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15.4.25

Esodo di chiara Atzeni Un viaggio dentro se stessi attraverso la storia dell’esodo giuliano dalmata


    Per  i  rispettivi impegni   sia  miei   sia    dell'autrice,   Chiara Atzeni  autrice  del   bellissimo    profondo  Cd   Esodo ,      riesco    solo  ora a  intervistarla   . IL cd ESODO   è un concept album che trae ispirazione dalla storia dell’esodo giuliano dalmata per svilupparsi in un racconto introspettivo di più ampio respiro, incentrato sulle tematiche del non ritorno, dell’abbandono e della ricerca delle proprie radici.

Il disco, prodotto da Luca Moretti per MaBa Edizioni, nasce dopo una gestazione di quattro anni e rappresenta l’evoluzione in musica dell’omonimo libro di Chiara Atzeni, in cui si narra una storia d’amore sullo sfondo delle travagliate vicende che travolsero l’Istria, il Quarnaro, Fiume e Zara quando passarono dall’Italia alla Jugoslavia.
Le stesse vicende che costrinsero la famiglia della cantautrice ad abbandonare la propria terra, le proprie case, il senso stesso della propria vita. L’album e il libro sono legati a doppio filo dalla stessa genesi e dalla volontà di pervenire a una “catarsi” collettiva e individuale.
“ESODO” è la divulgazione di una memoria comune a migliaia di persone, come riflessione e cura delle più profonde ferite personali. Un viaggio nella storia, così come nell’io più profondo.  

Come sei riuscita a bloccare in forma artistica,in questo caso letteraria\ musicale i ricordi e  le memorie ,  evitando così che i racconti della tua famiglia, più precisamente dei tuoi nonni, esuli giuliani del secondo dopoguerra, finissero nell'oblio del tempo e dispersi nel vento? Oltre ai racconti, le parole di chi li aveva conosciuti e vivendo fisicamente i luoghi: « l’isola di Lussino e il piccolo meraviglioso paese di Neresine. » Ci hai messo qualche riferimento al tuo percorso di studi all'esodo giuliano-dalmata e quindi alla tua laurea in Lettere Moderne con una tesi sul tema ?





Realizzare l’intero progetto (libro, in due edizioni, e disco) è stata un’impresa impegnativa, sotto tutti i punti di vista. Ma era qualcosa che per me andava fatto e che desideravo realizzare già dal 2010, anno della mia tesi di laurea in Lettere. Questo progetto racchiude quello che l’arte è per me, cioè riuscire a veicolare qualcosa di razionale in un linguaggio che arrivi non solo alla nostra parte razionale ma soprattutto alla pancia, alle emozioni. Credo che sentire sia molto più potente del semplice capire. Così ho provato a trasmettere non solo i racconti, che potrebbero ridursi a una cronologia di eventi, ma anche gli stati d’animo, le sensazioni e i sentimenti, dei miei nonni in particolare, ma non solo. Ad esempio, nel disco ho inserito dei suoni tra un brano e l’altro, suoni che ho registrato proprio sull’isola di Lussino, perché potessero immergere l’ascoltatore il più possibile in quel luogo. Oppure, nel libro, ho deciso di lasciare le parlate originali di coloro che ho intervistato (alcune interviste sono estratte proprio dalla tesi di laurea), perché le loro parole potessero essere fermate in quell’istante, sopravvivere nel tempo e arrivare vive e vere a chi le leggerà. I quattro anni di lavoro all’intero progetto sono stati una sorta di catarsi per me, un po’ come l’elaborazione di un non risolto che avevo in qualche modo ereditato.

Consigli per chi scopre da poco ( anche se in realtà il disco uscito più di un anno fa precisamente nel marzo 2024 ) il tuo lavoro discografico Esodo , di ascoltarlo prima o dopo oppure ( come rifarò io dopo questa intervista ) in contemporanea al libro L’Eco di un Esodo ?

 I due lavori sono complementari ma indipendenti, entrambi potrebbero vivere in autonomia. Tuttavia penso che leggere prima il libro possa aprire a un diverso livello di “lettura” del disco; quindi, a chi volesse avvicinarsi a entrambi, consiglierei di leggere prima il libro e poi ascoltare il disco. Vorrei specificare che L’eco di un esodo è stata una prima edizione del libro, destinata ad esaurimento; la seconda edizione del libro, autoprodotta e rieditata, ha preso il titolo di Esodo, come l’intero progetto, ed è quella che consiglio di leggere.

