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20.1.25

Giorno della memoria 2025: nuovi e vecchi libri da leggere, per riflettere e ricordare

 









di Redazione Il Libraio 15.01.2025


Mentre il nostro presente è segnato dalla guerra, diventa ancora più importante ricordare il passato e imparare da esso: ecco un’ampia selezione di nuovi libri per il Giorno della Memoria 2025, tra romanzi, testi biografici, saggi e libri per ragazzi e ragazze. Un’occasione per non dimenticare le vittime della Shoah e le altre vittime del nazismo, riflettendo sulle conseguenze dell’odio e dell’indifferenza, ancora oggi…
Non dimenticare il passato per vivere con più consapevolezza il presente: il Giorno della Memoria, istituito nel 2005 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, è da anni una ricorrenza di grande importanza per commemorare gli ebrei vittime della Shoah e le altre persone perseguitate dal Terzo Reich per motivi politici o razziali (tra cui disabili, omosessuali, rom, testimoni di Geova, oppositori politici…).
Ottant’anni fa, il 27 gennaio 1945, i soldati dell’Armata Rossa facevano il loro ingresso nel campo di concentramento di Auschwitz, liberando i superstiti ed entrando in contatto per la prima volta con gli orrori dello sterminio nazista.
A vent’anni di distanza dalla sua istituzione, il Giorno della Memoria 2025 si colloca, ancora una volta, in un clima di guerra, violenza e profonda divisione (basti pensare alla situazione a Gaza), contesto che rende ancora più urgente ricordare le terribili conseguenze dell’odio e dell’indifferenza    onde  evitare   che sia anche    strumentalizzato 

Come ogni anno, sono molti i libri che parlando della Memoria, attraverso storie individuali o collettive, testi di saggistica o romanzi per ragazzi e ragazze. In questo articolo proponiamo un percorso di lettura tra alcuni libri pubblicati di recente sul tema dell’Olocausto, con l’intento di fermarsi a riflettere in un mondo sempre più caotico e divisivo.


Ecco altre letture passate che indagano a fondo il tema del Giorno della Memoria:
Giorno della Memoria 2024: libri per non dimenticare
Giorno della Memoria 2023: saggi, romanzi e biografie da leggere
Giorno della Memoria 2022: i nuovi libri consigliati
Giorno della Memoria 2021: libri sull’Olocausto
Giorno della Memoria 2020: libri sulla Shoah, tra romanzi, saggi e biografie

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Primo Levi: i libri e la vita dell'autore di "Se questo è un uomo"
Risplendo non brucio



Tra i romanzi che trattano della Shoah troviamo Risplendo non brucio (Longanesi) di Ilaria Tuti, libro con cui l’autrice torna a unire storia e thriller, recuperando il tema della guerra (già affrontato in Come vento cucito alla terra, Longanesi), questa volta attraverso la storia di un padre e di una figlia. Un tempo Johann Maria Adami era un professore rinomato: ora, però, la sua vita passata è soltanto un lontano ricordo, schiacciato dalla sofferenza quotidiana del campo di Dachau. Il professore viene convocato al Castello di Kransberg, rifugio del Führer, per scoprire la verità dietro alla morte di un soldato nazista. Mentre Johann è costretto a risolvere il mistero, anche sua figlia Ada, a Trieste, si trova da sola ad affrontare un omicidio, lontana dal padre e dal compagno, scomparso tra le file dei partigiani. Una storia di resistenza e di coraggio che si estende dalla storia famigliare a quella collettiva.
Il mantello di Rut



Paolo Rodari, giornalista e vaticanista, firma per Feltrinelli Il mantello di Rut, in libreria dal 14 gennaio. Il romanzo è ispirato alla vera storia di un gruppo di bambine ebree salvate da un prete e da alcune suore, che le nascosero in una stanza segreta sotto la Madonna dei Monti. Il protagonista della storia è Remo, abbandonato dalla madre a dodici anni e diventato poi parroco nel quartiere Monti, il primo rione della capitale. Un giorno il giovane sacerdote incontra Rachele, rimasta vedova, la quale gli chiede di prendersi cura di sua figlia Aida fino al suo ritorno. Ormai anziano, Remo decide di scrivere ad Aida, ora cresciuta, per raccontarle quei difficili mesi del 1943.
La donna dal cappotto verde



Edith Bruck, scrittrice, regista e testimone della Shoah attraverso numerose pubblicazioni (autobiografiche e non) è autrice per La nave di Teseo del romanzo La donna dal cappotto verde (in uscita il 21 gennaio). Un libro in cui si indaga il tema della memoria e della pietà attraverso i personaggi di due donne, divise dal tempo e riunite dal perdono. Mentre sta comprando il pane, la scrittrice e traduttrice Lea Linder viene avvicinata da una donna anziana avvolta in un cappotto verde, che la riconosce come la “piccola Lea di Auschwitz” per poi scomparire nel nulla. Chi era quella donna misteriosa? Come ha fatto a riconoscerla dopo così tanti anni? E se fosse stata un’aguzzina di Auschwitz? Lea inizia così la sua ricerca, che presto diventa più simile a un’ossessione…
Terra di neve e cenere



Tra i libri per il Giorno della Memoria usciti nel 2025 abbiamo quello dell’autrice finlandese Petra Rautiainen, all’esordio con Terra di neve e cenere (Marsilio, traduzione di Sarina Reina, in uscita il 24 gennaio). Il romanzo è ambientato tra gli ultimi anni del conflitto mondiale e il 1947, quando la giornalista Inkeri giunge in una piccola città della Lapponia seguendo le tracce di suo marito Kaarlo, scomparso da anni senza dare sue notizie. La sua pista principale è costituita dal diario di un soldato finlandese, chiamato come interprete all’interno di un campo di prigionia allestito dai tedeschi. Nel corso della sua ricerca la donna entra in contatto con la brutalità e la ferocia della guerra, ma anche con una comunità chiusa e ricca di segreti…
Una volta aperti gli occhi non si può più dormire



Robert Bober, scrittore e sceneggiatore, scrive un romanzo che unisce realtà e cinema: Una volta aperti gli occhi non si può più dormire, uscito in Francia nel 2010 e portato ora in Italia da Elliot (traduzione di Chetro De Carolis, in uscita il 17 gennaio). Ci troviamo nella Parigi del 1960, durante le riprese di un film del famoso regista François Truffaut. Bernard, ingaggiato come comparsa, alla fine non potrà vedere la sua scena, che viene tagliata – eppure il film si rivela comunque essenziale nella sua vita. La pellicola, infatti, è molto simile alla storia di sua madre, divisa tra due spasimanti, oltre che tra la Polonia, la Francia e il campo di Auschwitz. È così che gli eventi presenti e le relazioni del protagonista si intrecciano ai fili della memoria, misteriosi e fragili.
Il falsario di Auschwitz



Tra i libri sulla Shoah troviamo anche Il falsario di Auschwitz di Paul Schiernecker (Newton Compton, traduzione di Micol Cerato e Giulia Zappaterra, in uscita il 14 gennaio). Il romanzo comincia in un Praga sottomessa all’occupazione nazista, dove seguiamo l’amore tra l’affascinante comunista Rose e il tipografo ebreo Georg, il quale comincia a falsificare documenti ufficiali per aiutarla. Entrambi sono deportati ad Auschwitz, ma il loro amore rimane forte anche nell’orrore. Con le sue capacità di falsario Georg riesce infatti a ottenere favori e informazioni su Rose, che nel frattempo è stata spostata a Birkenau. Falsificando il suo stesso tatuaggio riesce a ricongiungersi a lei: è così che il talento di Georg attira l’attenzione dei nazisti, che decidono di servirsene per un’operazione segreta.
Daniel Stein, traduttore



