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9.12.18

non fai il presepe e t'attaccano fai il presepe e ti attaccano cazz boh . il caso de "Il presepe dei profughi", nel Barese bufera sulla Natività di denuncia


per  approfondire   e  ecco  alcuni siti   da me    visitati  per    questo  articolo  




la gente dimentica che le tradizioni sono soggette ad oralità e quindi si modificano con le generazioni . ecco perchè io sostengo e concordo con quiesto sindaco ed i creatori di questo preseppe. Infatti : << (...) Generalmente, le tradizioni furono accettate dai più sempre acriticamente e talvolta anche senza un consapevole riferimento al contenuto storico dell'evento. Questo spiega la loro fragilità e, quindi, la loro dimenticanza. Anzi, alla crisi delle tradizioni, hanno concorso diversi fattori, quali le rapide trasformazioni di una società costantemente in evoluzione, l'individualismo, l'intellettualismo, gli influssi estranei di altre culture e civiltà  ( .... continua  in questo interessante articolo di  http://www.vastospa.it ) .. Va  bene  le  tradizioni   fanno parte  della  nostra   identità  , ma  essendo    come  già detto  prima    derivate  da  cultura  orale    è pressochè  impossibile      che  rimangano   fisse ed immutabili  in eterno  .  quindi    sempre  secondo   lo stesso  artiocolo  citato  prima  : <<  (....)  È un processo lento di recupero che deve partire da un risveglio spirituale, da una verifica introspettiva delle coscienze, da una ricerca di nuovi rapporti umani, basati sull'amore e sulla umiltà. 
A conclusione, noi confermiamo di voler credere fortemente nelle tradizioni, consapevoli che esse, allorché rispolverate ed adattate opportunamente alle attuali esigenze, continueranno a farci capire bene il passato, interpretare adeguatamente il presente, precostruire prudentemente il futuro. >>
Queto  presepe   in  cui  


"Il bambino nasce nel mare, dove con Giuseppe e Maria, profughi, non accolti da nessuno vive l’esperienza che molti migranti affrontano nel nostro Mar Mediterraneo. E il mare di plastica a fare da sfondalla Natività è un grido dall'allarme contro l'inquinamento". 

"Il presepe dei profughi", nel Barese bufera sulla Natività di denuncia

Ad Acquaviva delle Fonti, in provincia di Bari, il comitato Feste patronali ha realizzato un presepe di denuncia con il sostegno dell'amministrazione comunale. Non sono mancate le polemiche dei "tradizionalisti", sui social e sui quotidiano di destra la provocazione è stata definita come "ridicola". Replica il sindaco Davide Carlucci: "Vi sarebbe piaciuto vietare questa installazione, vi sarebbe piaciuto dar sfogo a pruriti fastidiosi. Ad Acquaviva c'è ancora la libertà, c'è ancora la democrazia. Fatevene una ragione"

25.9.18

nonostante la modernità la nostalgia del passato la fa ancora da padrone . il caso della foto dell'asino davanti alla banca foto scattata a foggia nel 2017 ed ancora virale

questa news mi  fa  ritornare  in mente ed  mi ha  fatto  scegliere  il titolo  del post  d'oggi   ,  è  dispersa   da qualche   parte  a casa ma  appena  la trovo  la metto  , una  fotro scattami  a  3  anni  a cavalo all'asino  a  Cuglieri  paese  di nonna materna  .
Parcheggia l’asinello e va in banca: la foto diventa virale
(credits photo: lavocedimaruggio.it)
 Il mix di tradizione contadina e finanza informatica, immortalato dalla fotografia scattata da un passante nel 2017, ha talmente affascinato il popolo del web che, dopo più di anno, gli utenti continuano imperterriti a ricondividere l’immagine. Voglia di riscoperta delle nostre antiche origini campagnole, celebrazione di una ritrovata mobilità ecologica o semplice sfottò virale sulla persistenza di stili di vita d’altri tempi nella modernità? Il successo della foto potrebbe diventare presto oggetto di una vera e propria indagine sociologica.
Lo scatto in questione è stato pubblicato su Facebook il 28 aprile del 2017


dalla pagina 'Inchiostro di Puglia', ma per qualche strano motivo e per le 'folli' dinamiche dei social, soltanto negli ultimi giorni è stato ripostato da migliaia di utenti, attirando l'attenzione di moltissimi quotidiani online.
“La Puglia è uno stato d'animo”, scrivevano nel commento gli admin della pagina Facebook. Guardando questa foto è difficile dargli torto.

