contingente. Ragioni di prestigio, la Vaiano fascista doveva appuntarsi quella “medaglia” al petto. E alla fine sarà lo stesso Magni a risolvere il mistero. In un'intervista poco prima di morire, ammise di essere stato a Valibona, ma di non aver sparato un colpo. E forse è la versione più vicina al vero.
I fascicoli del processo di Valibona trovati nell'Archivio di Stato di Peruigia
Un'altra immagine di Fiorenzo Magni in gara
copertina dellibro in questione |
Il telegramma del sindaco. A testimoniare il clima di quegli anni, Bernardi racconta la storia del secondo sindaco di Prato del dopoguerra, Alfredo Menichetti, imprenditore tessile e comunista. La vittoria di Magni al Giro avrà effetti anche su di lui. Diventato sindaco quasi per caso, quando il Pci si trova a sostituire il sindaco del Cnl Dino Saccenti, eletto in Parlamento, Menichetti verrà sempre visto dai compagni con un po' di sospetto per la sua anomalia, lui un industriale. In tanti lo attendono al varco e aspettano una sua scivolata. E quando il sindaco invierà a Magni un telegramma di felicitazioni per la sua vittoria al Giro,
come suggerisce lo storico Walter Bernardi ( foto al lato ) bisogna gudicarlo senza preconcetti e pregiudizi ,ma soprattutot senza Damnatio memoriae . infatti
PRATO. «Lo so che mi accuseranno di voler riabilitare Magni. Ma io non intendo né assolverlo, né condannarlo. Si tratta solo di spiegare i fatti e le ragioni delle scelte di un uomo. Mi piacerebbe che i lettori si formassero un'idea sulla base dei documenti e del racconto dei fatti e ognuno giudicasse poi senza preconcetti»
9.6.16
misteri e sprechi .tour suoi luoghi dell'altra storia della repubblica italiana II puntata Portella delle ginestre\ e le morti di Giuliano e gaspare Pisciotta ., e il delitto di Capocotta
diede alla dipendenza dell'italia dagli Usa e della nato \ blocco occidentale anti sovietico durante la guerra fredda e che indirettamente continua ancora oggi . Fu la prima strage di stato. Anche essa fu al centro di canzoni popolari I II
il secondo
La spiaggia di Capocotta è la zona di litorale romano compresa tra il mare laziale, dal km 7,600 al km 10,100 della via Litoranea, e tra Castel Porziano e Torvaianica, ed è uno dei tratti di dune meglio conservati d'Italia. Capocotta si estende per 45 ettari e dal 1996 fa parte della Riserva naturale Litorale romano.
fu l'inizio di quella << stagione di scandali destinata a durare fino alla fine della prima repubblica, e ben oltre. >> ( http://cronologia.leonardo.it/storia/tabello/tabe1648.htm ) .Ed ebbe e un riflesso nella cultura popolare \ di massa :
- La leggenda legata a Capocotta è stata narrata dal poeta dialettale romano Augusto Sindici a fine '800.
- Il nome della spiaggia è divenuta nota al pubblico italiano per un celeberrimo caso di cronaca nera, il caso Montesi che, secondo la storica statunitense Karen Pinkus, avrebbe ispirato il film di Federico Fellini La dolce vita[10].
- In riferimento al medesimo caso di cronaca, la canzone Nuntereggae più (1978) di Rino Gaetano cita il nome della spiaggia.
- In tempi recenti, ad essa allude Alberto Arbasino in più punti nel suo romanzo Fratelli d'Italia.
- I Flaminio Maphia la citano nel testo della loro rivisitazione (2010) di Vamos a la playa, noto successo dei Righeira qui reintitolato Vamos alla playa (coi Flaminio Maphia).
- Emilio Stella gli dedica una canzone ironica (2014) Capocotta non è Kingston. [11]
portella dele ginestre \ piana degli albanesi (nota come Purtelja e Gjinestrës in lingua arbëreshe) è una località montana del comune di Piana degli Albanesi, situata a 3 km circa dall'abitato, nella città metropolitana di Palermo. Si trova tra Piana e la valle del fiume Iato.Un a giornata di festa che si trasformo in strage
da http://www.misteriditalia.it/giuliano/strage-portella/
La vecchia credeva che fossero mortaretti e cominciò a battere le mani festosa. Rideva. Per una frazione di secondo continuò a ridere, allegra, dentro di sé, ma il suo sorriso si era già rattrappito in un ghigno di terrore. Un mulo cadde con il ventre all'aria. A una bambina, all’improvviso, la piccola mascella si arrossò di sangue. La polvere si levava a spruzzi come se il vento avesse preso a danzare. C'era gente che cadeva, in silenzio, e non si alzava più. Altri scappavano urlando, come impazziti. E scappavano, in preda al terrore, i cavalli, travolgendo uomini, donne, bambini. Poi si udì qualcosa che fischiava contro i massi. Qualcosa che strideva e fischiava. E ancora quel rumore di mortaretti. Un bambino cadde colpito alla spalla. Una donna, con il petto squarciato, era finita esanime sulla carcassa della sua cavalla sventrata. Il corpo di un uomo, dalla testa maciullata cadde al suolo con il rumore di un sacco pieno di stracci. E poi quell'odore di polvere da sparo.
La carneficina durò in tutto un paio di minuti. Alla fine la mitragliatrice tacque e un silenzio carico di paura piombò sulla piccola vallata. In lontananza il fiume Jato riprese a far udire il suo suono liquido e leggero. E le due alture gialle di ginestre, la Pizzuta e la Cumeta, apparvero tra la polvere come angeli custodi silenti e smarriti.
Era il l° maggio 1947 e a Portella della Ginestra si era appena compiuta la prima strage dell'Italia repubblicana.
