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31.10.23

Basnewende di Talatou Clementine Pacmogda

 Qualche  tempo      fa  durante  una  discussione     sull'immigrazione     mi  suggerirono Basnewende   di  Pacmogda  Clementine  . Appena  rovo  un po'  di tempo   me  lo  leggerò  .
Lo so  che   per  evitare   di scrivere  sproloqui    dovrei  aspettare  a leggere il libro  . Ma   seguendola  su  Facebook   e  avendo letto  quest  articolo    : << Talatou Clementine Pacmogda:biografia scrittrice >> su    RecensioneLibro.it   la  sua  storia   ho  deciso  di   intervistarla  . Ecco   la  nostra  discussione 

  1. Poichè  molti  vengono in italia  di passaggio   per  andare da parenti  o gente  della  loro  comunità  in altre nazioni europee   ti chiedo   se non avessi    trovato l'amore   saresti rimasta  lo stesso  in italia ? 

Non sarei rimasta in Italia. Come sai sono venuta in Italia con un’opportunità. Ho vinto una borsa di studio per il dottorato alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Spesso si pensa che tutti arrivano in Italia per scappare da qualcosa. Immigrare è una parola colma di significati perché racchiude in sé persone e motivi vari. Tutti immigrano anche gli europei e tutti i giorni ci sono delle persone che se ne vanno da vari parti del mondo. Immigrano i poveri ma immigrano anche i ricchi. L’umano si dice sia un essere parlante, un essere pensante ma è anche un nomado per definizione. Da quando c’è mondo ci siamo sempre mossi da una parte all’altra fino a popolare tutta la terra. I motivi dello spostamento cambia da persona a persona, cambia secondo il momento storico, i numeri cambiano e il posto dove si trova più partenze cambia anche ma l’immigrazione è sempre esistito. Per tornare alla tua domanda, direi che sarei tornata indietro. Avevo conseguito un dottorato che avrei portato in tasca a casa e che mi avrebbe aperto molte opportunità nel mio paese di origine. Anche dopo il mio fidanzamento con quello che è mio marito ora, avevo deciso di tornare a casa a cominciare di lavorare aspettando che lui riesca a sistemarsi poi avremo pensato a come ricongiungerci. Anche lui come me aveva finito gli studi nel 2012 e quindi eravamo tutti alla ricerca di lavoro che per me si sapeva sarebbe stato molto difficile trovare, visto le mie origini e l’origine dei miei titoli di studi. 

  1. In italia  c'è  razzismo  ?

Sì, in Italia c’è razzismo come altrove. Il razzismo esiste dappertutto perché in ogni paese e in ogni epoca si trova sempre un gruppo di persone che prende di mira un altro gruppo per sentirsi superiore. Prima di questa immigrazione di massa, in Italia erano i meridionali a essere considerati inferiori e non si affittava casa in alcuni regioni del nord “ai meridionali”. Ora sono i neri, gli africani, gli stranieri, quelli considerati diversi, a essere presi di mira. Il razzismo è molto pronunciato ora perché la situazione economica mondiale e soprattutto italiana offre poche opportunità e quando la gente sta male dentro e socialmente è difficile e faticoso e così si cerca un capro espiatorio. È sempre colpa di qualcuno se noi stiamo male. La storia ci racconta che gli ebrei per esempio hanno pagato carissimo negli anni 30  il disagio del mondo dopo la crisi economica del 1929. In Italia, e in quasi tutta l’Occidente , attualmente il razzismo è al suo culmine proprio perché in tempo di difficoltà economiche l’umano tende a diventare egoista. “Ci rubano” il lavoro perché il lavoro si fatica a trovare e quindi per molti questo è dovuto a chi arriva da noi. “Non vogliono fare nulla e stanno in giro con telefonini” perché la vita è talemente dura che bisogna trovare a chi dire :”io me la sto sudando mentre tu non fai nulla”. Non importa se è vero o falso. È importante soltanto sapere che qualcuno è la causa della mia sofferenza. Certo i politici usano questo per garantirsi la poltrona. Più un problema sociale viene politicizzato più si rinforza e arriva a volte a essere incontrollabile e qua nascono i danni sempre per qualcuno, perché si tende a negare diritti e a umiliare.

 

  1. Ne  sei stata  vittima ? 

Quando si parla di razzismo non si parla solo di aggressioni verbali o fisiche ma di un atteggiamento generale che si vive. In questo si e spesso è anche istituzionale. Per esempio quando sono in aeroporto con mio marito bianco, lui va tranquillo mentre io sono controllata. A volte ho come l’impressione che io acquiesco valore solo per la sua presenza di fianco a me. Quando siamo tutti e due con nostra figlia, lei è salutata, le fanno i complimenti, siamo persone. Però quando sono sola io con lei, o non ci guarda nessuno o dicono:”come parla bene italiano!” Perché di fatto viene considerata straniera anche lei. Quando cerchiamo una casa in affitto devo citare mio marito per farmi ascoltare altrimenti a volte non mi guarda nemmeno il proprietario della casa. Per fortuna ora abbiamo comprato casa e questo è risolto 😂. Quando vado a firmare un contratto nessuno mi guarda perché nessuno pensa che una nera può fare l’insegnante. Poi dopo si scusano quando vengono a sapere che sono lì per firmare un contratto di docenza. Quando prendo il treno in prima classe, mi guardano come fossi un extraterrestre perché convinti che abbia sbagliato vagone. Quando da sola vado fuori dalla zona dove sono conosciuta, e voglio chiedere la mia strada e prima mi avvicino e saluto prima di chiedere, molti si allontano prima di sentirmi parlare, etc. È proprio nella testa di molti ancora in Italia che il nero è un essere inferiore, per forza povero e mendicante, incapace di raggiungere certi livelli perché di norma analfabeta. Nel 2023 si continua in Italia a pensare che l’italiano è per forza bianco. Invece l’italiano ormai è multiculturale e composto da vari colori. Dire ancora oggi a un bambino che forse è nato e/o sta crescendo in Italia, o forse ha uno dei genitori italiani perché nato di una coppia mista o adottato, che parla bene l’italiano, è completamente infelice. Da adolescenti questi nostri figli rischiano di sentirsi discriminati e persi perché loro sono italiani di fatto, le loro origini sono qua in Italia e non bisogna confonderli con i loro genitori che possono avere un’origine diversa.

