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19.10.22

liberiamo o almeno non rendiamoli dipendenti dalla tecnologia i bambini


Mentre   penso    come rispondere   alle   email   , ormai molti   commentano  cosi   i miei post  su   qui  e  sull'appendice  facebookiana ( pagina  e account  )  o  altri social  su cui  metto i  post  del blog   , del mio  precedente post  : <<  OLTRE AI PEDOFILI CHE ADESCANO I BAMBINI SUI SOCIAL E SUL CELLULARE WATSAPP E TELEGRAM SI DOVREBBE PUNIRE I GENITORI CHE LASCIANO NEL  WEB BAMBINI Di 6-9 ANNI >> 




 mi vengono  in mente    alcuni versi  di una famosa    canzone , usata  come  colonna  sonora  ( vedere fine  post  )  del compianto   Giorgio  Gaber.
« Non insegnate ai bambini la vostra morale è così stanca e malata potrebbe far male
/ [...] Non indicate per loro una via conosciuta ma se proprio volete insegnate soltanto la magia della vita / [… ] / Non insegnate ai bambini ma coltivate voi stessi il cuore e la mente, stategli sempre vicini, date fiducia all’amore il resto è niente »
Adesso  ho trovato  le parole per  dare una  risposta  a  chi mi  ha riempito  di   💩 ( la maggior  parte  delle @   )  o hanno  provato anche  se con un  tono quasi accusatorio  a tentare un dialogo\  confronto  su taliargomenti     .                            Rispondo o almeno ci provo  punto per punto .
 1) non  hai  figli   e quindi   non sai cosa  sia    fare  il genitore   , parli    senza  sapere  di cosa  staio  parlando . 
Certo  è  vero non ho    figli  o  nipoti (  se  si esclude  la  figlia  di  mio  cugino   in primo o figli di cugini in secondo   e  in terzo )   e quando non  so  fare  il genitore  . Ma   conosco   amici\che   che  hanno  figli   ed  alcuni  anche   nipoti  e quindi anche  se  non  direttamente    conosco   tali problematiche   cioè  le  difficoltà  dei genitori davanti all''uso  dele tecnologie   e del  web    da parti dei loro  figli pre  adolescienti ( soprattutto )  ed  adolescienti  .  
2)  
Guarda che i genitori  sono intervenuti dopo che il figlio  ha ricevuto tentativi d'approccio e richieste esplicite su WhatsApp . Sei troppo retrogrado e conservatore

Vero . Però l'intervento  è arrivato tardi quasi al limite .  Infatti esso , lo so che è difficile prevenire perché i bambini soprattutto di quell'età sono imprevedibili e troppo avanti tecnologicamente , doveva essere fatto  a monte cioè prima  non lasciando solo il pargolo  e non aspettare che si arrivasse a chiederli foto esplicite .  Ecco perché  ritenevo i genitori responsabili e  applicabili di sanzioni .  Non si può ,  per poi piangere in greco  o  cascare da pero ( mio figlio /a non è così e colpa dell'altro , e giustificazione assolutorie varie ) , dare in mano il cellulare o tablet con accesso add internet ed ad app come WhatsApp o telegram  ad un bambino di quell'età cioè al di sotto dei 13/14 anni   con uno spirito critico non ancora formato e strutturato .

3 )dici  di essere liberale  \ libertario  ma  poi sotto sostto  hai  posizioni proibizioniste   e sei più  reale  del re .Ma dove vivi ormai i cellulari e tablet gli hanno tutti i loro coetaneivi giocano  e proibirne l'uso è impossibile. e tutti i loro amichetti ( ed in  molti casi cugini ) Non sto proibendo  , l'uso  del cellulare , perchè  è  impossibile    in quanto ( lo facevo pure  io quando i miei  proibivano o sequestravano qualcosa  ) andavo a cercarla altrove o mettevo  a soqquadro la  casa ) i  figli  andranno  a trovarlo  altrove   o faranno fuoco e  fiamme   come per  esempio    ( l'ho perso ,  era  una  storia  di  facebook  e  non lo trovo  più  ) un video    della rete    che riporta  un appartamento  distrutto dal  figlio  12  enne  perchè la madre  gli aveva sequestratoil cellulare   , oppure   i  cllulari  regatogli  da  vecchi bavosi  o ppedofili  in  cambio di tempo passato  con loro  o  foto  di loro nude  .    ma sto  criticandone  : A ) L'abuso ., B)  l'uso  improprio   ., C )  il lasciare  i minori  nella  patratewria del web  e poi  protestare  se  li succede  qualcosa  o  pinagere   lacrime amare   \  di coccodrillo  e  condannarsi ad  una  vita  di  sensi  di colpi  se   si  uccidono  .,  cascare   dal pero  fanno qualcosa   di grave  o peggio 

notizia  riportata  da  https://www.orizzontescuola.it/ del 18\10\2022 

L'uso , soprattutto se non disattivato in internet o le App di messaggistica ( whatsapp, Telegram Snappchat ) i social ( Istangram , Tiktok , Facebook ) ed i giochi online specie quelli   che richiedono il numero di telefono vanno soprattutto quando si tratta di pre adolescenti ( vedere articolo citato) regolamentati ed in genitori dovrebbero usarli insieme ai figli , non lasciarli soli almeno : << finché non si sta in piedi.( cit dal film Radiofreccia )    cioè     fino   all'adolescenza   . Insomma Non farglierlo usare come babysitter come si faceva con la tv .
 4) i bambini vanno lasciati liberi d'esplorare il mondo sia reale che virtuale  e  fare le  loro esperienze 
Certo  ma  cio'  deve avvenire   gradualmente    non precocemente  e  soprattutto devono   imparare ad  responsabilizzarti  ed  ad  imparare sbagliando .Infatti  riporto  integralmente   quando dice in <<  Non insegnate ai bambini: la saggezza di Giorgio Gaber sui figli >> del portale Universomamma