Daniel Stein, traduttore (La nave di Teseo, traduzione di Emanuele Guercett, che torna in una nuova edizione il 21 gennaio) si concentra sulla figura di Daniel Stein, un ragazzo ebreo che riuscì a far scappare trecento ebrei lavorando come traduttore per la Gestapo. La scrittrice russa Ludmila Ulitskaya si serve di testimonianze dirette e indirette, documentazioni e lettere per ripercorrere questa storia vera, tracciando un percorso che si muove dall’Europa orientale all’Israele del dopoguerra, a metà tra biografia, documentario e riflessione sul rapporto tra ebraismo e cattolicesimo.
Il fazzoletto della figlia di Pipino



Rosmarie Waldrop è un’importante poetessa tedesca, autrice de Il fazzoletto della figlia di Pipino (Safarà, traduzione di Cristina Pascotto, prefazione di Ben Lerner), il suo unico romanzo. Protagonisti del libro sono Frederika e Josef Seifert, marito e moglie tra loro molto diversi, costretti a scontrarsi con il terribile piano orchestrato dal Nazionalsocialismo. Riprendendo la leggenda della figlia di Pipino il Breve – che facendo cadere un fazzoletto da un castello fondò la città di Kitzingen, in cui la vicenda si svolge – il libro di Waldrop si interroga sulla possibilità di sfuggire al proprio passato.
A Roma non ci sono le montagne



Ritanna Armeni, giornalista e autrice, ripercorre la storia della Resistenza Romana attraverso l’attentato di via Rasella, avvenuto il 23 marzo 1944 per mano dei Gruppi di azione patriottica. A Roma non ci sono le montagne (Ponte alle Grazie, in libreria dal 14 gennaio) rievoca quei pochi secondi che segnarono la Storia, portando alla morte di 33 soldati tedeschi e all’uccisione di 335 italiani come rappresaglia. L’intento è quello di comprendere e ricordare uno degli episodi più importanti e discussi della Resistenza italiana.


La promessa



Proseguiamo questa selezione di libri sul Giorno della Memoria con La promessa – Una storia di Shoah (traduzione di Sara Arena, in uscita dal 22 gennaio) di Marie de Lattre, posto contestualmente al progetto di rinnovamento della collana di letteratura francese di Edizioni Clichy. Il padre di Marie, Jacques, è un medico diviso tra l’allegria e l’angoscia, abituato a chiudersi nel silenzio quando si parla della sua infanzia. Solo dopo la morte del padre, Marie riceve una busta che spiega il suo passato. Dentro la busta, Marie trova una serie di lettere d’amore e una supplica: “Non dimenticare il bambino”. È così che l’autrice ripercorre la propria storia famigliare fuori dagli schemi, quella che riguarda Jacques e i suoi quattro “genitori”, quattro persone che si sono amate e che con la stessa forza hanno amato quel bambino, lasciandosi con una promessa, poco prima di entrare nel campo di Auschwitz: vegliare su di lui.
La dedica



Anche Miriam Rebhun, autrice di La dedica (Giuntina), racconta la storia personale dell’autrice, alle prese con il passato della sua stessa famiglia: a partire da un messaggio lasciato sulla pagina web dedicata alla memoria di suo zio, Kurt Emanuel Rebhun, Miriam scopre dell’esistenza di una cugina acquisita di settantasei anni, Daphna, che si dichiara figlia di quello zio, morto durante la guerra d’Indipendenza di Israele nel 1948. Alla ricerca di maggiori informazioni su Daphna e sul suo legame con la famiglia, Miriam Rebhun si imbarca quindi per una ricerca appassionante che la conduce da Berlino a Haifa, dalle leggi razziali nell’Europa della Seconda guerra mondiale alla nascita d’Israele.
Il figlio ebreo



Si colloca in questo filone di letture anche l’opera di Daniel Guebel, in libreria con un’opera a metà strada tra autobiografia, narrativa e critica letteraria. Il protagonista di Il figlio ebreo (La nave di Teseo, traduzione di Carlo Alberto Montalto, in uscita il 21 gennaio), infatti, è l’autore stesso, il “figlio” a cui il titolo fa riferimento, diviso tra la rabbia e il dolore causati da un padre violento e l’obbligo a prendersi cura di quel genitore che si sta spegnendo lentamente. In questo libro, Guebel esplora le luci e le ombre della memoria attraverso l’ambiguità del rapporto padre-figlio.
Il numero sul tuo braccio è blu come i tuoi occhi



Passiamo ora a uno dei molti libri sulla Shoah di stampo (auto)biografico: Il numero sul tuo braccio è blu come i tuoi occhi (Newton Compton, traduzione di Marianna Zilio, in uscita il 14 gennaio), scritto dall’autrice tedesca Stefanie Oswalt in dialogo con Eva Umlauf, che in questo libro racconta la sua vera esperienza. Eva è solo una bambina di due anni quando, il 3 novembre 1944, giunge ad Auschwitz, venendo marchiata con il numero A-26959. Al momento della liberazione sua madre è incinta della seconda figlia ed Eva è molto debole a causa della malnutrizione e di altre malattie. Nonostante le difficoltà, però, Eva sopravvive assieme alla madre, trascorrendo gli anni successivi tra flash di memorie e incubi terribili. Solo l’incontro con altri sopravvissuti alla Shoah, tra cui il suo futuro marito, la aiuterà a ricostruire la sua identità perduta.

Quando imparammo la paura



Tra i libri per la Giornata della memoria c’è anche Quando imparammo la paura – Vita di Laura Geiringer sopravvissuta ad Auschwitz (Marsilio, in uscita il 17 gennaio), una biografia redatta da uno dei maggiori esperti della Shoah in Italia, lo scrittore e saggista Frediano Sessi. Partendo dal diario della giovane Laura Geiringer, Sessi racconta il percorso che accomuna molti sopravvissuti all’Olocausto: il timore di non essere creduti, il vano tentativo di ritornare alla normalità, il tormento dei ricordi. In particolare, quelli relativi ai terribili esperimenti che venivano condotti sulle donne ad Auschwitz. Il tentativo è quello di ridare voce alle vite spezzate di Laura e dei suoi famigliari, accanto alle storie perdute di molti altri e di molte altre.
La ballerina di Auschwitz



La dottoressa Edith Eva Eger, sopravvissuta alla Shoah e psicologa, oggi novantasettenne, torna a raccontare la sua dolorosa storia in La ballerina di Auschwitz (Corbaccio, traduzione di Maria Olivia Crosio, pubblicato il 10 gennaio). Già autrice di La scelta di Edith (opera in cui intreccia la sua storia autobiografica alle competenze da psicologa su come superare i traumi e ritornare alla luce), in questo nuovo libro Eger ripercorre nuovamente il suo passato.

Edith ha solo sedici anni quando scopre per la prima volta l’amore e sogna di andare alle Olimpiadi: ha un talento per la danza e un’abilità nella ginnastica, ma niente di tutto ciò la può proteggere dal corso della Storia. Nel 1944 viene deportata ad Auschwitz assieme a tutta la sua famiglia: solo la sorella Magda uscirà assieme a lei da quell’incubo. In queste pagine leggiamo quindi il grido di una ragazza travolta da un Male inimmaginabile, ma capace di rinascere e di continuare a vivere, rimanendo ancora sulle punte…
Crematorio freddo



Tra i libri per il Giorno della Memoria 2025 c’è anche Crematorio freddo – Cronache dalla terra di Auschwitz di József Debreczeni (Bompiani, traduzione di Dóra Várnai, in uscita il 15 gennaio). Scrittore e giornalista ungherese, Debreczeni è sopravvissuto ad Auschwitz, dove è giunto nel 1944, venendo destinato a mesi di lavoro forzato in condizioni disumane. Il “Crematorio freddo” a cui il titolo fa riferimento è il cosiddetto ospedale di Dörnhau, smantellato di forni e camere a gas, dove i nazisti mandavano a morire i prigionieri troppo malati o deboli. Salvato dalle armate russe, nel dopoguerra Debreczeni ha testimoniato la sua esperienza nei campi di lavoro con lucidità e crudezza. Le sue memorie, pubblicate nel 1950 in ungherese, sono ora riscoperte e tradotte.
Mi chiamo Oleg – Sono sopravvissuto ad Auschwitz



