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26.11.19

La maledizione di Piazza Fontana. L'indagine interrotta. I testimoni dimenticati. La guerra tra i magistrati di Guido Salvini,Andrea Sceresini mio inervista a Anderea Scerensini

di cosa stiamo parlando

Piazza Fontana, 50 anni dopo   Il 12 dicembre 1969 la madre di tutte le stragi

da https://milano.corriere.it/foto-gallery/cronaca/








12 Dicembre 1969, ore 16:37, una bomba esplode nella Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano uccidendo 16 persone e ferendone altre 88. È l’attentato che segna l’inizio del terrorismo politico in Italia. Le indagini si orientano inizialmente verso la pista anarchica e portano all’arresto e all’incriminazione di Pietro Valpreda, ma nel corso dell’inchiesta emerge la matrice nera. Al termine di un iter processuale durato circa 35 anni e sette processi in varie città d’Italia, tutti gli accusati dell’eccidio saranno sempre assolti in sede giudiziaria, alcuni verranno condannati per altre stragi, altri invece godranno della prescrizione evitando la pena. Nel 2005 la Corte di Cassazione concluderà sostenendo che la strage di piazza Fontana fu realizzata da «un gruppo eversivo costituito a Padova, nell’alveo di Ordine Nuovo» e «capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura», non più processabili in quanto «irrevocabilmente assolti dalla Corte d’assise d’appello di Bari» per questo stesso reato. Al termine il processo del 3 maggio 2005 ai parenti delle vittime verranno anche addebitate le spese processuali.


Vista  la mia passione  , per la storia (   o meglio  la  l'altra storia  )   del nostro  paese    degli anni  60\90  in particolare  , nata  dopo la lettura  ( mi pare lo trovai  come inserto   per  i  25  anni   dalla strage   su   quello che  fu   il settimanale  avvenimenti  ) del libretto strage di stato , e  che  mi  ha  portato  al   leggere  (e divorare    visto il  periodo   di   convalescenza  i libri di    Bendetta  Tobagi e  Enrico Deaglio  )   ad  intervistare   ed ordinarmi   dopo  d'essa   in libreria    :  
La maledizione di Piazza Fontana. L'indagine interrotta. I testimoni dimenticati. La guerra tra i magistrati di Guido Salvini,Andrea Sceresini
La maledizione di Piazza Fontana. L'indagine interrotta. I testimoni dimenticati. La guerra tra i magistrati - Guido Salvini,Andrea Sceresini - copertina

Ad   incuriosirmi   oltre  alle  varie anticipazioni    è    quanto   scritto    sulla  4  di copertina 


Chi era il giovanissimo neofascista che quel pomeriggio d’inverno sarebbe entrato in azione alla
Banca nazionale dell’agricoltura? Cosa aveva da raccontare la “fonte Turco” del Sid, insabbiata in tutta fretta per ordine dei vertici dei servizi segreti? Cosa lega il suicidio di un ex legionario nel Sud della Francia con la morte in Angola di un ricco imprenditore padovano? Ma soprattutto: perché i magistrati non sono stati in grado di compiere fino in fondo il loro dovere ?

Le   cui  risposte  che    <<  sono ovviamente nel libro  >>



Lo so che   prima  d'intervistare     gli autori   di un libro  , sopratutto  quando  è un libro  importante  ,  dovrei leggerlo  prima  . Ma : 1)  in tempi in cui  ci sono pochi €  .,  2)   in cui i trasporti  fra  le  isole (  in questo caso la mia  sardegna  )    e  il resto   della penisola  \  continente   , ed  nella mia addirittura  la difficoltà   nel spostarsi  da  zona  a  zona  con i mezzi pubblici  ., 3 ) la  scarsa presenza  alle presentazioni  nell'isola   (  salvo   festival letterari   importanti  , vedi  quello di Gavoi  )   degli autori nazionali   ,  fanno  si  che   l'unico  modo  per    conoscere  e   poi decidere  se     leggerlo   sia  appunto (  oltre    a  leggere interviste   sui  media    agli autori  )    sia      fare  domande   agli   autori     durante le presentazioni  o  come  ho fatto altre  volte     qui  sul  blog   l'intervistare    agli autori  stessi  prima  (  o  se  hai tempo     e  letto  già  qualcosa      recensirlo   o   fare   domande in contemporanea  ) della lettura     .  
Ora  non potendo   intervistare il magistrato Guido Salvini    sono riuscito ad  intervistare  il coautore  il giornalista
Andrea Sceresini è nato a Sondrio nel 1983. Giornalista freelance, è autore di molte inchieste e reportage di guerra per «La Stampa», «Il Foglio», «Il Fatto Quotidiano» e «l’Espresso».
Tra i suoi libri: Io sono l'impostore. Storia dell'uomo che ci ha fregati tutti (Il Saggiatore 2017), Piazza Fontana. Noi sapevamo. (Mimesis 2017), Internazionale nera. La vera storia della più misteriosa organizzazione terroristica europea (Chiarelettere 2017), La seconda vita di Majorana (Chiarelettere 2016), Mai avere paura. Vita di un legionario non pentito (Chiarelettere 2016), Ucraina. La guerra che non c'è (Baldini e Castoldi 2015), L' avvocato del diavolo. I segreti di Berlusconi e di Forza Italia nel racconto inedito di un testimone d'eccezione (Chiarelettere 2014), Le case della libertà (Aliberti 2011), Il signor Billionaire. Ascesa, segreti, misteri e «coincidenze» (Aliberti 2011).
Ha vinto il premio Dig (ex Ilaria Alpi) nel 2016. Ha inoltre vinto i premi Igor Man e van Bonfanti per le sue corrispondenze dall’Ucraina. Ha realizzato reportage e documentari per la Rai, Mediaset, la tv svizzera e Sky; attualmente lavora per LA7.


  1)  come  siete arrivati  al filmato   tom Ponzi  . tramite i capitano giraudo  oppure  dal nuovo testimone , chiamato l’Antiquario  ? 2) le bobine  del video poi sono state ritrovate  o meno  ? 
 3) nel sottotitolo del libro c'è un'espressione inesatta: "la guerra tra i magistrati". in realtà, la guerra l'hanno fatta al solo Salvini   qual'è la  verità ?
4)  secondo i fautori della    doppia bomba  affermano  che  il  problema      della  guerra    tra magistrati  è   dovuta  al  fatto che perché. Perché aveva trovato con Digilio la seconda bomba. quando altro affermano   che Non è scritto da nessuna parte che Il giudice Salvini abbia accettato la tesi delle doppie bombe... . Ora  chiedo come stanno realmente le  cose  ?
5)  alcun dicono   che  la contro inchiesta  strage  di stato  abbia  ricevuto  imbeccata    chi da Giovanni ventura in quanto la casa editrice  che lo pubblico fosse sua  o  a  lui riconducibile  o   che  a capo del colettivo  ci fosse luo   (  ma    a  me  sembra  una panzana ) chi dai servizi  inglesi  o  alcuni   rami o esponenti dei servizi segreti italiani. Ed  uindi all'inerno d'essi   si parla  di rivalità   .  che ne pensate ?
6) che ne  pensi  dell'interpretazione  di Giovanni Fasanella  sullo speciale  di panorama sui 50  anni di pazza fontana  in   da la  sua versione sul perchè  a  50 anni   distanza non abbiamo ancora una verità soddisfacente, nè sul piano giudiziario nè su quello storico  ( su quest'ultimo   secondo me  c'è già al 90 %  )  ?
paolo morando, prima di piazza fontana, laterza, 2019, piazza fontana, 12 dicembre 1969, storia contemporanea, storia d'italia, attualità, recensioni, strategia della tensione 7) chiacchierando con l'amico paolo Morando , che  intervisterò prossimamente  anche  lui  , autore di Prima di Piazza Fontana. La prova generale,   libro fondamentale per  capire  la tecnica     di depistaggio e di capro espiatorio     che  sarà poi usata   per  piazza  fontana     con tutto  quello che 
  per caso mi è venuta in mente quest'ultima domanda ritiene che con i nuovi elementi portati dal suo libro si possa procedere all'apertura di una nuova inchiesta nei confronti di quello che ha chiamato "il Paracadutista", che avrebbe materialmente collocato la bomba e al cui nome si può facilmente risalire ?

