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26.3.25

Licénziato durantela pandemia si è reinventato mago del design Sassari Livio Lai era un informatico, oggi è un creatore di successo

 da   la nuova  sardegna    del 26\3\2025

 Sassari È nei momenti di difficoltà, quando tutto sembra andare storto, che spesso si riescono a trovare risorse inaspettate e soluzioni che cambiano per sempre la vita. È quello che è successo al sassarese Livio Lai, un omone alto due metri con le mani enormi ma leggere, che riescono a danzare sulla carta e sul sughero e a creare oggetti d’artigianato raffinati ed eleganti. Livio Lai ha 55 anni e la sua è una storia di rinascita e riscatto, la testimonianza vera e diretta che non bisogna mai darsi per vinti, perché a volte, la soluzione dei problemi è sotto ai nostri occhi e non ce ne accorgiamo finché non ci troviamo con le spalle al muro. Nel 2020, in piena pandemia, Livio è stato licenziato in tronco. Di colpo, da geometra specializzato in informatica, con moglie e tre figli a carico, si è ritrovato senza un lavoro. Una condizione che avrebbe messo in ginocchio chiunque.


 Lui, invece, dopo lo choc iniziale, si è guardato intorno, ha ragionato con sua moglie Claudia Melis, e ha capito che la soluzione ai suoi problemi sarebbe passata attraverso il suo amore per l’artigianato. Una passione ereditata dal nonno Antonio Senes, carabiniere intagliatore, e portata avanti sin da ragazzo, quando giocava a basket perché era alto 2 metri e 02, e uno sport doveva pur farlo, ma il suo istinto lo spingeva a lavorare con gli oggetti, a cucire, a intagliare.

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Le sgorbie da intagliatore del nonno e la macchina per cucire Singer della nonna sono così diventati i suoi nuovi strumenti di lavoro. Dalla famiglia, da suo nonno e dalle sue due nonne è così arrivata una risposta alla crisi.
Nei primi giorni di pandemia, dopo avere realizzato a mano alcune mascherine artistiche per familiari e amici, con materiali di qualità e un design originale (le mascherine hanno un doppio profilo: il suo e quello della moglie), ha iniziato a ricevere tantissime richieste. A quel punto Livio ha iniziato a produrle in grandi quantità, anche per grandi imprese, trasformando le mascherine nel suo primo business artigianale.


Ma il vero salto di qualità, l’ex geometra lo ha fatto portando in fiera i suoi lavori di artigianato moderno, dai tessuti (cuscini, runner, tovaglie), ai quadri tridimensionali, con maschere sarde ricavate piegando la carta di cotone o con tappi di sughero intagliati.«Ho aperto la partita Iva poco prima della mezzanotte, giusto in tempo per iscrivermi alla fiera di Mogoro nel 2021 – racconta con orgoglio Livio –, ho portato tutto ciò che avevo prodotto fino a quel momento e ho venduto tutto, anche l’oggetto più piccolo. Un successo che mi ha fatto capire di essere sulla strada giusta».Livio Lai, nell’aprile 2023, ha aperto il suo laboratorio, che funge anche da spazio espositivo, in via Torre Tonda. Entrare in quel locale antico è come immergersi nell’arte di questo artigiano che trasmette calma e passione per il dettaglio. Ogni suo oggetto è frutto di un pensiero, di un ragionamento. Usa tessuti della tradizione, come l’orbace del cappotto della nonna, per creare oggetti dall’uso completamente diverso, come tovaglie. Oppure, recupera tessuti fatti al telaio e corredi antichi, per realizzare cuscini o tovaglie.
La maschera di carta di cotone piegata è frutto «di una ricerca durata anni, ancora prima della pandemia», spiega Lai, il design richiama chiaramente le maschere sarde, ma ha una sua sintesi stilistica che la rende unica e riconoscibile. Così i tappi di sughero intagliati, usati anche per comporre quadri con figure geometriche, dove le ombre creano dinamicità e movimento. «Ordino i tappi direttamente dai produttori e devo lavorarli quando sono ancora umidi ed elastici - racconta Lai - perché una volta che induriscono è impossibile intagliarli».Le opere di Livio Lai sono in vendita principalmente nel suo atelierdi Sassari, ma si possono trovare anche in diversi negozi di artigianato in diverse località della Sardegna. Inoltre, continua a partecipare alle fiere, da Mogoro a Milano, portando avanti il suo progetto. Nel laboratorio di via Torre Tonda, giorno dopo giorno, pezzo dopo pezzo, Livio Lai riscrive la propria storia di rinascita.