Tra i libri autobiografici sulla Shoah troviamo anche Mi chiamo Oleg – Sono sopravvissuto ad Auschwitz (Newton Compton, in uscita il 14 gennaio 2025), scritto da Filippo Boni, studioso del Novecento, autore e giornalista, e Oleg Mandić, nato a Sušac, nell’odierna Croazia, giunto ad Auschwitz a soli undici anni come prigioniero politico, dato che suo padre e suo nonno si erano uniti alla resistenza. Divenuto avvocato e giornalista, Oleg Mandić si è battuto a lungo per la conservazione della memoria: è con questo intento che ha realizzato il suo libro, in cui ripercorre gli episodi più duri e difficili della sua prigionia, fino alla liberazione e al ritorno ad Auschwitz a molti anni di distanza…
Le ragazze della scienza



Le ragazze della scienza di Olivia Campbell (ABOCA, traduzione di Simone Aglan-Buttazzi e Valeria Lucia Gili, in uscita il 24 gennaio) ha come sottotitolo: Come quattro donne sono fuggite dalla Germania nazista e hanno fatto la storia della fisica. La scrittrice e giornalista – già autrice di Le ragazze in camice bianco (Aboca, traduzione di Miriam Falconetti) sulle prime donne medico – riporta alla luce la storia di quattro donne pioniere della fisica, in fuga dalla Germania nazista per via della loro discendenza ebraica: Lise Meitner, Hedwig Kohn, Hertha Sponer e Hildegard Stücklen. La prima fuggì in Svezia, dove scoprì la fissione nucleare, le altre negli Stati Uniti, dove fecero progredire la fisica avanzata nelle università. In ogni caso, attraverso difficoltà e ostacoli, il loro esempio rimane fondamentale per le giovani donne di oggi.
Fotografare la Shoah



Passando invece ai saggi legati al Giorno della Memoria, questo libro indaga la Shoah da una prospettiva diversa, cioè servendosi delle fotografie. Laura Fontana, storica della Shoah ed esperta di didattica, tenta di identificare le immagini più potenti e illuminanti sugli eventi dell’Olocausto, spesso concepito come un evento irrappresentabile e inconcepibile. Fotografare la Shoah. Comprendere le immagini della distruzione degli ebrei (Einaudi, in uscita il 21 gennaio) vuole quindi fare luce sull’oscurità attraverso una serie di fotografie – non direttamente collegate allo sterminio di massa ma capaci di inquadrare avvenimenti preliminari o collaterali al crimine – fondamentali per preservare la memoria e per insegnarci come interpretare le immagini storiche.

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Noi siamo memoria



Noi siamo memoria di Matteo Corradini (Erickson) è una guida per insegnanti, educatori e genitori, un volume che si prefigge di spiegare il senso del ricordare, proponendo anche attività per la didattica indirizzate a ragazzi e ragazze delle scuole superiori, per renderli più partecipi e consapevoli di quella Storia che loro sentono sempre più lontana.
Un mosaico di silenzi



Giovanni Coco, studioso e archivista all’Archivio Apostolico Vaticano, fa luce su una delle questioni più controverse e dibattute del pontificato di Pio XII: la sua posizione sulla Shoah e il suo silenzio verso nazismo e fascismo. Il saggio Un mosaico di silenzi – Pio XII e la questione ebraica (Mondadori, in uscita a marzo) evidenzia quindi le contraddizioni che hanno segnato l’operato di Papa Eugenio Pacelli durante (e dopo) la Seconda guerra mondiale.
1940



La fuga di un gruppo di artisti e scrittori dalla Germania nazista è al centro di 1940. Il grande esodo della letteratura in fuga da Hitler (Marsilio, traduzione di Francesco Peri, in libreria il 24 gennaio). Il critico e saggista Uwe Wittstock – già autore di Febbraio 1933. L’inverno della letteratura (Marsilio, traduzione di Isabella Amico di Meane e Giovanna Targia) – ricostruisce la fuga per la libertà di un gruppo di intellettuali come Hannah Arendt, Walter Benjamin, Heinrich Mann e tanti altri, rifugiati a Parigi e costretti a scappare nuovamente dopo l’occupazione tedesca. Wittstock riporta così alla luce la figura di Varian Fry, giornalista statunitense che ha messo a repentaglio la sua vita per aiutare la loro fuga clandestina.
Individuo e destino



Individuo e destino – La Germania e i suoi filosofi tra due guerre (Il Mulino, in uscita il 10 gennaio), saggio di Stefano Poggi, non tratta strettamente della Shoah, ma permette di identificare il contesto culturale, e soprattutto filosofico, della Germania del primo dopoguerra. Tra i temi fondamentali di quegli anni c’è soprattutto quello del destino, segnato dall’oscurità e dall’incertezza verso il futuro. Si delinea così il fato della Germania, destinato a sconvolgere l’intera civiltà occidentale.
Storia di Tova – La bambina di Auschwitz



Arriviamo quindi ai libri sulla Shoah dedicati a bambini e ragazzi: Storia di Tova – La bambina di Auschwitz (Newton Compton, traduzione di Paola Vitale, in uscita il 21 gennaio) è la storia dell’attivista e testimone dell’Olocausto Tova Friedman, internata ad Auschwitz a soli cinque anni. Arricchito dalle illustrazioni di Manuel Sumberac, in questo libro Friedman ripercorre la sua vita, dai giorni del ghetto ebraico alla sua partenza per gli Stati Uniti, alla ricerca di un nuovo inizio.
Mouschi, il gatto di Anna Frank



In uscita il 14 gennaio, Mouschi, il gatto di Anna Frank – Una bambina, un nascondiglio, un amico a sorpresa (De Agostini, traduzione di Sara Cavarero, illustrazioni di Danuta Wojciechowska, prefazione di Frediano Sessi) di José Jorge Letria racconta la storia della famiglia Frank attraverso gli occhi di un gatto randagio, Mouschi, giunto nel loro nascondiglio segreto. Uno spazio silenzioso in cui però c’è grande spazio per l’amore e per i sogni, soprattutto nelle pagine del diario della giovane Anna, una semplice ragazza che spera un giorno di trovare il suo posto nel mondo.
Casa libera tutti



Tra i libri sulla Giornata della Memoria 2025 c’è anche Casa libera tutti – I bambini di Sciesopoli sopravvissuti alla Shoah (Salani, in uscita il 14 gennaio) di Lorenza Cingoli, scrittrice, sceneggiatrice e autrice televisiva scomparsa nel 2023. Il romanzo si sofferma sulla casa-comunità di Sciesopoli, sulle prealpi bergamasche, in cui nel dopoguerra trovarono rifugio i bambini orfani scampati alla persecuzione nazista. La protagonista è Nina, alla ricerca, come gli altri bambini e bambine, di solidarietà, amicizia e speranza.
Così siamo diventati fratelli



Un libro che celebra l’amicizia tra due ragazzi, accomunati dallo stesso difficile destino: Così siamo diventati fratelli. L’amicizia che salvò Sami e Piero (Mondadori, illustrazioni di Eleonora De Pieri). Quando nel 1944 Sami Modiano e Piero Terracina si incontrano nel campo di Birkenau, hanno perso tutte le persone a loro care: possono contare solo sulla loro amicizia. A raccontare la loro storia è lo stesso Sami Mondiano, assieme a Marco Caviglia, ripercorrendo anche il loro incontro a cinquant’anni di distanza dalla Liberazione e il loro percorso di testimonianza.
Il treno della memoria



Nel gennaio 2005, Paolo, un diciottenne del Sud Italia, arriva ad Auschwitz per la prima volta, rimanendo segnato per sempre. Da quel momento sarà lui a guidare molti gruppi di giovani sul Treno della Memoria, da Berlino a Cracovia e fino al campo di di Auschwitz-Birkenau. Il treno della memoria – Un viaggio per diventare i testimoni di domani (De Agostini, in uscita il 14 gennaio) ripercorre le emozioni dei ragazzi e delle ragazze davanti alle ferite del Novecento, in un percorso che dal passato risuona anche nel loro presente, cambiando profondamente ognuno dei protagonisti, tra dubbi, lacrime e amicizie.

