finalmente un esponente di chiesa dice no ala propaganda di governo e all'uso " politiko " ( da non confondere con l'altro termine politico ) di una funzione funebre . Infatti ha fatto levare dall'altare le loro corone lava coscienza . Grande . Questa si chiama umiltà . atto che non è+ stato ben accolto da molti
Beata Ignoranza!Come se i soldi risparmiati per i fiori,avessero potuto risolvere qualcosa!!!Quelle Corone,volevano solo essere la Testimonianza della Presenza dello Stato!! I Preti,facciano i Preti e non Politica!!! Della Politica e dei Politicanti,ne abbiamo le PALLE PIENE!!!
Lissa
Mer, 31/08/2016 - 12:04
Ha fatto bene don Fabio, quelle corone rappresentano l'ipocrisia delle cosi dette Istituzione.
sia che la pensiate come me e la signora o il signor Lissa ecco le due versioni a confronti della news
Amatrice, don Fabio bacchetta Renzi e Boldrini. "I loro fiori in chiesa non possono stare" Il giovane don Fabio, parroco di Posta e Cittareale, ha voluto far levare le corone inviate dalle cariche di Stato durante i funerali ad Amatrice. La giustificazione: "Soldi buttati. Perché chi ha firmato quegli addobbi floreali non ha fatto un assegno di pari valore?"
"Quelle corone sembravo degli sponsor", così don Fabio Gammarota si è opposto, seppur simbolicamente, alle più alte cariche dello Stato durante funerali rietini delle vittime del terremoto.
La scelta di don Fabio che colpisce Renzi e Boldrini
Gammarota è il giovane parroco di Posta e Cittareale. Nel suo passato ha servito anche ad Amatrice, una della cittadine martoriate dal terremoto del 24 gosto. Il don è intervenuto in maniera durissima contro le composizioni funebri , inviate dal presidente del Consiglio, dal presidente del Senato, dal sindaco di Roma e dal presidente della Regione Lazio, che venivano sistemate nella chiesa-tendone allestita per i funerali. "Queste le portate via, la cerimonia non ha bisogno di sponsorizzazione" ha detto ai militari che le stavano sistemando. Detto fatto,le corone sono state sistemate altrove, lontano dall'altare.
Don Fabio, intervistato da La Repubblica, ha spiegato i motivi del suo gesto: "Toglievano la vista della messa a chi stava dietro, c' erano diversi familiari". Drastico il giovane don, ma come precisa al giornalista: "Il giorno dopo il fiore è già morto, invece i problemi restano. In un funerale come questo il profluvio di corone costa migliaia di euro. Una sola va dagli ottanta ai quattrocento, soldi buttati. Perché chi ha firmato quegli addobbi floreali non ha fatto un assegno di pari valore?".
Una posizione netta. Ed il motivo è chiaro, proseguendo tra le righe del quotidiano fondato da Scalfari: "C' è rabbia pregressa, è indubbio. Nessuna critica ai soccorsi e alle prime azioni del governo, ma va ricordato che la provincia di Rieti è frutto di uno spezzatino. Un po' tolta da Roma, un po' da Ascoli, un po' dall' Aquila. Il risultato è che per arrivare qui non c' è neppure una ferrovia".
Idee chiare e qualche stoccata alla presenza dello Stato in un momento di dolore come i funerali delle vittime del sisma: "Mi piace l' idea che chi viene da fuori e assiste a un dolore di questa portata si accomodi nella sedie in fondo e aspetti che il protagonista di quel dolore gli dica: "Amico, vieni a sederti con noi, davanti".