 Giorgio Gaber è stato uno dei nostri maggiori cantautori, poeta ispirato, ci ha lasciato numerosi pezzi pieni di ironia e saggezza.
In Non insegnate ai bambini… [  canzone  da me  citata  nella  colonna  sonora  del  post  corsivo  mio    ] punta l’attenzione su come crescere i bambini, dispensando qualche consiglio che ogni genitore dovrebbe almeno ascoltare e considerare.
Un bambino risponde “grazie” perché ha sentito che è il tuo modo di replicare a una gentilezza, non perché gli insegni a dirlo.
Un bambino si muove sicuro nello spazio quando è consapevole che tu non lo trattieni, ma che sei lì nel caso lui abbia bisogno di te.
Un bambino quando si fa male piange molto di più se percepisce la tua paura.
Un bambino è un essere pensante, pieno di dignità, di orgoglio, di desiderio di autonomia, non sostituirti a lui, ricorda che la sua implicita richiesta è “aiutami a fare da solo.
Quando un bambino cade correndo e tu gli avevi appena detto di muoversi piano su quel terreno scivoloso, ha comunque bisogno di essere abbracciato e rassicurato; punirlo è un gesto crudele, purtroppo sono molte le madri che infieriscono in quei momenti.”
Come spesso ripetuto è l’esempio, soprattutto, quello a cui guardano i bambini, essere pensanti di cui i genitori dovrebbero favorire sempre l’autonomia.
“Un bambino non apre un libro perché riceve un’imposizione (quello è il modo più efficace per fargli detestare la lettura), ma perché è spinto dalla curiosità di capire cosa ci sia di tanto meraviglioso nell’oggetto che voi tenete sempre in mano con quell’aria soddisfatta.
Un bambino crede nelle fate se ci credi anche tu.
Un bambino ha fiducia nell’amore quando cresce in un esempio di amore, anche se la coppia con cui vive non è quella dei suoi genitori. L’ipocrisia dello stare insieme per i figli alleva esseri umani terrorizzati dai sentimenti.
“Non sono nervosa, sei tu che mi rendi così” è una frase da non dire mai.
Un bambino sempre attivo è nella maggior parte dei casi un bambino pieno di energia che deve trovare uno sfogo, non è un paziente da curare con dei farmaci; provate a portarlo il più possibile nella natura.
Un bambino troppo pulito non è un bambino felice. La terra, il fango, la sabbia, le pozzanghere, gli animali, la neve, sono tutti elementi con cui lui vuole e deve entrare in contatto“.
I bambini vanno seguiti, ma non asfissiati, vanno quindi lasciati liberi di sperimentare il mondo.
Un bambino pone sempre tante domande, ricorda che le tue parole sono importanti; meglio un “questo non lo so” se davvero non sai rispondere; quando ti arrampichi sugli specchi lui lo capisce e ti trova anche un po’ ridicola.
Inutile indossare un sorriso sul volto per celare la malinconia, il bambino percepisce il dolore, lo legge, attraverso la sua lente sensibile, nella luce velata dei tuoi occhi. Quando gli arrivano segnali contrastanti, resta confuso, spaventato, spiegagli perché sei triste, lui è dalla tua parte.
Un bambino merita sempre la verità, anche quando è difficile, vale la pena trovare il modo giusto per raccontare con delicatezza quello che accade utilizzando un linguaggio che lui possa comprendere.
Quando la vita è complicata, il bambino lo percepisce, e ha un gran bisogno di sentirsi dire che non è colpa sua.
Il bambino adora la confidenza, ma vuole una madre non un’amica. 
Un bambino è il più potente miracolo che possiamo ricevere in dono, onoriamolo con cura.


5) D'accordo ma come faresti  a convincerli . che si  può resistere   a internet  ed   eventualmente  ai social 
Ecco  uno dei tanti  modi  
 


Non c'è bisogno di un cellulare per potersi divertire...
Molte volte si trascurano legami, si trascurano momenti, attimi di felicità, per poter rimanere chinati, da soli davanti agli schermi, guardando e divertendosi con la vita di altre persone.
A volte dovremmo saper staccare e crearci la nostra di vita, i nostri di momenti da ricordare e fissare nella mente... Cerchiamo di non farci sopraffarre dalla vita nei social... tutto ciò che può darci allegria, lo possiamo trovare anche fuori dagli schermi... sfidarsi, ridere, giocare, abbracciarsi... ritroviamo l'umanità del contatto !

Oppure  insegnarli   il valore    dell'unicità  e dell'essere  diverso  ed  non omologato ( o  con le mutande  a  cappello  perchè  ce  l'hanno  tutti  o  perchè le  portano    tutti  come  diceva  mia nonna     quando  qualcuno si vestiva  alla moda  ) o  come quell'episodio (  non ricordo   nè la stagioe nè  il numero in cui  bart si  mette  l'orecchino  per  fare  il figo  e  poi entra  in paranoia   quando il giorno  dopo tutta  la  scuola    ,  compreso un  ragazzo autistico  ,   si sonono fatti anche loro l'orecchino . 