22.1.21

Il dovere di non dimenticare

 A  chi mi dice  che   sono noioso  e  parlo di  anticaglie  quando  scrivo  sul   la  giornata   della memoria  e  sula  giornata  del ricordo    dedico questo post  anche  se   è come dare le perle  ai porci  ma  io non mi  scoraggio e  continuo d'altronde  e  per  loro    che scrivo     e  condivido 

La shoah, le foibe, i gulag  sono    tragedie ed  aberrazioni ( ovviamente   da  non mettere    sullo stesso  piano e  paragonate   fra  loro    secondo  la  classica logica : << il mio  è  più grande  del tuo  >>     o quando si  parla  di  uno    :  <<   non hai  parlato   di quello che  hanno  fatto ..... ecc >>    pur  essendo   tragedie   ed  eccidi  )     che  dovremo  aver  imparato   e chiunque si presti o, peggio, sia artefice di strumentalizzazioni non ha capito nulla di quanto è accaduto, ma soprattutto non capisce che sono proprio gli atteggiamenti divisivi a fomentare queste tragedie  e  a  far  si  che  le  ferite    che  esse   hanno portato  a sanguinare  ancora  . 
Infatti   <<  Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre >>.  ( Primo Levi)   ed proprio  la  frase  citata  prima che  mi  porta  a  confermare ed  ampliare  le  riflessioni espresse   nel precedente  post   :   << memoria e retorica>>  , ovviamente  cercando il  più possibile  a   non  scadere  nella  retorica  ufficiale e  d'accatto  usata   come  una clava  contro  il tuo avversario politico  culturale  e    non fare  i  conti     con il proprio passato   ma    sminuendolo e scaricando le responsabilità    solo ed  esclusivamente  su uno dei protagonisti  degli eventi  .  Ma  soprattutto   s'ignora   che  La storia  ( e determinati eventi  storici  complessi  come  quelli  del confine  orientale      che  si ricordano    il 10  febbraio   di  ogni anno  ) non si può studiare e citare a senso unico ma    a  360    e  bisogna    fare  una  guerriglia  contro  culturale    coloro che  chiedono  : 1)   memoria  condivisa  ignorando  la distinzione fra    memoria  e   fatti   avvenuti realmente  ,  e  senza   aver  fatto  i conti  con il proprio passato  o  senza  onesta intellettuale      e culturale  nell'ammettere   che  l'idea  che porti avanti  è errata e    bisogna  acettare  di cambiarla   ., 2)  che  impongono ed  obbligano  a ricordare  come  vogliono loro  e  se  poco poco    dissenti   o  proponi  un ricordo diverso    vieni tacito di negazionismo ed  revisionismo  .
Concludo  che per il 27  gennaio    ovvero la  giornata  della  memoria    parlerò   di  due  temi poco battutti   \  trattati   dalla memorialistica     del  27 gennaio  :  1)  sonderkommando, al plurale, sonderkommandos (in italiano: unità speciale)  termine  con  cui   s identificò gli speciali gruppi di deportati, per la maggior parte di origine ebraica, obbligati a collaborare con le autorità  azionalsocialiste all'interno dei campi di sterminio nel contesto della Shoah. Compito principale dei sonderkommando fu collaborare con le SS nel processo di sterminio di altri ebrei deportati insieme a loro, durante le operazioni di rimozione dei corpi dalle camere a gas e quelle successive di cremazione. 2) delle done reclutate per i Lagerbordell (definite “antisociali”) venivano principalmente dai lager di Auschwitz e Ravensbrück: prostitute rigorosamente tedesche o provenienti da paesi occupati come Ucraina, Polonia e Bielorussia.    dell'olocausto delle donne non conformi o inutili ovvero le prostitute nei lager

3.2.19

bel modo di celebrare il 10 febbraio con l'uso strumentale del genocidio delle foibe da parte della Gardini che guida la pseudo operazioni verità e chiede l'apertura di una commissione parlamentare d'inchiesta



Leggo tramite google   news     quest'articolo   di  LiberoQuotidiano.it del 3\2\2019 In cui  
L'azzurra Elisabetta Gardini guida "l'operazione verità" su Foibeesuli italiani in Istria e gli orrori dei comunisti jugoslavi di Tito. Il 5 febbraio a Bruxelles la capogruppo di Forza Italia al Parlamento Europeo organizza una mostra e un convegno dedicato alla tragedia della Seconda Guerra mondiale troppo spesso dimenticata dagli storici italiani e potrebbe essere l'occasione giusta per chiedere ai vertici delle repubbliche dell'ex Jugoslavia accesso agli archivi.L'obiettivo, spiega al Giornale Vito Comencini, segretario della Commissione esteri della Camera, è quello di creare una Commissione parlamentare d'inchiesta per far luce sui crimini commessi da Tito "a cominciare dalla strage di Vergarolla, che provocò la fuga degli italiani da Pola del 1947". [...] 

 Ora  se invece della .... di creare una Commissione parlamentare d'inchiesta aprissero : 1) oltre agli archivi della ex Jugoslavia quelli italiani della vecchia Dc , gli archivi    del mistero degli esteri che  sicuramente    avrà ereditato    anche   documenti   precedenti all'istituzione  repubblicana    dal  1945\56 

e del governo americano e degli inglesi su tale periodo ., 2) pubblicassero , da quel che mi risulta mai pubblicata o diffusa ufficialmente nelle celebrazioni del 10 febbraio , la relazione dei rapporti italo-sloveni dal 1880 al 1956 consegnata nel 2000 dalla Commissione mista storico-culturale italo-slovena, appositamente istituita nell'ottobre 1993 su iniziativa dei Ministri degli Esteri d'Italia e Slovenia. .Farebbero più bella figura .


16.12.18

il vero antifascismo e la vera lotta contro il fasismo ops fascismi passa per il rispetto delle persone. il caso della maifestazione contro il film red land -rosso d'istria a triseste




















































posso capire le contestazioni al film ed alla mitizzazione della vicenda della povera Norma ed l'uso strumentale che ne viene fatto della sua vicenda . E vero fu una fascista, esponente della gioventù universitaria fascista figlia di Giuseppe Cossetto segretario del fascio del Comune di Santa Domenica di Visinada e già podestà di quel comune. Uccisa non si sa bene da chi (se da partigiani italiani o jugoslavi). La sua morte venne “vendicata“ e con la fucilazione di 15 partigiani da parte dei tedeschi".ed In memoria della studentessa nacque nel 1944 a Trieste il Gruppo d'Azione Femminile "Norma Cossetto", l'unico reparto paramilitare fascista femminile della RSI[19], alle dirette dipendenze del Partito Fascista Repubblicano .
Ma   questo  volantino dimentica   che Nel 1949, l'allora rettore dell'Università di PadovaConcetto Marchesi,(un comunista  ortodosso  filo staliniano  )e il consiglio della facoltà di Lettere e Filosofia, proposero la laurea ad honorem per Norma Cossetto  .  
Cari compagni   sia   che  fosse   fascista   in  buna  fede o  per  convinzione  o  per legame  familiare  mica   è semplice  quando  si  è cresciuti  in una famiglia  fascista   ed  in piena  dittatura  infatti  era  nata  nel  1920    e  crebbe  in piena  dittatura  senza  nessun " contradditorio  " in quanto  il regime  fascista   cone le  sue  leggi aveva  rimosso   tutte le  voci     e  gli scritti  no allineati    e  contrari  .   farsi una  idea  autonoma  da  condizionamenti  .E poi date  ragione   ai  suoi aguzzini   slavi o italiani    che    fossero  .  
Sappiate,  caro copagni    che  il  vostro scritto ,  sopratutto  la  1  parte  mi   fa   venire  sempre  più la  curiosità   di vedere  ( anche  se    sò  già     che  certi film  saranno  a senso unico    e poco  oiettivi  )  il flm  red  land   tanto  da  voi  stroncato   