Don Fabio Gammarota: "Ho fatto levare quelle corone, sembravano degli sponsor"
Il parroco di Posta e Cittareale ha deciso di far portare via dai funerali ad Amatrice le composizioni floreali inviate dal premier, dal presidente del Senato, dalla sindaca di Roma e dal governatore della Regione Lazio
dal nostro inviato CORRADO ZUNINO
AMATRICE - Un prete giovane e alto, la barba curata, si volta dall'altare - che la messa deve ancora iniziare - e ai militari dell'Esercito, ai corazzieri dei carabinieri che stanno sistemando sotto la chiesa-tendone le corone di fiori istituzionali, dice: "Queste le portate via, la cerimonia non ha bisogno di sponsorizzazione". Un accenno di applauso, pochi hanno sentito. Le corone tornano indietro, subito. Lontane dall'altare, fuori dalla chiesa. Sono quattro. Del presidente del Consiglio, del presidente del Senato, della sindaca di Roma e del presidente della Regione Lazio. Vengono appoggiate di lato, lontano dalle inquadrature tv. Il giovane prete è Don Fabio Gammarota, da otto anni parroco di Posta e Cittareale, comuni del Reatino a venti minuti dal sisma. Per una stagione è stato sacerdote anche ad Amatrice. E lunedì scorso è stato un protagonista dell'opposizione (vincente) ai funerali da celebrare all'aeroporto di Rieti.
Don Fabio, perché ha rimandato indietro le corone dei politici? "Toglievano la vista della messa a chi stava dietro, c'erano diversi familiari. E quei fiori non potevano stare in uno spazio liturgico".
Come, non potevano stare? Ogni funerale, in ogni chiesa, ha corone di fiori. "Dalla mia parrocchia li ho banditi. Solo lo stretto necessario, se proprio i familiari vogliono".
Perché, Don Fabio? "Il giorno dopo il fiore è già morto, invece i problemi restano. In un funerale come questo il profluvio di corone costa migliaia di euro. Una sola va dagli ottanta ai quattrocento, soldi buttati. Perché chi ha firmato quegli addobbi floreali non ha fatto un assegno di pari valore? ".
Ecco, veniamo al punto: quelle erano le corone delle istituzioni italiane e romane. Non è che ce l'ha con loro? "Diciamo, intanto, che se uno vuole fare un omaggio, abbellire una chiesa, non deve poi firmare quell'omaggio, mettere il cartello".
E poi? "Mi piace l'idea che chi viene da fuori e assiste a un dolore di questa portata si accomodi nella sedie in fondo e aspetti che il protagonista di quel dolore gli dica: "Amico, vieni a sederti con noi, davanti"".
Vede che riecheggia la polemica contro lo Stato centrale. La si sente spesso nelle parole del sindaco di Amatrice. "C'è rabbia pregressa, è indubbio. Nessuna critica ai soccorsi e alle prime azioni del governo, ma va ricordato che la provincia di Rieti è frutto di uno spezzatino. Un po' tolta da Roma, un po' da Ascoli, un po' dall'Aquila. Il risultato è che per arrivare qui non c'è neppure una ferrovia. Roma ha inghiottito la nostra gioventù.
L'unica risposta a questa ingordigia è sul territorio. Oggi dobbiamo lasciare a terra ogni piccola faida di paese e creare una comunità unica, Amatrice, Accumoli, Posta, Cittareale. Una tragedia come questa può essere superata solo qui e insieme".
La storia di Barbara Beggi consigliera leghista che un anno fa aveva insultato i nostri politicanti
è la prova dell'ipocrisia dei buonisti d'accatto ed ipocriti che danno del razzista anche a chi non lo è .
Certo sarà stata cafona , non è modo di criticare una ministra ( che peraltro non era neppure tra i peggiori ) , ma da li ad essere razzista ce ne passa . Infatti
CASTELFRANCO - «Le disgrazie non vengono mai sole. In Europa saremo rappresentati da questo cesso» l’insulto che, postato su Facebook, la consigliera leghista di CastelfrancoBarbara Beggi ha lanciato contro l’ex ministroCecile Kyenge, neo eletta al Parlamento europeo per il Pd e la presidente della Camera Laura Boldrini, definendola «mongoloide» e minacciandola: «Le caverei gli occhi».La leghista castellana risponde: «Mi scuso per quel post sulla Kyenge, se può in qualche modo aver offeso lei o chi rappresenta. Non era un mio post ma di altri (pare della pagina Afdc di Facebook, ndr) che poi io "goliardicamente" ho pubblicato a mia volta. Non era di tipo razzista, anche perché chi mi conosce bene sa che non lo sono affatto. La mia più grande e storica amica è una bellissima ragazza di colore. E non credo che "cesso" si possa definire un termine che esprime razzismo. In futuro mi guarderò dal pubblicare certi link che possano in qualche modo essere offensivi. Ricordo che Facebook è un social network dove si esprimono opinioni e dove, sappiamo molto bene, gira di tutto. "Cesso" non sarà un complimento, ma non è neanche un'offesa che merita tutta questa attenzione».