Infatti secondo https://www.105.net/news/tutto-news/ pare proprio che la foto scattata a Cagnano Varano, in provincia di Foggia, sia piaciuta a tanti.Il protagonista dell’immagine è un asinello legato nei pressi della banca del paese.
Il proprietario deve aver pensato di ‘parcheggiare’ lì l'asinello per andare a ritirare i soldi allo sportello. Insomma, assistiamo a un mix perfetto fra ruralità e tradizione, in cui la finanza incontra, forse, un desiderio di tornare alle origini e recuperare l’amore per i ‘bei vecchi mestieri di una volta’.
Qualunque sia il significato dello scatto datato 2017, il popolo del web l’ha davvero apprezzato.

11.6.18

la doppia medaglia della cultura food il caso della pasta filindeu e di Paola Abraini . preservare \ manmtere viva la tradizione mna allo stesso farla diventare moda standardizzandola

Sardegna.Simbolo incontrastato di sole, mare, divertimento e vacanze estive. Ma la  Sardegna non è solo coste dorate e mari incantati, meta di turisti festanti e vip dal soldo facile.  Infatti  come  dico   d'anni    qui su  queste  pagine  ed  a  voce   ad  amici\che   social  \ telematici (   quelli  che  un  tempo .  scusatemi per  la nostalgia  ma  in questi giorni lo  sono particolarmente 😞😟 ,  non troppo  lontano ma  lontano tecnologicamernte    si  chiamavano amici  di carta&penna )     del continente  , ehm ,  della penisola  ,   che  essa  è anche  quella dei  paesi arroccati ,  a  rischio  spopolamento   o ripopolamento   stranieri    del nord  europa  , dove si respira ancora un’atmosfera antica, raccolta, familiare, e dove le abitudini secolari vengono conservate e tramandante con orgoglio e sapienza.
su filindeuCosì è Nuoro, ed  tutte le  zone  dell'interno (  ma non solo  )  e così sono i gesti di Paola Abraini che, come raccontato all’inviato della BBC, Eliot Stein.
Paola, come dicono in paese e come riporta questo articolo ( da  cui  ho preso  la  foto  chge  trovate a destra   ovvero il risultato finale dei  filindeu ) dal sito www.dissapore.com/ si è stancata, infastidita del clamore improvviso nato attorno a questa rocetta, trasformata da ristoro per pellegrini a nuovo caso di “Instagram food”, il cibo alla moda che i food blogger ostentano sul social network delle immagini.Ora che  tale  pasta ed  il cammino  religioso  ad essa legata  sia diventato un rito paganizzato e amato dai turisti non è per forza negativo, anzi, ha aiutato a preservare una tradizione religiosa dall’oblio, dall’abbandono.   << Un  >>   -- come dice   quest'altro articolo  di dissapore.com  --   << Con l’aiuto dell’Arca del Gusto di Slow Food, >> e  con la  rete   che  ne  ha  riprodotto le  fasi della lavorazione    