Allora, le risposte alle due domande sono in buona parte contenute nel libro, che a questo punto ti consiglio nuovamente di leggere.
Nello specifico:
1- Tramite l'Antiquario, il come è spiegato nel libro.
2- Non sono state trovate. Il Sid ha cercato di recuperare in Svizzera gli archivi di Ponzi, dove certamente erano conservate anche le bobine. Ci è riuscita la magistratura italiana, ancora negli anni Settanta, ma nel frattempo - come raccontato nel libro - parte del materiale era stato sottratto dallo stesso Ponzi. Che fine abbiano fatto le bobine resta un mistero.
3 - Certo, l'hanno fatta a Salvini. Anche questo è ben spiegato nel libro.
4- Nessuna seconda bomba. Digilio non ha mai parlato di due bombe. Il perché degli attacchi a Salvini è ben spiegato nel libro. 
5- In "La strage di stato" si punta il dito contro Avanguardia Nazionale, mentre i principali responsabili del 12/12, come oggi ben sappiamo, sono quelli di Ordine Nuovo. Anche io ho letto alcune cose a tal riguardo, in particolare in "Bombe a inchiostro" di Aldo Giannuli, ma onestamente non ho mai approfondito l'argomento.
6- Onestamente non ho letto il pezzo di Fasanella. Personalmente - ma anche questo c'è nel libro - ritengo che le cause del mancato raggiungimento della verità giudiziaria (quella storico-giornalistica mi pare ampiamente appurata) sia dovuto: a) ai depistaggi degli anni Settanta b) alla cattiva volontà di parte della magistratura in tempi più recenti (ma anche questo è spiegato nel libro: leggilo!)
7) Secondo me assolutamente sì. Quantomeno dovrebbe essere sentito dalla magistratura


 Allora  lo comprerai o leggerai   in biblioteca  ?  . Lo comprerò'  perchè  è  un libro  fondamentale  per  capire   piazza  fontana  e  la strategia della  tensione   che  ha   attraversato   ed  lasciato una traccia  talmente    profonda    da non riuscire  a chiudere quel periodo  che ancora  divide     ( e  viene  usato  strumentalmente  da  una determinata parte politica\  culturale   )     ed  lasciarselo alle  spalle     . E lo confronterò con  quello  di Paolo  Cucchiarelli 

13.1.19

adesso dopo Battisti tocchera' all'altro criminale Delfio Zorzi rifugiatosi in Giappone ?

Il giorno della cattura di Cesare Battisti in Bolivia non dimentichiamo chi come Ex esponente di Ordine Nuovo ... esecutore materiale della strage di Piazza Fontana a Milano e di Piazza della Loggia a Brescia.ANCORA LIBERO e non PERSEGUITATO se la "gode" in Giappone ! . Per le nuove generazioni ecco chi è