 

 concludo    con  questa  poesia   riportata  dala pagina facebook ( da  cui  hoi tratto  la  foto   riportata nel post  odierno   ) 


SIAMO FIGLI DI UN MONDO DISTRATTO
Siamo figli di un mondo distratto
che ha dimenticato come far ridere i bambini, e invece di una favola regaliamo un dvd, invece dei colori compriamo loro un pc.
Siamo figli di un mondo distratto
che ha dimenticato come giocare con la palla, far correre un aquilone in riva al mare e correre a piedi scalzi nei prati.
Siamo figli degli smartphone, dei tablet e dei pc.
Vogliamo conoscere chi c’è dall’altra parte del mondo senza vivere chi è accanto a noi.
Siamo figli di un mondo distratto,
fatto di sms e di buongiorno dimenticati,
di un caffè postato sui social
e un caffè oramai freddo ancora da bere.
Siamo figli di un mondo distratto
che ha dimenticato come far sorridere un bambino...
~ Silvana Stremiz ~


con questo è tutto vi lascio alla colonna sonora 




30.12.13

Sanluri: Alessandro Coni esporta l’esperienza in tutta Italia In un libro il percorso di un gruppo di dodici giovani pazienti «Meno farmaci e più trekking, questa è la mia cura»

di Paolo Pillonca 

USSASSAI «Veniamo dal Nord-est, il tour ci ha portato da Bologna a Parma, Bergamo, Trento, Padova, Oderzo, Treviso e la Slovenia. Abbiamo presentato il libro 'Non ci scusiamo per il disturbo', esperienza importante da narrare, può essere di aiuto a chi sta male». Alessandro Coni è tornato con i dodici pazienti del dipartimento di salute mentale (dipendenze) dell'Asl 6 di Sanluri. «Chi soffre di un disturbo psichiatrico vive una dimensione diversa, la comunità crea un confronto. Questo nostro cammino è diventato un movimento: il nostro libro ha già venduto duemila copie».I ragazzi hanno dimostrato che anche le persone più fragili possono dare risposte interessanti. «Sono coscienti della loro condizione e fiduciosi in una possibilità di vita con un suo senso preciso», spiega lo psichiatra che guida una terapia alternativa di ordine naturale: la montagna al posto dei farmaci. 