 << che ha inserito i su filindeu tra i 4000 piatti o ingredienti a rischio di estinzione, perché, come scrive il giornalista Simran Sethi, “ciò che non mangiamo sparisce”, e ormai tre quarti del cibo mondiale proviene da appena 12 piante e 5 specie animali.Un rischio elevato per i filindeu che potrebbero scomparire inghiottiti dall’indifferenza e dalla complessità della preparazione che richiede anni di pratica per essere padroneggiata.  >> Infatti  

dal  corriere  della  sera https://www.corriere.it/cronache/16_ottobre_26/
 [...  ] Nessun laboratorio, il filindeu è fatto soltanto in casa, sul tavolo di cucina. Paola Abraini, 62 anni, lavora e parla: «Avevo 16 anni ed ero fidanzata fresca di Antonio — il marito è lì che conferma con un cenno —, mia suocera Rosaria mi voleva bene: “Guarda come si fa”. Ho imparato subito e non ho mai smesso». Su (il) filindeu si preparava due volte l’anno per la festa grande di Nuoro, San Francesco di Lula. A ottobre, ma soprattutto a maggio per la novena e il pellegrinaggio, legato a riti e leggende. Prima fra tutte quella sul santuario, fatto costruire nell’Ottocento a 34 chilometri da Nuoro per «grazia ricevuta» da un bandito assolto in tribunale da un delitto. Da allora migliaia di persone percorrono a piedi la strada da Nuoro al santuario e la festa va avanti per nove giorni, fra preghiere, balli tradizionali e fiumi di vino rosso. Si comprano e vendono greggi e cavalli, si combinano matrimoni, si mostra l’abilità nel gioco della morra e atti processuali hanno rivelato che qualche rapimento è stato là organizzato e di qualche altro si è pagato il riscatto. E si raccontano storie come quella di una nuora, che appena dopo il matrimonio rifiutò di preparare il filindeu con la suocera. Al ritorno dalla festa di San Francesco cadde da cavallo e precipitò in un dirupo che da allora si chiama — così è anche oggi — «il precipizio della sposa». [... ]
 ed  è quello che   ho provato   a  farlo   anch'io    , anhc e se  parzialmente   , visto  la  marea ,  come potete  vedere  anche   dalle  foto ,  di  gente  presente  a  questa  sua  dimostrazione pubbblica      tenuta   il  9 maggio  alla  due giondi  Stazzi e Cussogghj   (  trovate  qui   il mio  reportage   fotografico   )  


L'immagine può contenere: 2 persone, persone sedute, tabella, spazio al chiuso e cibo


L'immagine può contenere: una o più persone

   con questo  è tutto alla prossima storia

10.10.17

Non sapevo che le mie foto facessero tali effetti



Lo  so chje   chi si loda  s'imbroda ma  questo che trovate  sotto insieme  ad  un articolo   è  uno  dei  complimenti più belli   che  abbia mai  ( almeno fin ora )  ricevuto 

Mario   bianchi    (  trovate  sopra il  suo facebook  e    il sito     consigliato  vivamente  qui  una   panoramica   )      un mio  fotopgrafo  e  " antropologo  "  vedendo queste mie  foto  (  le  altre le trovate     su questo mio album fotografico   di facebook  )      scattate alla festa  di Sant'Efisio a  Cagliari  l'anno scorso   ha scritto 

Per Giuseppe Scano: terribile il lavoro del fotografo! Il fotografo taglia, seleziona, spia, non può che essere un feticista, non può che essere un "guardone".  Roland Barthes aggiunge in "La camera chiara"  che, interpretando le sue parole, è un "boia" che uccide l'attimo ad ogni scatto. Ed in più, giustamente sostiene, che la foto debba pungere! Se non contiene il "punctum", che punge e fa male penetrando sotto la nostra scorza, non è una foto interessante. Trovo nello sguardo di Giuseppe tutto ciò.




Ma con una componente che spiazza a causa del forte contrasto tra quanto arma il dito che tira il grilletto e il succo che trasuda dai suoi bersagli: la dolcezza. Una dolcezza dal retrogusto aspro, come accade per  i frutti più saporiti . Come accade per le più penetranti poesie.

 dalle pagine culturali   della  nuova  sardegna  del   2\10\2017


“A.Banda 2017”, tutte le immagini di un’isola

Inaugurata a Villaverde la rassegna che coinvolge oltre cinquanta fotografi della Sardegna