Delfo Zorzi, noto anche come Roi Hagen (波元路伊 Hagen Roi?) (Arzignano, 3 luglio 1947), è un imprenditore, attivista ed ex terrorista italiano naturalizzato giapponese.
Ex esponente di Ordine Nuovo, fu accusato, dai collaboratori di giustizia Carlo Digilio, Martino Siciliano e Edgardo Bonazzi, di essere l'esecutore materiale della strage di Piazza Fontana a Milano e di Piazza della Loggia a Brescia ma, dopo un tortuoso percorso giudiziario fu definitivamente assolto da entrambe le accuse[1]. La sua colpevolezza fu definita solo, pur se prescritta, per alcuni attentati minori commessi dalla cellula veneziana di Ordine Nuovo, in quanto «Zorzi a Trieste e Gorizia collocò candelotti di gelignite» che non detonarono (mentre in piazza Fontana fu usato «un esplosivo diverso e di maggiore potenza»)[2], sia per la partecipazione alle riunioni in cui la cellula padovana di ON di Franco Freda organizzò gli attentati ai treni dell'estate 1969, che non fecero vittime ma solo feriti[3]. La sentenza definitiva di assoluzione per piazza Fontana precisa inoltre che «la cellula veneziana di Maggi e Zorzi» nel 1969 organizzava attentati terroristici, ma riguardo ai due imputati «non è dimostrata la loro partecipazione alla strage del 12 dicembre»[2][4].
Nativo di Mestre, dove la sua famiglia commerciava in pellami, figlio di un geologo dei servizi segreti[5] aderì al Centro Studi Ordine Nuovo di Pino Rauti nel 1966, ma nel 1968 si trasferì a Napoli per studiare Lingue orientali all'Istituto Universitario Orientale dove si laureò poi nel 1974[6] con una tesi sul Bushidō, una forma di cultura giapponese legata all'etica marziale e sapienziale dei Samurai, con relatore l'orientalista Pio Filippani Ronconi. All'Università nel 1968 iniziò a frequentare la giovane Annamaria Cozzo la quale, iscritta al FUAN, aveva preso parte alla battaglia di Valle Giulia[7].
Il 9 ottobre 1968, con Giampietro Mariga e Martino Siciliano prese parte all'assalto della sede del Partito Comunista Italiano di Campalto a Mestre. L'obiettivo, secondo le rivelazioni dello stesso Siciliano, era l'asportazione dell'elenco degli iscritti per individuare taluni che svolgevano opera di controinformazione nei confronti di Ordine Nuovo[8]. La sede fu devastata e fu prelevata la bandiera del PCI[8].
Il 17 novembre del 1968 fu arrestato con Giampietro Mariga perché sorpreso dalla polizia in possesso di un mitra, un elmetto, una tuta mimetica e una piccola quantità di esplosivo. A seguito dello scioglimento del Centro Studi aderì a Ordine Nuovo, di cui divenne capo cellula a Mestre[9] città dove era maestro di judo nella palestra di via Felisati.
Secondo il pentito Siciliano, implicato contemporaneamente anche in un tentativo di rapimento dell'editore e attivista di sinistra Giangiacomo Feltrinelli, Delfo Zorzi (con Siciliano stesso) fu protagonista attivo di molte azioni del gruppo, compreso il furto di 30 chilogrammi di esplosivo alle cave di Arzignano e Chiampo, cosa affermata anche da Carlo Digilio. Siciliano lo descrive come duro e con tendenze violente: «Zorzi era un tipo deciso e determinato e voleva la distruzione dell'avversario. Un giorno, per dimostrare la sua virilità ariana ha strozzato con le sue mani un gatto davanti a tutti noi. Ha pestato a freddo diversi militanti che si erano resi colpevoli di qualche debolezza. Ad uno, dopo averlo picchiato, gli ha strofinato il viso contro un muro di cemento. Lui pensava che i camerati dell'Msi potevano sbagliare per debolezza ma non quelli di Ordine Nuovo»[10].
Nel novembre 1969, il gruppo di Ordine Nuovo guidato da Zorzi, in occasione del progettato viaggio del Presidente della RepubblicaSaragat nella Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia pianificò degli attentati dimostrativi contro la scuola slovena di Trieste e contro il cippo di confine jugoslavo[11]. Il gruppo di cui faceva parte, oltre a Zorzi stesso, pure Martino Siciliano e la Cozzo, poco prima di mezzanotte si portò sugli obiettivi e lasciò un ordigno sulla finestra della scuola e un altro presso il cippo di confine posto davanti alla stazione di Goriziama in territorio jugoslavo. Entrambi gli ordigni programmati per esplodere a mezzanotte, al fine di non provocare alcuna vittima,[12][13] però non deflagrarono e nel giro di alcuni giorni furono rinvenuti dalle forze dell'ordine. La mancata esplosione fu determinata dal mal funzionamento della batteria dell'orologio[14].
«Non era che doveva scoppiare quando la scuola era piena di bimbi slavi e provocare una strage, quando ripartimmo con la macchina erano passate da poco le undici di sera. Era stato previsto un margine di quarantacinque minuti per la fuga. Quando stavamo uscendo da Trieste io mi aspettavo il botto. E invece niente.»
(Testimonianza del pentito Martino Siciliano ai magistrati[14])
Nel dicembre avvenne il primo fatto che avrebbe coinvolto Zorzi in una lunghissima vicenda processuale: la strage di piazza Fontana a Milano, mentre nel 1974 il secondo avvenimento, la strage di piazza della Loggia a Brescia.
Appassionato di cultura nipponica, nel 1974 Zorzi si trasferì grazie ad una borsa di studio in Giappone, dove cominciò ad insegnare italiano all'università[15].
Nel dicembre 1975 gli fu richiesto, da parte di alcuni esponenti della Democrazia Cristiana di contattare Nakayama, leader della frangia più conservatrice del Partito Liberal Democratico[6]. Nel 1980 ritornò in Italia dove a Marghera si sposò con la giapponese Yoko Shimoji, originaria di Okinawa[16]. Grazie alle ingenti disponibilità economiche della moglie pose le fondamenta della ditta di import export che lo portò al successo come imprenditore[17]. Nello stesso periodo conobbe Ryoichi Sasakawa, uno dei più influenti finanziatori della Destranipponica[6].
A seguito del matrimonio nel 1989 ottenne anche il passaporto giapponese, opportunità raramente concessa dal Giappone[17]. Con la nuova nazionalità assunse il nuovo nome di Hagen Roi (波元路伊), il cui cognome in giapponese significa «origine delle onde»[15], oltre a essere il nome di un personaggio della Canzone dei Nibelunghi ed è in assonanza col tedesco Haken-kreuz (pronuncia aken-cròiz); in italiano «croce uncinata»[18].
Nel 1995 Martino Siciliano, che si era da tempo trasferito a Tolosa dove si era ricostruito una vita, vide il suo nome saltare fuori nell'ambito delle indagini su piazza Fontana. Siciliano perse quindi il proprio lavoro e chiese aiuto all'amico Zorzi che si impegnò ad assumerlo in una sua azienda a San Pietroburgo[19]. Siciliano si recò in Russia ma per motivi non appurati rientrò immediatamente in Italia. Lo Stato italiano ne comprò il pentimento con 50.000 dollari e Siciliano iniziò a fare rivelazioni[20]. Siciliano raccontò in particolare di una riunione tra i due veneziani Carlo Maria Maggi e Zorzi e i padovani Franco Freda e Giovanni Ventura in cui si sarebbe delineata la strategia inerente agli attentati ai treni e di una presunta confessione di Zorzi in merito alla strage di piazza Fontana[21].
Nel 1993, già il pentito Carlo Digilio, l'unico ordinovista mai condannato in via definitiva per aver partecipato alla strage di piazza Fontana, seppur con un ruolo marginale, aveva iniziato a rilasciare dichiarazioni ma un ictus, che lo colpì poco dopo, quasi lo uccise. Digilio sostenne di essere un agente della CIA infiltrato in Ordine Nuovo e di aver raccolto la confidenza di Zorzi in cui avrebbe sostenuto di aver preso materialmente parte all'attentato[22][23].
Il magistrato Guido Salvini diede il via al settimo processo per la strage di piazza Fontana[24] che vide stavolta sul banco degli imputati: Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni[25]. Zorzi e Maggi guidavano la cellula veneziana-mestrina di Ordine Nuovo mentre il milanese Rognoni era accusato di aver fornito la logistica per l'attentato. Nel frattempo Martino Siciliano decide di interrompere la collaborazione accusando la magistratura italiana di non aver mantenuto fede alle promesse fattegli e di pagarlo una «miseria»[26]. Significativo il fatto che nel 1995 il giudice veneziano Felice Casson avesse inserito Salvini nel registro degli indagati poiché secondo l'accusa di Maggi un ufficiale dei ROS gli avrebbe offerto una cospicua somma in cambio di rivelazioni importanti, somma che sarebbe invece stata accettata da Siciliano[27]. Nel 1995, durante l'iter giudiziario, Digilio fu invece colpito da un ictus che ne diminuì sensibilmente le capacità mnemoniche[25] e le sue testimonianze, anche del 1993 e 1994, furono considerate inattendibili. Vincenzo Vinciguerra in tribunale il 3 marzo 1993 dichiarò di come Zorzi fu arruolato, dopo il primo arresto nel 1968, da Elvio Catenacci nell'Ufficio affari riservati del Ministero dell'Interno, per il quale già il padre geologo aveva lavorato.[5]. Sempre Vinciguerra, già nel 1984, testimonia di come Zorzi gestisse i contatti di Maggi con i funzionari di Polizia e che Zorzi era "perfettamente integrato nella struttura di Polizia".[5] Per quanto riguarda Siciliano furono accertati in seguito avvenuti contatti tra quest'ultimo e Zorzi e di versamenti di denaro[26][28].
Il 13 aprile 2000 il neo fascista Edgardo Bonazzi si unì a Digilio e Siciliano e dichiarò che Guido Giannettini dei servizi segreti gli indicò Zorzi come autore materiale del fatto.[29]
Tutti e tre i presunti responsabili furono condannati all'ergastolo il 30 giugno 2001 con sentenza di primo grado. Il governo italiano richiese l'estradizione al Giappone dove Zorzi in cui si era trasferito diversi anni prima, ottenendone un rifiuto poiché, avendo alcuni anni prima ottenuto la cittadinanza nipponica (pur conservando anche il passaporto italiano), la legge giapponese esclude l'estradizione di propri cittadini, anche in virtù del fatto che il reato di strage, secondo la legge del paese orientale, si prescrive in soli 15 anni[30][31]. Lo stesso Zorzi dopo la condanna all'ergastolo dichiarò la sua indisponibilità a rientrare in Italia definendo «inaffidabili» i giudici italiani[30].
Successivamente, il 12 marzo 2004, la Corte d'assise d'appello di Milano ha ribaltato il verdetto ed ha assolto Zorzi e gli altri due imputati «per non aver commesso il fatto»[32]. La Cassazione il 3 maggio 2005 ha inoltre rigettato il ricorso proposto contro tale sentenza e le spese processuali sono state imputate ai familiari delle vittime che si erano costituiti parte civile[32].
Nel giugno 2005, al termine dell'ultimo processo su piazza Fontana, riaperto negli anni '90 a Milano ha indicato la responsabilità di «terroristi di destra del gruppo padovano di Ordine Nuovo»[2] e quindi, come la sentenza afferma esplicitamente, di Franco Freda e Giovanni Ventura(in quanto capi della cellula di Padova) in ordine alla strage, anche se non sono più processabili in quanto assolti in via definitiva. Secondo la Cassazione, così come per la Corte d'appello, anche la cellula veneziana di cui erano parte Maggi e Zorzi organizzava attentati nel 1969, ma «non è dimostrata la loro partecipazione alla strage del 12 dicembre»[4]. La Cassazione giudica così inattendibile il pentito di Ordine Nuovo Carlo Digilio, che nel frattempo era morto il 12 dicembre 2005, che secondo la Corte le sue testimonianze «non erano quasi mai corredate da necessari elementi esterni di verifica»[28] mentre certifica veridicità e genuinità di quanto dichiarato da Martino Siciliano, ossia che «Siciliano ha partecipato alla riunione con Zorzi e Maggi dell'aprile '69 nella libreria Ezzelino di Padova» in cui «Freda annunciò il programma degli attentati ai treni». Tuttavia, poiché tali bombe non provocarono vittime, non è dimostrato il coinvolgimento di Maggi e Zorzi nella strategia stragista di Freda e Ventura[3].
Nuovamente, basandosi esclusivamente sulle dichiarazioni di Carlo Digilio[33], Zorzi fu indagato e rinviato a giudizio anche per la strage di Piazza della Loggia. Nel 2002 il pentito Martino Siciliano, già teste chiave nel processo per la strage di Piazza Fontana scagionò Delfo Zorzi da ogni accusa ma venne poi indagato per favoreggiamento[34] così come il legale di Zorzi Gaetano Pecorella[35]. A Siciliano sarebbero andati 500.000 euro per ritrattare la testimonianza e per il trasferimento in Colombia.[36]. Le indagini sul presunto favoreggiamento si conclusero con l'archiviazione nel 2010[37].
Il 16 novembre 2010 la Corte d'assise di Brescia assolse per insufficienza di prove tutti e cinque gli imputati[38][39]. Nella motivazione dei giudici di Brescia, la testimonianza di Carlo Digilio, «provato da debolezza fisica e psichica dovuta all'ictus», fu giudicata inattendibile come già lo fu nel caso della strage di Milano[40]. Tra questi furono assolti anche il generale Francesco Delfino accusato di aver depistato le indagini nella prima fase[41] e Pino Rauti per non aver commesso il fatto su richiesta della stessa accusa[42].
Tutti gli imputati furono nuovamente assolti anche in appello[43], in seguito la ricorso della Procura generale di Brescia contro l'assoluzione in appello, Zorzi fu definitivamente assolto dalla Cassazione nel 2014 insieme a Delfino (per Pino Rauti intervenne l'estinzione del procedimento, essendo questi deceduto nel frattempo)[1].
Al termine del processo Zorzi dichiarò la propria solidarietà ai parenti delle vittime: «Sento sinceramente il bisogno di sottolineare l'empatia che provo nei confronti dei parenti delle vittime della strage di Brescia in quanto posso ben comprendere la loro sofferenza avendo, in maniera e misura molto diversa, sofferto moltissimo anch'io, sotto tutti i profili personali e professionali»[44]. Aggiungendo che «un'oscura regia ha voluto a tutti i costi ricercare per le stragi un colpevole che fosse rigorosamente 'fascista' e, sottolineo, non 'il colpevole'.»[44] e dicendosi certo dell'innocenza di Carlo Maria Maggi, la cui sentenza di assoluzione, come quella di Maurizio Tramonte, era invece stata annullata dalla medesima sentenza della Cassazione[45]. Sia Maggi che Tramonte saranno condannati all'ergastolo nel 2015.
Nel 2002 il corrispondente de Il manifesto e della RAI Pio D'Emilia pubblica un'inchiesta in Giappone sulle sue vicende giudiziarie e svela retroscena sulle pratiche non ortodosse con le quali Zorzi avrebbe ottenuto la cittadinanza giapponese. Zorzi denunciò D'Emilia chiedendo 10 milioni di euro come risarcimento morale, difeso da Takeshi Takano, avvocato difensore di diversi criminali di guerra giapponesi.[36]
Nel settembre del 2005 il settimanale L'Espresso[46] pubblica una lunga inchiesta di Alessandro Gilioli sugli affari che Zorzi intratterebbe nel mondo del pellame e dell'alta moda, tramite la Grup.p. Italia e altre società anonime in Svizzera, Lussemburgo, Isola di Man, con la malavita giapponese e coreana, riportando accuse di riciclaggio, denunce per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e usura insieme a Daniela Parmigiani, amministratrice della Gru.p. Italia, ai danni di Maurizio Gucci nel 1995.[47] L'unico negozio della Grup.p al di fuori dell'Italia è a Bogotà, dove tuttora vive Siciliano.[47] Gilioli rivela inoltre l'amicizia che lo lega agli ex-militanti di estrema destra e imprenditori di pellame Paolo Giachini e Massimiliano Fachini e della vicinanza all'ex ufficiale tedesco nazista Erich Priebke.[47]
Sotto società anonime, Zorzi è il proprietario di Oxus a Milano, con sede in Galleria Vittorio Emanuele II, in un fondo di proprietà del comune meneghino, di un altro negozio della stessa catena in Piazza Fiume a Roma[48] Il giornale ha ottenuto una querela da parte della società detentrice del marchio[49].
Ad oggi Zorzi vive a Tokyo, nel quartiere di Aoyama e da quando è stato assolto da tutte le accuse in via definitiva, terminando così la sua latitanza, ha potuto dare nuovo impulso imprenditoriale alle sue attività grazie a frequenti rientri in Europa e in Italia.
Zorzi è intervenuto nel corso della trasmissione televisiva Porta a Porta condotta da Bruno Vespa. La telefonata è stata in parte ritrasmessa durante la trasmissione Blu notte, condotta da Carlo Lucarelli, in una puntata dedicata alla strage di piazza Fontana. Dopo l'assoluzione in Cassazione, ha rilasciato una lunga intervista a Stefano Lorenzetto de il Giornale[50].
Dal Giappone Zorzi, coadiuvato dal nipote, ha continuato la sua carriera imprenditoriale in Italia, tessendo una vasta rete di aziende operanti nel settore tessile e dell'alta moda con filiali in molteplici Paesi.