 

  1. Come giudichi   la frase   aiutiamoli a casa loro  è  giusta o razzista  ?

È un'affermazione ipocrita. Come dicevo prima, l’immigrazione ha vari motivi e si tratta di un diritto che va garantito ad ogni individuo. La gente si sposta anche se sta bene allora non hanno sempre bisogno di aiuto. Una volta si immigrava quando mancava l’erba per il pascolo, quando bisogna avvicinarsi a un’altra sorgente di acqua perché quella di prima si era prosciugata, quando il posto dove si viveva era infestato da virus o batteri che creavano epidemie, ma anche quando le condizioni climatiche erano favorevoli e quindi la demografia cresceva e alcuni gruppi decidevano di andare a trovare altri posti, forse perché aumenta la competizione e nascevano conflitti. Casa loro dove? Il mondo è di tutti e l’abbiamo popolato viaggiando. Tutto questo “casa nostra” o “casa loro” è nato quando gli occidentali hanno deciso di tracciare i confini non solo da “loro”e per “loro” ma addirittura per gli altri senza chiedere il loro permesso e nemmeno informarli. I confini creano un “dentro” e un “fuori” e concedono o negano diritti impunemente. Nessuno di quelli che partono chiedono un “aiuto”. Vogliono partire altrove per combattere da soli per le loro vite e per quelle delle loro famiglie. Sono convinti che possono costruire qualcosa di meglio lasciando il posto dove sono nati che non deve essere una prigione per loro. Mentre con il mio passaporto burkinabé potevo viaggiare in massimo una ventina di paesi in tutto il mondo è stranamente tutto all’interno dell’Africa, ora con il mio passaporto italiano posso viaggiare in più di 170 paesi nel mondo. Questo perché a secondo delle tue origine hai un passaporto debole o un passaporto forte che ti offre possibilità di muoverti o meno. È un’ingiustizia che se non sanata crea sempre clandestinità.Poi è facile sedersi comodi e dire “aiutiamoli a casa loro”. Come vuoi aiutarli? Con cosa e per quanto tempo? Su che campo li aiuti? Riesci ad aiutare milioni di persone in Asia, America e Africa? È soltanto la manifestazione di un rifiuto di vedere delle persone che sono diverse da noi. Sarebbe bello prima dire : “ridiamogli casa loro” perché prendiamo tutto da “loro” sfruttandoli e impoverendoli da secoli. Semmai dovessimo aiutare dobbiamo fare di tutto perché non abbiano più bisogno del nostro aiuto e quindi che non siano più considerati mendicanti. A parte che chi dice “aiutiamoli a casa loro” non fa mai nulla per nessuno nemmeno dov’è vive.

 

  1. Vista la tua esperienza  ti senti  più  seme  o radice  ?

Senti! Le radici sono importanti per gli esseri umani perché come si dice: “anche se non sai dove vai, almeno sappi da dove vieni”. Però bisogna capire che le nostre radici sono diversi di quelle degli altri. Gli alberi vivono con le radici ben fissati al suolo e se le radici vengono danneggiati cadono o muoiono. Per gli umani è diverso perché gli umani Hanoi i piedi che servono per muoversi anche lontano dai radici. Le radici servono all’umano solo per orientarsi. Quello che è importante per noi umani è il movimento. Perché è quello che ci nutre. Andiamo in giro per dare e ricevere. Andiamo da un posto all’altro per lavoro, per turismo, per necessità. Scopriamo nuovi orizzonti, ampliamo le nostre tete di conoscenze, facciamo nuove iniziative, cerchiamo partenariato, impariamo e insegnano. Quindi preferisco essere seme e infatti mi sento come tale. Butto semi ovunque vado alcuni germogliano altri no ma è la vita e va bene così.


25.9.23

Che razza di musica. Jazz, blues, soul e le trappole del colore Condividi di Stefano Zenni fa piazza pulita sugli stereotipi e mitizzazione della musica blues , jazz , soul cioè le origini del rock

  grazie per gli incontri stimolanti dell edizione 2023 delfestival Bookolica - Il Festival dei
lettori creativi e dei linguaggi ho appena finito di leggere il libretto : << Che razza di musica. Jazz, blues, soul e le trappole del colore >> di Stefano Zenni Un libro interesante che mi pone le domande : Esiste una "musica nera"? E quale sarebbe la sua differenza rispetto a quella "bianca"? Sappiamo riconoscere un cantante africano americano al solo ascolto? . Infatti Siamo abituati a pensare che la musica possa avere un carattere razziale, etnico o un "colore", e se vediamo un musicista nero statunitense immaginiamo che sappia swingare con più naturalezza di un bianco, o che intonerà le blue notes con sottigliezze inaccessibili a un europeo e le caricherà di un feeling, di un soul inimitabile. Ma tutto questo ha un fondamento scientifico, storico o culturale? Stefano Zenni affronta per la prima volta in campo aperto una materia così delicata, smontando con argomenti brillanti e aggiornati i molti pregiudizi che non solo infestano il discorso degli appassionati, ma trovano ancora ampio spazio nella critica musicale. Per farlo fa riferimento a concetti in apparenza lontani dalla musica, dal colorism al passing, e introduce stimolanti riflessioni sui rapporti fra le culture africano americana, ebraica e italiana. Attraverso un inedito approccio multidisciplinare che si muove con agilità fra i più diversi campi delle scienze storiche, biologiche e sociali, Zenni dimostra che la musica sa essere un esempio mirabile di collaborazione fra individui e comunità: uno scambio ininterrotto di idee e di risorse che trascende ogni barriera culturale o tentazione
classificatoria. Inoltre la sua presentazione ed il suo stile semplice ed accessibile ed accademico sia nell'eporre sia nella scrittura mi invoglia a comprare o prendere in biblioteca il saggio di Maurizio Bettini   contro le  radici  da  lui  citato nella presentazione     ed  a  rilleggere  e   quindi  andare  a ricercarlo  nella   mia   libreria    la  storia    del Jazz   di  Walter Mauro   da me    comprata ,  come   dimostrata  la  foto     sottto  ,  nel  lontano  1994   per   approfondire  e   comprendere   la  muisca  jazz     che  mi  facevano ascoltare i miei   e   i concerti  di time  in jazz e  non  solo    a cui  andavo   prima  passivamente  trascinato  dai miei  , parenti ed   d'amici amannti del genere , poi  con  interesse  in quanto come ho detto nel titolo del post e d'essi che deriva il rock e tutta la musica ( o musicaccia dipende dai gusti e dall'educazione ricevuta da ciascuno di noi ) che acoltiamo oggi   


Un  ottimo  libro  d'avere   nella  libreria  di casa  .  Per  capire  che  la musica  non    è solo  edonismo  e divertimento  ma  anche  libertà  come  fa notare   anche  il personaggio   di Lisa  dei Simpson    che  appunto  suona   il blues  ed  il  jazz . Credo  che mi  tocchera  rimettere  in  discussione   le mie definizioni di :  identità   e  di radice   ,   espresse   più   volte nelle  diverse pagine    del  blog  

21.11.22

[ primo giorno senza mondiali ] Radice o Seme ?