 Tu in L’Eco di un Esodo  dici : << [..] “Il punto di vista cui ho dato voce è quello di coloro che sono partiti quando hanno deciso che restare fosse pericoloso o, semplicemente, abbandonare la loro terra risultava ai loro occhi l’unica alternativa possibile. >> quale delle due fu quella dei tuoi nonni che dovettero a causa della difficile situazione delle terre irridente fuggire e venire in italia ?

Direi entrambe. I miei nonni sono venuti via nel ’49, quindi non subito dopo il passaggio alla Jugoslavia. Hanno provato a rimanere sotto la Jugoslavia per quattro anni e mai avrebbero voluto lasciare la loro terra, da sempre multietnica e variegata. La loro partenza non aveva nulla a che vedere con questioni ideologiche, ma con l’impossibilità di poter vivere serenamente, dignitosamente e in sicurezza in quella che era diventata per loro una terra estremamente ostile. Le motivazioni che li spinsero a partire furono parecchie e ben descritte nel mio libro; sarebbe riduttivo esporle in poche parole. Tuttavia, la goccia che fece traboccare il vaso fu il reclutamento di mia nonna, allora ventenne, al “lavoro volontario obbligatorio” per la ricostruzione di strade e ferrovie, lontano da casa e in condizioni di lavoro insostenibili ed estremamente pericolose (tanto che una sua amica morì durante il lavoro, schiacciata da un masso); non essenso possibile rifiutare il reclutamento (pena l’internamento) i miei bisnonni decisero di farla partire per Trieste. Solo mesi più tardi riuscirono ad ottenere il permesso di raggiungerla, ovviamente lasciando tutto per sempre.

Che ne pensi del 10 febbraio giorno del ricordo è riuscito in questi 20 anni della sua istituzione a : << [..] questa storia va compresa con il cuore prima ancora che con la ragione, per evitare di esser risucchiati da quel groviglio di idee e convinzioni, in cui, anche a voler essere obiettivi, si faticherebbe a venirne fuori indenni.” (Tratto da Chiara Atzeni, L’Eco di un Esodo) >> oppure come tutte le cose italiane , soprattutto quando a causa dell'oblio forzato creato dalla guerra fredda ( la cosidetta congiura del silenzio ) e da non essere riusciti a fare i conti con il passato e le proprie responsabilità le ferite sono ancora aperte , ogni volta che si parla di foibe ed esodo finisce in caciara e tipo contrapposizioni da stadio quando c'è un derby ? 
Purtroppo il 10 febbraio rimane per la maggior parte una data divisiva. Credo che l’essere umano abbia bisogno di appartenere a qualcosa e automaticamente schierarsi contro qualcosa di opposto, catalogare il bene e il male e lì fossilizzarsi, come una sicurezza. Lo stesso succede per quella data che potrebbe essere emblema del ricordo, del rispetto del dolore, dell’andare oltre odio, rancore ed etichette per evolvere come esseri umani; e invece diventa oggetto di strumentalizzazione, da entrambe le parti, come scudo e arma per avvalorare le proprie ideologie, qualsiasi esse siano. Ancora una volta, purtroppo, ideologie e preconcetti prevalgono su empatia e umanità. Però, posso dire anche che in questi anni in cui ho portato in giro Esodo, ho incontrato molte persone curiose e ben disposte all’ascolto.



Per concludere due domande su due canzoni che mi sono piaciute di più, oltre Esodo  che da il  titolo  al tuo lavoro  

 In che senso la canzone Immunità è una strada verso la resilienza . di solo  alla   parola immunità    diamo  significato negativo  ?

 Immunità è la canzone più criptica di tutto il disco, che però lascia anche spazio all’immaginazione; a volte il non detto apre a più interpretazioni e lascia più spazio e chi ascolta. Credo ci sia bisogno anche di quello. “ che poi male che vada, saprò farne una canzone” penso racchiuda un po’ il senso. Tutto quello che ci succede può essere trasformato in qualcos’altro. Anche se non era ciò che avevamo immaginato per il nostro futuro. 

Come si collega la bellissima Amica che , almeno io l'ho interpretata cosi , è una lettera a un’amica; un tentativo di calore e vicinanza durante la malattia, con le tematiche del disco e del lavoro Esodo ?

Amica è proprio una lettera, come dici tu; era il mio modo di rimanere vicina a una persona a me cara. Ma anche questa è un invito alla resilienza, a vivere il presente fiduciosi in quello che la vita ci presenterà. E credo che l’empatia e la vicinanza emotiva a volte siano potenti almeno quanto un aiuto materiale.

 vi lascio con le  note dell'ultima    canzone     del disco Esodo   COSA è CASA  .  