Ora 20 maggio 2015 ha risposto a tali accuse con i fatti
Barbara Beggi, la consigliera leghista di Castelfranco Veneto che insulto' l'ex ministro Kyenge
Dopo il post su Facebook (nella foto sotto) contro l'allora ministro Cecile Kyenge, era stata bollata come "razzista". Ora Barbara Beggi, ex consigliera della Lega, è fidanzata con un ragazzo originario del Congo. Dopo quel messaggio, in seguito al quale si era dimessa dal Consiglio comunale di Castelfranco Veneto (Treviso), aveva provato a chiedere scusa, e a spiegare che era tutto fuorché razzista, ma la pioggia di insulti non si era fermata.
La vita regala sempre qualche sorpresa. Infatti Barbara Beggi: appena un anno consigliera comunale leghista di Castelfranco Veneto era finita nella polvere per alcuni suoi commenti decisamente "piccanti" su Facebook. Nel suo mirino c'erano oltre l'ex ministro dell'Integrazione Cècile Kyenge (definita "cessa"), , la presidente della Camera Laura Boldrini("mongoloide") e il premier Matteo Renzi (a cui aveva augurato "un bel cagotto"). Naturalmente, tutti quanti avevano puntato il dito , in italia c'è troppa ipocrisia e buonismo d'accatto tanto da non riuscire a individuiare ( se non a fatica ) quello genuino , contro l'attacco alla Kyenge. Infatti visto che ogni critica, specialmente la più colorita, per i politicamente corretti diventa sinonimo di razzismo. Chissà cosa diranno ora quegli stessi che stigmatizzavano quel commento se sapessero che la Beggi è felicemente fidanzata di un uomo di colore, originario del Congo.
eccone alcuni presi da http://www.ilgiornale.it/ Alcuni potre bbero urtare la vostra suscettibilità quindi procedete a " vostro rischio nella lettura
TI
toro seduto
Mer, 20/05/2015 - 16:27
al di là del populismo per menti in saldo....il nulla fritto, questa è la lega ladrona
denteavvelenato
Mer, 20/05/2015 - 16:54
Gran livello la "signora"
roberto-sixty-four
Mer, 20/05/2015 - 17:09
...Infatti e' la dimostrazione che gli insulti all kienge cosi' come alla boldrini non erano per la razza di appartenenza, ma per le loro idee "bislacche" che sono contro gli interessi del popolo italiano. Come dice Salvini, ben vengano gli stranieri (anche neri certo), che sono onesti, che NON sono clandestini che abbiano anche un lavoro regolare anche se umile, ma sempre dignitoso....Insomma che accettino le regole della nostra civile Società.
torquemada63
Mer, 20/05/2015 - 17:11
la kyengè non va insultata perchè è nera o viene dal congo,ci mancherebbe, ma per l'incapacità e le bestialità che dice, tantè che i congolesi che sono assai più furbi degli italioti ce l'hanno spedita qui.
marino.birocco
Mer, 20/05/2015 - 17:15
Sicuramente il modo migliore per respingere quelle accuse che la etichettavano come razzista. Ivan hai ragione sarà proprio quello il motivo. Chissà che si sia ravveduta , però per dare un segno più tangibile dovrebbe cambiare partito.
Dreamer_66
Mer, 20/05/2015 - 17:16
Per la cronaca... le colorite espessioni della Sig.ra Beggi vennero stigmatizzate anche da esponenti del suo stesso partito ("Sono assolutamente basita dal livello dei post su Facebook pubblicati da Barbara Beggi, da cui prendo le distanze“ - Senatrice Bisinella). Poi, come di consueto, la Beggi ridimensionò tutto chiedendo scusa e affermando che non erano parole sue ma riportate da altre fonti. Comunque tanti auguri per la sua love story.
scappato
Mer, 20/05/2015 - 17:23
Kyenge e la Rice, tutte e due nere, ma l'assomoglianza finisce qui.
giovauriem
Mer, 20/05/2015 - 17:24
si vede che non ha trovato di meglio (in padania) e si arrangia come può .
giangol
Mer, 20/05/2015 - 17:25
temo che si sia messa per motivi di "portata" ahahahah
rapax
Mer, 20/05/2015 - 17:27
il "palo" nero tira sempre..