  Cercando     di mantenere  quanto ho  detto   nel post    : << [ Anteprima ] Io personalmente   poi  gli altri  utenti facciano  come credano    non parlero   o  almeno ci provo   dei  mondiali  di calcio  del Qatar  >>  e  nella  prima  giornata  senza  mondiali     ne  approfitto per   farmi un  po'  di auto  analisi    ed  condividere  con  voi  il mi  dubbio     espresso  nel  titolo di  questo  post  . Inizialmente  influenzato  sia   dai dischi  : 1) Le radici e le ali dei Gang   .,  2)  radici   di Guccini   ed  altre  letture  di libri   e racconti  familiari appartenenti alle ideologie  della  guerra  fredda  (   comunismo liberale  e   marxista ,   fascismo , cattolicesimo  sia quello pre  conclio  vaticano  II   sia  quello post   concilio  )  ma    la ecisoione  \ l'arrivo  è stato  autonmamente  mio  optai per  le radici   .Qualche    anno dopo  ,  non ricordo se un libro  o intervista  di Melissa  Panariello ( la  famosa      di cento  colpi di spazzolla  prim  di andare  a  dormire    )  o qualche  altro  autore  \  ice  che  dissero  parlardo d'identità    di sentirsi più  semi che  radici   . e  da  questa  Parabola    :  Il seme che cresce e porta frutto Ez 17,22-24; 2Cor 5,6-10; Mc 4,26-34 


  
comentata  qui  su   https://www.paroladivita.org/ Entrai  in  crisi .  Fin   quando  quando  partecipai  nel  2009\2010  alla presentazione    del libro  


2008, TAGLIATO PER L’ESILIO  di  Karim Metref, 
Ed. Mangrovie

Scritto tra l’Algeria e l’Italia, “Tagliato per l’esilio” è una raccolta di racconti. Il filo conduttore che lega questi racconti brevi molto diversi tra di loro è l’esilio. Ma l’esilio non è inteso soltanto come quello di chi prende, se ne va, e lascia la terra natia. L’esilio è raccontato in tutte le sue sfacettature. E’ innanzitutto di chi si sente in esilio a casa propria che si tratta.
La prima parte -autobiografica- comincia con quest parole: “Il 25 novembre 1967 nascevo in esilio sulla terra dei miei avi. …” .

In cui chiesi  all'autore  ,   purtroppo  il dialogo  originale   è andato perso nella  formattazione  del pc   e  nella  perdita  della  scheda  usb   della video camera    in cui avevo  impresso  tale  risposta  ,   ti senti  più  seme  o radice  ?    Ricordo    che  mi disse  , motivandole  entrambe  . 
 Smisi   alllora di  farmi  la  domanda  fin quando  ieri ho letto  su questa  intervista ad  andrea  Pennacchi  



in particolatre quando dice :   [...] ma attenzione: la purezza delle radici è una balla colossale. Le radici sono sempre storte, al buio, si nutrono di putrefazione. Le hai, non le puoi rinnegare ma sei scemo se pensi che siano pure. Non mi si venga a raccontare la favoletta. Spero non sia questa l’idea di fondo. Oltre a essere falsa, porta a finali pessimi ».[....] .
Ed  ecco che rincomincio  con  un' altra  auto   analisi   . Attraverso  la  quale    ho  fatto  la scelto , almeno spero quella definitiva perchè  non si può andare  sempre  avanti ed  indietro   finsce   che ti blocchi  e  in concludi niente     ,  di entrambe  .   Infatti  mi sento  SEME in  quanto   si ha  ho  qualcosa  da  dare    o  lasciare  agli altri (  non solo  figli e  nipoti  ) . RADICE .perchè  ripensando alla ai miei nonni e ai miei prozii\e ( almebno quelli che ho conoscoiuto in prima persona ) suoi nonni gli considero fulcro dei miei valori : onesta , rispetto , coerenza mi rivolgo come Giuccini nel'omonimo album esponendoli i miei dubbi, poiché : « ha visto nascere e morire gli antenati miei/ lentamente, giorno dopo giorno ».
Ma poi, intuendo che non potro avere una risposta definitiva alle mie domande ( tòpos comune di chi s'auto analizza e si mette indiscussione e fa autocritica ed  nel  cd  di Guggini  citato    ) capisce che la « casa è come un punto di memoria/le tue radici danno la saggezza/e proprio questa è forse la risposta/e provi un grande senso di dolcezza ». Infatti nella vita o creazione d'opera  d'arte  non  si può sempre  stare  ad elucubrare  o cercare  certezze  . Ma  bisogna  avere  , anche se  non sempre  è possibile  visto  che    come   ho già  detto  : << la vita è anche trasfornazione perchè “Nulla si crea,nulla si distrugge,tutto si trasforma”  >> avere  un centro  di gravità   permanente   per  dirla  come l'omonima   canzone di Battiato   ma  soprattutto  perchè  nella vita   niente è per  sempre  come   anch'essa  amonima  canzone  di  Danilo sacco   contenuta    nell' album   Minoranza Rumorosa
 che  ho usato  nella  colonna  sonora e  di cui   si  sentono nell'aria le  prime  note  .      

17.10.22

Sant'Antioco.1958 Partiti con una barca rubata sognando la Francia finirono alla deriva in Algeria e poi in carcere., Carbonia. Con i ricavi delle sue poesie finanzia una scuola Il miracolo di Walter in Senegal ., Caccia all’antenato dall’Argentina a Nuoro Il pronipote di un sardo chiede la cittadinanza italiana e si è rivolto a un legale che ha ritrovato le carte sulla nascita dell’avo

  

 fonti
L'unione  sarda     del  16 ottobre  per  i  primi    due  
La  nuova  sardegna     17 ottobre     per  l'ultimo  


Sant'Antioco. Partiti con una barca rubata sognando la Francia finirono alla deriva in Algeria e poi in carcere

«I migranti? Noi siamo stati i primi»


Correva l'anno 1958 quando il Sulcis fu protagonista di una storia di "migranti al contrario". Il viaggio Un gruppo di ragazzi di Sant'Antioco, con spirito di avventura ma anche alla ricerca di un futuro migliore, affidarono a una barca il loro destino. Non fu il martire mauritano e la sua storia a ispirarli, bensì una vita grama e i litigi coi genitori che chiedevano a quei giovanotti di portate qualche soldo a casa per il sostentamento della famiglia. Ironia della sorte, navigarono al contrario la rotta che oggi fanno i migranti provenienti dal nord Africa. Antonio Brasile, per gli amici Nino, classe 1940, quando sente parlare di migranti sorride e dice: «Noi siamo stati i primi». Poi spiega: «Ho convinto gli amici a
compiere l'avventura più bella della mia vita, anche se non si concluse come volevamo. La mattina del 23 febbraio 1958, a bordo della Vergine dello schiavo, un Cianciolo armato per la pesca delle sardine, partimmo per destinazione ignota, si pensava di andare in Francia o a Tunisi. Assieme a me cinque amici, tutti pronti a partire per una vita migliore». Ma, lasciato il golfo di Palmas a bordo della barca sottratta a un armatore Carlofortino, i primi problemi: «Il mare cominciava a farsi sentire e con lui ingrossava anche la paura. Ho spento il motore simulando un guasto, ma Gabriele che era il più grande e aveva assunto il comando, minacciò di buttarmi in mare perché il viaggio doveva assolutamente proseguire». Peccato, però, che la ciurma non caricò il carburante sufficiente per la traversata e nemmeno il cibo. Due giorni e mezzo dopo, metà dei quali alla deriva, l'avvistamento delle piccole luci da terra. «Siamo stati soccorsi da una motovedetta, che ci portò ad Algeri - continua – in un controllo trovarono delle bombe nella nostra barca: erano quelle che si usavano per la pesca, ovviamente illegale, ma noi non lo sapevamo. Finimmo in prigione, ci accusarono anche di esserci liberati di una donna che a loro dire venne uccisa e buttata in mare. A quel punto capimmo che l'avventura stava assumendo una piega drammatica». In carcere Ad Algeri furono portati in carcere e tra botte da parte dei secondini e maltrattamenti vari, trascorsero sei mesi prima che venisse appurato che quell'omicidio era estraneo alle azioni dei malcapitati giovani migranti che, a ogni domanda, rispondevano in sardo e per questo subivano ancora di più botte dalle guardie. Furono trasferiti prima a Marsiglia per altri sei mesi, poi a Ventimiglia, a Genova, a Pisa e, infine, a Cagliari, a Buoncammino. «Qui pensammo di essere finalmente a casa - dice Nino Brasile - invece la destinazione finale fu Capraia dove abbiamo fatto altri sei mesi. La liberazione arrivò per l'amnistia. Rientrati a casa non parlammo più di quella vicenda. Io sono l'ultimo rimasto. Gli altri sono morti. La racconto perché a conti fatti, se potessi ritornare indietro, lo rifarei. È stata l'avventura più bella della mia vita »