Potrebbe interessarti: http://www.triesteprima.it/cronaca/fascista-contestato-film-norma-cossetto-14-dicembre-2018.html
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22.1.18

sarebbe bello che il 27 gennaio fosse Una Giornata della Memoria per tutte le vittime degli eccidi (non solo gli ebrei)

accolgo la proposta  de  http://www.inuovivespri.it che   riporto integralmente



 Ignazio Coppola propone l’istituzione di una Giornata della Memoria per tutte quelle vittime di ogni razza,di ogni colore e di ogni religione, che sono state oggetto di stermini, massacri, deportazioni da parte di regimi criminali totalitari che, indignando le nostre coscienze, hanno insanguinato il mondo In seguito alla risoluzione dell’ONU 60/7, il 27 gennaio di ogni anno è stata decretata la data in cui viene celebrato il giorno della memoria in ricordo della Shoah e dello sterminio degli ebrei. In Italia a sua volta gli articoli 1 e 2 della legge 211 del Luglio 2000 definiscono le finalità e le celebrazioni del giorno della memoria e del genocidio nei campi di sterminio nazisti.Un giorno della memoria sancito dalla risoluzione dell’ONU e celebrato dagli stati membri e dallo stato italiano in ricordo dell’eccidio del popolo ebreo. Ma viene a questo punto legittimamente da chiedersi se esiste un giorno della memoria in ricordo di tutte quelle stragi , di quegli eccidi delle pulizie etniche e di tutte quelle persecuzioni razziste di cui, prima e dopo la Shoah, sono stati oggetto decine di popoli con milioni di vittime nei vari continenti. La risposta è che per le migliaia di eccidi perpetrati nel tempo dalla criminale bestialità degli uomini non esiste un giorno della memoria se non per la Shoah.Una discriminazione che offende appunto la memoria di tutti quei popoli che hanno subito nel tempo stragi persecuzioni ed eccidi inenarrabili. Il termine genocidio deriva appunto dal greco yenos (razza, stirpe) e dal latino caedo ( uccidere ). Il genocidio è appunto uno dei più bestiali crimini che l’uomo possa commettere a danno dei propri simili e che comporta la eliminazioni fisica nei modi più svariati di milioni di persone, la perdita della loro dignità, delle loro identità, dei loro culti religiosi e di patrimoni culturali immensi. E di questi crimini contro l’umanità e di eccidi inenarrabili, oltre che gli ebrei ad opera dei nazisti, sono stati vittime nel tempo, espressioni di varie etnie, tanti popoli della terra.Come non dimenticare, oltre a quello terribile della Shoah, ad esempio i genocidi del popolo armeno nel 1915 ad opera dei turchi (2 milioni di vittime), quelli perpetrati dal dittatore Pol Pot in Cambogia ad opera dei Kmer Rossi (3 milioni), la strage dei Curdi gasati ed uccisi da Saddam Hussein , il genocidio dell’Holodomor in cui vittime di una carestia pianificata morirono negli anni 30 del secolo scorso ad opera dei russi 7 milioni di ucraini. E poi ancora le vittime dello stalinismo (20 milioni), e gli eccidi ancor più recenti oggetto di pulizie etniche e razziali in Ruanda (1milione), nel Darfur (500mila) ed in Bosnia- Ergegovina con il massacro Srebrenica ad opera del serbo Milosevic(100mila) e tutto questo mentre la comunità internazionale stava a guardare.Ed ancora nei secoli scorsi i genocidi, in nome della civiltà e del progresso dei nativi d’America latina( sino ad oggi assistiamo ai massacri sistematici degli indios nel Mato Grosso) e dei nativi del nord America che portarono alla distruzione di interi popoli e prima di tutto quella della nazione indiana, i così detti pellerossa che da bambini nei fumetti abbiamo imparato a conoscere come i cattivi che uccidevano l’uomo bianco. Ebbene oggi di quel popolo e di quella nazione in America del Nord, vittime dell’uomo bianco, i sopravvissuti sono poco più di 200mila. Le vittime stimate dei genocidi e dei massacri perpetrati dai civilizzatori europei nel corso del tempo nel nord-America e nell’America latina ascendono a circa 70milioni.

E a queste vicende dimenticate, ed alle quali la comunità internazionale non ha mai dedicato alcun giorno della memoria come per l’olocausto degli ebrei ad opera dei nazisti, bisogna aggiungere pure per quanto ci riguarda, in casa nostra, quelle stragi e quegli eccidi mai raccontati dalla nostra storiografia ufficiale come quelli consumati agli albori dell’Unità d’Italia dagli italo-piemontesi, (buoni maestri dei futuri nazisti) a danno delle popolazioni del sud appena conquistato e che portarono al massacro e alle deportazioni di centinaia di migliaia di meridionali nelle carceri e nei campi di concentramento del nord, Finestrelle in testa, e alla distruzioni di interi paesi come Pontelandolfo, Casalduni, Campolattaro e tanti altri con massacri, stupri e violenze indicibili, e che alla fine costarono al Mezzogiorno d’Italia un numero di vittime maggiore di tutte quelle delle guerre del risorgimento messe assieme.
E ancora più avanti, per restare ancora in casa nostra, come non parlare , sull’onda del manifesto della razza, a metà degli anni 40 del secolo scorso,della pulizia etnica tentata dal fascismo ai danni degli sloveni nelle zone conquistate in Jugloslavia dall’esercito italiano con la deportazione di circa 35mila civili sloveni, di cui 3.500 persero la vita, nei campi di concentramento allestiti a tale scopo dall’esercito italiano. L’ordine di una bonifica etnica fu impartita direttamente da Benito Mussolini ai generali dell’esercito italiano operanti in Slovenia Alberto Ferrero e Mario Roatta. Ed a parti invertite furono poi, dopo l’8 settembre, gli sloveni che, per vendicarsi delle atrocità e dei soprusi subiti dal fascismo uccisero migliaia e migliaia di italiani precipitandoli e facendoli sparire negli inghiottitoi carsici dell’Istria e della Venezia Giulia tristemente famosi come “ foibe”. Si passò dalla foibe italiane alle foibe istriane. Dal punto di vista dei crimini contro l’umanità invertendo l’ordine dei fattori in termine di vittime innocenti,il prodotto non cambia. Quello stesso fascismo, che, nelle guerre coloniali di conquista ridusse, violando le convezioni internazionali e calpestando il diritto delle genti, gli “italiani brava gente” a trasformarsi in criminali ed usare armi proibite come le pallottole esplosive dum-dum e i gas asfissianti a base di iprite per vincere la resistenza degli abissini e degli etiopi.Ed anche qui fu Benito Mussolini a dare espresso ordine al generale Badoglio affinché usasse, in dispregio di ogni norma umanitaria, tali armi bandite dalla convezioni internazionali. Centinaia di migliaia in Libia, in Cirenaica, in Abissinia ed in Etiopia furono le vittime di stragi e di deportazioni di cui si è persa traccia e memoria Questa sono alcune delle tante pagine nere della storia del nostro paese che fanno parte dei crimini dell’umanità e che pilatescamente troppo spesso si è cercato di negare e cancellare.Lo scrittore e patriota antifascista cecoslovacco Julius Fucik impiccato dai nazisti l’8 settembre del 1943 poco prima di morire scrisse in prigione alcune note e pensieri che furono poi raccolti in un libro dal titolo “ Scritto sotto la forca” . “ Vi chiedo solo una cosa- scrisse Fucik nel suo testamento spirituale- se sopravviverete a questa epoca non dimenticate. Non dimenticate né i buoni né i cattivi. Raccogliete con pazienza le testimonianze di quanti sono caduti per loro e per voi. Un bel giorno sarà il passato e si parlerà d una grande epoca e degli eroi e di vittime anonime che hanno creato la storia. Vorrei che tutti sapessero che non esistono eroi e vittime anonime. Erano persone con un nome , un volto con desideri e speranze e il dolore dell’ultimo tra gli ultimi non era meno grande di quello del primo il cui nome resterà. Vorrei che tutti costoro rimanessero nella vostra memoria e vi fossero sempre vicini come persone che abbiate conosciuto come membri della vostra famiglia, come voi stessi.”Questo il testamento spirituale di Julius Fucik prima di morire martire della ferocia nazista. Un messaggio di grande attualità a tutti gli uomini di buona volontà per non dimenticare le vittime di tutti i crimini contro l’umanità commessi nel tempo dai totalitarismi nelle loro più varie sfaccettature E proprio per non dimenticare, e perché non ci siano vittime figlie di un dio minore rispetto ad altre, è giusto ricordarle senza discriminazioni in un unico giorno che le accomuni tutte in una memoria condivisa da quella comunità internazionale che troppo frettolosamente, un po’ per mettersi la coscienza a posto, ha preferito dedicare il 27 gennaio di ogni anno quale giorno della memoria esclusivamente alla Shoah e alle vittime del nazismo.Sarebbe, per quanto detto, a questo punto più nobile e doveroso comprendere in un unico giorno della memoria tutte quelle vittime di ogni razza,di ogni colore e di ogni religione, che per questi motivi, nel mondo, sono state oggetto di eccidi, di stermini , di massacri , di deportazioni da parte di regimi criminali totalitari o pseudo-democratici che, indignando le nostre coscienze, hanno insanguinato il mondo.Sarebbe questo un atto doveroso di riparazione che alla fine renderebbe onore e giustizia alla storia dell’umanità.