«Del resto la normalità non è il non soffrire, al contrario. La condizione che accomuna le patologie gravi è un profondo isolamento. Riuscire ad avere relazioni serie con le persone significa uscire da quella condizione patologica per aprirsi a un pubblico vasto come quello dei media». La conseguenza logica, secondo il dottor Coni, è elementare: «Se l'isolamento è una malattia, un'apertura come questa rappresenta l'esatto contrario. I ragazzi diventano protagonisti
Alessandro Coni 
si riprendono i loro diritti, gli spazi che avevano perduto, ottenendo nella comunità un'importanza che prima non avevano. Nella loro povertà sono persone felici. La storia è bella perché è riuscita: c'è stato un gruppo di persone che ha creduto in questo successo. Il sogno si è realizzato, chi aveva perso la speranza l'ha riacquistata. Con un percorso di questo tipo ci sono possibilità di cambiamento per tutti». Che significa? «In ruoli diversi, si cambia: medici, pazienti, assistenti, volontari. Anche tra i ragazzi – spiega Coni – nessuno è più quello che era all'inizio. Chi ha scritto il libro fa parte di un gruppo che ha deciso di intraprendere un cammino di comunità terapeutica solidale: dandosi una mano si può stare molto meglio. Tutte queste persone hanno storie diverse, la maggioranza vive nella casa d'origine, qualcuno in case-famiglia. Ognuno fa parte di progetti paralleli ma diversi, fra i quali il trekking». Nell'Asl di Sanluri ci sono progetti diversi. Uno di questi è la scuola di follia. Ancora il dottor Coni: «I ragazzi andranno nelle scuole a raccontare la loro storia. Un progetto più ampio coinvolgerà per quattro-cinque giorni centinaia di persone che verranno da fuori l'estate prossima a confrontarsi sul campo con noi sull'efficacia del trekking. Sulla via del progetto dell'anno scorso, la montagna come terapia: per tre giorni da diverse città italiane abbiamo fatto un convegno. Perché la montagna può curare? La rivista del Cai (Club Alpino Italiano) ci ha dedicato due pagine. La montagna non è solo per gli eroi degli ottomila metri ma anche delle persone fragili che ne traggono beneficio».In molte città italiane diversi colleghi di Coni portano avanti questa terapia. «Ma bisogna creare una squadra – avverte lo psichiatra – la squadra rappresenta la nostra forza. Alla fine dell'esperienza ci si dispone a cerchio e ci si confronta al termine della giornata. Quest'anno, per quattro giorni 150-200 pazienti saranno qui a fare la nostra esperienza». «Siamo stati in Nepal e in Corsica, abbiamo prodotto un documentario e un libro», racconta Coni. "C'è molta simpatia intorno a noi, non per niente ci hanno accolto in Italia, non per niente verranno da noi. La cosa bella è che questo punto di riferimento si trova in Sardegna, e per di più in pianura. Ma noi ci sentiamo comunque montanari. Non è facile da spiegare ma la sostanza è questa: la terapia non la fa il medico ma l'anima della montagna, il medico partecipa soltanto». Come spiegare l’innovazione? Che vuol dire trekking come 'farmaco' fondamentale? «Premessa: il trekking non esclude gli psicofarmaci, ma li riduce considerevolmente», risponde Alessandro Coni  sempre  sulla  nuova  sardegna  del  30\12\23013  . «Se la malattia è solitudine il recupero consiste nel mettere i ragazzi in relazione con gli altri. Qui il rapporto è con i medici e gli infermieri ma soprattutto con la natura e con la montagna». Come procede il dosaggio dei farmaci nella contingenza del quotidiano? «I ragazzi che partecipano a lungo al trekking sono persone che prendono una quantità molto bassa di farmaci – dice il medico – i prodotti chimici in misura massiccia cancellano i sintomi ma anche la persone, però possono essere utilizzati per ridurre l'ansia, in questo modo aprono una porta per fare altro». Il dottor Coni allarga il discorso. «Chi finanzia le Università è portatore di interessi molto forti che si fondano sul dio denaro, come dice Papa Francesco. Il trekking come terapia alternativa, al contrario, è portatore dell'interesse nettamente più vero e fondamentale: la salute dei pazienti, non delle case farmaceutiche». I dodici ragazzi -Ketty Aru, Enrico Buesca, Giancarlo Fonnesu, Giovanni Maresu, Massimiliano Mocci, Corrado Pinna, Efisio Porta, Giacomo Porta, Simone Porta, Alessio Ortu, Massimiliano Saiu e Marco Francesco Simbula- nell'epigrafe del libro hanno scritto fra l'altro: «I sogni sono la forza della vita umana. Spesso i nostri sogni sono più grandi di noi e allora ci appaiono come irraggiungibili. Spesso arriviamo ad abbandonare i nostri sogni, perdendo così la voglia di vivere. Possiamo però, nella nostra solitudine, accorgerci della solitudine degli altri, avvicinarci e sentirci meno soli. I nostri sogni allora non sembreranno così irraggiungibili, così grandi: possiamo essere grandi davanti ai nostri sogni. I sogni diventano allora obiettivi: obiettivi in cui credere, obiettivi da raggiungere. Possiamo vivere non per dei semplici sogni ma per obiettivi concreti da raggiungere, possiamo credere nei nostri obiettivi, possiamo vivere». Si va avanti. Spiega ulteriormente Alessandro Coni: «Il nostro è un progetto sempre in fieri, il gruppo dei pazienti che ha iniziato sette anni fa ormai ha finito il percorso, tutti si sono reinseriti e d'ora in avanti parteciperanno ai nostri incontri come accompagnatori». Questa è una forma di terapia progettata per pazienti con patologie gravi. «Una terapia eroica, con il coraggio giusto per combattere i fantasmi», incalza Alessandro Coni. «A un certo punto i pazienti arrivano a una condizione nella quale possono affrontare la vita, iniziando dalla loro riacquisita umanità. Non sarebbero arrivati a questo punto se non avessero fatto ciò che hanno fatto. Dal mondo della follia è arrivato un contributo di crescita. Tutti siamo nella stessa barca, o affondiamo o ci salviamo tutti. Quando la follia è stata esclusa sono successe cose terribili: i folli sono stati massacrati o messi nei manicomi. L'omicidio può essere anche quello sociale. O farmacologico, qualche volta». Tace, a questo punto, il dottor Coni. È emozionato, comprensibilmente: ora sa che per i suoi ragazzi è scoccata l'ora giusta per smettere di piangere soli nel buio.

21.5.13

o ama troppo e male o non capisce cosa sia il femminicidio picchiata dal compagno dice: “Voglio tornare con lui”

N.b 
per  chi leggerà  il mio commento \  premessa NON SONO misogino od  odio le donne , ma    solo certi loro  comportamenti  strani e contraddittori

 chi le  capisce  le donne  prima fanno tanto le "preziose" ( posizione più o meno comprensibile  )    anche se   a  volte    quando  gli chiedi :   il numero di cellulare  ( prima  che esistessero \  prendessero il sopravvento  le  chat  e le video chiamate  )  o  una  videochiamata per  parlarci dal vivo   ,  o  se  sono  tue compaesane  o dei dintorni   gli chiedi  ( sui  facebook  o  al cellulare  o  a  voce  )   senza nessun  scopo recondito  di uscirci  a prendere  qualcosa o  vedere un film o  un altro spettacolo  .Ovviamente  senza  generalizzare perché  non tutte   per  fortuna smileysmiley non  sempre    sono   cosi in quanto  le donne  