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VILLAVERDE. è stata inaugurata nei giorni scorsi a Villaverde la rassegna "A.Banda 2017. Fotografia in Sardegna", un’iniziativa dell’associazione Su Palatu_Fotografia. Si tratta di una rassegna espositiva che propone una serie di mostre, con centinaia di fotografie realizzate da 54 autori sardi che, tra giugno e agosto, sono state esposte in singoli eventi in centri diversi della Sardegna.
Ora il materiale fotografico presentato al pubblico durante questo periodo viene raccolto in una sola rassegna. Le fotografie sono esposte negli spazi del Consorzio Due Giare Move The Box, lungo le strade e nei locali del paese. In mostra i lavori di Donatella Altea, Pietro Basoccu, Tony Bulciolu, Alessandro Cani, Vittorio Cannas, Natalina Casu, Gianluca Chiai, Davide Cioncia, Luigi Corda, Francesca Corriga, Margherita Cossu, Antonio Crisponi con Andrea Pinna, Francesco Cubeddu, Tiziano Demuro, Pierluigi Dessì, Stefano Ferrando, Antonio Leonardo Figoni, Ignazio Figus, Giuseppe Firinu, Carlo Giglio, Rosi Giua, Fausto Ligios, Claudia Locci, Giorgio Locci, Danilo Loriga, Andrea Macis, Alberto Masala, Manuela Meloni, Giaime Meloni, Riccardo Melosu, Rosanna Mulas PiIia, Gigi Murru, Marco Navone, Marianna Ogana, Piero Pais, Franco Pampiro, Gabriele Pileri, Francesco Pintore, Ernst H. Piras, Gino Puddu, Francesca Randi, Alessandro Rosas, Silvia Sanna, Marco Sanna, Mario Saragato, Giuseppe Scano, Giusi Scanu, Salvatore Solinas, Alessandro Spiga, Michele Tamponi, Luca Tavera, Laura Tuveri, Immacolata Ziccanu e Silvia Zoroddu


L'immagine può contenere: 11 persone, persone che sorridono
dal marito di una dell'ìassociazione   la sardegna  vista  da vicino 
  dal catologo disponibile    free  online dell'edizionen A-banda  2017 http://www.supalatu.it/abanda/



GIUSEPPE SCANO
S.T., dal progetto “Li Conchi”, 2016
[stampa digitale fine art, cm 40 x 60, mostra a cura dell’Associazione La Sardegna Vista da Vicino]
Nato a Tempio Pausania nel 1976. Ha iniziato a fotografare con la pellicola, pur avendo poche basi. Successivamente è passato al digitale e grazie ai vari seminari svoltisi a cura dell’Associazione culturale “La Sardegna Vista da Vicino”, di cui fa parte, ha acquisito le nozioni per una fotografia più consapevole.
concludo rtipondendo a chi mi dice  che  :  scatto in automatico o con le impostazioni della macchina fotografica , e che non usi post produzione .
Vero a  volte    , dipende  dalla fretta o  in   casao  :  se  devo fotografare  :  un corteo ,  una  sfilata  o  altri eventi    in cui  non fai in tempo  a programmare  la  macchina, oppure sei di fretta =  o   dale    condizioni  di luce naturale   o  dei concerti     dificili da regolare  manualmente ,  ecc  allora  uso  le  impostazioni automatiche   o il semplice  automatico . Ma  non  è da questo      che si  riconosce  un   fotografo  e una  fotografia  ,  conta  dk  più il sogetto   , il modo  cui  ha  colto  l'attimo , ecc  . 
Per  la post  produzione  dipende     cosa  vuoi fare  o che effetti vuoi dare  alle  tue  foto  . Io    di recente  ,  grazie   alle lezini dell'associazione   sto scattando  in raw   e  a  colori , poi trasformo in bianco e nero   o  con altri filtri  o provo ad  aggiustare  quella  foto  venuto  troppo scura o troppo chiara 