Totonno58
Mer, 20/05/2015 - 17:52
La verità è che la finissima signora aveva fatto professione di razzismo spicciolo nei confronti del Ministro Kyenge e poi, in un'altra occasione, si è presa, come dice RAPAX, un altro genere di soddisfazione!:)
luigipiso
Mer, 20/05/2015 - 18:00
Ci si può redimere alla democrazia e uguaglianza. Gli stolti non lo fanno
coccolino
Mer, 20/05/2015 - 18:01
la kyenge merita l'insulto per quello che pensa e dice, non per il suo colore.
gianniverde
Mer, 20/05/2015 - 18:16
luigipiso sicuramente lei non l'ha mai fatto.
scorpione2
Mer, 20/05/2015 - 18:24
NON SARA' PER CASO CHE SI E' RICREDUTA? SENTIVA SEMPRE LA LEGA,MI GHE LO DUR,MI GHE LO DUR E ALLA FINE SI E' ACCORTA CHE ERA TUTTA UNA BUFALA,DI DURO HANNO IL DITO MEDIO,E ALLORA CAMBIARE E' BELLO.
zanzaratigre
Mer, 20/05/2015 - 18:25
Beh, ci credo non volevate mettere la Kyenge o la Boldrini a confronto con questo ragazzo, questo ha qualcosa in più!
Al-Faqh.Yugoudh
Mer, 20/05/2015 - 18:31
Donne di destra italiane piace moltoMANGANELLO, sopratutto manganello duro e nero.
Paolino Pierino
Mer, 20/05/2015 - 18:36
Ha sentito quanto è duro e quanto dura Viva la sega pardon la Lega
100-%-ITALIANA
Mer, 20/05/2015 - 18:42
Parlo da donna: Naomi Campbell e l'ex ministro dell'integrazione sono entrambe "diversamente colorate" se io do della - Sporca diversamente colorata alla Signora Campbell posso essere tacciata di razzismo se paragono l'ex ministro dell'integrazione ad 1 sanitario da bagno esprimo 1 mio giudizio estetico......
Farusman
Mer, 20/05/2015 - 18:58
Caso personale: condivisi e condivido i giudizi negativi sulla Boldrini e la Kyenge che mi stanno letteralmente sulle p.lle Anzi di loro penso molto peggio del peggio che si può pensare Ma non solo non rinnego, ma ricordo con piacere una meravigiosa storia giovanile con una ragazza di colore, finita purtroppo come spesso finiscono queste storie tra ragazzi. C'è forse in questo qualche contraddizione ?
obiettore
Mer, 20/05/2015 - 19:02
Dicono che le femmine, al contrario dei maschi, hanno meno istinto per la difesa del territorio. Le politiche poi, con rare eccezioni, sembrano non vedano l'ora di farsi invadere. E' mia opinione che proprio le donne scese in politica siano la rovina della nazione.
xulxul
Mer, 20/05/2015 - 19:13
per me è la macchina che c'ha che conta..... (Vasco Rossi).
gloriabiondi
Mer, 20/05/2015 - 19:13
E lei Al-Faqh.Yugoudh, come lo sa? Le ha intervistate tutte in merito ai loro gusti sessuali? Sono una donna italiana, apolitica, nè di destra, tantomeno di sinistra, ma razzista la sono: con i cretini rozzi e volgari come lei. La prossima volta sia più specifico, dica: a mia madre, mia sorella, mia figlia, piace moltoMANGANELLO ecc, ecc. Ha capito?
tzilighelta
Mer, 20/05/2015 - 20:10
"...Sicuramente il modo migliore per respingere quelle accuse che la etichettavano come razzista." Ma non diciamo boiate signor Ivan Francese, questo dimostra che i leghisti come tutti i bananas sono una manica di trogloditi, e poi sotto sotto non disdegnano il nero, e sui finocchi la stessa cosa, evidentemente un po ci sono!