                   Stefano Garau




Carbonia. Con i ricavi delle sue poesie finanzia una scuola
Il miracolo di Walter in Senegal


Dalla poesia rinasce una scuola in uno sperduto villaggio del Senegal. Nuova iniziativa Walter Asuni ripete il miracolo: ci era già riuscito alcuni anni fa quando con la buonanima della moglie Eneide Frau, medico che un destino spietato ha portato via troppo presto, era riuscito nel cuore del Paese africano a rilanciare un ospedaletto e a far decollare una cooperativa di allevamento di polli gestita interamente da donne. Dopo aver già fatto tanto, anzi tantissimo, Walter Asuni, 64enne dipendente pubblico, non
vedente ormai da diversi anni, si è ripetuto: dilettandosi di poesia, oltre che di canto corale, alcuni anni fa aveva realizzato un libro di liriche, intitolato "Oltre il mare": una raccolta di versi incentrata sulla sua esperienza personale. Ma la poesia ha lasciato spazio a un aspetto molto pratico: «Un'opera nata con un obiettivo ben preciso – rimarca – continuare ad aiutare le popolazioni del Senegal che da anni hanno rubato il cuore a me e alla mia adorata Eneide: c'era ancora molto da fare, ma un passo alla volta stiamo raggiungendo lo scopo». La scuola Si è aggiunto infatti un nuovo tassello in questo speciale rapporto fra Walter e il Senegal: grazie al ricavato della vendita del libro e ad altre manifestazioni e incontri, organizzati assieme ad una associazione, "Oltre le frontiere", è stato possibile ingrandire una scuola nata in un edificio diroccato. Questa solidarietà si sta concretizzando nel paesino di Ndangour, provincia di Bandegne, cuore del Senegal. Si è proceduto per step. Inizialmente è nata la scuola: pochissime spartane aule giusto per diffondere l'istruzione fra i bambini in una delle regioni più povere dell'Africa. «Poi abbiamo saputo che l'edificio - racconta - poteva essere ampliato con altre aule e magazzini: quando ho scritto il libro ho pensato dal primo istante che avrei dovuto proseguire questa meravigliosa avventura». Proseguire è il verbo giusto perché anni fa al termine di un viaggio in Senegal, Walter ed Eneide si erano già fatti rapire dalla popolazione locale: "Quando abbiamo capito che potevamo fare qualcosa per una giovane coop di donne che allevavano polli, ci siamo tuffati a capofitto ed Eneide venne anche eletta presidentessa ad onorem della cooperativa che è tuttora operativa".

 
                  Andrea Scano 



Caccia all’antenato dall’Argentina a Nuoro
Il pronipote di un sardo chiede la cittadinanza italiana e si è rivolto a un legale che ha ritrovato le carte sulla nascita dell’avo

di Simonetta Selloni

La ricerca si è snodata tra gli uffici demografici del Comune di Nuoro e la Curia, ma il bisnonno non risultava da nessuna parte Il mistero si è chiarito: l’emigrato non era di Nuoro ma di “Agua Santa”, ossia Abbasanta In alto, la donazione alla Caritas fatta dal bis-nipote che diventerà cittadino  ITaliano Eduardo Gonzales Serra è un giovane argentino, ma da quando si è messo in testa di ottenere la cittadinanza italiana, grazie al fatto di essere pronipote di Francesco “Francisco” Angelo (o Angel) Serra da Nuoro, ha avviato una vera e propria ricerca delle sue radici degna di un investigatore. In questa indagine ha coinvolto l’avvocato Antonio Satta, [  foto a  destra   ]  del foro di Nuoro, al quale si è  rivolto lo scorso anno, per recuperare il certificato di nascita del suo avo, secondo lui nato a Nuoro
nel settembre 1845, e poi sposato, nel villaggio di Moròn, con Benedicta Perez. Certificato di nascita fondamentale per ricostruire la corposa documentazione richiesta per un aspirante cittadino italiano in base allo ius sanguinis. E da quel momento, l’avvocato Satta ha contattato prima i servizi anagrafici del Comune di Nuoro. Che però custodisce i registri di stato civile (nascita, matrimonio e morte) a partire dal 1866. Che fare allora? Rivolgersi – come suggerito dallo stesso Comune – alla Curia per i registri degli anni precedenti; peccato che quelli della Curia vescovile di Nuoro  siano in fase di digitalizzazione, quindi inaccessibili.«A quel punto ho chieso al signor Gonzales Serra di mandarmi tutti i documenti che aveva in suo possesso. E lì, finalmente,è venuta fuori la chiave per risolvere la questione del signor Francisco Serra». Il pronipote e aspirante italiano Eduardo, infatti, ha spedito all’avvocato Satta il certificato di matrimonio del bisnonno: e lì, in bella grafia, è scritto chiaramente che Francisco Angel Serra, “nacido en Agua Santa, provincia de Calleri”, vale a dire Abbasanta, allora provincia di Cagliari. Per Eduardo Gonzales, che pensava di essere la terza generazione di nuoresi Serra in Argentina, è stato un colpo; un po’ meno per l’avvocato Satta, che in un giorno, mandata una pec al Comune di Abbasanta, ha ottenuto il certificato dinascita di Francisco Angel Serra. Tutto finito? Ancora no, e c’è un bel finale. Eduardo Gonzales (la cui pratica per l’ottenimento della cittadinanza è curata dall’avvocato Satta), aveva chiesto al legale quale fosse ilsuo onorario. «Gli ho detto, faccia qualcosa per i poveri», e l’invito dell’avvocato è stato accolto.  Eduardo Gonzales Serra ha comprato il pane per la Caritas del paese in cui risiede, e ha documentato il gesto con foto, dove si legge il ringraziamento all’avvocato. Così, Eduardo Gonzales Serra, la cui ricerca delle radici, prima di arrivare ad Abbasanta, lo ha portato anche a Nuoro.