19.7.15

leggende Galluresi



LEGGENDE GALLURESI.
La potenza della felce maschio
Un bandito, il giovane più fiero della Gallura che nemmeno la giustizia aveva potuto catturare, si era posto in mente di avere i tre fiori della felce maschio, perché se si avevano questi tre fiori, non si poteva morirne, quando si era colpiti dal piombo. Per avere questi tre fiori, bisognava andare in un fiume lontano lontano donde non si poteva intendere canto di gallo e bisognava andare il primo giorno di agosto. Questi fiori sarebbero sbocciati a mezzanotte, ma non bisognava avere nessuna paura per qualunque cosa si fosse presentata. Dunque questo bandito, il primo giorno d’agosto, si pone in cammino per andare a questo fiume; quando era uscito, la nottata era proprio bella, ma a mezzanotte si scatena la tempesta: grandine, lampi, tuoni, baleni, lingue di fuoco da tutte le parti, sopra il capo, nei piedi, ed egli fermo, aspettando a sbocciare il fiore. Ecco che alla luce d’un lampo,
( Nella foto il bandito Luigi Fresi.)
vede sboccire il fiore, lo raccoglie e aspetta il secondo. Egli aspetta senza spaventarsi per vedere passare tori, vacche, cinghiali che cercavano di fargli del male. Ecco che arriva un serpente; questo comincia a stringergli la caviglia, la coscia, e a poco a poco arriva al collo e sembra che lo voglia strangolare; egli crede di essere proprio all’estremo, quando il serpente lo guarda fisso negli occhi e manda un fischio stridente, scompare e sboccia il secondo fiore. Il bandito è tutto contento e, credendo di poter liberare così subito subito l’uomo dal piombo, aspetta il terzo fiore. Passano pochi minuti, quando in mezzo a quel silenzio, s’intende grande frastuono di cavalli e di uomini armati; nel principio il bandito con la speranza è rimasto fermo al suo posto, ma quando vede accostarsi una frotta di carabinieri, teme, crede di essere stato scoperto e tira un colpo d’archibugio. Il terzo fiore certamente non è sbocciato, peggio per l’anima dell’uomo che non ha resistito, e il piombo, per conto suo, continua a fare il suo cammino.

7.7.15

GLI ULTIMI PASTORI SACERDOTI DEL RITO DELLA TRANSUMANZA In viaggio con gli allevatori che da Laconi tornano in paese

ha  ragione il mio contatto  

 
Michele Santoro   della  rivista  Saperepopolare
5 h · 
LA TRANSUMANZA È MONTAGNA E PIANURA...OCCASIONE DI CONFRONTO E CONOSCENZA TRA LE DIVERSE COMUNITÀ
"La Transumanza ha dato la possibilità alle comunità della montagna di confrontarsi con quelle della pianura e viceversa"..."La transumanza muove anche le storie degli uomini e durante il tragitto che da Laconi porta verso le montagne del Gennargentu...le parole poggiano sull'orgoglio e la fierezza...di una famiglia depositaria di valori, usi e costumi trasmessi di generazione in generazione..."


Infatti confermo con i miei ricordi  d'infanzia se   pur  indiretti e mediati     tramite testimonianze  indirette   nonni paterni  (  galluresi )   e   soprattutto  materni  ( nuorese  \  campidano  )  tale  evento che  aveva   caratterizzato la  mia regione  e  che sta    scomparendo  . Riporto qui sotto   la storia  degli ultimi    che  ancora  la praticano .


  Da http://www.sardegnalive.net/it  che riporta   l'articolo  de  
L'Unione Sarda, del 06/07/2015 di Roberto Tangianu