Ma credo che sia un desiderio illusorio . Infatti non credo proprio lo faccia e ne abbia l'interesse non può toccare la base elettorale, che rimpatri o almeno lo faccia interrogare per rogatoria internazionale li

3.8.16

tour suoi luoghi dell'altra storia della repubblica italiana IV puntata strategia della tensione , le stragi di stato - bologna 2 agosto 1980

 in sottofondo
  Agosto  -claudio lolli
Khorakhanè - Non ho scordato

riprendiamo con le stragi più precisamentre sul periodo della strategia della tensione strategia della tensione . Per essa  s'intende  una Strategia eversiva basata principalmente su una serie preordinata e ben congegnata di atti terroristici, volti a creare in Italia uno stato di tensione e una paura diffusa nella popolazione, tali da far giustificare o addirittura auspicare svolte di tipo autoritario [...] ( da http://www.treccani.it/enciclopedia/strategia-della-tensione_(Dizionario-di-Storia)/ ) ma che potrebbe continuare ( e seconda me continua tutt'oggi in maniera più subdola ) con << La crisi economica dietro le ragioni della Strategia della tensione, che potrebbe quindi tornare d'attualità seppur con modalità differenti >> come dice quesrto interessante articolo "Strategia della tensione, una tecnica di governo per i momenti di crisi " di Fabio Damen da (Paginauno n. 17, aprile - maggio 2010) L'arco temporale si concentrerebbe in un periodo storico che andrebbe dalla strage di piazza Fontana (12 dicembre 1969) alla strage di Bologna (2 agosto 1980), sebbene alcuni studiosi retrodatino l'inizio di tale strategia alla strage di Portella della Ginestra (1º maggio 1947) e fatta finire 1984 con la strage del rapido 904 e comprendente .  Secondo  altri   ( e  secondo il parere  da profano   del  sottoscritto  )   continuata  oltre  alle stragi e altri fatti  certe  e   ipoteticamente  attribuiterle

da  https://it.wikipedia.org/wiki/Strategia_della_tensione_in_Italia
Talvolta sono stati considerati parte di una strategia della tensione o affini ad essa, anche la strage di Alcamo Marina e l'omicidio di Giorgiana Masi.