23.3.25

DIario di bordo 110 anno Ⅲ «Alla trap preferisco su mutetu» Luca Panna, giovane cantadori professionista: «Amo le tradizioni» ., Andrea e Chiara: «Noi, fratelli senza saperlo» Nati dalla stessa madre, si sono incontrati un anno fa: «Ora siamo inseparabili»


 da  l'unione sarda di  oggi


La passione è scoppiata con un “trallallera”. Luca Panna 36 anni, cantava sul carro della festa di San Giovanni e da lì ha capito che la musica sarebbe stata la sua strada. Ma non il rap o la trap, bensì “su mutetu” e “sa cantada”, «perché io amo la Sardegna e il mio obiettivo è conservare e tramandare le tradizioni». Da allora Panna ne ha fatta di strada diventando il più giovane cantadoris professionista in città e vincendo, proprio con un mutetu scritto da lui, la prima edizione del Premio Città di Quartu, organizzato dall’Accademia della lingua sarda campidanese.
La passione
«Sono appassionato di cavalli e qualche anno fa, partecipando alla festa di San Giovanni, ho cantato i “trallallera” e mi sono sentito felice. Poco tempo dopo ho accompagnato un mio amico nella sala prove del cantautore Tonio Pani, dove c’erano altri cantadoris, tutti per lo più anziani, e quando ho sentito la metrica de su versu ho iniziato a cantare. Poi hanno cantato un mutetu longu e l’ho visto come una sfida, volevo fare quel tipo di componimento». Così Luca comincia a studiare, a lavorare sulla memoria e a diventare sempre più bravo. «All’inizio mi sentivo un po’ a disagio tra persone più esperte di me, ma piano piano mi sono inserito».
Le prime sfide
L’esordio è nel 2019 alla festa di Santa Maria a Quartu. «Con il versus semplice improvvisato». Il mutetu longu arriva dopo, «a Cagliari in piazza San Michele quando avevo 32 anni. Ero molto emozionato e ancora mi vengono i brividi se ci penso. Ero con Tonio Pani, Eliseo Vargiu e poi Simone Monni e Luigi Zuncheddu che sono giovani anche loro ma di Burcei. Avevo paura di salire sul palco, di andare in black out, mi tremavano le gambe». Dopo però diventa tutto più facile e arrivano le esibizioni in varie parti della Sardegna. «Su mutetu è improvvisazione costante. I miei versi sono quasi sempre dedicati alla Sardegna». Ma non mancano altri temi come quelli del rispetto per le donne, «ho parlato di una tela pittorica e delle rose perché le donne sono belle come quadri e vanno protette come le rose. Un rispetto che purtroppo sta venendo a mancare».
Le radici
Oggi Luca Panna, di professione tornitore e saldatore, canta ogni volta che può: «Ogni tanto mi chiedo chi me lo faccia fare, sono super timido e questo è un mestiere che richiede tanti sacrifici». Ma le radici non si possono recidere. «In casa dei nonni hanno sempre parlato in sardo e devo ammettere che leggendo vecchie cantade mi sto rendendo conto che il mio è già un sardo moderno che sto cercando di correggere. Sto recuperando termini che non si usano più e cerco di eliminare gli italianismi». E in casa ha già gli eredi. «Miei figli hanno 4 e 5 anni e già mi hanno fatto da contra, da coro. A loro cerco di tramandare l’importanza delle tradizioni».


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Andrea e Chiara: «Noi, fratelli senza saperlo» Nati dalla stessa madre, si sono incontrati un anno fa: «Ora siamo inseparabili» 