11.9.22

Dal Canada a Roccacaramanico: nozze da sogno nel borgo abruzzese dei bisnonni



Il Mattino  Mila Cantagallo - 2 h fa



Dal Canada a Roccacaramanico: nozze da sogno nel borgo abruzzese dei bisnonni


Matrimonio a Roccacaramanico, a 1.050 metri di altitudine, nella chiesa medievale della Madonna delle Grazie. Alberto Biagio Centofanti e Jessica Bellissimo sono arrivati dal Canada per suggellare il loro amore nello stesso posto in cui i nonni e i bisnonni di lui si sono scambiati la promessa di amore eterno. Lo sposo ha 43 anni, è impiegato del Ministero degli Affari Esteri ad Ottawa, la 31enne compagna è project manager nell’edilizia. Ieri pomeriggio la funzione religiosa, officiata da don Angelo Polloni alla presenza di una cinquantina di parenti e amici.


Dal Canada a Roccacaramanico: nozze da sogno nel borgo
abruzzese dei bisnonni© Fornito da Il Messaggero

EVENTO STORICO Un evento storico per il suggestivo borgo del Comune di Sant’Eufemia a Maiella, in provincia di Pescara, dove l’ultimo sposalizio è stato celebrato nel 1971. Successivamente, anche l’amore ha pagato il prezzo dello spopolamento di questo luogo da cartolina. La Madonna delle Grazie, inoltre, è stata sottoposta ad una lunga opera di ristrutturazione e riaperta solo pochi giorni fa. Il sindaco di Sant’Eufemia, Francesco Crivelli, spiega: «Con soddisfazione abbiamo riportato questo luogo di culto al suo antico splendore. Alberto sente molto le origini della sua famiglia, da anni viene qui a trascorrere le vacanze, assistere alla toccante omelia di don Angelo è stato emozionante».In un fasciante abito bianco dal lungo velo, un ramo di ulivo tra le mani, la bella Jessica è arrivata in chiesa scortata da damigelle e uno stuolo di invitati. Visibilmente teso, in abito scuro e cravatta grigia, Alberto l’ha accolta nella chiesa adornata da candele e fiori bianchi. Al termine della funzione, svolta in lingua italiana, gli sposi hanno offerto un aperitivo al ristorante di piazza Callarone. Dopo le foto di rito, la coppia si è trasferita insieme agli invitati a Pacentro per il banchetto nuziale. L’unione religiosa dei giovani italo-canadesi ha rappresentato un ulteriore passaggio della rinascita Roccacaramanico, abbandonata dai suoi abitanti negli anni del dopoguerra. Uniche eccezioni, gli anziani Angiolina Del Papa e Pasqualio Di Julio, inamovibili dalle loro abitazioni. L’anziana salì agli onori delle cronache televisive negli anni ’80 intervistata da Raffaella Carrà durante uno show, una vetrina che attirò le attenzioni di tutta l’Italia sull’antico borgo. «Una trentina di anni fa - prosegue il primo cittadino - è iniziato il graduale recupero del luogo al quale la nostra amministrazione, in carica dal 2011, ha dedicato tempo e fondi. Anche i privati hanno contribuito ristrutturando case abbandonate e tornando a popolarle nei fine settimana o durante le vacanze. Cinque bed and breakfast sono stati inaugurati negli ultimi anni e, recentemente anche un ristorante. La riscoperta del paese è stata anche favorita da manifestazioni che abbiamo organizzato qui, come le notti Bianche di Roccacaramanico e “Acendiamo il Medioevo” nelle quali è stato essenziale l’impegno di Licio Di Biase, storico e consigliere comunale». Roccacaramanico arriva ad ospitare duemila persone nel corso dell’estate, in inverno il turismo sta aumentando anno dopo anno, richiamando appassionati delle escursioni sulla neve con le ciaspole. Il desiderio di Crivelli per questo gioiello del pescarese, è un turismo più regolare: «Stiamo lavorando ad una destagionalizzazione rendendo la località meta di visitatori tutto l’anno, con l’organizzazione di manifestazioni e il coinvolgimento degli operatori turistici al di fuori dell’alta stagione. Dal 2020 Roccacaramanico è parte del Majella Geopark Unesco ed è stata nominata “Meraviglia Italiana” al Forum Nazionale giovani della Camera dei Deputati in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia.

23.2.22

Sul Pollino ho imparato a sopravvivere in Alaska., Petali che curano: il prezioso zafferano., Una vita per il flipper, 50 anni di passione vintage.,



Sul Pollino ho imparato a sopravvivere in Alaska
Ha trionfato in tutto il mondo nelle maratone estreme sui ghiacci.   come  riporta  quest  articolo di http://www.abmreport.it/sport/

TERRANOVA DEL POLLINO - La storia di Pasquale La Rocca è quella di un sognatore, innamorato della montagna, dalla quale è stato "generato", che lo ha portato a trionfare in un ambiente ostile e solitario per la maratona invernale tra le più difficili ed estreme che l'uomo possa affrontare. E' lui il trionfatore della Iditasport, la ultramatarona tra le nevi dell'Alaska, sui sentieri della corsa per cani da slitta più famosa al mondo, la Iditarod. In solitaria per 160 miglia, oltre 257 chilometri, tra neve, ghiaccio e vento giorno e notte, a decine di gradi sotto lo zero, con gli sci ai piedi e trainando una slitta. Una impresa epica che lo sportivo di Terranova del Pollino ha compiuto tra laghi e fiumi ghiacciati, senza fermarsi se non poche ore per riscaldarsi, riposare e alimentarsi in uno dei diversi check-point lungo il percorso. Una gara estrema, dove è sufficiente perdere l’orientamento, avere un piccolo imprevisto (anche piccolissimo) per restare all’agghiaccio e rischiare seriamente la pelle. Scelta dei materiali, dispositivi elettronici per l'orientamento, ma anche alimentazione, gestione delle proprie forze e tanta tanta forza di volontà per arrivare al traguardo da primo assoluto. Una traversata infinita che è il risultato anche di tanto allenamento, una grande preparazione fisica e una determinazione eroica hanno commentato i suoi amici. Lo scorso anno stravinse anche in Svezia la Arctic Winter Race Rovaniemi 150, travalichi di molto l’ambito tecnico sportivo. Ciò che regala a tutto il Pollino l'avventura sportiva di Pasquale La Rocca è che le imprese sono alla portata di tutti, basta crederci, stringere i denti, essere pronti con umiltà a continui sacrifici, lavorare giorno e notte. Una storia che qualcuno già spera sia raccontata, come esempio virtuoso del Sud, ai ragazzi delle scuole.