 con le stragi di  :  Capaci \ via d'amelio e le bombe del 1993 ( Fallito attentato di via Fauro Roma Nessuna vittima a Maurizio Costanzo , Strage di via dei Georgofili firenze , Strage di via Palestro \ Padiglione d'arte contemporanea di Milano ,Autobomba a San Giovanni in Laterano Roma , Autobomba a San Giorgio in Velabro Roma 31 ottobre 1993 Fallito attentato allo Stadio Olimpico 
Roma )

Sulle stragi     di stato   \  strategia   della tensione    non ho  testimonianze   dirette    o non ero nato  ( piazza  fontana  , italicus ) o    era  troppo  piccolo  ( bologna  e rapido 904  ) ed   ricordi  sono labili    come  quello    ,  quando passai   sui luoghi delle  stragi   .  I miei  ricordi     si basano  su  racconti dei genitori  , libri  ,  polemiche   con  quelli  vissuti  in quel periodo   ed  hanno vissuto in pieno   quel  periodo   vedi il gruppo fb    strage  di stato  (   ne  trovate   cenni   nel mio post   , cercatelo  dell'archivio ,   in cui intervisto Paolo Cucchiarelli  autore  de Il segreto di piazza Fontana  da  cui   tratta  la scenoigrafia del film . di Marco Tullio Giordana, Romanzo di una strage )
Ora Avendo per  motivi di salute  e  di lavoro  poco tempo    ecco un  docunmentario  (   se  non lovedete  lo trovate   qui  vero concntrato su blogna  (    il  2  agosto  si  sono  celebrati i  36  anni  )  ma  che  contestualizza  bensissimo  la  strategia della  tensione 
..
  non so   che  altro  dire  .Se  non  che  questo specie  le ultime  due  righe 
PER NON DIMENTICARE MAI
2 AGOSTO 1980 STRAGE DI BOLOGNA
Chi sia stato, se la P2, i fascisti, gli anarchici, Mambro e Fioravanti, sicuramennte lo stato lo sa. O forse no.
Sicuramente non lo sanno le famiglie degli 85 morti, i 200 feriti, non lo sa chi prestò soccorso ne chi scappò via. Non lo sanno gli autisti dei taxi, delle ambulanze, degli autobus.
Non lo sappiamo noi, non lo so io.
L’unica cosa che dobbiamo sapere è che noi passiamo ancora per la stazione di Bologna, e che quella targa con 85 nomi, non va scansata dallo sguardo ne dalla memoria.
A distanza di ben 36 anni quasi nulla e’ stato chiarito e questa strage rimane senza spiegazione e colpevoli e le famiglie rimangono senza risarcimento morale e materiale.
Una storia che dopo il boato ha lasciato un gran silenzio.





+3


29.5.16

chi ha ucciso Rino Gaetano ? ne parliamo con bruno Mautone

Avvicinandoci al  2  giugno   , data in cui  cade  oltre  il  70 esimo anno  della  nostra   amata \ odiata  repubblica  ,   35  anniversario  della morte  di  Rino gaetano , segnalo ( ed  intervisto   l'autore  )  il libro intitolato “Chi ha ucciso Rino Gaetano?” edito dalla Revoluzione Edizioni-Uno Editori . Esso  rappresenta un ulteriore stadio delle lunghe ricerche affrontate da Mautone per studiare gli aspetti umani ed artistici del cantautore calabrese. Le conclusioni alle quali perviene sono decisamente inquietanti, infatti si gettano fortissimi dubbi sulla reale dinamica del sinistro, paventando un incidente organizzato appositamente per mettere a tacere l’artista, oltre a ipotizzare una vicinanza tra Rino e ambienti massonici.
Esso   sembra  destinato  , visto  :
1) lo stile  asciutto , semplice , non  accademico  ,  lontano dal nozionismo pedante  di certa  cultura  accademica  .Insomma per la semplicità    con cui , vedi l'esempio  le trasmissioni  di Lucarelli   sui misteri  d'Italia  , spiega  il contesto   non semplice  per  chi non ha  basi   storico \  culturale   del periodo   delle canzoni di Rino   e  dei  suoi testi   che   fecero paura  ai poteri  forti   tanto  da  portarlo alla morte  .
2)   nuovi documenti (  vedere    qui  )   che  fanno si   che  la  denuncia fatta ala magistratura    dall'autore    stesso e  non  [ sic  ]  dalla  sorella Anna non  : << La richiesta di apertura delle indagini ad oggi non risulta archiviata. Farò una seconda ed ancora più dettagliata istanza, alla luce di riscontri documentali nuovi ed inediti che ho scoperto e che illustro nel libro CHI HA UCCISO RINO GAETANO ?, alla procura presso il tribunale penale di Roma affinché vengano riaperte  le indagini sulla morte di Rino e non solo, chiedo pure che si indaghi sulla prematura morte di un suo amico che lavorava, come già detto, in uffici consolari-diplomatici.>>

  a superare  il successo del precedente 

Nel nuovo  libro   ci sono  ulteriori    dubbi  e particolari  che non tornano  e  fanno si che  la  vicenda entri a pieno  di titolo fra i misteri d'Italia  . La parola  a Bruno  che ci spiega , ovviamente  senza  svelare  troppo   per  non togliere  a  fans  ( vecchi e  nuovi  ) e  a chi non ha mai creduto  alla  versione della morte per  mala  sanità  .a  superare  le  vendite  del precedente  .


 come mai stavolta non hai cambiato il titolo come nel libro precedente ? la sorella Anna , ha accettato che le prove che mettono in discussione la versione ufficiali sono credibili e sembrerebbero confermare la tua ipotesi sull'omicidio di Rino ? Oppure preferisce la tecnica del silenzio e del non rispondere , , cosi nessuno ne parla più e il clamore scompare e il fatto  finisce  nel dimenticatoio   ? 
Il secondo saggio ha un titolo significativo, non ho mai pensato di cambiarlo- tesi lanciate nel primo libro vengono comprovate da una svariata serie di elementi, compresi incongruenze, dubbi e stranezze involgenti l'incidente e i soccorsi, presunti, che vennero dati(?) a Rino Gaetano in quella fatale notte del 2 giugno 1981. La signora Anna è una persona che rispetto profondamente, non ha espresso rimostranze verso la titolazione del nuovo volume.Tuttavia anche se intervenissero valutazioni contrarie il titolo non viene cambiata poichè è riassuntivo di precipui riscontri, anche documentali. Il secondo saggio ha un titolo significativo, non ho mai pensato di cambiarlo- tesi lanciate nel primo libro vengono comprovate da una svariata serie di elementi, compresi incongruenze, dubbi e stranezze involgenti l'incidente e i soccorsi, presunti, che vennero dati(?) a Rino Gaetano in quella fatale notte del 2 giugno 1981. La signora Anna è una persona che rispetto profondamente, non ha espresso rimostranze verso la titolazione del nuovo volume.Tuttavia anche se intervenissero valutazioni contrarie il titolo non viene cambiata poichè è riassuntivo di precipui riscontri, anche documentali.



quali sono ii brani di Rino Gaetano in cui : ci sono Nomi ed elementi precisi nei testi i che portano a vicende e scandali politici con ruolo attivo e segreto di ambienti diplomatici e Servizi filo-USA in odore di logge massoniche ., in cui si parla di Una “rosa assassina” e un “pugnale USA” e c'è quindi un riferimento alle inchieste della Magistratura su la “Rosa dei Venti” e un anticipazione al caso “Gladio”. ?