 Ci sono legami che nascono nel sangue, ma vengono scoperti solo con il tempo.Andrea Bellini e Chiara Balistreri sono fratello e sorella, cresciuti ignari l’uno dell’esistenza dell’altra, finché un messaggio non ha cambiato tutto. Chiara, 22 anni, bolognese, è diventata simbolo di resilienza e coraggio. La sua storia ha fatto il giro dell'Italia, raccontata in più occasioni a Verissimo , dopo aver denunciato le violenze subite dall'ex compagno, arrestato a novembre di quest’anno in Romania.
Casualità
Andrea ha 25 anni, è di Monserrato e studia Infermieristica. Tra turni di volontariato nel 118 e la passione per le moto, non avrebbe mai immaginato che un giorno avrebbe scoperto di non essere figlio unico. Aveva 17 anni, fu sua madre a rivelarglielo, quasi per caso. «Tutto è nato da uno stupido discorso, le chiesi se mio padre avesse ancora i capelli, confermò e mi chiese se lo volessi vedere, le dissi di no. Poi mi disse di Chiara» racconta Andrea. Ci vollero sette anni prima che trovasse il coraggio di contattarla. «Avevo bisogno di risposte». Così, il primo maggio 2024, decise di scrivere a quella sconosciuta su Instagram: «Dovremmo essere figli dello stesso padre, se ti va ne possiamo parlare». L’attesa fu breve, dopo 40 minuti, la risposta arrivò: «Perché dovrei crederti?». Scetticismo, dubbi, paura di una verità troppo grande. Poi i pezzi iniziarono a combaciare: la famiglia di lei a Cagliari, la somiglianza fisica, ed infine il nome del padre.
La videochiamata
Il giorno dopo si guardarono negli occhi per la prima volta, attraverso lo schermo di un telefono. La videochiamata durò più di due ore. Tra sorrisi incerti, Andrea e Chiara smisero di essere due estranei. «Non è da me, ma ho nutrito dal primo istante una profonda fiducia. Sembrava ci conoscessimo da sempre», ricorda, ancora emozionato. Due vite parallele: «Siamo cresciuti con due madri lavoratrici, che si sono fatte il mazzo per darci una vita migliore» e due caratteri complementari, lui più riservato, lei più estroversa.
Il primo incontro
A ottobre, il primo incontro a Cagliari. «Chiara conosce bene la città, ogni estate va a trovare la nonna». Stavolta, però, c’era un motivo in più per tornare. «Abbiamo passato più tempo possibile insieme, adesso ci sentiamo quasi ogni giorno». Nella vita della ragazza incombe un’ombra pesante: una relazione tossica che si è trasformata in un incubo. Aveva 14 anni quando ha incontrato quello che credeva essere il primo amore. L’affetto si è presto tramutato in controllo, la gelosia in ossessione. Poi, il primo schiaffo. E da lì, il baratro. Per anni ha sopportato, intrappolata nella paura e nell’illusione che qualcosa potesse cambiare. Ma la violenza non si ferma da sola. A 22 anni, dopo un’aggressione brutale che l’ha mandata in ospedale, ha trovato la forza di denunciare. «Quando l’ho saputo erano passati due anni, mi sono sentito impotente» confessa Andrea. «Avrei voluto proteggerla, impedire che accadesse. Se ci fossimo conosciuti prima, avrei fatto di tutto. Forse è successo solo ora perché non eravamo ancora pronti».
Il futuro
Andrea e Chiara non sanno cosa riserverà loro il futuro, ma un sogno c’è: vivere più vicini. «Siamo molto impegnati, io con lo studio e il 118, lei con il lavoro. Ma troviamo sempre il tempo l’uno per l’altra. Sono il suo primo fan, anche a distanza».Un legame sospeso per anni, un passato da ricostruire e un futuro da scrivere insieme.

9.12.18

non fai il presepe e t'attaccano fai il presepe e ti attaccano cazz boh . il caso de "Il presepe dei profughi", nel Barese bufera sulla Natività di denuncia


per  approfondire   e  ecco  alcuni siti   da me    visitati  per    questo  articolo  