 Ma   spesso  succedono fatti come quelli  narrati sotto  


Infatti     leggo su  ilfattoquotidiano questo  interessante  articolo  
La sera del 19 maggio qualcuno ha cercato di introdursi nella sede del centro anti-violenza ‘Artemisia’ di Firenze e non riuscendovi  ha dato alle fiamme una porta finestra.  Il pericolo di incendio è stato scongiurato dall’intervento di una operatrice che stava cominciando il turno direperibilità.Da tempo le operatrici  di ‘Artemisia’ ricevono ingiurie, minacce di violenza e di morte. Il centro anti-violenza fiorentino era  stato preso di mira anche  sul web ricevendo invettive violente e intimidazioni da gruppi misogini. Artemisia non è però l’unico caso. Altri centri hanno ricevuto minacce e subito atti vandalici.In passato il centro anti-violenza ‘Linea rosa’ di Ravenna e la Casa delle donne per non subire violenza di Bologna subirono effrazioni nella loro sede e atti vandalici. Due anni fa una volontaria di ‘Demetra’ venne minacciata di essere uccisa e buttata in un sacco dell’immondizia: “So chi sei e dove abiti”, le disse l’ex compagno di una donna che aveva denunciato le violenze subite. Ma l’episodio più grave risale all’ottobre del 2007, quando, nel tribunale di Reggio Emilia, Giovanna Fava, allora presidente e avvocata del centro anti-violenza ‘Nondasolaviene ferita mentre patrocinava in tribunale la causa di una donna vittima di violenza.  L’ex marito, accusato di maltrattamenti nei confronti della moglie, durante l’udienza le spara e poi uccide la moglie stessa e il cognato. E ancora, le minacce alla legale del centro anti-violenza  ’Le melusine‘ di L’Aquila dopo  un processo per stupro.Quanto è accaduto ad Artemisia e agli altri centri deve tenere alta l’attenzione delle istituzioni perché le operatrici dei centri, oltre a operare in difficoltà per gli scarsi aiuti ricevuti da parte di tutti i governi che si sono succeduti, sono esposte a rischi continui.Le risposte della politica continuano a sembrare inappropriate o demagogiche. Preoccupa sentir parlare di task force e braccialetti anti-stalking da parte dei ministri della Repubblica e delude la scelta della titolare delle Pari opportunità Iosefa Idem di  incontrare, il 22 maggio, decine di associazioni impegnate nel contrasto alla violenza di genere e alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. Una riunione fiume che durerà dalle 9 alle 17  in cui ogni associazione avrà cinque minuti di tempo per presentare richieste ed esporre criticità. Cinque minuti! Le risposte politiche continueranno a essere inadeguate se i problemi non saranno affrontati nel rispetto delle differenti specificità e con interventi mirati. E quali specificità è possibile ascoltare e comprendere in cinque minuti? Inoltre il rinnovo del Piano nazionale  anti-violenza è ancora in alto mare. La politica è latitante anche per contrastare il degrado culturale che stiamo vivendo in Italia, con rigurgiti di razzismofondamentalismo cattolico, sessismo e misoginia.Il problema della violenza contro le donne viene trattato ancora da  troppi intellettuali (che avrebbero la responsabilità di sensibilizzare e far riflettere l’opinione pubblica), come qualcosa che riguarda patologie o emarginazione sociale. Quante volte abbiamo letto che il problema dellacultura del femminicidio in Italia è enfatizzato? C’è ancora chi nega l’impatto culturale dilinguaggio e immagini violente e umilianti nei confronti delle donne, purtroppo molto utilizzate dai mass media e dalla pubblicità. E c’è ancora chi normalizza il femminicidio, tacciando chi ne parla di “bigottismo” e “moralismo”: due paroline magiche per rimuovere il problema.

Poi  invece  c'è  chi , sempre  dallo  stesso  giornale  ,  come Rosaria  Aprea   o   come dico  nel titolo  ama troppo  il suo  uomo  o  è succube  di lui  
Era il 1987 e negli Stati Uniti la psicoterapeuta Robin Norwood pubblicava il libro che da quell’anno in poi sarebbe stato uno dei best seller più diffusi al mondo, secondo il New York Times: “Donne che amano troppo” (Feltrinelli editore).
Rosaria Aprea in una foto dal profilo Facebook
Tradotto in quasi tutte le lingue, seguito da rimaneggiamenti e aggiornamenti nel corso del tempo, questo libro resta una pietra miliare per affrontare, decodificare e cercare di risolvere quel groviglio spaventoso e abissale di sentimenti che in molte donne prende il nome di “amore” verso un uomo violento, e che è in realtà una forma profonda di dipendenza“Donne che amano troppo” è un testo che dovrebbe essere in ogni scuola, e che specialmente in famiglia non dovrebbe mancare dagli scaffali delle librerie domestiche. Ma, per restare con i piedi per terra, si deve sapere che nel nostro Paese si legge poco, e che nonostante gli sforzi ammirevoli di chi fa politica culturale si è ben lontani dal mettere la lettura, e questo tipo di lettura, ai posti apicali dellepriorità educative.Mentre in Italia, infatti, si discute di femminicidio, fronteggiando come primo ostacolo proprio il negazionismo di molti (e molte) che si ostinano a questionare sulla legittimità del neologismo,l’intervista de Il Corriere del Mezzogiorno alla 20enne di Caserta massacrata di botte il 15 maggio dal fidanzato è materiale drammaticamente attuale e importante per ragionare sulla connivenza, lacomplicità e il sostegno femminile alla cultura patriarcale sulla violenza. La giovane, alla quale è stata asportata la milza perché spappolata dalle percosse subite dal compagno Antonio Caliendo, già in passato denunciato per le botte inflitte alla stessa ragazza, è stata intervistata dal quotidiano e, ancora ricoverata in Chirurgia d’urgenza all’ospedale civile di Caserta, ha detto: “Io non voglio che Antonio resti ancora chiuso lì dentro (in prigione, ndr). Lo so che non si è reso conto di quello che mi ha fatto e voglio tornare con lui“.Nell’intervista Rosaria Aprea recita un rosario di scuse già visto molte volte: nega le botte in un surreale cortocircuito dell’evidenza, visto che Caliendo è accusato di tentato omicidio, date le conseguenze dei calci sul suo corpo; si dice preoccupata del fatto che il fidanzato sia rinchiuso in cella, ritira la denuncia contro l’uomo, che per fortuna, vista l’entità delle percosse e il comportamento recidivante, resta in carcere perché comunque il reato è procedibile d’ufficio.“Quando essere innamorate significa soffrire, stiamo amando troppo. Amare troppo è calpestare, annullare se stesse per dedicarsi completamente a cambiare un uomo ‘sbagliato’ per noi che ci ossessiona, naturalmente senza riuscirci – scrive Robin Norwood – Amare in modo sano è imparare ad accettare e amare prima di tutto se stesse, per potere poi costruire un rapporto gratificante e sereno con un uomo ‘giusto’ per noi. Quando giustifichiamo i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza o li consideriamo conseguenze di una infanzia infelice e cerchiamo di diventare la sua terapista, stiamo amando troppo. Quando la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo e forse anche la nostra salute e la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo. A dispetto di tutta la sofferenza e l’insoddisfazione che comporta, amare troppo è una esperienza tanto comune per molte donne che quasi siamo convinte che una relazione intima debba essere fatta così”.Le parole della Norwood, scritte nel 1987, rimbalzano a distanza di 25 anni come attualissima e lucida analisi su come sia urgente non smettere di sottolineare che la violenza contro le donne va prima di tutto riconosciuta come tale: se, infatti, le ventenni e i ventenni di oggi non sono in grado di percepire la differenza tra ardore e sopruso, tra passione e prevaricazione, e tra amore e morte, questa confusione ignorante è la prima emergenza da affrontare. Subito
.