La  quale ,   oltre  a  riassumere   insieme  a    Esodo l'intero  ed intenso  lavoro  di Chiara,  è    secondo  https://www.rockit.it/, cosa  con  cui    concordo ,  il ritorno alle origini con la consapevolezza necessaria è possibile solo grazie al distacco di due generazioni; è l’accettazione e la reintegrazione del proprio vissuto e di quello dei propri avi. È la chiusura di un cerchio in  pratica .

23.7.23

usiamoli finchè ci servono e poi buttiamoli via la storia di M.L un anziana abbandonata dai familiari di daniela tuscano

 

Hanno detto che era stanca, depressa, umiliata per un fisico che non rispondeva più, che sentiva inutile. Non per un fatto estetico. La decadenza la tormentava perché le avrebbe impedito di dedicare alle figlie, ai nipoti il tempo e l'energia che desiderava. Questo hanno detto e forse è vero, M. L., come tutte le nonne e le donne, era stata educata così: a pensare agli altri e non a sé stessa, a pensare sé stessa in rapporto agli altri. Soprattutto alla famiglia. Ma la famiglia non c'era il 20 luglio, antivigilia della festa dei nonni. Le figlie, i nipoti erano appena partiti in vacanza e lei, M. L., smarrita da tempo, doveva improvvisamente fare i conti con la propria in-utilità. Quegli anni gratuiti, gli anni della vigoria e del dono, gli anni delle estati in Liguria, dove le voci garrule dei bimbi al mare restituiscono una breve infanzia, quegli anni erano diventati un ricordo crudele e scialato. Inutile anch'esso, perché M. L. era rimasta lì, involontaria stilita, come una vecchia misantropa, in un silenzio senza storia.E in silenzio è volata giù, dalla finestra spalancata che ha gridato per lei. Non è stata una caduta accidentale. È scesa per esserci ancora, fra l'erba verde, presso gli alberi da frutto. Una tomba "antica", ché tutti ormai non lasciamo che cenere, e le nostre case sono sarcofaghi dei quali non rispettiamo la sacertà. È scesa perché era finita, perché finita si sentiva, perché finita non voleva finire. Nessuno conosce il guazzabuglio del cuore umano, a nessuno è lecito giudicare. Ma le tombe mute dei vecchi, come il disonore delle salme degli anziani ospiti della Rsa milanese, morti in un rogo e abbandonati anche durante le esequie, sono l'accusa concreta, starei per dire vivente, dei nostri anni ingrati. La lezione del covid non ci ha resi migliori. In questi anni "che mai non fur vivi" seppelliamo anzitempo gli anziani "in-utili", precludendoci così il futuro.

6.7.22

Il fatidico sì in terapia intensiva convinto di morire. Ma il cuore compatibile arriva, 12 ore dopo il matrimonio .,La storia surreale del tifoso che si è perso a San Siro: ha vissuto 11 anni da vagabondo a Milano





L'uomo, 47 anni, ora è salvo. Una cerimonia con un bouquet fatto con i tappini delle provette del sangue, palloncini e cuori rossi illuminati dalla luce del diafanoscopio



Il matrimonio in terapia intensiva, pensando che quelle fossero le ultime ore della sua vita e che non restasse altro che soddisfare il desiderio di sposare la sua compagna, da cui ha avuto una bimba che ora
ha due mesi. Una cerimonia in fine vita organizzata in cardiochirurgia dove un uomo di 47 anni era stato ricoverato per un grave infarto che lo aveva portato ad essere alimentato con l' ecmo, la ventilazione extracorporea.
Invece il destino ha voluto diversamente, il cuore compatibile che avrebbe potuto salvarlo è arrivato, l’équipe del direttore della cardiochirurgia Mauro Rinaldi è entrata in sala operatoria e ora la coppia potrà rivivere la cerimonia con amici e parenti.
Ma la cerimonia in terapia intensiva resterà indimenticabile, una cerimonia così insolita con un bouquet fatto con i tappini delle provette del sangue, palloncini e cuori rossi illuminati dalla luce del diafanoscopio davanti all’ufficiale del Comune di Torino.
Dopo la segnalazione del Centro Nazionale trapianti della disponibilità di un cuore compatibile, sono iniziati subito i preparativi per il trapianto. Il donatore era a Napoli, il cuore nuovo arriva dopo dodici ore dal matrimonio e il trapianto viene eseguito da Massimo Boffini con Erika Simonato e Matteo Marro.
L’intervento è durato sette ore, l’Ecmo può essere rimossa. Dopo qualche giorno il trasferimento nell’Unità coronarica della cardiologia diretta da Gaetano De Ferrari. “Che questo sia un inizio di una nuova vita felice insieme” commenta il direttore generale della Città della Salute Giovanni La Valle.