Il suo segreto? Gli allenamenti sulla montagna dove è cresciuto. E dove ha scelto di restare a lavorare





Petali che curano: il prezioso zafferano
 

Lo si conosce per gli usi alimentari, ora in Abruzzo si sperimentano le sua proprietà antinfiammatorie per le malattie croniche intestinali. Sfruttando gli scarti

 
Una vita per il flipper, 50 anni di passione vintage Due generazioni di artigiani milanesi portano avanti un'impresa che resiste al boom delle console.
E si godono la rinascita di un gioco che conserva il suo fascino 

29.8.21

Radici, Storie di Libertà / Valentino Notari: "Io, bisex, posso amare senza limiti. E grazie al cosplay posso essere chiunque"


27 agosto 2021

Radici, Storie di Libertà / Valentino Notari: "Io, bisex, posso amare senza limiti. E grazie al cosplay posso essere chiunque"

 "Sì, noi bisessuali esistiamo. Non siamo persone confuse, non siamo gay repressi, non siamo eterosessuali curiosi. Siamo semplicemente degli esseri umani che si innamorano di qualcuno a prescindere dal suo genere". Valentino Notari, cosplayer di fama mondiale, racconta nella nuova puntata
della rubrica "Radici, Storie di Libertà" di Repubblica, la sua passione per il cosplay, l'arte di travestirsi da personaggi di videogiochi, fumetti o letteratura fantasy. "Credo che non ci sia limite a ciò che si può diventare con il cosplay - spiega Notari, che ha rappresentato anche l'Italia al World Cosplay Summit in Giappone - perché è un'arte che permette di trasformarsi davvero in qualunque cosa o in qualunque person

 

a. Per me è stato un modo per avvicinarmi al mio lato femminile e per scardinare quegli stereotipi che io stesso avevo interiorizzato durante la mia vita". Notari è autore del romanzo Cosplay Girl (Mondadori) in cui racconta la storia di Alice, una bimba considerata "strana" che crescendo scoprirà, grazie a un'amica conosciuta al Lucca Comics and Games, che le strade per realizzare i propri sogni sono molte di più di quelle che aveva immaginato.

 

di Pasquale Quaranta

Riprese di Maurizio Stanzione e Sonny Anzellotti

Montaggio di Mariagrazia Morrone

15.8.21

alla ricerca delle proprie radici Dagli Usa al Salento, sulle tracce del nonno profugo ebreo: "Qui fu accolto e io ora rivivo la sua storia




Di solito dopo aver letto una storia mi vengono in mente canzoni , stavolta mi sono venuti in mente libri . ecco la play list collegata a quest articolo .
Essa è tratta daLa ricerca delle radici è un'antologia curata da Primo Levi scritta nel 1981 che raccoglie brani degli autori che più hanno contato nella sua formazione e conferma il carattere enciclopedico dell'autore che incrocia gli interessi scientifici con quelli umanistici. qui l'elenco https://it.wikipedia.org/wiki/La_ricerca_delle_radici a qaule mi permetto d'aggiungere tre libri di cui il primo riletto da poco ed in sintonia oltre che con i libri citati prima con la storia qui riportata .

  • La frontiera scomparsa di Luis Sepulvera
  • il profumo della speranza. Un viaggio nell'adozione alla ricerca delle proprie radicidi Paolo La Francesca
  • Il senso di appartenenza. Alla ricerca delle proprie radici. Un viaggio essenziale per una vita più intensa e consapevole di Willi Maurer




ma ora basta divagare e veniamo alla storia d'oggi


repubblica 12 AGOSTO 2021
Dagli Usa al Salento, sulle tracce del nonno profugo ebreo: "Qui fu accolto e io ora rivivo la sua storia"
di Biagio Valerio


A sinistra Mark Hoffman a Santa Maria al Bagno nel 1943, a sinistra suo nipote Micheal posa come lui



Micheal Hoffman lavora per Facebook e proprio grazie ai social





ha scovato i luoghi dove il nonno Mark fu salvato dall'orrore dei campi nazisti: per onorarlo posa in foto come lui a Santa Maria al Bagno dove dal '43 furono in centinaia a trovare riparo Voleva respirare la stessa aria, che profumava di libertà. Bagnarsi nello Ionio che, quasi ottant'anni fa, aveva lavato via la polvere e la paura raccolte sulla pelle, nei campi di concentramento. Un giovane americano, Michael Hoffman, ha attraversato il mondo per fare da staffetta ideale con suo nonno Mark, che durante la Seconda guerra mondiale fu ospitato nel Camp 34 di Santa Maria al Bagno. Ed ha scattato una serie di fotografie che lo ritraggono nelle stesse, identiche, pose del nonno. Un tributo commovente.

che ha rilanciato il suo appello social


Michael Hoffman è con Bob Hoffman e altri 11 a Santa Maria al Bagno.
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So. Crazy story. We have these old pictures of my Grandfather - “Papa” - from right after WW2 when he was taken to a displaced persons camp in #Bari… or so we thought. Since I was headed to Bari, I decided to post on social media to try and identify the locations which I thought was wishful thinking. Surprise! The internet pulled through. My friend Marcello connected me with Steven Crutchfield who manages an “Expats in Puglia” Facebook Group. He graciously posted all of the pics to the group and within hours the locations were identified, most being in Santa Maria al Bagno 1.5 hours from Bari. Turns out they brought a LOT of refugees there. There’s even a museum dedicated to the jewish refugees museo della memoria. At this location, Jews were being shipped off to Palestine (now Israel) to start a new life. Because I am who I am (lol) I had to recreate the images. So Brett and I drove to the town of Santa Maria al Bagno and took these! Swipe for more side-by-side photos.
I am so grateful for this moment, those who helped and my dad Ken Hoffman who ensures Papa’s story lives on. It was magical to be able to set foot in the location my Papa spent two years before heading to America.

Quindi Storia pazzesca. Abbiamo queste vecchie foto di mio nonno - ′′ Papà ′′ - di subito dopo la WW2 quando è stato portato in un campo di sfollati a #Bari... o così abbiamo pensato. Dato che ero diretto a Bari, ho deciso di pubblicare sui social per cercare di individuare le location che pensavo fossero un pensiero augurale. Sorpresa! Internet ce l'ha fatta. Il mio amico Marcello mi ha collegato con Steven Crutchfield che gestisce un gruppo Facebook ′′ Espatriati in Puglia Ha gentilmente postato tutte le foto al gruppo e nel giro di poche ore sono state individuate le località, la maggior parte di Santa Maria al Bagno a 1.5 ore da Bari. A quanto pare hanno portato un sacco di profughi lì. C ' è anche un museo dedicato ai profughi ebrei museo della memoria. In questo luogo, gli ebrei venivano spediti in Palestina (ora Israele) per iniziare una nuova vita. Perché sono quello che sono (lol) ho dovuto ricreare le immagini. Così Brett ed io abbiamo guidato fino alla città di Santa Maria al Bagno e abbiamo preso questi! Scorri per altre foto di fianco a fianco.
Sono così grata per questo momento, a coloro che hanno aiutato e a mio padre Ken Hoffman che assicura la storia di papà continua a vivere. È stato magico riuscire a mettere piede nella location in cui mio padre ha trascorso due anni prima di andare in America.