18.12.12

"Troppi porno, non ricordo più nulla": i film hard danneggiano la memoria


In sottofondo   Riders on the storm  ( The Doors ) 


Gli  articoli  che trovate  sotto  è un motivo in più  per  smettere e  continuare  (   cado  e mi rialzo  )   la mia  quasi 30   visione   di fumetti , racconti  , fotoromanzi  ,  vhs  , dvd  ,   internet   (  vedere  archivio  blog  per   ulteriori dettagli  )  . Tanto ormai salvo rare  eccezioni  i fotoromanzi e  i film  sono tutti uguali  con il  soliti  stereotipi \  luoghi comuni    :   la donna  vogliosa  di  ....   sesso   o l'uomo  arrapato  \  infoiato   che  vuole   ......   avere  un rapporto   a  tutti i  costi  , ecc spiegati   bene    spiegati bene nella  parodia  kubrick una storia porno  ( vedere  post  precedenti  ) .
Quindi  Meglio un po'  si sano erotismo ( se  capita ) o nel caso  si debba  ricorrere  all'auto erotismo  


una  sega  fatta  con la  fantasia  e  più  lunga  che   una  breve  ed  effimera \  frustante  fatta senza  l'ausilio  e  l'aiuto  di  pornografia  esplicita per  poi  e questo il passo successivo da  fare  un po'  difficile  e pressoché impossibile   visto che siamo  bombardati  da immagini sensuali  ovunque  in  : tv , stampa ,  internet  , ecc ( vedere il documentario il corpo  delle donne ) non ricorrere  neppure  a  quelle   . 

  da  repubblica online del 18 dicembre 2012)

Uno studio rivela che che guardare immagini pornografiche su internet può indebolire la nostra capacità di ricordare le cose. Secondo gli scienziati esiste un legame tra la dipendenza da sesso virtuale e la tendenza a dimenticare di dormire, perdere appuntamenti importanti e trascurare le relazioni personali