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La storia surreale del tifoso che si è perso a San Siro: ha vissuto 11 anni da vagabondo a Milano
da www.fanpage.it/sport/calcio/


🗣"Vado un attimo in bagno, ci vediamo tra poco".
va bene che il tempo è un concetto relativo, ma 11 anni non sono esattamente "poco". La storia di Rolf Bantle è tanto assurda quanto incredibilmente vera ed assomiglia ai peggiori incubi che si fanno da bambini, con la differenza che qua parliamo di un uomo di 60 anni che è letteralmente sparito nello stadio Meazza in una calda sera di agosto.⁣⁣
Il tifoso infatti si perde nell'impianto milanese e non riesce a tornare dov'è il suo gruppo: "Improvvisamente mi sono trovato in un settore completamente diverso", racconterà una vita dopo.⁣⁣
Ed allora assiste alla partita dal suo nuovo posto e vede il Basilea crollare sotto i colpi di Adriano (doppietta), Stankovic e Recoba.⁣⁣
Finito il match, Rolf cerca la macchina dei suoi amici fuori dallo stadio, ma non la trova. In tasca ha solo 20 franchi svizzeri e 15 euro. Il cellulare non ce l'ha e non ricorda a memoria il numero di casa, né qualsiasi altro numero che lo possa mettere in contatto con una voce amica che gli dia una mano. Passa una notte per strada, poi il limbo in cui è precipitato si estende come una voragine spazio-temporale che finisce per inghiottirlo. Casa sua diventa il quartiere Baggio, non lontano da San Siro: "Ben presto non ho più avuto motivi per tornare a casa". ⁣⁣
Possibile che nessuno in Svizzera si sia posto il problema della sua scomparsa? In realtà l'ufficio di tutela di Basilea ne denuncia due settimane dopo la sparizione, ma – complice il fatto che nessuno in patria fa pressioni per ritrovarlo – Rolf può sparire piano piano nella nebbia milanese, fino ad arrivare al 2011, quando l'avviso di ricerca viene ritirato. Nessuno lo cerca più, di fatto si pensa che sia morto. ⁣⁣
Ad aprile inciampa su un marciapiede, cade e si rompe un femore. Portato in ospedale, si scopre che non ha copertura sanitaria. A quel punto, essendo cittadino svizzero, interviene il Consolato che si prende cura di lui. Dopo 11 anni di vita da vagabondo fa ritorno a Basilea, ricoverato nell'ospedale universitario. Poi viene trasferito in una casa per anziani e oggi si gode la sua nuova vita.⁣

27.12.19

Ragazze investite a Roma, i funerali nella chiesa gremita. Il parroco: IL senso della vita non è bere e fumarsela

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"Siamo abituati a vivere tra tecnologie e innovazione eppure brancoliamo nel buio ed è quello su cui dobbiamo riflettere: su questa ora buia". Così ha esordito il parroco don Gianni Matteo Botto nel corso dell'omelia ai funerali di Gaia e Camilla, sottolineando "da giorni ci chiediamo il perché. Ci
interroghiamo sull'insensatezza di quanto accaduto. Brancoliamo nel buio. Ecco quello di oggi é il grande abbraccio che diamo ai genitori di Gaia e Camilla, in questa ora così buia". Infatti   è   questo  che  i genitori  (  sempre    che   non siano  di quelli problematici  ) , la  scuola e  la  comunità dovrebbero  , ovviamente  senza  essere  troppo   repressivi  , asfissianti  ,  e senza  voler  a tutti   costi imporre  la  loro esperienza 

Ecco   quindi che  ancora parole forti nell'omelia di don Matteo  riportate da  repubblica online posso  essere  utili  e una base  da  cui  partire o ripartire    : "Il senso della vita, lo aveva chiesto giorni fa Camilla alla sua famiglia. Ecco, magari quando sei sbronzo o sei fatto ti metti a guidare? Questa è la vita? In fondo ci sentiamo onnipotenti e poi non riusciamo a seguire le regole base della convivenza. Ci riscopriamo tutti un po' palloni gonfiati. Il senso della vita non è bere e fumarsela".