“La transumanza rappresenta la storia e la cultura della nostra comunità e il suo significato va ben oltre il tragitto che si percorre per spostare i capi di bestiame da un ovile all’altro. Il viaggio dei pastori trasferisce da sempre un carico di vissuto e di esperienze, diventando patrimonio di tutti.La transumanza ha dato la possibilità alle comunità della montagna di confrontarsi con quelle della pianura e viceversa”. Nel racconto di Massimo Locci e nel suo essere desulese c’è una carica emotiva che accompagna la ricchezza degli aneddoti, mentre riavvolge il nastro della sua vita con proiezioni di futuro.
La transumanza muove anche le storie degli uomini e durante il tragitto che da Laconi porta verso le montagne del Gennargentu, nel caldo afoso di un luglio che apre le porte all’estate che brucia, le parole poggiano sull’orgoglio e la fierezza del suo percorso personale e di una famiglia depositaria di valori, usi e costumi trasmessi di generazione in generazione.Nel giorno della transumanza la sveglia suona quando ancora il buio della notte protegge il riposo dei sognatori. Le lancette dell’orologio indicano le ore due e i quattro fratelli Locci nella loro azienda di Laconi si affrettano nei preparativi per guadagnare tempo: è forte il desiderio di fare rientro a casa, tra gli affetti familiari.“Prima di affrontare il viaggio bisogna provvedere alla mungitura” spiega Massimo. “La distanza che separa Laconi da Desulo è di 45 chilometri, si parte alle quattro del mattino”.Il gregge di 500 pecore attraversa un lungo sentiero di campagna e solo alla fine imbocca la strada statale 128, poco prima del bivio che porta verso Aritzo, Belvì, Desulo e Tonara. Riaffiorano i ricordi anche tra i sentieri della memoria per dare forma al racconto.
“Avevo solo 10 anni quando ho fatto la mia prima transumanza - dice Massimo -. Mio babbo negli anni ‘80 aveva acquistato due terreni, uno a Laconi e l’altro ad Atzara. Durante il trasferimento del bestiame scoppiò un diluvio all’improvviso e arrivai in azienda bagnato fradicio. Dissi a mio padre che non volevo fare il pastore, da grande, ma il prete. Lui sorrise senza dirmi nulla. E’ stato l’amore per le nostre montagne a riportarmi a Desulo, dopo essermi diplomato a Iglesias negli anni Novanta”.Il pastore comunica anche con i silenzi e le pause indicano una misura, occupano i tempi quando l’azione richiede una particolare concentrazione.“La famiglia è un valore fondamentale per fortuna ancora vivo nelle nostre comunità - prosegue Massimo - . Tra me e i miei fratelli Giannetto, Salvatore e Antonello c’è un legame non solo affettivo ma anche di fiducia e collaborazione provato dal fatto che lavoriamo insieme da sempre”.La transumanza nella storia della Sardegna è un fenomeno complesso denso di significati e di contenuti e investe soprattutto le comunità pastorali interessate da spostamenti lunghi e duraturi verso i pascoli di pianura più abbondanti e fiorenti. In passato era tutto molto più complicato mentre oggi, anche grazie alle tante comodità e agli effetti del progresso, le cose sono cambiate e si può fare affidamento, ad esempio, sulle aziende stanziali. Un censimento del 1981 condotto dalle guardie campestri all’interno delle terre pubbliche rivela che a Desulo avevano fatto rientro 23 mila capi ovini e 4 mila capi caprini.
“Oggi nel nostro paese sono poche le greggi che fanno rientro - spiega Massimo -, si parla di circa 4 mila capi. Io e i miei fratelli continuiamo a fare la transumanza perché amiamo il nostro territorio e vogliamo che i giovani sappiano che significato riveste questa tradizione. Tutti devono essere a conoscenza che la nostra comunità esiste grazie al fatto che siamo figli di pastori transumanti e caminantes”.Il viaggio giunge al termine e i fratelli Locci, dopo aver percorso 45 chilometri e riposato per una breve sosta, arrivano a Desulo in tarda serata. E’ un sentimento consapevole quello che ripaga da tanta fatica, caldo di accoglienza e carico di valori che trovano un riparo.