pastello
Mer, 20/05/2015 - 22:55
D'accordo con kyenge: bisogna espellerla dalla Lega.
tempus_fugit_888
Gio, 21/05/2015 - 07:48
Gira e rigira e` sempre una storia di F... e di C...
tempus_fugit_888
Gio, 21/05/2015 - 07:50
Io da razzista dico che e` molto meglio prendere l' AIDS da Naomi Campbell che la lebbra dalla Kyengie
gianniverde
Gio, 21/05/2015 - 08:10
tzilighelta visto che ci state pure voi non vedo il motivo che gli altri non ci possano stare.Anzi colla terza narice potete assaporare molto di più gli odori.
santecaserio55
Gio, 21/05/2015 - 08:09
gloriabiondi- buffo , cara Signora che tra tutti i commenti irriguardosi nei confronti della leghista. Lei se la prende solo con Al-Faqh e non fa commenti sui commenti di quei poveri impotenti mentali come Rapax e culcul
Maver
Gio, 21/05/2015 - 08:39
Ma siamo sicuri che il consigliere (donna) comunale di Castelfranco Veneto sia un'esponente leghista e non un'infiltrata? L'operazione messa in campo sembra una pugnalata vigliacca ai danni della Lega, un'operazione veramente raffinata perché mette il dito su una debolezza nella difesa delle destre in generale. Quando ci si nasconde dietro la scusa della regolamentazione dei flussi migratori per non palesare la preoccupazione inerente l'invasione del continente europeo che muore letteralmente di denatalità, si gioca sull'equivoco. Poi si verificano gli episodi di cui sopra e allora si comprende che giocando con le regole dell'avversario si finisce per perdere.
franco_DE
Gio, 21/05/2015 - 11:14
mi sa che questi leghisti siano dei quaquaraquà senza onore e dignità.Vedete che effetto fanno i mandinghi? Pensate alle vostre donne e riflettete una leghista si è fatta convincere da un nero, come se uno del Vaticano si facesse convincere da un musulmano della Arabia
Spesso , vedere titolo , anche i grandi fatti nascondono al loro interno dei piccoli fatti \ delle storie che nel riportare i fatti ne vanno perse \ dimenticate o considerate minuterie \ cose di poco conto Ed è proprio questa una delle storie che riporto sotto dal fatto quotidiano del 4\8\2014 che riporto sotto che oggi intendo narrare per ricordare ( chi se ne frega se non l'ho vissuto direttamente , nacqui 2 anni dopo ) ma solo indirettamente nei ricordi dei mie vecchi , e di altre persone di quella generazione E' questa insieme a tanti misteri d'italia e depistaggi , segreti di stato , ecc ( vedere ill'url di wikipedia ) che rendono possibile che condivida ciò << A causa del divieto di amministrare la giustizia vigente nel nostro Paese, l'articolo che segue parla di un fatto che non ha spiegazioni e/o colpevoli. Quindi ce li siamo inventati di sana pianta.
Può anche darsi che i fatti narrati non siano mai accaduti e che siamo tutti vittime di un'allucinazione collettiva. >> ( da , insieme alla foto a sinistra http://nonciclopedia.wikia.com/alla voce italicus vedere sopra url dell'articolo )
Ma a ora basta tediarvi ed eccovi la storia ( sopra trovate link se volete approfondire ) in questione
Strage Italicus, 40 anni dopo. Storia del ferroviere morto per salvare passeggeri Il 4 agosto del 1974 l'attentato terrroristico al treno Espresso in provincia di Bologna. Oggi un libro ricostruisce le storie di sopravvissuti e familiari alla ricerca della verità di Antonella Beccaria | 4 agosto 2014
il treno italicus
Chi se lo ricorda il nome di Silver Sirotti ? In pochi, probabilmente, e non era un eroe, almeno non nel senso che in genere si attribuisce a un termine del genere. Eppure Silver, 25 anni e da dieci mesi impiegato nelle Ferrovie dello Stato con varie mansioni, il 4 agosto 1974, all’1 e 47 minuti del mattino, era sul treno Italicus per un caso, perché da controllore – mansione che svolgeva in quel periodo – doveva sostituire un collega, in attesa di prendere servizio di lì a poco alla stazione di Faenza, dove si sarebbe occupato della biglietteria. Ma quel giorno, a quell’ora, una bomba devastò la quinta carrozza del convoglio ferroviario partito da Roma alla volta del Brennero. L’ordigno, a base di termite, miscela incendiaria che raggiunge il punto di fusione dell’acciaio, esplose dentro la galleria della Direttissima, nel comune di San Benedetto Val di Sambro, verso Bologna.