Il 5 luglio 1950 il ventottenne Giuliano venne ritrovato morto nel cortile della casa di un avvocato di Castelvetrano: un comunicato del Comando forze repressione banditismo annunciò ufficialmente che era stato ucciso in un conflitto a fuoco avvenuto la notte precedente con un reparto di carabinieri alle dipendenze del capitano Antonio Perenze, un uomo del colonnello Luca. Sin dall'inizio apparvero però diverse incongruenze nella versione degli inquirenti sulla fine del bandito.
Il giornalista de L'Europeo Tommaso Besozzi pubblicò un'inchiesta sull'uccisione di Giuliano dal titolo Di sicuro c'è solo che è morto, nella quale mise in luce le incongruenze della versione data dai carabinieri sulla morte del bandito e indicò come assassino di Giuliano il suo sodale Gaspare Pisciotta[12].
Durante le udienze del processo per il massacro di Portella della Ginestra tenutosi a Viterbo, Pisciotta si autoaccusò dell'omicidio di Giuliano e incolpò anche i deputati monarchici Gianfranco Alliata di Montereale, Tommaso Leone Marchesano, Giacomo Cusumano Geloso e i democristiani Bernardo Mattarella e Mario Scelba di essere i mandanti della strage di Portella, dichiarando che costoro incontrarono Giuliano per mandarlo a sparare sulla folla[3]. Tuttavia la Corte d'Assise di Viterbo dichiarò infondate le accuse di Pisciotta poiché il bandito aveva fornito nove diverse versioni sui mandanti politici della strage[3]; come emerso dalla sentenza del processo di Viterbo, Pisciotta divenne confidente del Comando forze repressione banditismo (che gli fornì una tessera di riconoscimento che gli permetteva di circolare liberamente) e Giuliano fu da lui ucciso nel sonno nella casa di Castelvetrano dove si nascondeva; il cadavere sarebbe poi stato trasportato nel cortile della casa stessa, dove gli uomini del colonnello Luca e del capitano Perenze inscenarono una sparatoria per permettere a Pisciotta di fuggire e continuare così la sua opera di confidente sotto copertura[3].
Nel 1954 Pisciotta fu avvelenato nel carcere dell'Ucciardone con un caffè alla stricnina[3].
oltre il link di wikipedia d che trovate sotto qui in questo interessante articolo su www.vittimemafia.it un interessante approfindimentocon le varie versioni ( solo mafia , mafia con refferenti parlamentari con servizi segret Usa ed ex fascisti )
Capocotta spiaggia
Ecco in sintesi cosa accade L'11 aprile 1953 sulla spiaggia di Tor Vaianica, a sud di Ostia, viene trovato il corpo senza vita di una bella ragazza, Wilma Montesi( 1932-1953) sparita da casa due giorni prima. Qualche mese più tardi un oscuro cronista, certo Silvano Muto, ipotizza che la ragazza non sia morta sulla spiaggia, ma in seguito ad assunzione eccessiva di stupefacenti durante una festa molto osé nella tenuta di Capocotta presso Castel Porziano, residenza abituale del marchese Ugo Montagna. Alla festa, scrive Muto, era presente anche Piero Piccioni, abituale accompagnatore della signorina nonché figlio del ministro democristiano Attilio Piccioni.Ulteriori dettagli La spiaggia di Capocotta è la zona di litorale romano compresa tra il mare laziale, dal km 7,600 al km 10,100 della via Litoranea, e tra Castel Porziano e Torvaianica, . Esso ebbe grande rilievo mediatico a causa del coinvolgimento di numerosi personaggi di spicco della politica dell'epoca , e segno secondo alcuni l'inizio della crisi del dominio a senso unico ( 1947\8-1953 ) della dc , e l'inizio dell'apertura che si verificherà negli anni '60 dell'alleanza Dc -Psi . Il caso risulta tuttora irrisolto, ivi compresa la causa del decesso della giovane. per chi volesse approfondirlo e saperne di più https://it.wikipedia.org/wiki/Caso_Montesi
31.1.15
31 gennaio 1969, Viareggio: ragazzi del "Fronte monarchico giovanile" rapiscono e uccidono il ragazzino ERMANNO LAVORINI
Lo so che mi contraddico ma questo fatto successo ogggi nel lontano 1969 non è solo cronaca nera è la storia del primo ragazzo rapito in Italia . Vicenda da cui , come dirà la canzone sotto riportata , i media maistream ( ed ora le pagine e gli account fb della gente e i vari blog e siti pseudo o veramente indipendenti ) hanno trattato alcune persone coinvolte risultate innocenti . Infatti due moriranno uno suicida e l'altro di crepa cuore .
Non so cos'altro dire \ aggiungere in quanto : 1) non ho per limiti d'età vissuto direttamente quegli avvenimenti ., 2) la canzone di Trincale riassume in se la triste vicenda . Quindi vi lascio qual'ora vogliate farvi voi un idea ed aprofondirla ai seguenti siti ed articoli
http://it.wikipedia.org/wiki/Omicidio_di_Ermanno_Lavorini con un ottima bibliografia e con questi ottimi link :
- Stefano Bolognini, Il mostro è servito. Da Gay.it. Un'analisi dal punto di vista della comunità omosessuale, ingiustamente accusata del crimine.
- Cinzia Ricci, Una strage annunciata. Il caso Lavorini. Ingloba l'analisi di Andrea Pini e citazioni di articoli di Pier Paolo Pasolini sul caso.
- L'assassinio del piccolo Lavorini. Un kidnapping tra sesso e politica: all'origine delle trame nere. Da Misteriditalia.com, privilegia l'analisi del collegamento degli assassini coi gruppi autori, di lì a poco, della "strategia della tensione".
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