Ora chi se   be  frega   se mi dicono  che sono revisionista   e se metto  ( lontano da me  )   sullo stesso piano   diverse situazioni  storiche  . Un genocidio (  si chiamino  olocausto  \  shoah  , foibe  , purghe staliniane  ,  pogrom  ,  ecc  )   sia  che    sia   etnico  o ideologico   sempre di abberrazioni  umane  si tratta  . E come tali  non devono essere   dmenticati ne tanto meno dimenticate le cause ed i contesti che li hanno originati \ causati.
Infatti il quasi centenario Bruno Segre ( foto a destra  ) studioso di storia e cultura ebraica, è intervenuto sulla celebrazione della “Giornata della Memoria”, nel corso dell’incontro con gli studenti del liceo classico ‘Stabili’ di Ascoli Piceno. 
Risultati immaginiLo studioso, come riferisce l’Ansa, afferma che “Il Giorno della Memoria è particolarmente difficile da celebrare perché o vale per i giovani che devono rendersi conto di una pagina fondamentale della storia d’Europa del secolo scorso, oppure non vale nulla.”.Non servono a nulla, ha proseguito Segre, le celebrazioni in cui ci si limita ad affermare che tragedie del genere ( la Shoah ) non devono succedere più.
Come  Lui  affermo  che  si  tratta di un genocidio, ha concluso lo studioso che ha vissuto i tragici eventi avvenuti durante la seconda mondiale, che è ancora in corso oggi, purtroppo. Ci sono situazioni in cui intere popolazioni vengono sacrificate, mandate in tutti i continenti . 
Ed  è  per  questo che  sogno,   nonostante   venga   d'alcuni accusato di non avere  rispetto  per  l'unicità dellla Shoah ,   come da  titolo  ,   di dedicare il  27 gennaio    come  giornata   della menoria   per tutte le  vittime  di genocidi  ed  eccidi . E  far  si    che   la giornata  del 27     gennaio  sia meno ipocrita  e   puli coscienza    senza  autocritica    visto che   , almeno  da quel   che ho : potuto percepire  scarse reazioni    sul mia  bacheca  fb ( eccetto un gruppo   di storia  )  ala mio  post   qui  riporto  :  <<   shoah le-colpe nascoste degli italiani >> perchè    anche  noi italiani purtropppo oltre le leggi antie beraiche del  1938   ci macchiammo  di crimini  e  del  genocidio antiebraico   con campi  di concentramento     come la riviera di san saba  e   retate   come quelle  di  Roma  ( 16 ottobre  1943)   e Venezia 6 dicembre 1943 (  vedere  url blog  ). Ma  soprattutto   trovato e letto   fin ora   , la rai e   la grande  stampa  cosi attente  alle  sue celebrazioni    hanno dimenticato  o fanno  gli gnorri sul fatto che  quest'anno   sono  80 anni  dalle vergognose leggi antiebraiche




No so che altro aggiungere senza cadere nella  retorica e nella pedanteria .Meglio che mi fermi qui 






22.1.17

L'altro 27 gennaio giornata della memoria seconda puntata l'omoolocausto

 Nonostante  il mio intento sia  chiaro   fin  dalla puntata   precedente  e  dagli altri  post    sulla  giornata  del  27   gennaio  2017     faccio per  chi  dovesse   leggere    ,  non avendo letto  o  letto  male t precedenti post   a  tale  argomento  .

L'Olocausto degli ebrei europei fu l'aspetto più tragicamente macroscopico   ed    eviente   del pensiero razzista portato alle sue estreme conseguenze. L'intolleranza verso "il diverso da se" che è l'elemento fondante di ogni razzismo venne applicato in primo luogo verso gli ebrei ma non soltanto verso di loro. Il numero delle vittime ebree e la scientificità con la quale i tedeschi perseguirono lo sterminio totale ha meritato l'uso del termine "Olocausto", oggi con più esattezza denominato "Shoah". Infatti  secondo  / A fianco dell'Olocausto si manifestarono altri orribili crimini frutto di quello stesso razzismo che generò la "Soluzione Finale". Altri gruppi di individui, altre etnie vennero individuate come inferiori dai nazisti e contro di esse furono perpetrati crimini abominevoli. In primo luogo i nazisti considerarono "inferiori" i popoli slavi e ciò si tradusse nel tentativo di annientamento dei polacchi e nell'assassinio - in disprezzo di ogni regola di guerra - di circa 2.000.000 di prigionieri di guerra russi.

Dopo  questo  spiegone     facoltativo   veniamo  al post  d'oggi  .  Iniziamo   con  elenco  di siti   da  cui  ho tratto   e ricavato  l'articolo    che trovate  sotto    




fin quando ci saranno persone     come  lui ( evito di scrivere  altro  sia per  abbassarmi al  suo livello , sia  per  evitare   di finre  in tribunale  con l'accusa  di vilipendio   alle istituzioni   in quanto  SIC   il potere    ha il coltello dala  parte del manico  sia perchè  è come  sparare sulla  croce  rossa   ) 


 continueranno   a negare  l'olocausto  dei gay e lesbiche io , come  ho detto  più volte in questi 13 ani di blog    e  in post  recenti  

Risultati immagini per omosessuali nei lager
In secondo luogo l'intolleranza razzista si esercitò verso i deboli: i malati di mente, gli incurabili, i disabili. Per queste persone venne varato il "Progetto T4", meglio noto come "Progetto Eutanasia" che condusse alla morte circa 70.000 cittadini tedeschi. La stessa idea secondo la quale esistevano "vite indegne di essere vissute" portò alla persecuzione in tutta l'Europa occupata dei Sinti e dei Rom, vale a dire degli zingari che a decine di migliaia vennero fucilati o mandati alle camere a gas dei campi di sterminio. Infine il razzismo tedesco si volse contro gli omosessuali contro i quali il secolare pregiudizio era ben radicato nella società tedesca e  non   solo  .