E oltre alle dodici vittime che costituiscono il bilancio ufficiale della strage dell’Italicus, altre ce ne sarebbero state se il macchinista non avesse fatto scivolare il treno fuori dal lunghissimo tunnel, oltre 18 chilometri. E se Silver, finito nella conta dei morti, non avesse rinunciato a mettersi in salvo. Invece tornò indietro, in mezzo alle fiamme, afferrando un estintore e tentando di portar fuori chi ancora poteva essere vivo. Per risalire sul treno il ragazzo aveva dovuto addirittura divincolarsi dal placcaggio di un passeggero incolume, che ne aveva intuito le intenzioni e aveva provato a strapparlo a morte sicura. A quel punto, liberatosi, Silver si lanciò verso la quinta carrozza e nessuno lo rivive più vivo.
Quarant’anni esatti dopo a raccontare questi fatti è il fratello del giovane ferroviere, Franco Sirotti, che oggi lavora alla stazione di Bologna. E con le sue parole si apre il libroItalicus – 1974, l’anno delle quattro stragi (Eir) scritto dal deputato e presidente dell’Associazione vittime del 2 agosto 1980Paolo Bolognesi e dal giornalista Roberto Scardova. Alla loro seconda prova letteraria in coppia – la prima, del 2012, si intitolava Stragi e mandanti –, stavolta non partono dalla bomba alla stazione di Bologna, ma tornano indietro di sei anni, a quel 1974 che fu un anno di svolta nel periodo della strategia della tensione. E nelle oltre 300 pagine del volume, di storie umane, se ne incontrano tante. Come quella dell’architetto fiorentino Luigi Cardarelli, che si impegnò per creare un’associazione vittime che “difendesse i diritti di chi era rimasto”. O, ancora, di Mauro Russo, che tornava a Bolzano da una gita a Firenze insieme alla famiglia.
Ma il libro Italicus è anche altro. È – come scandisce per l’appunto il sottotitolo – anche la storia di 4 stragi: le due riuscite di Brescia (28 agosto 1974) e del 4 agosto e le altrettante tentative, quella di Silvi Marina (Pescara) del 29 gennaio lungo la linea Adriatica su cui transitava il treno Milano-Bari e l’altra, del 21 aprile, a Vaiano (Prato), di nuovo lungo la linea Bologna-Firenze. “Nel 1974 ci fu chi credette che fosse giunta l’ora X”, scrivono gli autori. “Che fosse il momento di mettere definitivamente l’Italia in ginocchio. È questo ciò che si ripromettevano di ottenere i quattro eccidi programmati e progettati per quell’anno”. Ma poi, secondo la ricostruzione di Bolognesi e Scardova, il panorama internazionale mutò con la fine dell’asse statunitense Nixon-Kissinger e il tramonto delle dittature in Grecia e in Portogallo. E anche in Italia le carte si sparigliarono al punto che per “destabilizzare per stabilizzare”, secondo un vecchio slogan, occorreva inabissarsi e occupare dall’interno le istituzioni, non abbatterle con un colpo di mano.
Ecco così che entrò nel pieno la stagione d’oro della P2 di Licio Gelli e che dalle strategie militari si passò a quelle definite nel Piano di rinascita democratica, documento d’ordine tale per cui la società italiana andava trasformata tagliando le code estreme del Parlamento, soffocando l’attività sindacale, controllando la stampa e orientandosi verso una Repubblica che non fosse più parlamentare ma presidenziale. E mentre i giochi dei poteri infedeli alla Costituzione non si interrompevano, ecco che dal 1974 in avanti sulla scena sarebbero ricomparse organizzazioni eversive neofasciste disciolte poco prima, informatori dei servizi segreti depistanti, inchieste spostate e spezzate tra una procura e all’altra, comitati di industriali disposti a finanziare disegni autoritari. Un quadro complesso, questo, ricostruito attraverso le carte giudiziarie digitalizzate e più facilmente consultabili. E che, negli auspici degli autori, potrà essere arricchito dall’apertura di basi documentali mai consultate (non solo quelle coperte da classifica) e da riversare nell’Archivio di Stato.