la gente dimentica che le tradizioni sono soggette ad oralità e quindi si modificano con le generazioni . ecco perchè io sostengo e concordo con quiesto sindaco ed i creatori di questo preseppe. Infatti : << (...) Generalmente, le tradizioni furono accettate dai più sempre acriticamente e talvolta anche senza un consapevole riferimento al contenuto storico dell'evento. Questo spiega la loro fragilità e, quindi, la loro dimenticanza. Anzi, alla crisi delle tradizioni, hanno concorso diversi fattori, quali le rapide trasformazioni di una società costantemente in evoluzione, l'individualismo, l'intellettualismo, gli influssi estranei di altre culture e civiltà  ( .... continua  in questo interessante articolo di  http://www.vastospa.it ) .. Va  bene  le  tradizioni   fanno parte  della  nostra   identità  , ma  essendo    come  già detto  prima    derivate  da  cultura  orale    è pressochè  impossibile      che  rimangano   fisse ed immutabili  in eterno  .  quindi    sempre  secondo   lo stesso  artiocolo  citato  prima  : <<  (....)  È un processo lento di recupero che deve partire da un risveglio spirituale, da una verifica introspettiva delle coscienze, da una ricerca di nuovi rapporti umani, basati sull'amore e sulla umiltà. 
A conclusione, noi confermiamo di voler credere fortemente nelle tradizioni, consapevoli che esse, allorché rispolverate ed adattate opportunamente alle attuali esigenze, continueranno a farci capire bene il passato, interpretare adeguatamente il presente, precostruire prudentemente il futuro. >>
Queto  presepe   in  cui  


"Il bambino nasce nel mare, dove con Giuseppe e Maria, profughi, non accolti da nessuno vive l’esperienza che molti migranti affrontano nel nostro Mar Mediterraneo. E il mare di plastica a fare da sfondalla Natività è un grido dall'allarme contro l'inquinamento". 

"Il presepe dei profughi", nel Barese bufera sulla Natività di denuncia

Ad Acquaviva delle Fonti, in provincia di Bari, il comitato Feste patronali ha realizzato un presepe di denuncia con il sostegno dell'amministrazione comunale. Non sono mancate le polemiche dei "tradizionalisti", sui social e sui quotidiano di destra la provocazione è stata definita come "ridicola". Replica il sindaco Davide Carlucci: "Vi sarebbe piaciuto vietare questa installazione, vi sarebbe piaciuto dar sfogo a pruriti fastidiosi. Ad Acquaviva c'è ancora la libertà, c'è ancora la democrazia. Fatevene una ragione"

25.9.18

nonostante la modernità la nostalgia del passato la fa ancora da padrone . il caso della foto dell'asino davanti alla banca foto scattata a foggia nel 2017 ed ancora virale

questa news mi  fa  ritornare  in mente ed  mi ha  fatto  scegliere  il titolo  del post  d'oggi   ,  è  dispersa   da qualche   parte  a casa ma  appena  la trovo  la metto  , una  fotro scattami  a  3  anni  a cavalo all'asino  a  Cuglieri  paese  di nonna materna  .
Parcheggia l’asinello e va in banca: la foto diventa virale
(credits photo: lavocedimaruggio.it)
 Il mix di tradizione contadina e finanza informatica, immortalato dalla fotografia scattata da un passante nel 2017, ha talmente affascinato il popolo del web che, dopo più di anno, gli utenti continuano imperterriti a ricondividere l’immagine. Voglia di riscoperta delle nostre antiche origini campagnole, celebrazione di una ritrovata mobilità ecologica o semplice sfottò virale sulla persistenza di stili di vita d’altri tempi nella modernità? Il successo della foto potrebbe diventare presto oggetto di una vera e propria indagine sociologica.
Lo scatto in questione è stato pubblicato su Facebook il 28 aprile del 2017


dalla pagina 'Inchiostro di Puglia', ma per qualche strano motivo e per le 'folli' dinamiche dei social, soltanto negli ultimi giorni è stato ripostato da migliaia di utenti, attirando l'attenzione di moltissimi quotidiani online.
“La Puglia è uno stato d'animo”, scrivevano nel commento gli admin della pagina Facebook. Guardando questa foto è difficile dargli torto.

Infatti secondo https://www.105.net/news/tutto-news/ pare proprio che la foto scattata a Cagnano Varano, in provincia di Foggia, sia piaciuta a tanti.Il protagonista dell’immagine è un asinello legato nei pressi della banca del paese.
Il proprietario deve aver pensato di ‘parcheggiare’ lì l'asinello per andare a ritirare i soldi allo sportello. Insomma, assistiamo a un mix perfetto fra ruralità e tradizione, in cui la finanza incontra, forse, un desiderio di tornare alle origini e recuperare l’amore per i ‘bei vecchi mestieri di una volta’.
Qualunque sia il significato dello scatto datato 2017, il popolo del web l’ha davvero apprezzato.