2.5.15

IL MARE A MILANO

Tradizione rispettata. Nubi spesse, aria frizzante. Riecco la Milano degli stereotipi. Forse si mostra così perché i suoi soli abitanti possano capirla. E valla a capire. Ma è bella lo stesso, da oggi di più. E, all’improvviso, il miracolo. La Darsena in abbandono è diventata un porticciolo da fiaba, con tanto di moli, vele, gagliardetti, alberi fronzuti. Che par di sentirli, i marinai, coi loro crepitii di parole salmastre; o i puffini dell’Adriatico immersi in un arioso nulla.
Invece non ci sono marinai ma i Canottieri Olona; i germani reali al posto dei puffini; il Naviglio è una fresca mano verde inghiottita dalla pietra dei ponti, solcata dai battelli come un tempo dalle chiatte. Di qua montagne di case, di là l’imbarcadero lacustre. Ai lati deliziose e ancor spoglie salette galleggianti, serre d’acqua, robivecchi e cassettoni. E poi le corti, edere spenzolate come le lacrime che il cielo si ostina a trattenere, lupi di mare metropolitani. Milano celebra la sua voglia di leggerezza. Non si cura dell’aria grigia, vuol sentirsi paese. Urla di vogatori e odori di ossobuco, è tutta una contraddizione questa città, negazione continua, cambio di passo, non puoi starle dietro ma seguirne l’onda, lasciartene modellare. Non sei che grano d’arenaria, anonimo e irrinunciabile. E sei niente e solitudine e per questo devi uscire, voltar l’angolo, allora la città saprà regalarti un ruvido bacio, il labirinto mutevole delle sue vie, il mare e le lavandaie, i grattacieli e gli orti, la chiesa secentesca e la ferrovia. A patto che ti fidi e ti lasci guidare. Non è facile, pencolare sul vuoto. Ma, a Milano, non hai alternative.

                                      Daniela Tuscano

4.3.15

TORTOLÌ, MORRA CHE PASSIONE: SI GIOCA ANCHE ALL USCITA DI SCUOLA

Una passione antica, ma in costante crescita. A Tortolì si gioca alla morra all uscita da scuola. Tra i ragazzi ci sono anche i partecipanti ai tornei. Il servizio è di Daniela Usai

26.1.14

La scommessa di una piccola azienda pronta a lanciare il nuovo prodotto in ItaliaLa rivoluzione del pecorinoIl formaggio senza lattosio per chi ha intolleranze alimentari

OSILO Una pecora da adottare, la ricotta tutto l'anno e il primo pecorino di Osilo senza lattosio. La crisi si evita giocando d'anticipo sul mercato. Con idee e coraggio. L'allevamento ovino ha tradizione plurisecolare nella famiglia Pulinas, ma l'attività di produzione del pecorino di Osilo (o meglio prodotto a Osilo, visto che si attende ancora la denominazione IGP o DOP) si era interrotta tra il 1997 e il 2004 a causa del costo del latte. E l'azienda Truvunittu era finita fuori dal mercato dei formaggi.Ma ha saputo rientrarci prepotentemente. «Abbiamo ripreso nel 2005 con nuove e diverse forme di promozione e produzione», spiega Gavino Pulinas  ( foto sotto al centro preda  insieme all'articolo dall'unione sarda del 26.1.2014  ) , che conduce insieme ai figli Giuliano e Daniele l'azienda agricola, a metà strada tra Sassari e Osilo.