« Anche gli omosessuali sono vittime dimenticate del regime nazista. Quanti siano stati condannati e internati nei lager non è noto , sia per la distruzione di parte degli archivi, sia perché molti di loro come altre categorie di perseguitati dai nazisti, sono stati catturati dalla Gestapo e fatti sparire in base al decreto Nacht und Nebel ("Notte e nebbia") emanato da Hitler il 7 dicembre 1941, con lo scopo di eliminare i "soggetti pericolosi per il Reich", senza lasciare traccia »(Giorgio Giannini in Vittime Dimenticate) .le  testimonianze  di : 1) Pierre Seel (Haguenau, 16 agosto 1923 – Tolosa, 25 novembre 2005) uno scrittore francese il quale  fu l'unico omosessuale francese ad avere testimoniato a viso aperto la deportazione delle persone omosessuali ad opera del nazismo.  2) Heinz Heger era uno studente ventiduenne dell'Università di Vienna senza alcun impegno politico, non era membro dell'associazione studentesca nazista né di qualsiasi altra organizzazione.Cresciuto in una famiglia cattolica osservante ciononostante trovò in sua madre comprensione e accettazione per la sua omosessualità. Heinz non fece mistero con nessuno della propria omosessualità e gli effetti non tardarono a manifestarsi. Infatti  oltre  a  finire  nei lager  nazisti con la liberazione dei campi da parte degli Alleati paradossalmente  e  gli come   tutti  i triangoli rosa  (  vedere  url  sopra   citati  )   non riacquisto la libertà ,  in quanto  gli  Americani ed Inglesi non considerarono gli omosessuali alla stessa stregua degli altri internati ma criminali comuni.
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In più non considerarono gli anni passati in campo di concentramento equivalenti agli anni di carcere. Ci fu così chi, condannato a otto anni di prigione, aveva trascorso cinque anni di carcere e tre di campo e per questo venne trasferito in prigione per scontare altri tre anni di carcere.> Si stima che, tra il 1933 e il 1945, furono arrestati circa 100.000 omosessuali. Dal momento che i registri sono incompleti, non sapremo mai quanti finirono nei campi di concentramento. Devono essere stati molte migliaia. Nei campi, i prigionieri gay erano trattati come la feccia della feccia, disprezzati dalle guardie SS -ma anche dagli altri detenuti. Infatti  gli abusi  compiuti  verso di loro  da  i medici nazisti (  il più noto  è Josef Mengele ) non furono mai citati durante il processo di Norimberga e nessuno dei dottori nazisti coinvolti venne perseguito.I gay erano ultimi tra gli ultimi, paria in quell'universo mostruoso che era il lager. Molti di loro vennero castrati, alcuni addirittura su propria richiesta, per dimostrare al regime l’intenzione di “guarire dalla malattia” e sperando così di tornare a casa. Molti altri vennero usati come cavie per esperimenti clinici, come l’impianto di una ghiandola artificiale di testosterone che, nelle intenzioni dei macellai del Reich, avrebbe dovuto sanare la devianza omoaffettiva. Centomila omosessuali furono coinvolti dalle purghe naziste: 60mila scontarono la pena (dai 5 ai 10 anni) in carcere, dai 10 ai 15mila furono internati nei campi di concentramento. Numeri importanti di un Olocausto dimenticato. I crimini nazisti contro l’omosessualità non devono essere dimenticati. Se non ricordiamo noi le vittime gay, chi lo farà? Molti monumenti, film e musei non menzionano nemmeno la vicenda dell’imprigionamento e assassinio degli omosessuali. fanno eccezione   due  film diretti  :   Bent  e il  rosa nudo
 e alcuni film   che trattano il tema dell'omosessualità nei lager  nazisti e  leggi   ed  le  persecuzioni  fasciste   in maniera indiretta  in particolare   la  finestra  di fronte  se poi qualcuno\a   ne  conosce altri mi faccia  sapere

 Non  riesco   a  scrivere  oltre  per  via  delle  lacrime e  gi orrori  che ho letto nella  consultazione dei siti    sopra  riportarti e  chi  si  sono accumulati  in  seguito  alla  ricerca  e lettura  di articoli   sugli   altri olocausti 


L'altro 27 gennaio giornata della memoria Prima puntata le etnie gitane il Porrajmos,

in sottofondo Khorakhané (A forza di essere vento) -  Fabrizio  de  Andrè


da  http://www.famigliacristiana.it/
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Lo so che  con questo post   m'inimicherò  e  vedrò l'abbandono sui miei social   molti  persone  ,visto il pregiudizi  e luoghi comuni  che  ci sono   ancora  oggi  verso i  popoli gitani  io preferiscono chiamarli cosi    tanto da  non distinguerli (anche se  differenze  sono labili e  sottili  )  e   da  considerarli  tutt'uno  ed  usare  un unico termine  Zingari . Come  annunciato  nel post precedente
Inizierò la prima  delle   4 puntate    sui  vari olocausti   fatti  da Hitler e Mussolini   . Oggi parlerò   e lo faccio iniziando  con queste  serie di poesie  di Mariella Mehr scrittrice e poeta svizzera di etnia Jenisch



« Per tutti i Rom, Sinti e Jenische,
per tutte le ebree e gli ebrei, per gli uccisi di ieri e per quelli di domani »
« Non c'era mare ai nostri piedi
anzi gli siamo
sfuggiti a malapena
quando le disgrazie
si dice
non vengono mai sole
il cielo d'acciaio ci incatenò il cuore
Abbiamo pianto invano le nostre madri
davanti ai patiboli
e ricoperto i bambini morti con fiori di mandorlo
per scaldarli nel sonno
il lungo sonno
Nelle notti nere ci disseminano
per poi strappare noi posteri alla terra
nelle prime ore del mattino
Ancora nel sonno ti cerco
erba selvatica e menta
chiuditi occhio ti dico
e che tu non debba mai vedere i loro volti
quando le mani diventano pietra
Per questo l'erba selvatica la menta
Ti stanno leggere sulla fronte
                                                             quando arrivano i mietitori ».




Esso è una tragedia che ancora oggi è avvolta da una coltre di silenzio e oblio. Infatti La legge 211 del 20 luglio 2000, istitutiva della “Giornata della memoria”, ricorda «la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia». anche se in realtà in tv non si parla , se raramente o tarda notte d del loro e degli altri olocausti e delle leggi razziali di Mussolini o dei campi di transito e deportazione italiani . Infatti sono anni che per le celebrazioni della giornata della memoria non danno film come il giardino dei finzi contini di Vittorio De Sica ( tratto dal omonimo romanzo di Giorgio Bassani ) o concorrenza sleale diretto da Ettore Scola.
Riprendendo l'argomento , dei rom e sinti non c’è neanche una menzione. Anche il Tribunale di Norimberga non dedicherà grande attenzione a questi popoli, che non riceveranno alcun risarcimento per tutto il male subito. Il «grande divoramento» è stato totale.Meno male   che   che   c'è qualcuno   che  

   dalla  nuova   sardegna    online   

cerca di recuperare brandelli di memoria. Al Senato sarà presentato il libro «Io non mi chiamo Miriam» della scrittrice svedese Majgull Axelsson, in un’iniziativa nata su impulso della Commissione straordinaria per i diritti umani, della Coalizione italiana libertà e diritti civili (Cild) e dell’Associazione 21 Luglio. «Il libro parla di una bambina rom tedesca che sul treno per Auschwitz si accorge di una coetanea morta e indossa la sua uniforme con la stella di David, invece del triangolo marrone destinato ai rom», spiega Carlo Stasolla presidente dell’associazione 21 luglio. Sopravvissuta al campo di concentramento fu accolta con calore in Svezia, dove i rom erano ancora perseguitati. Arrivata al suo 85esimo compleanno rivela ai parenti: «Io non mi chiamo Miriam. Mi chiamo Malika». «È una storia che ci racconta la rimozione individuale di chi cerca di nascondere a tutti i livelli la tragedia subita - spiega Stasolla -. Ma qui c’è anche il mimetismo, una strategia che molti rom utilizzano ancora oggi per sopravvivere non rilevando la propria appartenenza etnica, come ha fatto anche Miriam».Le leggi contro rom e sinti in Italia. In Italia, come ricorda l’archivio virtuale“Porrajmos.it”, è possibile dividere la persecuzione contro rom e sinti in tre momenti distinti. Dal 1922 al 1938 furono  respinte le carovane che cercavano di varcare il confine italiano e allontanati forzatamente gli indesiderati stranieri (o presunti tali) dal territorio. L’odore della guerra, però, cambia le cose: dal 1938 al 1940 inizia la pulizia etnica di tutti i rom e i sinti – italiani e stranieri - presenti nelle regioni di frontiera. Molti vengono spediti al confino in Sardegna, in particolare a Perdasdefogu. Nel 1940 l’ordine viene esteso e si costruiscono campi di concentramento specifici, come quello di Tossiccia in provincia di Teramo e quello di Agnone vicino Campobasso. Dal 1943 inizia la deportazione verso i campi di sterminio nazisti.
La potenza dei rom: la storia di Rukeli. C’è poi una memoria viva e attiva: quella che mette in luce la potenza del popolo rom. La ricorda l’ultimo libro di Dario Fo «Razza di zingaro», che narra la storia di Johann Trollmann, al secolo Rukeli (che significa albero), il pugile sinto-tedesco che ridicolizzò il Terzo Reich. Era svelto, agile, danzava tra le corde con una tecnica che irritava gli avversari, che sarebbe stata ripresa qualche decennio dopo da un certo Muhammad Alì. Il 9 giugno del 1933 stende in sei round l’arianissimo Adolf Witt e conquista il titolo dei pesi medi, in piena persecuzione degli «atleti non ariani». I gerarchi nazisti, nel panico, tentano di annullare l’incontro, ma l’intero palazzetto di Amburgo si rivolta e mette la corona di vincitore sulla testa del pugile zingaro. Lui piange di felicità e quelle lacrime gli costeranno il titolo: secondo la federazione tedesca, non sono degne di un vero pugile. Il 21 luglio sfiderà un colosso ariano, Gustave Eder, avrebbe la vittoria in tasca, ma i nazisti gli intimano di non usare il suo stile,  di non danzare, di restare al centro del ring. Altrimenti, dicono, gli toglieranno la licenza. Rukeli si presenta il corpo cosparso di farina e coi capelli tinti
biondo: fa la caricatura di un ariano. Resta al centro di ring, non combatte e perde la sua finale. Morirà nel 1943 nel campo di Neuengamme, vicino ad Amburgo, dopo aver steso in un incontro un kapò del lager. Nel 2003 la federazione tedesca gli restituirà la sua cintura.