In pratica tutti i brani di Rino Gaetano contengono una serie di messaggi e significati criptici che svelano fatti inquietanti della vita politica e di cronaca dell'Italia contemporanea al cantautore e,nonostante ciò, ancora attuali. potrei rimarcare Nuntereggapiù, che contiene riferimenti alla tragica vicenda di Capocotta, ove trovò la morte la giovane Wilma Montesi, nonchè riferimento al ruolo filo-governativo e quindi filo-DC di Cazzaniga, Vincenzo Cazzaniga, evocato nel brano, che collaborava con l'intelligence USA per impedire una affermazione del PCI e il paventato sorpasso sul partito dello scudo crociato. Oppure in AD 4000 DC offre un memorabile spaccato sulla vita, anche futura, del mafioso e massone Michele Sindona. Oppure in "Mio fratello è figlio unico" nomina esplicitamente il treno Taranto-Ancona che, lungi dall'essere un mero convoglio sud-nord, risultò essere il treno dei servizi segreti deviati, usato per inquinare indagini sugli attentati ai treni avvenuti negli anni precedenti. In "OK papà" e nelle canzoni ove evoca sempre una ROSA ("Il compleanno della zia Rosina", nonchè "Cogli la mia rosa d'amore" e "Rosita" oltre un quarto brano rimasto inedito) si notano, rispettivamente, palesi riferimenti a Gladio e alla Rosa dei Venti, misteriose e pericolose agenzie di intelilgence filo-Usa...ma è lunghissimo l'elenco di significati incredibili che emergono nelle tante canzoni).

 quali sarebbero Gli intriganti parallelismi con una voce giornalistica scomoda ( Pecorelli secondo me ) controcorrente, con fonti informative di altissimo profilo ?




Si Carmine Pecorelli, detto Mino, fu un coraggiosissimo giornalista che venne sminuito nella figura per sminuire le pungenti circostanze contro i potenti, Andreotti in primis, che illustrava nei propri articoli. Ad esempio in un articolo Pecorelli parla di Mario, Gino e Berto e rapporta tali nomi allo scandalo Lockeed. Guardate i nomi che Rino fa in La Berta Filava, sono identici, e infatti lì si nota, in abbinamento con Standard brano poco conosciuto, proprio allo scandalo Lockeed.

 nella presentazione del tuo libro su http://revoluzione.it/cospirazionismo-e-misteri/451-chi-ha-ucciso-rino-gaetano.html fra gli argomenti tratti all'interno del libro si parla degli intriganti parallelismi con una voce giornalistica scomoda, controcorrente, con fonti informative di altissimo profilo.>> potresti dirci , ovviamente senza svelare troppo per non guastare la lettura del libro , quali sarebbero questi parallelismi ? se se le fonti informative di altissimo profilo sono amici o conoscenti della setta a cui avrebbe aderito Rino oppure qualcuno dei salotti bene ?  Sempre  nel  tuo libro  hai   raccolto le testimonianze dirette di due carissimi amici del cantautore, Mimì Messina, amico di infanzia e di scuola, frequentate assieme a Narni, e Franco Pontecorvi, addetto artistico e compagno assiduo di ogni tournèe e dei viaggi all’estero, entrambi hanno escluso in modo convintissimo che Rino fosse massone, così come lo ha escluso Anna Gaetano. Quindi, si dovrebbe desumere che Rino non fosse affiliato a qualsiasi loggia massonica e che riferimenti agli ambienti dei liberi muratori fatti in via continua in vari brani e anche in interviste siano il frutto di un interesse da studioso e di interessato osservatore. Opppure era realmente affiliato visto che sempre nel libro , almeno dallle indiscrezioni che ho letto sul web , si rimarca una clamorosa dichiarazione rilasciata da Rino dopo i trionfi sanremesi al giornalista Manuel Insolera, il festival della canzone viene paragonato in modo esplicito ad “un ordine massonico(!!). ? 
Mimì Messina e Franco Pontecorvi , i più cari amici di Rino, escludono che fosse massone. Ne prendo atto, tuttavia e sicuramente l'artista conosce il mondo dei Liberi Muratori. Tanto è vero che Rino gaetano paragona esplicitamente il festival di Sanremo ad "un ordine massonico", inoltre in tanti brani descrive e richiama fatti e persone dell'universo massonico.Oltretutto recentemente il Venerabile Gran Maestro del GOI, la loggia massonica più potente d'Italia, nel discorso di insediamento ha nominato esplicitamente Rino Gaetano. Insomma Rino non era massone però conosceva il mondo delle logge (e viceversa!).Si confermo che primo articolo che esplicitamente accosta versi gaetaniani ai massini risale addirittura al giorno appena successivo alla sua morte, sulla Stampa di Torino. La cosa sconcertante che il giornalista che redasse quell'articolo non è ...identificabile nonostante avesse scritto il resoconto su uno dei più importanti e difussi quotidiani nazionali(!).


 Nel  tuo  ultimo  libro  su parla delle sconcertanti vicende post mortem al cimitero del Verano , cosa avvenne e perchè sconcerntanti ? 

Mino Pecorelli firmò degli articoli nei quali sottolinea che in Italia persone ritenute scomode venivano soppresse con incidenti stradali congegnati. Anche u caro amico di Rino Gaetano, che lavorava in importantissimi uffici consolari-diplomatici della capitale, muore prematuramente sopravvivendo poco tempo a...un incidente stradale. Tale amico, è del tutto plausibile, in modo coraggioso poteva essere il depositario di notizie e di fatti poi trasmessi a Rino.


quindi   Proseguendo nella    sua   opera di certosina ricerca sia in questo che nel precedente libro dimostri come la ventilata colleganza Rino Gaetano-Universo massonico non sia una tesi nata in questi ultimi anni. Infatti hai reperito un interessante articolo del 3 giugno 1981, quindi risalente al giorno appena successivo alla morte, pubblicato sull’importantissimo e diffuso quotidiano La Stampa nel quale esplicitamente e senza mezzi termini testi gaetaniani vengono rapportati a fatti inquietanti della p2, la famigerata loggia guidata dal Venerabile Licio Gelli.Quello che sconcerta è la identità del coraggioso giornalista che sul giornale dei bilderberghiani Agnelli ha stilato l’articolo, è una identità…misteriosa, infatti il notevole pezzo giornalistico è siglato solo da due lettere e il quotidiano di Torino, alla tua richiesta esplicita ha risposto che a distanza di 35 anni non è possibile risalire al nome e cognome poiché vari giornalisti si firmavano con sigle non corrispondenti alle proprie iniziali e che poi mutavano frequentemente. Nel libro si rimarca, altresì, la singolare circostanza rappresentata da esplicite citazioni dedicate a Rino Gaetano da Stefano Bisi cioè il Venerabile Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, la loggia massonica più potente della penisola, addirittura nel suo discorso di insediamento alla guida della potentissima obbedienza massonica. I versi di una misconosciuta e inedita canzone di Rino vengono fatti propri da Bisi per sottolineare che i dignitari massoni devono operare in unione e concordia per rafforzare il potere e la forza della loggia.