di SARA FICOCELLI
LA PORNOGRAFIA di una volta è fatta di ricordi. Che portano a un'Italia che non c'è più. I video proibiti si consumavano a casa con le cassette VHS o aspettando la programmazione notturna di qualche emittente locale. Un passato in cui le pornodive erano soprattutto dive e qualcuna diventava anche parlamentare. Oggi le cose sono molto cambiate e si seguono ispirazioni decisamente più fredde, virtuali. La pornografia si diffonde per lo più tramite internet e il consumo è accessibile a tutti, in qualunque momento, da qualunque postazione, gratuitamente, con un click.? Tanta facilità e tanta abbondanza hanno moltiplicato in modo esponenziale il numero degli utenti nel mondo, tanto che, secondo l'ultima indagine di ExtremeTech, il mercato del porno su internet è l'unico che non conosce crisi. Ma anche questo settore, a quanto pare, ha il suo tallone d'Achille.
Secondo una ricerca tedesca pubblicata sul "Journal of sex research", il punto debole del consumo spasmodico di materiale pornografico tramite web è la memoria. Quella di chi consuma. Per capirlo gli scienziati hanno analizzato come l'area cerebrale deputata a immagazzinare informazioni reagisca alla visione di immagini sessuali, concludendo che guardare immagini porno su internet può danneggiare e indebolire la capacità di ricordare le cose.? Nell'esperimento gli studiosi hanno preso un campione di maschi eterosessuali di 26 anni d'età, mostrando ad ognuno una serie di immagini, alcune pornografiche, altre non sessuali, e chiedendo loro di rispondere se l'immagine che stavano vedendo era la stessa che avevano visto prima. Il risultato è stato che ricordavano nell'80 % dei casi le immagini non sessuali, contro il 67% di quelle porno, su cui facevano più fatica.?
Secondo gli scienziati questi dati servirebbero a provare il legame tra la dipendenza da pornografia virtuale e la tendenza a dimenticare di dormire, perdere appuntamenti importanti e trascurare le relazioni personali. "L'eccitazione sessuale - spiega Christian Laier dell'università di Duisburg-Essen, autore dello studio - e il suo impatto sui processi cognitivi potrebbe spiegare parte di questi effetti negativi".? Laier e colleghi precisano che la ricerca si trova solo al primo step e che le conclusioni dovranno essere verificate e confrontate con ulteriori analisi, condotte su campioni diversi sia dal punto di vista del genere che dell'orientamento sessuale.
La notizia segue di pochi mesi un'altra altrettanto curiosa, questa volta partita dalla principale emittente televisiva statale cinese, la CCTV, che lo scorso maggio ha mandato in onda l'intervista ad uno studente che garantiva di aver visto un proprio collega perdere progressivamente la memoria a forza di guardare i porno online. 
Ma i problemi per i pornonauti non sembrano finire qui. Secondo una ricerca dell'Università di Padova, tra i giovani che fanno un uso massiccio di pornografia in rete, uno su quattro rischia anche il calo del desiderio sessuale e l'eiaculazione precoce. "I ragazzi di oggi - spiega l'andrologo Carlo Foresta, autore dello studio e presidente della Società di andrologia e medicina della sessualità - rappresentano la prima generazione che ha avuto un'esperienza di sessualità diversa dalle generazioni precedenti: internet, web cam, chat e immagini hanno creato una nuova forma di comunicazione sessuale che interessa in un mese oltre 800 mila minorenni. Questa esperienza dà un imprinting privo di riscontri reali e costruisce una sessualità mediatica ed istintiva che non tiene conto della sensorialità oltre che dell'affettività".
Dai dati emerge inoltre che più del 12% del campione di giovani non cerca rapporti reali. Il 25% ha infatti dichiarato di soffrire di riduzione dell'interesse reale ed eiaculazione precoce e questo, spiega Foresta, accade perché l'eiaculazione si manifesta nei tempi dei filmati, che generalmente in internet si riassumono in pochi minuti.
Secondo la Società Italiana di Intervento sulle Patologie Compulsive (S. I. I. Pa. C.), gli elementi che possono favorire lo sviluppo della cyber-porn addiction, quali psicopatologie pre-esistenti (depressione, disturbi ossessivo - compulsivi, ecc.), condotte rischiose (eccessivo consumo, riduzione delle esperienze di vita e di relazioni "reali") ed eventi di vita sfavorevoli (portando a problemi lavorativi, familiari, amicali, ecc.), sono accentuati dalle caratteristiche della rete, ovvero anonimato ed estrema facilità nell'accedere ai servizi. Gli esperti spiegano che la ricerca compulsiva del piacere attraverso l'autoerotismo può portare alla diminuzione del desiderio verso il proprio partner e all'incapacità di condurre a termine un rapporto sessuale nella realtà, favorendo la tendenza a considerare le persone dell'altro sesso esclusivamente come "corpi pornografici". Il dipendente ha insomma grosse difficoltà a vivere nella dimensione reale, a concentrarsi sul lavoro, a instaurare rapporti di amore e amicizia, e quindi anche a ricordare le cose, finendo col perdere non solo la memoria ma anche la fiducia in se stesso.


LO STUDIO
"Ecco perché la dipendenza sessuale
va riconosciuta come disturbo mentale"
Un gruppo di ricerca dell'Ucla di Los Angeles ha individuato condizioni, sintomi ed effetti ricorrenti in tutti i casi di ipersessualità. "Sul piano scientifico ci sono prove sufficienti per inserirla nell'elenco delle malattie psichiche"
                                                              di IRMA D'ARIA


 La dipendenza sessuale come un vero e proprio disturbo psichico. Fino ad ora gli psichiatri sono stati riluttanti a considerare la sex addiction come un disturbo del comportamento a causa delle scarse evidenze scientifiche. Ma ora un nuovo studio condotto da un team della University of California di Los Angeles (Ucla) ha testato una serie di criteri per definire e quindi diagnosticare questo disturbo. Rory Reid, ricercatore e docente di psichiatria presso il Semel Institute of Neuroscience and Human Behavior della Ucla, ha guidato un team di psichiatri, psicologi, terapisti di coppia ed assistenti sociali che hanno validato i criteri individuati, considerandoli utili per poter arrivare a una diagnosi di questo tipo di problema che in Italia riguarda il 6% degli uomini e il 3% delle donne.Dipendenza "senza sostanza" - In effetti, l'ipersessualità rientra nelle nuove dipendenze cosiddette "senza sostanza" come quella dal giocod'azzardo o dallo shopping compulsivo. "E' una sorta di bulimia sessuale senza controllo, ma il meccanismo è identico a quello che si verifica con la dipendenza da droghe o alcol perché vengono attivate le stesse aree del cervello", spiega Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di Psichiatria dell'Ospedale Fatebenefratelli di Milano. Il fenomeno è cresciuto negli ultimi anni anche a seguito della diffusione nella rete di contenuti a sfondo sessuale con il cyber sex che vede sempre più adolescenti coinvolti. "Due i comportamenti estremi - spiega lo psichiatra - : quello di chi abbraccia l'anoressia sessuale astenendosi del tutto da ogni attività legata al sesso e, all'opposto, coloro che non riescono a controllare l'impulso sessuale che è, però, del tutto scevro da emozioni e sentimenti".La nuova edizione del DSM - I risultati dello studio, pubblicati in questi giorni sul Journal of Sexual Medicine, peseranno anche sulla decisione di inserire l'ipersessualità nella quinta edizione del Diagnostic and Statistical 