26.8.19

borghi fantasmi i nuovi monasteri e rifugi dalla civiltà tecnologica ed iper connessa ? il caso di Savogno e di Gairo

l'articolo  che  trovate sotto conferma  tale storia     che  circola  sul  web da  diversi giorni .

https://bari.repubblica.it/cronaca/2019/08/25/news/vacanza_in_puglia_il_post_e_virale-234320226/

"Quando un forestiero viene al sud piange due volte, quando arriva e quando riparte". Alessandra, una ragazza di Milano tornata a casa dopo l'estate in Puglia, chiude così il suo post dedicato ai luoghi in cui ha trascorso le vacanze. Una dichiarazione d'amore ("colpo di fulmine", lo definisce lei) per la Puglia che era destinata ai suoi amici virtuali ma è andata oltre le aspettative, raggiungendo in meno di 24 ore mezzo milione di persone.
Inchiostro di Puglia, il portale che Michele Galgano ha dedicato a storie e persone della sua regione d'origine, ha infatti ripubblicato il post della ragazza sulla propria pagina: nelle ore immediatamente successive alla pubblicazione il post è stato letto, condiviso e commentato da migliaia di persone. Toccate, evidentemente, dalla descrizione di una regione




Questo è un post diverso dal solito. Nel senso che non è una lettera che qualcuno ci ha inviato. Ma è un pensiero pubblicato sul proprio profilo da Alessandra, una ragazza milanese, al ritorno dalle sue vacanze in Puglia.
Ce lo hanno segnalato e noi glielo abbiamo rubato :)
...
Diario di bordo della Puglia.
Sono tornata al nord. Neanche il sole pugliese mi ha dato un po' di colore.
Già immagino i vostri "ma come sei bianca!! " raga lo dico qui per TUTTI io ero sotto l'ombrellone a mangiare.
Panzerotti, focaccia, polpettine, orecchiette alle cime di rapa, capocollo, cacioricotta, salsicce, bombette, gelati, polipo fritto, pasticciotto e un'altra infinità di cose troppe buone.
Sono ingrassata, ho messo su qualche chilo ma di felicità (o meglio, sui fianchi li ho messi davvero) felicità di aver visto dei posti meravigliosi. Ho visto posti incantevoli, mi sono innamorata del "bianco Puglia" che non è il classico bianco raga, è bianco Puglia!
Apro una parentesi non ho mai, e dico mai sentito suonare un clacson quando ero indecisa ad un bivio, ho avuto tutto il tempo per decidere da che parte andare senza che nessuno ti mettesse la pressa al culo. Una volta deciso via e non ci sta il concerto di clacson che ti fa da sottofondo. (...)
Il pezzo forte è l'accoglienza, raga non c'è storia. Sono entrata in un negozio per comprare un paio di occhiali e adesso so tutta la storia familiare della commessa. Perché a quanto pare lì funziona cosi, funziona che tutti parlano con tutti: tu chiedi un caffè e ti ritrovi a mangiare panzerotti, funziona che tu chiedi una bottiglietta d'acqua e ti ritrovi a parlare dello scioglimento dei ghiacciai.
Altra meraviglia è il mare (visto poco ma visto) e che mare! Sono stata a Miami ad Aprile, ok? Bene, non c'entra una cazzo. Miami spostati e fai spazio al mare pugliese mèèè!
I prezzi altro punto forte, cono medio 3 gusti con panna 2.50€, insomma un gelato vero. Strano per chi è abituato ai prezzi di Milano.
Cmq inutile dirvi che io dei posti così belli non li ho mai visti, delle persone così ospitali nemmeno.
Sono stata in America, bella. Sono stata in Russia, bella. Sono stata in diversi Paesi Europei, belli. Portogallo bellissimo raga, lo consiglio, Parigi è magica, va bene Berlino stupenda la porta di Brandeburgo. Bella la Lombardia, bella Milano la mia città, mi piace anche il Duomo, buono il risotto alla milanese, per carità anche l'osso-buco (la cassoeula no mi fa cagare) ma La Puglia è un'altra storia. È un'altra storia. La Puglia mi è entrata nel cuore. È stato un colpo di fulmine.
E posso affermare con certezza che per quanto mi riguarda non c'è partita con i viaggi che ho fatto fino ad ora. Puglia voto 10 e lode. Presto comprerò un Trullo e vado ad abitarci dentro.
A quelli che abitano a Bosco Verticale o ai futuri Giardini d'Inverno dico avrete anche i soldi ma la vera ricchezza non sapete neanche dove sta di casa.
MÈÈÈ saluto la Puglia con la gioia nel cuore e con una massima "Quando un forstiero viene al sud piange due volte, quando arriva e quando riparte".
P.s. Se non riesco a comprare un trullo, spero che mia zia o la mia amica mi aiutino a progettare il Trullo Verticale