Rino può esere considerato un simpatizzante o un ospite della massoneria in particolare dela p2 oppure uno che ricevendo confidenze d'amici iscritti o che frequentavano tali abbienti , non ce l'ha fatta a tenersi tuto dentro è ha preferito rilevarlo in maiera criptica ( mica tanto per chi riusciva a leggere fra le righe o frequentava tali ambienti ) ed quindi per questo che è stato ucciso 





l'incidnte precedente di rino è collegato a quelo mortale ? se si come ? oppure è solo un avvertimento non colto dal cantante ?
malore o sabotaggio freni ?



in realtà il primo incidente non è mai ...avvenuto. O meglio avvenne ma si trattò di una collisione con una jeep condotta da un ragazzo alquanto alticcio, collisione avvenuta no distante da Castel Giorgio ove Rino si era recato a trovare Mimì Messina. L'epilogo della vicenda fu alquanto esilarante. Rino e il ragazzo dell'altro veicolo si recarono presso la caserma dei Carabinieri di Castel Giorgio, l'ora era tarda, attorno alle due del mattino. Si affacciò un brigadiere corpulento, oltrer 150 chili di stazza, per chiedere chi bussasse a quell'ora, Rino e il ragazzo dissero di voler segnalare un urto tra veicoli e che si erano già messi d'accordo per i danni e che non c'erano feriti. Appreso ciò il sottufficiale disse di "non rompere i ..." poichè non essendoci feriti ed essendosi accordati sui danni non c'era necessità di rivolgersi ai Carabinieri e chiuse bruscamente la finestra. Testimone oculare di tutta la vicenda fu Domenico Messina. Con riferimento all'incidente letale è importante sottolineare che in Italia, e Mino Pecorelli lo denuncia e lo scrive apertamente nella sua rivista O.P., molte persone ritenute scomode per il potere venivano messe a tacere con congegnati incidenti stradali. Si applicava nel cofano un piccolo apparato e con un radiocomando si faceva perdere il controllo del veicolo al guidatore. Rino quelle notte era solo e il suo veicolo incidentato non si sa da chi fu esaminato la notte del 2 giugno, inoltre stranamente non intervennero infermieri a soccorrerlo ma dei ..tecnici, dei pompieri non si sa da chi chiamati. In ogni caso Pecorelli, già nel 1978, scrive di incidenti procurati con radiocomando nonchè con ..camionisti distratti.

quindi  l'ultima domanda  
che ne pensi dell'ipotesi di venditti http://www.televisionando.it/articolo/antonello-venditti-su-rino-gaetanoera-un-cocainomane-la-sorella-di-rino-lo-querela/3899/ ?  sembrerà   fuori contesto   visto che io considero molto probabile  e verosimile .le ipotesi di  bruno . Infatti  << Venditti ha poi precisato non che Rino fosse un abituale consumatore di stupefacenti quanto piuttosto che, in generale, nel mondo dello spettacolo si fa uso di droghe in gran quantità. Quindi Venditti chiarisce che non intendeva affatto infangare la figura del compianto Rino Gaetano, suo grande amico. Nel libro, piuttosto, si evidenzia come Venditti abbia ufficialmente scritto che con Rino Gaetano ebbe, a casa di un'amica medium, delle esperienze chiamiamole esoteriche-spiritiche. Secondo me, tra le righe, Venditti ha voluto lanciare un messaggio. C'era qualcuno, ma non credo certo agli spiriti, che dava loro notizie di fatti rilevanti della vita politica italiana del tempo. Questo qualcuno si maschera sotto forma di ...ectoplasma.>>


Io già . come la famosa seduta spiritica a cui partecipo prodi durante il sequestro di ldo Moro 
Brumo. si Giuseppe come la famosa seduta spiritica

Non so più cosa credere a  a caldo   non avendo  letto tutto il libro ma solo le  prime  30 pagiue  d'anteprima  ho chiesto  a Bruno se  in   fase  di chiusura   volesse  aggiungere o rettificare qualcosa ?.
no grazie Giuseppe, fai tutto tu e fai tutto bene, non aggiungo nè modifico nulla attendo solo il tuo link così come lo complilerai .

Vi  lascio  . a lla prossima intervista

31.1.15

31 gennaio 1969, Viareggio: ragazzi del "Fronte monarchico giovanile" rapiscono e uccidono il ragazzino ERMANNO LAVORINI

 Ringrazio il contatto fb   Riccardo Lenzi per   avermelo segnalato

Lo so  che mi contraddico   ma   questo fatto  successo  ogggi nel lontano 1969   non  è solo cronaca  nera   è la storia  del primo ragazzo rapito   in Italia  .  Vicenda  da cui , come  dirà  la canzone sotto riportata  ,  i media   maistream  (  ed  ora le pagine e gli account  fb   della gente   e  i  vari blog  e  siti  pseudo o veramente indipendenti )   hanno trattato alcune persone coinvolte risultate  innocenti  . Infatti  due moriranno uno suicida  e  l'altro  di crepa cuore  .







Non so cos'altro  dire  \ aggiungere  in quanto  : 1) non ho  per  limiti d'età vissuto direttamente  quegli avvenimenti  ., 2)  la canzone  di Trincale   riassume  in se la  triste  vicenda  . Quindi vi  lascio  qual'ora  vogliate   farvi voi un idea  ed  aprofondirla  ai seguenti  siti  ed  articoli

 http://it.wikipedia.org/wiki/Omicidio_di_Ermanno_Lavorini  con un ottima  bibliografia e   con questi ottimi link :  
e   per  finire   http://www.raistoria.rai.it/articoli/il-sequestro-di-ermanno-lavorini/11947/default.aspx







4.8.14

Strage Italicus, 40 anni dopo( 4\8\1974- 4\08\2014 ) . Storia del ferroviere morto per salvare dei passeggeri



canzoni suggerite 



(....)   Agosto. Si muore di caldo 
e di sudore. 
Si muore anche di guerra 
non certo d'amore, 
si muore di bombe, si muore di stragi 
più o meno di Stato, 
si muore, si crolla, si esplode, 
si piange, si urla. 
Un treno è saltato. 

                  da  Agosto di Caludio Lolli 


Spesso , vedere titolo , anche i grandi fatti nascondono al loro interno  dei piccoli  fatti  \  delle storie che   nel  riportare  i fatti  ne vanno perse \ dimenticate  o considerate minuterie  \  cose  di poco  conto     Ed è proprio questa una delle  storie    che riporto sotto dal fatto quotidiano del 4\8\2014 che riporto sotto che oggi intendo narrare per ricordare ( chi se ne frega se non l'ho vissuto direttamente , nacqui 2 anni dopo ) ma solo indirettamente nei ricordi dei mie vecchi , e di altre persone di quella generazione E' questa insieme a tanti misteri d'italia e depistaggi , segreti di stato   , ecc ( vedere  ill'url  di  wikipedia  ) che rendono possibile che condivida ciò << A causa del divieto di amministrare la giustizia vigente nel nostro Paese, l'articolo che segue parla di un fatto che non ha spiegazioni e/o colpevoli. Quindi ce li siamo inventati di sana pianta.
Può anche darsi che i fatti narrati non siano mai accaduti e che siamo tutti vittime di un'allucinazione collettiva. >> (  da , insieme  alla  foto  a  sinistra  http://nonciclopedia.wikia.com/ alla voce italicus vedere sopra url dell'articolo ) 
Ma a ora basta tediarvi ed eccovi la storia ( sopra trovate link se volete approfondire ) in questione  




Strage Italicus, 40 anni dopo. Storia del ferroviere morto per salvare passeggeri
Il 4 agosto del 1974 l'attentato terrroristico al treno Espresso in provincia di Bologna. Oggi un libro ricostruisce le storie di sopravvissuti e familiari alla ricerca della verità
di Antonella Beccaria | 4 agosto 2014