11.6.18

la doppia medaglia della cultura food il caso della pasta filindeu e di Paola Abraini . preservare \ manmtere viva la tradizione mna allo stesso farla diventare moda standardizzandola

Sardegna.Simbolo incontrastato di sole, mare, divertimento e vacanze estive. Ma la  Sardegna non è solo coste dorate e mari incantati, meta di turisti festanti e vip dal soldo facile.  Infatti  come  dico   d'anni    qui su  queste  pagine  ed  a  voce   ad  amici\che   social  \ telematici (   quelli  che  un  tempo .  scusatemi per  la nostalgia  ma  in questi giorni lo  sono particolarmente 😞😟 ,  non troppo  lontano ma  lontano tecnologicamernte    si  chiamavano amici  di carta&penna )     del continente  , ehm ,  della penisola  ,   che  essa  è anche  quella dei  paesi arroccati ,  a  rischio  spopolamento   o ripopolamento   stranieri    del nord  europa  , dove si respira ancora un’atmosfera antica, raccolta, familiare, e dove le abitudini secolari vengono conservate e tramandante con orgoglio e sapienza.
su filindeuCosì è Nuoro, ed  tutte le  zone  dell'interno (  ma non solo  )  e così sono i gesti di Paola Abraini che, come raccontato all’inviato della BBC, Eliot Stein.
Paola, come dicono in paese e come riporta questo articolo ( da  cui  ho preso  la  foto  chge  trovate a destra   ovvero il risultato finale dei  filindeu ) dal sito www.dissapore.com/ si è stancata, infastidita del clamore improvviso nato attorno a questa rocetta, trasformata da ristoro per pellegrini a nuovo caso di “Instagram food”, il cibo alla moda che i food blogger ostentano sul social network delle immagini.Ora che  tale  pasta ed  il cammino  religioso  ad essa legata  sia diventato un rito paganizzato e amato dai turisti non è per forza negativo, anzi, ha aiutato a preservare una tradizione religiosa dall’oblio, dall’abbandono.   << Un  >>   -- come dice   quest'altro articolo  di dissapore.com  --   << Con l’aiuto dell’Arca del Gusto di Slow Food, >> e  con la  rete   che  ne  ha  riprodotto le  fasi della lavorazione    



 << che ha inserito i su filindeu tra i 4000 piatti o ingredienti a rischio di estinzione, perché, come scrive il giornalista Simran Sethi, “ciò che non mangiamo sparisce”, e ormai tre quarti del cibo mondiale proviene da appena 12 piante e 5 specie animali.Un rischio elevato per i filindeu che potrebbero scomparire inghiottiti dall’indifferenza e dalla complessità della preparazione che richiede anni di pratica per essere padroneggiata.  >> Infatti  

dal  corriere  della  sera https://www.corriere.it/cronache/16_ottobre_26/
 [...  ] Nessun laboratorio, il filindeu è fatto soltanto in casa, sul tavolo di cucina. Paola Abraini, 62 anni, lavora e parla: «Avevo 16 anni ed ero fidanzata fresca di Antonio — il marito è lì che conferma con un cenno —, mia suocera Rosaria mi voleva bene: “Guarda come si fa”. Ho imparato subito e non ho mai smesso». Su (il) filindeu si preparava due volte l’anno per la festa grande di Nuoro, San Francesco di Lula. A ottobre, ma soprattutto a maggio per la novena e il pellegrinaggio, legato a riti e leggende. Prima fra tutte quella sul santuario, fatto costruire nell’Ottocento a 34 chilometri da Nuoro per «grazia ricevuta» da un bandito assolto in tribunale da un delitto. Da allora migliaia di persone percorrono a piedi la strada da Nuoro al santuario e la festa va avanti per nove giorni, fra preghiere, balli tradizionali e fiumi di vino rosso. Si comprano e vendono greggi e cavalli, si combinano matrimoni, si mostra l’abilità nel gioco della morra e atti processuali hanno rivelato che qualche rapimento è stato là organizzato e di qualche altro si è pagato il riscatto. E si raccontano storie come quella di una nuora, che appena dopo il matrimonio rifiutò di preparare il filindeu con la suocera. Al ritorno dalla festa di San Francesco cadde da cavallo e precipitò in un dirupo che da allora si chiama — così è anche oggi — «il precipizio della sposa». [... ]
 ed  è quello che   ho provato   a  farlo   anch'io    , anhc e se  parzialmente   , visto  la  marea ,  come potete  vedere  anche   dalle  foto ,  di  gente  presente  a  questa  sua  dimostrazione pubbblica      tenuta   il  9 maggio  alla  due giondi  Stazzi e Cussogghj   (  trovate  qui   il mio  reportage   fotografico   )  