  e tale canzone  


Nella provincia di Sondrio, a quota 932 metri sul livello del mare, sorge il piccolo borgo di Savogno:



 una paese abbandonato nel 1968 che oggi testimonia la bellezza della vita rurale in montagna. Le mura in pietra e i loggiati in legno perfettamente conservati richiamano ogni estate tanti turisti ed escursionisti, ma non è facile arrivare all’abitato. Savogno non è mai stato raggiungibile in macchina e l’unica via d’accesso al paese è una ripida mulattiera di 2.886 scalini tra le montagne e le cascate dell’Acquafraggia.
A cura di Sofia Gadici
 ed  eccone   due in  Sardegna 
 eccone  altri   non sardi e sardi 
 dai video di repubblica



25.12.16

a pietà l'è morta ? trieste Micio paralizzato "scaricato" davanti ai bidoni dell'immondizia: caccia al colpevole


N.B


onde evitare d rovinarsi il pranzo e la giornata natalizia si sconsiglia la lettura istantanea di questo post   e  si  consiglia  la lettura  nei  giorni  successivi

Stavo   cercando un slide diapositiva fotografica     pubblicata tempo fa    sula mia bacheca  di Facebook     ed  trovo questa   che trovate  sotto  , dimenticata dall'atmosfera natalizia  .


Micio paralizzato "scaricato" davanti ai bidoni dell'immondizia: caccia al colpevole

da  http://www.ilgazzettino.it/nordest/trieste/      Venerdì 23 Dicembre 2016, 14:52





di E.B.TRIESTE

Alla cattiveria non c'è mai fine. Un gatto adulto affetto da una paralisi è stato abbandonato questa mattina davanti ai bidoni dell'immondizia davanti al Palazzo della Regione, in riva Nazario Sauro. A denunciare l'accaduto è una triestina con un eloquente ma quanto mai triste post su Facebook: «Qualcuno ha scaricato questo povero gatto fuori dai bidoni della spazzatura davanti al palazzo della Regione di Riva Nazario Sauro. Hanno buttato il trasportino nella spazzatura. Il micio e' stato portato dal veterinario, che ha accertato le gravi condizioni dovute ad un trombo agli arti inferiori in corso gia' da giorni e ora tentano di salvarlo. L'hanno scaricato paralizzato.... questo gatto e' di casa...si vede. Chi ha potuto commettere un gesto così inumano??? Condividete il post nella speranza di trovare il colpevole, grazie».
Ovviamente il post ha scatenato la rabbia e lo sgomento del popolo social. Qualcuno si è subito fatto avanti per adottarlo. Il micio purtroppo però non ce l'ha fatta, è morto questo pomeriggio alla clinica Catalan di via Rossetti dove era stato portato per ricevere le cure necessarie.


Questo Un abbandono ancor più delinquenziale, vista la malattia del micio e la sua successiva morte. Mi auguro che si riesca a capire la responsabilità: l'abbandono è' anche un reato o,tre che un gesto vigliacco e crudele ! Ce tristezza e che che schifo ...anche il mio precedente gatto

ha avuto lo stesso problema ... almeno credo ma è deceduto a casa .Mi chiedo ( le solite domande destinate a rimanere senza risposta ed a voltare nel vento ma queste persone sono costoro andranno a messa a natale -Ma come si fa... tenere in casa e vivere con una bestiola per anni, poi, appena sta male buttarla nella spazzatura come una scarpa rotta? Lasciarlo là ad agonizzare? Lasciarlo là,iin qualche  canile  al massimo  , se non si  vuole  soffrire  vederlo troppo morire   , o   fargli   quando ormai non c'è più niente  da  fare  una puntura    e  via  da parte  del  veterinario   Non riesco a concepire come si possa arrivare a tale livello di crudeltà    e mancnza  di rispetto   anche  di un moribondo  !

3.5.14

IL caso del complesso nuragico di Greamu uno dei più importanti del Nuorese e della sardegna ma lasciato in totale abbandono dal comune di Fonni

   in sottofondo le  canzoni del  video  di Gremanu :   Isole  e  Meridies - Marino De Rosas .,  Bae Luna Piero Marras 


Per  pasqua e  pasquetta   sono andato  con la  Family ( vecchi e fratello  ) ed  altri  amici di famiglia  siamo andati a vedere la  zona tra  Gavoi e  Fonni   ed  i monumenti  :  1)  le  tombe de giganti di madau   2)   il complesso/santuario nuragico di Gremanu .