Con la consulenza della figlia Giulia, neo laureata in Veterinaria che sta seguendo la specializzazione in Igiene degli Alimenti. Quattro lavoratori per una piccola aziende a conduzione familiare con un fatturato annuo di 110mila euro. «La prima scelta è stata quella di avere un gregge meno numeroso, da 550 a 400 pecore, sempre di razza sarda selezionata, per poter sfruttare un pascolo naturale di quasi quaranta ettari. Poi siamo riusciti a spostare il parto delle pecore, in avanti e indietro nel tempo, in modo da avere latte e formaggio di qualità per tutto l'anno. Riusciamo a produrre la ricotta artigianale già a settembre».Sul piano della commercializzazione, niente intermediari, ma solo vendita diretta e promozione: metà della produzione in Sardegna, metà in Italia. Nel 2009 è stata proposta con successo l'iniziativa “adotta una pecora a distanza” che consente di ricevere in cambio formaggio e ricotta versando una quota annuale per coprire parte delle spese di mantenimento. «Abbiamo anche un punto vendita estivo a Portobello di Gallura che è servito ulteriormente per farci conoscere fuori dalla Sardegna». Risultato: dei 120 quintali di pecorino di Osilo (tre prodotti: fresco da gustare arrosto, semistagionato e stagionato) la metà soddisfano il mercato di Sassari, Alghero e Castelsardo, l'altra metà viene venduto in Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte. «Il prodotto artigianale, lavorato a latte crudo garantisce un sapore migliore e che non stanca mai. A Nord preferiscono in genere il pecorino fresco o semistagionato, perché sono abituati al formaggio dolce vaccino. Invece in Puglia hanno palati in grado di apprezzare anche il nostro pecorino stagionato».Ma il vero boom è per la ricotta: «Ne vendiamo circa 100 quintali ma siamo in difficoltà a soddisfare la domanda. A Sassari abbiamo il 90% di prenotazioni, addirittura per la ricotta “mustia” abbiamo prenotazioni sin da novembre». Una specialità riconosciuta e premiata: l'Azienda Truvunittu ha avuto la valutazione massima (tre spicchi) nella guida del Gambero Rosso, “Formaggi: i migliori d'Italia 2012”.Ma avere successo non basta, bisogna prevenire il mercato. Da qui l'idea di sperimentare un pecorino senza lattosio. Ma non con il già testato sistema del fungo che consente di avere un caglio vegetale anziché animale. «Vengono utilizzati degli enzimi che trasformano il lattosio in zucchero e quindi il formaggio è destinato anche a chi ha intolleranze alimentari. In Sardegna non è mai stato fatto per il pecorino di Osilo. Inoltre si punta anche sul “toscanello”, un pecorino con pasta tagliata più grossa, da consumare fresco e pure sulla ricotta senza lattosio. La sperimentazione viene seguita da un tecnico caseario, Bastianino Piredda, e dall'Università di Sassari per le analisi e i test».È un prodotto di nicchia, che necessita di una lavorazione leggermente più lunga e di particolare cura nella separazione del latte depurato dal lattosio da quello normale. Inizialmente la famiglia Pulinas pensa di destinare non oltre il 10% della produzione annuale e quindi intorno ai 10-12 quintali. «Ma bisogna prevenire il movimento del mercato, non seguirlo: le intolleranze sono in aumento. Se tutto va bene, contiamo di portarlo sui banconi in Primavera». Una sfida alla crisi tre le piccole imprese dell'Isola felice.
Giampiero Marras

Commento

Il ruolo vitale della piccola impresa di famiglia

Camaleonti al contrario in un mondo di grandi predatori. Le aziende a conduzione familiare di cui è ricca la Sardegna cambiano il colore della pelle per distinguersi, non per mimetizzarsi. Piccolo è bello. Ma anche meno difficile se la crisi si combatte con armi collaudate: materie prime a chilometri zero e qualità. Con un pizzico di fantasia. E il coraggio di saper scegliere in corsa nuove strategie di vendita, mercati di riferimento e prodotti. Senza mai rinunciare al valore aggiunto della tradizione. Per ritagliarsi uno spazio vitale nel settore agroalimentare.Tre dipendenti, un consulente, 120 quintali di formaggio, 110 mila euro di fatturato all'anno con 400 pecore, formaggi senza lattosio destinati a chi soffre di intolleranze alimentari. Non servono grandi capitali o capitani d'industria per superare un momento difficile. Nella Sardegna dell'autocommiserazione, Gavino Pulinas sembra un marziano, un imprenditore venuto da un altro pianeta. In realtà, non è l'unico rappresentante di quell'Isola felice capace di arginare la crisi con intelligenza e senza le stampelle economiche della Regione. Lui, come tanti altri piccoli imprenditori sardi, rischia di suo, ci mette soldi e faccia.Tre posti di lavoro, pochi, tanti? Dipende dal punto di osservazione. Se il mercato del lavoro non offre niente di meglio, forse sarebbe il caso di fare un pensierino al settore agroalimentare. Per non finire in pasto ai call center, i nuovi predatori di giovani disoccupati in una regione disperata. ( st. sa. )



Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...