Un campo di accoglienza per DP, displaced persons, allestito dall'Unrra nel 1943 e che è rimasto in attività per alcuni anni, accogliendo migliaia di profughi - prima slavi e poi ebrei - provenienti anche dai campi di concentramento nazifascisti disseminati in tutta Europa.
Il campo è diventato, in quegli anni, il trampolino verso la terra promessa, il nascente Stato di Israele. Tantissime altre persone si imbarcarono verso il Sudamerica e gli Stati Uniti in un nuovo grande esodo di rinascita dopo gli orrori delle persecuzioni. Non è l'unico esempio in Puglia. Altri campi vennero
allestiti nei pressi di Bari e Barletta nel nord della regione, a Santa Maria di Leuca, Santa Cesarea (per questo i campi venivano chiamati "le sante") e Tricase Porto, luoghi di recupero fisico e psicologico soprattutto per quanti erano scampati ai forni, alle privazioni, alle malattie ed ai lavori forzati.
Ma è Michael Hoffman, un giovane comunicatore di New York, a rinvigorire le vecchie radici della Storia. Lui ha trovato, grazie al padre Ken, le vecchie foto del nonno in posa in diversi luoghi di una, non precisata fino ad un anno fa, località italiana. Così si è messo in moto in vista di un suo viaggio nel Belpaese ed ha contattato alcuni amici su Facebook, il social che "gli torna facile" utilizzare visto che Hoffman lavora proprio per il marketing del colosso creato da Zuckerberg.
"Questa storia è storia pazzesca. Avevamo queste foto del nonno scattate subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando era stato trasferito in un campo per persone disperse a Bari. O così credevamo. Visto che ero diretto a Bari - spiega e continua Michael nel suo racconto - ho deciso di scrivere un post sui social per provare a identificare il posto esatto. Sorpresa! Internet è arrivato in soccorso. Il mio amico Marcello mi ha messo in contatto con Steven Crutchfield che gestisce il gruppo Facebook "Espatriati in Puglia". Molto gentilmente ha pubblicato le foto sul suo gruppo e in poche ore sono state individuate le località, la maggior parte a Santa Maria al Bagno, un paio d'ore di distanza da Bari. È venuto fuori che moltissimi rifugiati sono stati portati qui. C'è anche un Museo della Memoria dedicato ai profughi ebrei. Da qui, gli ebrei partivano per la Palestina, oggi Israele, per iniziare una nuova vita. Io e Brett abbiamo
guidato fino a Santa Maria al Bagno e abbiamo scattato queste foto. Sono profondamente grato e riconoscente con chi mi ha aiutato a far sì che la storia del nonno resti viva".
Una vicenda umana, l'ennesima, che riannoda i fili dopo che uno studioso di Santa Maria, Paolo Pisacane, ebbe l'intuizione di lanciare un sito amatoriale con i riferimenti alla vicenda storica. Da allora, circa 35 anni fa, sono stati centinaia gli ebrei che, soprattutto dagli Stati Uniti, hanno fatto il viaggio al contrario ritornando a Santa Maria. Qui in riva allo Jonio però, l'amministrazione comunale di Nardò sta consentendo la costruzione di una stazione per idrovolanti nel Giardino della Memoria e ha autorizzato un mercatino turistico all'ingresso del Museo della Memoria, quello visitato dal giovane Hoffman. Non esattamente un bel biglieto da visita per chi ha percorso migliaia di chilometri per toccare la Storia da vicino.




mentre concludevo questo post la radio suona questa canzone adattissima a tale storia

CREUZA DE MÄ - Fabrizio De Andrè

2.7.21

DNA never lies (Il DNA non mente mai)



che storie interessanti si trovano leggendo i contatti di un tuo contatto . Una storia commovente Questa storia è commovente! Ed è bellissimo il fatto che l'anziana signora, dopo tanto tempo finalmente possa conoscere le sue origini e incontrare i suoi parenti... È una cosa meravigliosa!  
margine mi rassicura sull'attendibilità di questi test, ero piuttosto perplesso, dopo  gli errori   vedi il caso Omicidio di Meredith Kercher   e  forse  anche  quello  di  Yara Gambirasio  ora lo farò anch'io!!

 da 

È cominciato tutto per curiosità, con un kit per un esame del DNA acquistato su internet come regalo natalizio nel 2019. La nostra curiosità principale era scoprire l’origine etnica, se sarda, ispanica, nordafricana, o altro. Per vari contrattempi, i risultati giunsero solo a luglio 2020. Una volta tolta la curiosità sulla stima di etnia, guardammo le corrispondenze di DNA (sta a dire tutte quelle persone che condividono tra loro una o più porzioni di corredo genetico e per tale ragione possono definirsi parenti più o meno lontani) e lì ci fu una sorpresa: F.D., età compresa tra 80 e 90 anni, cugina di secondo grado.
A questo punto, non conoscendo nessun parente con quel cognome, feci l’unica cosa logica in questi casi, scrissi a colui che gestisce il profilo di DNA di questa signora su quel sito, C.S. E fu così che scoprii quanto segue: “Buongiorno Giacomo, la storia di mia madre è particolare, anche se comune a tante persone, ed è per questo che ci siamo rivolti a MyHeritage.
Mia madre è nata a Roma nel 1934, nell’ospedale San Giovanni, e appena nata da lì fu affidata ad un orfanotrofio. Non ha mai conosciuto i suoi genitori, ha vissuto la sua vita pienamente e con tante soddisfazioni, si è sposata, ha cresciuto noi figli. Una vita felice, convivendo con l’idea di non poter mai abbracciare i suoi genitori. Ora, negli ultimi anni della sua pur felice vita, a 86 anni, si sta tormentando: vorrebbe sapere, terminare la sua esistenza avendo anche solo un'idea approssimativa delle sue origini. L’analisi del DNA di mia madre evidenzia un 60% di etnia sarda, quindi con tutta probabilità sua mamma o suo papà erano di origini sarde, ma crediamo si possa trattare più della madre. Non abbiamo altri dati, nonostante le ricerche, la nascita di mia madre è avvolta nel mistero, non è stato possibile reperire nessun documento relativo alla nascita di mia madre, tantomeno relativo ai suoi genitori. Quindi Giacomo forse lei potrebbe aiutarci nell’esaudire il desiderio di mia mamma di sapere […] un cordiale saluto, C.S.”.
Da quel momento decidemmo di fare il possibile per aiutare questa nuova zia a scoprire i suoi genitori. Dissi a C. di acquistare un kit per il DNA da un altro sito che dà maggiori informazioni (23andMe), mentre io ne acquistai 3, uno per mia madre, uno per mio padre e uno per me. Ad agosto scoprimmo quindi che F.D. è cugina di primo grado di mio padre. Andando per passi, dovevamo scoprire se la parentela fosse dal lato Calvia-Casu oppure Gaias-Fresu. E così è cominciata la parte più bella di tutta questa storia, fatta di solidarietà, disponibilità, di persone che si sono prestate, spesso volontariamente
dopo il semplice racconto di questa vicenda, in una sequela di test del DNA che ci hanno portato a scoprire tutto.
Una cugina di mio padre si è offerta per fare il test e ai primi di dicembre stabilimmo a quale ramo familiare appartenesse la parentela e che il genitore in questione era il padre. A fine gennaio, grazie a un cugino che a sua volta si era reso disponibile, sapevamo il nome del padre di F.
Nel frattempo, però, erano già avviate le ricerche della madre, grazie a una stretta parentela con una famiglia originaria anch'essa di Berchidda, ma che oggi vive negli Stati Uniti d’America. E così, dopo aver ricostruito un ricco albero genealogico in pochissimo tempo (grazie a numerosi collaboratori), siamo stati in grado di selezionare alcune famiglie berchiddesi potenziali e la fortuna ci ha sorriso. A febbraio abbiamo fatto altri due test del DNA e al primo colpo abbiamo scoperto la madre di F.D. con una precisione del 50%. Infine, ai primi di giugno, la nostra ricerca si è conclusa dopo che un ultimo test ci ha confermato che la madre era una donna nubile, morta all’età di soli 45 anni nel 1942.
Così, un segreto durato per oltre 86 anni è stato svelato grazie al DNA che, come dicono negli USA, non mente mai. E tale verità svelata ha restituito un'identità a una donna, ma anche una cugina, una zia, una sorella per varie altre persone.
Tra poche settimane, F.D. verrà a Berchidda per conoscere i parenti, i luoghi che avrebbero potuto essere la sua casa e visitare le tombe dei suoi genitori. Non le restituiremo ciò che all’epoca le fu tolto dalla mentalità di quei tempi, ma la potremo accogliere con l’affetto che merita una berchiddese d.o.c. che solo un infausto destino ha portato lontano dal nostro paese.