TOMBE DI  MADAU 

Chiamate   coi  perchè  al centro della vallata del riu Madau, in direzione del passo di Corr’e Boi, sorgono ben quattro tombe dei giganti, alcune delle quali sorte sui resti di sepolture più antiche. La maggiore delle quattro è lunga oltre 22 metri e presenta un’esedra di 24 metri. L'emiciclo, con un bancone per le offerte, è delimitato da ortostati sui quali si sovrappongono file orizzontali di conci di dimensioni decrescenti verso l’alto. Al centro dell'esedra è il portello d'ingresso architravato. Sull'architrave forse poggiava il fregio a dentelli formato da due blocchi sovrapposti orizzontalmente. La sommità del corpo tombale culminava con una struttura a "naveta", documentata nella tomba più grande. 
Luogo ben  conservato , forse  perchè  vicinissimo alla  strada,   anche  se  con scarse    indicazioni per  raggiungerlo .
Poichè le mie foto   non rendono  giustizia  per descrivere il sito in questione  ecco  un bellissimo video  di Marcello Cabriolu


Per  chi volesse saperne di più   eccovi alcuni siti  


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 GREMANU 

Esso una  bellissima  struttura  archeologica 


 E'  situata  in un luogo  suggestivo  all'interno di un bosco  e  di un' area  verdeggiante  e   ricca  di peonie (  vedere  foto  sotto )    e  di  orchidee selvatiche .  Peccato  che  sia  molto    difficile da raggiungere   se non si usa   navigatori  o mappe  elettroniche  o cartacce   Infatti a  differenza  di Madau , mancano completamente le  indicazioni  dell'ubicazione e per  raggiungerlo   c'è  il  rischio di perdersi , come  è  capitato anche  a noi  la prima   volta  che andammo   senza  trovarlo ,  una volta entrati dentro il terreno privato in cui si trova  . 
Ecco  comunque  come arrivarci  . 
Da Nuoro percorrere la strada statale 389 in direzione Mamoiada-Fonni. Svoltare poi al bivio per Pratobello, dove dall'abitato si procede sulla strada provinciale 2 in direzione di Lanusei. Dopo qualche chilometro si raggiunge il sito . In origine  era  segnalato da cartelli sulla destra. dei cartelli  poi l'incuria  e  i vandali li  hanno distrutti e non più rimessi .  Comunque  trovate  un cancello rosso 

 entrate   e poi richiudete , perchè è proprietà privata   (  forse di pastori e  contadini  )    fate   su 30\40 metri della stradina  ,  poi arrivate  un fiumiciattolo  facilmente  attraversabile ,  ma  con cautela  ,  d'estate ( visto  che il ponte  , a meno che  non siate  abili  indiana  Jones o amanti  dell'avventura  )  

poi arrivate  davanti  a un  "  fortino "   recintato ( non siamo riusciti a capire  che  cosa  sia  )   girate  sinistra    e  li trovate  il primo nucleo  , poi sempre  dritti per  un sentiero di peonie ed  orchidee    selvatiche   (  foto mie  e di mio padre  



















  e  li trovate il secondo nucleo .   per  chi  cerca sulle e mappe  elettroniche  e non    ecco le  cordinate  40°6'28"N   9°20'20"E
Un bellissimo  sito  peccato che non sia segnalato ,che i visitatori debbano vagare nella campagna per trovarlo,che non ci sia un cartellone didattico ed esplicativo,che i visitatori debbano attraverare un torrentello a piedi o avventurarsi su un fatiscente ponticello di legno marcio ,a loro rischio e pericolo .. In qualsiasi paese europeo un simile tesoro avrebbe avuto ben altro risalto !!!!!

7.1.13

Sassari Scoppia un incendio nel rifugio, ma lui non fuigge e resta con l’amico malato

Leggo sulla nuova  d'oggi    questa  news  di Daniela Scano

Scoppia un incendio nel rifugio, ma lui resta con l’amico malato
Commovente gesto di amicizia tra senzatetto nell’ex piazzale degli autobus di via XXVAprile, diventato una baraccopoli e una bomba ecologica -