L'immagine può contenere: 2 persone, persone sedute, tabella, spazio al chiuso e cibo


L'immagine può contenere: una o più persone

   con questo  è tutto alla prossima storia

10.10.17

Non sapevo che le mie foto facessero tali effetti



Lo  so chje   chi si loda  s'imbroda ma  questo che trovate  sotto insieme  ad  un articolo   è  uno  dei  complimenti più belli   che  abbia mai  ( almeno fin ora )  ricevuto 

Mario   bianchi    (  trovate  sopra il  suo facebook  e    il sito     consigliato  vivamente  qui  una   panoramica   )      un mio  fotopgrafo  e  " antropologo  "  vedendo queste mie  foto  (  le  altre le trovate     su questo mio album fotografico   di facebook  )      scattate alla festa  di Sant'Efisio a  Cagliari  l'anno scorso   ha scritto 

Per Giuseppe Scano: terribile il lavoro del fotografo! Il fotografo taglia, seleziona, spia, non può che essere un feticista, non può che essere un "guardone".  Roland Barthes aggiunge in "La camera chiara"  che, interpretando le sue parole, è un "boia" che uccide l'attimo ad ogni scatto. Ed in più, giustamente sostiene, che la foto debba pungere! Se non contiene il "punctum", che punge e fa male penetrando sotto la nostra scorza, non è una foto interessante. Trovo nello sguardo di Giuseppe tutto ciò.




Ma con una componente che spiazza a causa del forte contrasto tra quanto arma il dito che tira il grilletto e il succo che trasuda dai suoi bersagli: la dolcezza. Una dolcezza dal retrogusto aspro, come accade per  i frutti più saporiti . Come accade per le più penetranti poesie.

 dalle pagine culturali   della  nuova  sardegna  del   2\10\2017


“A.Banda 2017”, tutte le immagini di un’isola

Inaugurata a Villaverde la rassegna che coinvolge oltre cinquanta fotografi della Sardegna

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VILLAVERDE. è stata inaugurata nei giorni scorsi a Villaverde la rassegna "A.Banda 2017. Fotografia in Sardegna", un’iniziativa dell’associazione Su Palatu_Fotografia. Si tratta di una rassegna espositiva che propone una serie di mostre, con centinaia di fotografie realizzate da 54 autori sardi che, tra giugno e agosto, sono state esposte in singoli eventi in centri diversi della Sardegna.
Ora il materiale fotografico presentato al pubblico durante questo periodo viene raccolto in una sola rassegna. Le fotografie sono esposte negli spazi del Consorzio Due Giare Move The Box, lungo le strade e nei locali del paese. In mostra i lavori di Donatella Altea, Pietro Basoccu, Tony Bulciolu, Alessandro Cani, Vittorio Cannas, Natalina Casu, Gianluca Chiai, Davide Cioncia, Luigi Corda, Francesca Corriga, Margherita Cossu, Antonio Crisponi con Andrea Pinna, Francesco Cubeddu, Tiziano Demuro, Pierluigi Dessì, Stefano Ferrando, Antonio Leonardo Figoni, Ignazio Figus, Giuseppe Firinu, Carlo Giglio, Rosi Giua, Fausto Ligios, Claudia Locci, Giorgio Locci, Danilo Loriga, Andrea Macis, Alberto Masala, Manuela Meloni, Giaime Meloni, Riccardo Melosu, Rosanna Mulas PiIia, Gigi Murru, Marco Navone, Marianna Ogana, Piero Pais, Franco Pampiro, Gabriele Pileri, Francesco Pintore, Ernst H. Piras, Gino Puddu, Francesca Randi, Alessandro Rosas, Silvia Sanna, Marco Sanna, Mario Saragato, Giuseppe Scano, Giusi Scanu, Salvatore Solinas, Alessandro Spiga, Michele Tamponi, Luca Tavera, Laura Tuveri, Immacolata Ziccanu e Silvia Zoroddu


L'immagine può contenere: 11 persone, persone che sorridono
dal marito di una dell'ìassociazione   la sardegna  vista  da vicino 
  dal catologo disponibile    free  online dell'edizionen A-banda  2017 http://www.supalatu.it/abanda/