Conclude in proposito Paolo Bolognesi in proposito: “Per rendere inaccessibile alla magistratura un documento non occorre un timbro che imprima il formale ‘segreto di Stato’. In questi decenni, per cambiare il corso dei processi per strage, è bastato omettere l’invio di una nota informativa, distruggere un atto, far sparire un fascicolo, non ‘ricordare’ nomi e circostanze, negare l’esistenza di fascicoli e interi archivi. Si è potuto così coprire mandanti e ispiratori politici, proteggere esecutori e lasciare sul tavolo della storia eccidi impuniti”. Con la direttiva firmata dal presidente del ConsiglioMatteo Renzi la primavera scorsa, si potrà andare a guardare anche un pezzo di questa storia attraverso documenti inediti, almeno quelli sopravvissuti. Ed entro l’autunno, probabilmente, avvalersi del reato di depistaggio, il cui testo è appena stato licenziato dalla Commissione giustizia per passare a breve al vaglio delle Camere.
Infatti
Unione sarda del 4\8\2014
Il 4 agosto del 1974 una bomba esplose sul treno espresso Roma-Monaco di Baviera. Morirono 12 persone.
"Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti". Sono le parole contenute in un volantino che rivendicava uno dei tanti attentati che hanno messo in ginocchio l'Italia degli anni 70 e 80. È da poco passata l'una del 4 agosto 1974, per la precisione sono passati esattamente 23 minuti e sulla vettura 5 dell'espresso Roma-Monaco di Baviera via Brennero viaggiano numerose persone. All'improvviso un boato squarcia la notte quanto il treno si trova vicino alla stazione di San Benedetto val di Sambro. Una bomba uccide 12 persone e ne ferisce altre 48. Dopo l'esplosione sulla vettura scoppia un terribile incendio che dura diverse ore. Una morte risucchiata in quel periodo in cui l'ideologia politica ammazzava, a destra e a sinistra. A morire, però, furono persone normali come spesso con accezione tendente al negativo si chiama "gente comune". Eppure era proprio quella gente comune ad assistere e molto spesso a subire un'onda violenta che da Piazza Fontana in poi ha dato vita a quelli che passano alla storia come gli anni di piombo. Tra le tante figure simbolo di quegli anni c'è Aldo Moro rapito e ucciso dalle Brigate rosse il 9 maggio del 1978 dopo 55 giorni di sone che meritano il ricordo perché in quegli anni era difficile anche essere "gente comune".
il treno italicus
prigionia. Ma Aldo Moro rientra anche nella storia della strage dell'Italicus perché sul quel treno ci sarebbe dovuto essere anche lui quella sera diretto a Bellamonte per raggiungere la famiglia. Quel treno Moro non lo prese perché fu raggiunto da alcuni funzionari del Ministero e venne fatto scendere all'ultimo momento per firmare alcuni documenti. Una fortunata casualità o uno dei tanti misteri che la storia italiana ha consegnato e conserva. I grandi gialli vanno risolti ma per raccontare una storia e ricordarne gli attori principali non si può rischiare di perdersi nel tentativo di svelare i misteri o, almeno in questo ricordo, andare a ripercorrere le tappe dei processi. Abbiamo i protagonisti quelli che, loro malgrado, lo sono diventati senza volerlo, senza chiedere medaglie da eroi. Sono Elena Donatini (58 anni), Nicola Buffi (51 anni), Herbert Kontriner (35 anni), Nunzio Russo (49 anni), Marco Russo (14 anni), Maria Santina Carraro in Russo (47 anni), Tsugufumi Fukuda (32 anni), Antonio Medaglia (70 anni), Elena Celli (67 anni), Raffaele Garosi (22 anni), Wilhelmus J. Hanema (20 anni) e Silver Sirotti (25 anni). I morti, chi rimase ferito, chi perse amici e parenti e le tante persone che andarono per dare una mano: queste sono le per