SASSARI.
 Quando è divampato l’incendio, c’è stato un fuggi fuggi generale di barboni. Solo Rashid, che è molto malato e da tempo non riesce più a camminare, non si è mosso dal tugurio che è diventato la sua casa. «Non ti lascio solo», lo ha rassicurato un compagno di sventura che in effetti gli è rimasto accanto, nonostante gli inviti del clochard marocchino ad andarsene per evitare di mettersi nei guai. Il pericolo per i due uomini non era il fuoco, rimasto sempre abbastanza lontano, ma incappare nelle forze dell’ordine che qualche mese fa avevano sgomberato il piazzale di via XXV Aprile dai barboni che l’avevano occupato. Quando i vigili del fuoco sono arrivati, l’altra sera Rashid era al sicuro con il suo amico. Storie di solidarietà nella Epifania degli ultimi.
Il gesto generoso dell’amico di Rashid è la faccia bella della medaglia. Poi ce n’è una bruttissima fatta di degrado sociale, di abbandono e anche di emergenza ambientale.L’altra sera, in quello che da vent’anni dovrebbe diventare il grande centro intermodale, ma che nell’attesa infinita è diventato un porto di mare per i senza tetto e i disperati della città, è divampato l’ennesimo incendio. A volte gli ospiti accendono un fuoco per scaldarsi e poi non controllano le fiamme, ma questa volta l’impressione è che qualcuno abbia agito sistematicamente per bruciare tutto. Forse per “ripulire” la zona dagli scarti della società. Saranno i vigili del fuoco ad accertare come sono andate realmente le cose, certo è che questa volta domare le fiamme è stato più complicato del solito. Il fuoco è stato spento una prima volta, ma è ripartito una seconda e una terza volta nel corso della mattinata di sabato e all’ora di pranzo. Forse le fiamme sono state riaccese o forse hanno continuato a covare sotto un cumulo di materassi, rottami, pneumatici e cataste di legname. Il materiale era rimasto dopo l’intervento drastico della polizia municipale che, dopo lo sgombero, aveva abbattuto la baraccopoli. Il terzo intervento dei vigili del fuoco è durato dalle 15 alle 20.30 ed è consistito nel definitivo spegnimento dell’incendio a cui è seguita la bonifica dell’area. Il lavoro delle squadre è stato seguito dagli abitanti dei palazzi che si affacciano nello spiazzo che sta diventando una bomba ecologica. «Qui quando va bene c’è una puzza da far paura e quando va male, se scoppia un incendio, si respira diossina» è il commento di un residente.Il fatto, spiegano i Guardian Angels che conoscono bene la mappa dei disperati e che l’altra sera si sono presi cura di Rashid, è che subito dopo lo sgombero in via XXV Aprile sono tornati i vecchi ospiti. I romeni si sono accampati nell’ex deposito dei bus, dove l’altra sera è scoppiato l’incendio, mentre altri gruppi hanno preso possesso delle stanze che ospitavano gli uffici. L’altra sera, quando è divampato l’incendio, sono scappati tutti per paura di essere identificati. Solo Rashid è rimasto al suo posto, con la sua unica ricchezza: un amico vero.






9.9.09

Non siamo tutti uguali (parte seconda)

Proprio nel giorno contro la violenza sulle donne, Lubna Ahmed Hussein ha vinto la sua battaglia: è libera, e non dovrà nemmeno pagare la multa (ci ha pensato il sindacato giornalisti). Ma lei insiste, vuole andare al carcere per deferire il suo caso alla Corte costituzionale. Una grande vittoria, seguita purtroppo da notizie tristi. I media stanno celebrando con solenni epitaffi (molto maggiori di quelli dedicati a Teresa Strada e al compleanno di Emergency) la morte di Mike Bongiorno, avvenuta ieri all'età di ottantacinque anni. Per carità, ha scritto la storia della tv (nel bene e nel male). Riposi in pace. Il fatto è che negli stessi istanti, nella Casa circondariale di Pavia, moriva a 41 anni Sami Mbarka Ben Gargi, oscuro tunisino dai trascorsi tutt'altro che gloriosi. Un "nessuno" deceduto per fame, dopo una protesta durata oltre un mese. Protestava la sua innocenza, evitando di toccare cibo e di bere acqua. Non un'associazione "per la vita" si è levata a sua difesa, nessun Giuliano Ferrara ha portato bottiglie d'acqua fuori della prigione. Così Sami è morto. Il direttore del carcere ha dichiarato, con un laconico e significativo anacoluto: "Un soggetto, già privo della sua libertà, non puoi privarlo della facoltà di poter decidere e quindi di autodeterminarsi". In questo pessimo italiano si potrebbe parafrasare la famosa formula "il carcere rende liberi", come rendeva liberi, e sempre da quella cosa chiamata vita, i soggetti d'un altro carcere di tanti anni fa. E poi, era solo un tunisino.


Daniela Tuscano


Aria di Daniele Silvestri

Destinazioni lontanissime da raggiungere a velocità moderate: viaggiare in scooter è un’esperienza unica, diversa da tutte le altre

in sottofondo Vespa 50 special - Cesare Cremoni Culture Club - Karma Chameleon