GIUSEPPE SCANO
S.T., dal progetto “Li Conchi”, 2016
[stampa digitale fine art, cm 40 x 60, mostra a cura dell’Associazione La Sardegna Vista da Vicino]
Nato a Tempio Pausania nel 1976. Ha iniziato a fotografare con la pellicola, pur avendo poche basi. Successivamente è passato al digitale e grazie ai vari seminari svoltisi a cura dell’Associazione culturale “La Sardegna Vista da Vicino”, di cui fa parte, ha acquisito le nozioni per una fotografia più consapevole.
concludo rtipondendo a chi mi dice  che  :  scatto in automatico o con le impostazioni della macchina fotografica , e che non usi post produzione .
Vero a  volte    , dipende  dalla fretta o  in   casao  :  se  devo fotografare  :  un corteo ,  una  sfilata  o  altri eventi    in cui  non fai in tempo  a programmare  la  macchina, oppure sei di fretta =  o   dale    condizioni  di luce naturale   o  dei concerti     dificili da regolare  manualmente ,  ecc  allora  uso  le  impostazioni automatiche   o il semplice  automatico . Ma  non  è da questo      che si  riconosce  un   fotografo  e una  fotografia  ,  conta  dk  più il sogetto   , il modo  cui  ha  colto  l'attimo , ecc  . 
Per  la post  produzione  dipende     cosa  vuoi fare  o che effetti vuoi dare  alle  tue  foto  . Io    di recente  ,  grazie   alle lezini dell'associazione   sto scattando  in raw   e  a  colori , poi trasformo in bianco e nero   o  con altri filtri  o provo ad  aggiustare  quella  foto  venuto  troppo scura o troppo chiara 

19.7.15

leggende Galluresi



LEGGENDE GALLURESI.
La potenza della felce maschio
Un bandito, il giovane più fiero della Gallura che nemmeno la giustizia aveva potuto catturare, si era posto in mente di avere i tre fiori della felce maschio, perché se si avevano questi tre fiori, non si poteva morirne, quando si era colpiti dal piombo. Per avere questi tre fiori, bisognava andare in un fiume lontano lontano donde non si poteva intendere canto di gallo e bisognava andare il primo giorno di agosto. Questi fiori sarebbero sbocciati a mezzanotte, ma non bisognava avere nessuna paura per qualunque cosa si fosse presentata. Dunque questo bandito, il primo giorno d’agosto, si pone in cammino per andare a questo fiume; quando era uscito, la nottata era proprio bella, ma a mezzanotte si scatena la tempesta: grandine, lampi, tuoni, baleni, lingue di fuoco da tutte le parti, sopra il capo, nei piedi, ed egli fermo, aspettando a sbocciare il fiore. Ecco che alla luce d’un lampo,
( Nella foto il bandito Luigi Fresi.)
vede sboccire il fiore, lo raccoglie e aspetta il secondo. Egli aspetta senza spaventarsi per vedere passare tori, vacche, cinghiali che cercavano di fargli del male. Ecco che arriva un serpente; questo comincia a stringergli la caviglia, la coscia, e a poco a poco arriva al collo e sembra che lo voglia strangolare; egli crede di essere proprio all’estremo, quando il serpente lo guarda fisso negli occhi e manda un fischio stridente, scompare e sboccia il secondo fiore. Il bandito è tutto contento e, credendo di poter liberare così subito subito l’uomo dal piombo, aspetta il terzo fiore. Passano pochi minuti, quando in mezzo a quel silenzio, s’intende grande frastuono di cavalli e di uomini armati; nel principio il bandito con la speranza è rimasto fermo al suo posto, ma quando vede accostarsi una frotta di carabinieri, teme, crede di essere stato scoperto e tira un colpo d’archibugio. Il terzo fiore certamente non è sbocciato, peggio per l’anima dell’uomo che non ha resistito, e il piombo, per conto suo, continua a fare il suo cammino.

Messico, il cantante toglie dalla scaletta un brano molto amato ( Si trattava di un controverso brano che elogia le azioni dei narcotrafficanti ): il pubblico reagisce distruggendo il palco

In Messico esiste un  sottogenere musicale chiamato «narcocorrido»  e che è famoso per i  testi indulgenti verso l'attività dei cartelli...