il treno italicus 




Chi se lo ricorda il nome di Silver Sirotti ? In pochi, probabilmente, e non era un eroe, almeno non nel senso che in genere si attribuisce a un termine del genere. Eppure Silver, 25 anni e da dieci mesi impiegato nelle Ferrovie dello Stato con varie mansioni, il 4 agosto 1974, all’1 e 47 minuti del mattino, era sul treno Italicus per un caso, perché da controllore – mansione che svolgeva in quel periodo – doveva sostituire un collega, in attesa di prendere servizio di lì a poco alla stazione di Faenza, dove si sarebbe occupato della biglietteria. Ma quel giorno, a quell’ora, una bomba devastò la quinta carrozza del convoglio ferroviario partito da Roma alla volta del Brennero. L’ordigno, a base di termite, miscela incendiaria che raggiunge il punto di fusione dell’acciaio, esplose dentro la galleria della Direttissima, nel comune di San Benedetto Val di Sambro, verso Bologna.
E oltre alle dodici vittime che costituiscono il bilancio ufficiale della strage dell’Italicus, altre ce ne sarebbero state se il macchinista non avesse fatto scivolare il treno fuori dal lunghissimo tunnel, oltre 18 chilometri. E se Silver, finito nella conta dei morti, non avesse rinunciato a mettersi in salvo. Invece tornò indietro, in mezzo alle fiamme, afferrando un estintore e tentando di portar fuori chi ancora poteva essere vivo. Per risalire sul treno il ragazzo aveva dovuto addirittura divincolarsi dal placcaggio di un passeggero incolume, che ne aveva intuito le intenzioni e aveva provato a strapparlo a morte sicura. A quel punto, liberatosi, Silver si lanciò verso la quinta carrozza e nessuno lo rivive più vivo.
Quarant’anni esatti dopo a raccontare questi fatti è il fratello del giovane ferroviere, Franco Sirotti, che oggi lavora alla stazione di Bologna. E con le sue parole si apre il libroItalicus – 1974, l’anno delle quattro stragi (Eir) scritto dal deputato e presidente dell’Associazione vittime del 2 agosto 1980Paolo Bolognesi e dal giornalista Roberto Scardova. Alla loro seconda prova letteraria in coppia – la prima, del 2012, si intitolava Stragi e mandanti –, stavolta non partono dalla bomba alla stazione di Bologna, ma tornano indietro di sei anni, a quel 1974 che fu un anno di svolta nel periodo della strategia della tensione. E nelle oltre 300 pagine del volume, di storie umane, se ne incontrano tante. Come quella dell’architetto fiorentino Luigi Cardarelli, che si impegnò per creare un’associazione vittime che “difendesse i diritti di chi era rimasto”. O, ancora, di Mauro Russo, che tornava a Bolzano da una gita a Firenze insieme alla famiglia.
Ma il libro Italicus è anche altro. È – come scandisce per l’appunto il sottotitolo – anche la storia di 4 stragi: le due riuscite di Brescia (28 agosto 1974) e del 4 agosto e le altrettante tentative, quella di Silvi Marina (Pescara) del 29 gennaio lungo la linea Adriatica su cui transitava il treno Milano-Bari e l’altra, del 21 aprile, a Vaiano (Prato), di nuovo lungo la linea Bologna-Firenze. “Nel 1974 ci fu chi credette che fosse giunta l’ora X”, scrivono gli autori. “Che fosse il momento di mettere definitivamente l’Italia in ginocchio. È questo ciò che si ripromettevano di ottenere i quattro eccidi programmati e progettati per quell’anno”. Ma poi, secondo la ricostruzione di Bolognesi e Scardova, il panorama internazionale mutò con la fine dell’asse statunitense Nixon-Kissinger e il tramonto delle dittature in Grecia e in Portogallo. E anche in Italia le carte si sparigliarono al punto che per “destabilizzare per stabilizzare”, secondo un vecchio slogan, occorreva inabissarsi e occupare dall’interno le istituzioni, non abbatterle con un colpo di mano.
Ecco così che entrò nel pieno la stagione d’oro della P2 di Licio Gelli e che dalle strategie militari si passò a quelle definite nel Piano di rinascita democratica, documento d’ordine tale per cui la società italiana andava trasformata tagliando le code estreme del Parlamento, soffocando l’attività sindacale, controllando la stampa e orientandosi verso una Repubblica che non fosse più parlamentare ma presidenziale. E mentre i giochi dei poteri infedeli alla Costituzione non si interrompevano, ecco che dal 1974 in avanti sulla scena sarebbero ricomparse organizzazioni eversive neofasciste disciolte poco prima, informatori dei servizi segreti depistanti, inchieste spostate e spezzate tra una procura e all’altra, comitati di industriali disposti a finanziare disegni autoritari. Un quadro complesso, questo, ricostruito attraverso le carte giudiziarie digitalizzate e più facilmente consultabili. E che, negli auspici degli autori, potrà essere arricchito dall’apertura di basi documentali mai consultate (non solo quelle coperte da classifica) e da riversare nell’Archivio di Stato.
Conclude in proposito Paolo Bolognesi in proposito: “Per rendere inaccessibile alla magistratura un documento non occorre un timbro che imprima il formale ‘segreto di Stato’. In questi decenni, per cambiare il corso dei processi per strage, è bastato omettere l’invio di una nota informativa, distruggere un atto, far sparire un fascicolo, non ‘ricordare’ nomi e circostanze, negare l’esistenza di fascicoli e interi archivi. Si è potuto così coprire mandanti e ispiratori politici, proteggere esecutori e lasciare sul tavolo della storia eccidi impuniti”. Con la direttiva firmata dal presidente del ConsiglioMatteo Renzi la primavera scorsa, si potrà andare a guardare anche un pezzo di questa storia attraverso documenti inediti, almeno quelli sopravvissuti. Ed entro l’autunno, probabilmente, avvalersi del reato di depistaggio, il cui testo è appena stato licenziato dalla Commissione giustizia per passare a breve al vaglio delle Camere.

Infatti
Unione sarda del 4\8\2014
Il 4 agosto del 1974 una bomba esplose sul treno espresso Roma-Monaco di Baviera. Morirono 12 persone.
"Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti". Sono le parole contenute in un volantino che rivendicava uno dei tanti attentati che hanno messo in ginocchio l'Italia degli anni 70 e 80. È da poco passata l'una del 4 agosto 1974, per la precisione sono passati esattamente 23 minuti e sulla vettura 5 dell'espresso Roma-Monaco di Baviera via Brennero viaggiano numerose persone. All'improvviso un boato squarcia la notte quanto il treno si trova vicino alla stazione di San Benedetto val di Sambro. Una bomba uccide 12 persone e ne ferisce altre 48. Dopo l'esplosione sulla vettura scoppia un terribile incendio che dura diverse ore. Una morte risucchiata in quel periodo in cui l'ideologia politica ammazzava, a destra e a sinistra. A morire, però, furono persone normali come spesso con accezione tendente al negativo si chiama "gente comune". Eppure era proprio quella gente comune ad assistere e molto spesso a subire un'onda violenta che da Piazza Fontana in poi ha dato vita a quelli che passano alla storia come gli anni di piombo. Tra le tante figure simbolo di quegli anni c'è Aldo Moro rapito e ucciso dalle Brigate rosse il 9 maggio del 1978 dopo 55 giorni di sone che meritano il ricordo perché in quegli anni era difficile anche essere "gente comune".
il treno italicus
prigionia. Ma Aldo Moro rientra anche nella storia della strage dell'Italicus perché sul quel treno ci sarebbe dovuto essere anche lui quella sera diretto a Bellamonte per raggiungere la famiglia. Quel treno Moro non lo prese perché fu raggiunto da alcuni funzionari del Ministero e venne fatto scendere all'ultimo momento per firmare alcuni documenti. Una fortunata casualità o uno dei tanti misteri che la storia italiana ha consegnato e conserva. I grandi gialli vanno risolti ma per raccontare una storia e ricordarne gli attori principali non si può rischiare di perdersi nel tentativo di svelare i misteri o, almeno in questo ricordo, andare a ripercorrere le tappe dei processi. Abbiamo i protagonisti quelli che, loro malgrado, lo sono diventati senza volerlo, senza chiedere medaglie da eroi. Sono Elena Donatini (58 anni), Nicola Buffi (51 anni), Herbert Kontriner (35 anni), Nunzio Russo (49 anni), Marco Russo (14 anni), Maria Santina Carraro in Russo (47 anni), Tsugufumi Fukuda (32 anni), Antonio Medaglia (70 anni), Elena Celli (67 anni), Raffaele Garosi (22 anni), Wilhelmus J. Hanema (20 anni) e Silver Sirotti (25 anni). I morti, chi rimase ferito, chi perse amici e parenti e le tante persone che andarono per dare una mano: queste sono le per


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