Manual of Mental Disorders (DSM-5) considerato la "bibbia" della psichiatria. "Con questo studio - ha detto Reid - si fornisce un'evidenza scientifica al fatto che l'ipersessualità sia un disturbo mentale e come tale vada diagnosticato e trattato. I criteri che abbiamo validato consentiranno ai clinici di studiare, trattare e sviluppare strategie di prevenzione per gli individui che rischiano di soffrire di questo disturbo".Attualmente nel DSM sono già incluse dipendenze come quella da nicotina, droghe e alcol. "Come tutte le nuove patologie, la sex addiction sta a cavallo tra le dipendenze e i disturbi ossessivo-compulsivi. Ora questo studio rappresenta una prova importante che si tratta di un disturbo mentale vero e proprio e che prima o poi rientrerà, come le altre nuove dipendenze, nel DSM", aggiunge Mencacci.I sintomi - I criteri diagnostici - sviluppati da un gruppo di ricercatori al lavoro sulla nuova edizione del DSM -  includono una serie di sintomi collegati alla sex addiction tra cui la ricorrenza ossessiva di fantasie sessuali, manifestazioni di dipendenza sessuale che durano sei mesi o più e che non sono riconducibili ad altre cause come abuso di sostanze, disturbo bipolare. Inoltre, perché sia fatta una diagnosi di ipersessualità devono verificarsi attività o comportamenti legati alla sessualità anche in presenza di stati emotivi poco piacevoli come la depressione o il ricorso al sesso come strategia per combattere lo stress. In più, deve trattarsi di persone che hanno provato a ridurre o fermare la compulsione sessuale senza riuscirci e la cui vita di relazione e professionale è stata negativamente condizionata.Sex addiction e disturbi emozionali - Per testare i criteri dell'ipersessualità, i ricercatori hanno esaminato 207 pazienti di varie cliniche di salute mentale che stavano cercando aiuto per combattere questo disturbo o altre forme di dipendenza. Al termine è emerso che l'88% dei pazienti era affetto da questa patologia e che il comportamento di dipendenza sessuale era collegato a disturbi emozionali, impulsività e incapacità a gestire lo stress.Le conseguenze - Un altro importante aspetto emerso dallo studio è che i pazienti affetti da sex addiction hanno subito maggiori conseguenze rispetto a chi soffriva di altri tipi di dipendenza o disturbi psichici. Dei 207 pazienti esaminati, il 17% ha perso il lavoro almeno una volta, il 39% ha dovuto chiudere una relazione, il 28% ha contratto una malattia sessualmente trasmissibile e il 78% ha avuto dei problemi di interferenza nella vita sessuale.A che età si manifesta - Secondo la ricerca, il 54% dei pazienti ipersessuali si è reso conto di soffrire di questo disturbo prima dei 18 anni, mentre per il 30% l'età della scoperta è più ampia e va dai 19 ai 25 anni. "Questo dato è molto interessante perché se da un lato ci dice che il problema insorge precocemente, dall'altro ci dà la possibilità di mettere in campo azioni preventive" sostiene Reid.I comportamenti tipici - Le manifestazioni di ipersessualità più comuni emerse dallo studio includono la masturbazione e l'uso smodato di pornografia, seguito dall'avere rapporti sessuali con un adulto consenziente e dal sesso virtuale. "Per questi pazienti il sesso diventa una vera e propria ossessione che controlla ogni aspetto della loro vita e che li fa sentire impotenti e incapaci di cambiare", spiega Mencacci.Pazienti illustri - David Duchovny, Tiger Woods, Michael Douglas, Mickey Rourke, Sharon Stone e Billy Bob Tornton sono alcuni dei personaggi famosi che hanno ammesso la propria dipendenza dal sesso. Alcuni di loro si sono curati in cliniche specializzate in cui hanno trascorso lunghi periodi per disintossicarsi dal sesso. Negli Usa esistono anche associazioni come Sex Addicts Anonymous che replica il modello di assistenza e sostegno degli alcolisti anonimi. In Italia, non ci sono cliniche di questo tipo e per il momento la figura di riferimento resta lo psichiatra. "A seconda della gravità del problema e delle possibili cause - spiega Claudio Mencacci - si ricorre alla terapia cognitivo-comportamentale e talvolta alla terapia farmacologica con stabilizzatori dell'umore o anti-depressivi".


Anche   se   l'indagine  è  all'inizio è  allarmante  da  non sottovalutare ne da creare  allarmismi .IO sintomi  comunque  ci sono  , e  li  riscontro  personalmente  visto  che  , sic   , sono  un consumatore e  sto  lottando cadendo  e rialzandomi  con  questo mio problema  . Concludo  con  due  chicche      che  mi sono  venute  in mente , in maniera pindarica, leggendo  le prime righe  dell'articolo  sopracitato ,   per  i  cultori degli ani ' 70\80 la  prima 

La  seconda  anni 90 una satira  contro  i telefoni erotici  (  001, 005 ...   e 899 ultimamente  )   di cui    sono stato schiavo  proprio come fantozzi   tanto da  fare   e far  fare  figuracce  ai  miei   con la  mia dipendenza   per  quasi  tre  anni da  i telefoni erotici  e  gli scherzi  terribili  fattomi   , facendomi credere  che  fosse  sesso  virtuale   su  facebook e    ..... ma  queste  sono altre   storie  di cui mi pare   ho già  parlato  su queste pagine  quando ancora , SIC, il blog  si  chiamava  ancora  cdv.splinder  ( se  non lo  avessi fatto  , fatemelo notare  , e  riaprirò lo scrigno dei  ricordi ) 






con questo  è tutto alla prossima 

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...