 Pubblichero'  sempre  con il consenso  di Giacomo gli ulteriori  aggiornamenti  di questa  vicenda 

16.2.20

intervista a Sebastiano Dessany sul suo , appena concluso , 377 project ovvero un comune e un pezzo musicale sardo al giorno

  Dopo  un po'  di  tempo  , problemi miei  di  salute  , attesa  che  lui  finisse  il  viaggio    (  Il viaggio è partito il 26 ottobre 2018 da Nuoro, luogo di origine dei suoi   antenati, e si è concluso a Cagliari,luogo di nascita, il 21 dicembre 2019)  n modo  da  non  disturbarlo  e  farli magari domande  originali    pubblico la  mia  intervista   Sebastiano Dessanay, 

Risultato immagini per sebastiano dessanay
 da https://www.linkoristano.it/prima-categoria/2018/12/12/
compositore, contrabbassista e professore di musica residente a Birmingham (Regno Unito). La sua musica (registrata in diversi CD e regolarmente eseguita in prestigiose sedi internazionali)   come   testimoniano  i  suoi pezzi   e  questo mio  video rubato di questa  sua  jam session  con   Daniele  Ricciu  un artista locale  durante la sua 176° tappa   a tempio pausania avvenuta  il  20.5.2019  ( vedere  qui   il mio reportage  d'essa )



 spazia dalla contemporanea al jazz, ed è caratterizzata da un forte senso della melodia e da una grande attenzione alle tessiture e atmosfere sonore. Il contrabbasso ha un ruolo preminente nella sua ricerca e le sue composizioni hanno spesso un carattere improvvisativo.  Testimonianza    di  una  identità   aperta   e  non chiusa  . 

Ecco l'intervista  

  visto  che  sei  dovuto  andare  all'estero     ti  senti  di più  emigrato o cervello in  fuga  ?
 Ne’ emigrato ne’ cervello in fuga. Per me andare all’estero è stata un’esigenza di crescita e di espansione degli orizzonti. Nessuna decisione forzata ma cosciente e voluta, anzi desiderata.
L'immagine può contenere: Sebastiano Dessanay, persona seduta e chitarracosa  farai   dopo la  brexit  rimarrai   nella perfida   Albione   o  ritornerai  in Italia    \ in sardegna  riportando   tutto a  casa  ( per  parafrasare un   famoso  disco   degli Mcr  )  
Non so ancora cosa farò, certamente continuerò ad avere collaborazioni professionali in UK e proverò a ritagliarmi dei piccoli spazi anche in Sardegna per portare un po’ di quello che ho acquisito in questi anni
L'idea del progetto 377 ovvero un viaggio per i 377 comuni della sardegna   ovvero 377 project  è nata   per  far  conoscere    altri lati       della nostra isola   all'estero che  non  siano i  soliti luoghi  ei vip  o  del turismo di massa  oppure  da nostalgia   ricerca  delle   tue  radici  voisto  che    il  tuo  tour   è partito  da  Nuoro    città dei  tuoi avi ?
L’idea è nata come esigenza personale di conoscere la Sardegna, e di capire cosa c’è in essa che veramente mi appartenga, e realizzare un progetto artistico da lei ispirato e a lei dedicato, secondariamente per far conoscere la Sardegna fuori, e non solo le rinomate coste, ma anche il suo interno, fino ai paesi più piccoli e remoti.
hai già bloccato  il materiale  sonoro   registrato   nelle diverse  tappe   del tour  o  ancora  ci stai lavorando ?
 Durante il viaggio ho preso “appunti musicali” ma ci vorrà molto tempo per renderli fruibili sotto forma di vere e proprie composizioni che usciranno nel disco che ho in programma di realizzare
sara  solo un cd  musicale   oppure  come  visto il tuo  interesse   antropologico ( almeno dall'idea  che mi sono fatto  dal  nostro incontro    quando sei venuto a tempio   )  sarà un lavoro  tipo   quello di sandro fresi  http://www.iskeliu.org/Home/pagina-3/?
Il disco non sarà un disco di musica “sarda” o tradizionale, ma un disco di musica scritta contemporanea che avrà certamente delle influenze di quello che ho scritto in viaggio ispirato da elementi sardi. La parte antropologica credo andrà a finire nel libro narrativo che ho in programma di scrivere in una fase successiva al disco e al volume fotografico.
 le  jam session    ci saranno anche  quelle  ?
 No le jam session, come tutta la musica improvvisata, svanisce nel momento stesso in cui si crea…
percorso più  duro  , percorso più leggero  ?
Percorso più duro: per lunghezza Burcei-Villasimius, per dislivello Sadali-Esterzili ed Esterzili-Villanova Tulo (ma ce ne sono tanti altri, Triei-Talana, San Vito-Villasalto, Fonni-Desulo etc)  Percorso più leggero: Flussio-Tinnura (ma ce ne sono anche altri, paesi attaccati, Baratili San Pietro-Riola Sardo, Muros-Cargeghe, Norbello-Abbasanta etc)
facciamo un bilanco   cosa  butti  e  cosa   tieni di questo  viaggio  ?
 cosa butto: tutto il brutto e le problematiche pesanti che affliggono la nostra terra che ho toccato con mano; cosa tengo, la bellezza dei luoghi, le importanti testimonianze del passato e la generosità e umanità delle persone che ho incontrato.









Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...