La barbarie nazista   , oltre  gli ebrei  stermino  anche  omosessuali  , testimoni  geova , i malati di mente  i cosiddetti Aktion T4  <<  è il nome convenzionale con cui viene designato il Programma nazista di eutanasia che sotto responsabilità medica prevedeva la soppressione di persone affette da malattie genetiche inguaribili e da portatori di handicap mentali (ma non fisici, se non per casi gravi), cioè delle cosiddette "vite indegne di essere vissute". >>  da https://it.wikipedia.org/wiki/Aktion_T4  ed  tutte  le etnie   viaggianti   dei  I Rom o Zingari, i Sinti ,  i Jenisch .

Porajmos o Porrajmos (pronuncia italiana: poraimòs; in romaní[pʰoɽai̯ˈmos]; traducibile come "grande divoramento" o "devastazione") è il termine con cui Rom e Sinti indicano lo sterminio del proprio popolo perpetrato da parte dei nazisti durante la seconda guerra mondiale. Si stima che tale eccidio provocò la morte di 500.000 di essi [2].Questo disegno genocida è definito da Rom e Sinti anche con il termine Samudaripen, che significa letteralmente tutti morti [3].[ ...  continua  nel link  sopra   ]
IL Porrajmos non venne mai classificato come una persecuzione razziale al pari di quella ebrea fino agli anni Sessanta, quando storici e studiosi come Miriam Novitch iniziarono ad interessarsi a questo argomento allora poco noto o quasi totalmente sconosciuto. Molte sono le prove e i documenti che certificano invece il trattamento razziale che il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori riservò agli zingari. E' considerato come dice l'interessante articolo di di Veronica Fernandes 24 gennaio 2015 Il grande "divoramento": l’olocausto di Rom e Sinti   da http://www.rainews.it/ sotto riportato << Un pagina di storia strappata, tanto che ancora oggi è difficile stabilire il numero delle vittime >>
Eliminazione fisica dell’uomo per mano di un altro uomo. La loro Shoah, i Rom, i Sinti e gli Jenisch (quelli che i nazisti chiamavano zingari bianchi) la chiamano Porrajmos, “il grande divoramento”, in lingua romanì. Un pagina di storia strappata, tanto che ancora oggi è difficile stabilire il numero delle vittime. Secondo Ian Hancock - massimo esperto e direttore del Programma di Studi Rom presso l’Università di Austin, Texas – potrebbero essere 500 mila, secondo altri studiosi meno della metà ,    secondo altri di più  ,  ma  che  importa  sde pochi o molti  sempre  di brutture  ed  abberazioni si  tratta  e    di  genocidi   \olocausti  si tratta   corsivo  mio . Bambini e gemelli, cavie umane di Mengele Con il decreto di Auschwitz, il 16 dicembre del 1942, Himmler ordina di internare tutti gli zingari in una sezione separata del campo, lo Zigeunerlager, dove vivevano in unità familiari, moglie e mariti insieme ai figli. Mengele li scelse come cavie umane predilette, i bambini e in particolare i gemelli: a molti di loro vennero inoculati germi e virus patogeni, altri vennero obbligati ad ingerire acqua salata fino alla morte. Il campo fu attivo fino all’agosto del 1944, quando tutti gli internati “passarono per il camino”. -[...  continua  su  qui  ] ..

Purtroppo  il Porrajmos   fu  fatto anche  dal regime  fascista   Infatti  secondo  http://porrajmos.it/?lang=it

A partire dagli Anni Venti, la politica fascista si è progressivamente radicalizzata delineando quattro periodi di riferimento: 1922-1938: i respingimenti e l’allontanamento forzato di rom e sinti stranieri (o presunti tali) dal territorio italiano; 1938-1940: gli ordini di pulizia etnica ai danni di tutti i sinti e rom presenti nelle regioni di confine ed il loro confino in Sardegna; 1940-1943: l’ordine di arresto di tutti i rom e sinti (di cittadinanza straniera o italiana) e la creazione di specifici campi di concentramento fascisti a loro riservati sul territorio italiano; 1943-1945: l’arresto di sinti e rom (di cittadinanza straniera o italiana) da parte della Repubblica Sociale Italiana e la deportazione verso i campi di concentramento nazisti. L’intero percorso verso la persecuzione di rom e sinti in Italia è stato supportato dagli studi di docenti universitari, tra i quali Guido Landra, che elaborarono e diffusero i concetti relativi alla pericolosità razziale di queste minoranze linguistiche.
Questa la classificazione   che Ritter e Justin (  i  medici  che  fecero  esperimenti   su di loro ) fecero degli Zingari tedeschi:
- Z zingaro puro;
- ZM zingaro meticcio;
- ZM1 metà zingaro e metà tedesco;
- ZM2 metà ZM 1 e metà tedesco;
- ZM+ zingaro più che a metà;
- ZM- tedesco più che a metà;
- NZ non zingaro.

 Infatti  ci  furono  anche  Le leggi contro rom e sinti in Italia. In Italia, come ricorda l’archivio virtuale“Porrajmos.it”, è possibile dividere la persecuzione contro rom e sinti in tre momenti distinti. Dal 1922 al 1938 furono  respinte le carovane che cercavano di varcare il confine italiano e allontanati forzatamente gli indesiderati stranieri (o presunti tali) dal territorio. L’odore della guerra, però, cambia le cose: dal 1938 al 1940 inizia la pulizia etnica di tutti i rom e i sinti – italiani e stranieri - presenti nelle regioni di frontiera. Molti vengono spediti al confino in Sardegna, in particolare a Perdasdefogu. Nel 1940 l’ordine viene esteso e si costruiscono campi di concentramento specifici, come quello di Tossiccia in provincia di Teramo e quello di Agnone vicino Campobasso. Dal 1943 inizia la deportazione verso i campi di sterminio nazisti

mi stanno venendo le lacrime a gli occhi . s e volete saperne di più sula cultura rom non solo sul porrajmos ed avete coraggio di fare un viaggio e rimettere in discussione i vostri pregiudzi e scarse o superficiali conoscenze su tali etnie guardatevi questo video su Santino Spinelli e non solo rom abruzzese, poeta, docente universitario ma, soprattutto, musicista. La camera lo segue nei momenti fondamentali del suo processo creativo, con i suo musicisti durante le prove, in sala di registrazione, ma anche nei momenti di vita quotidiana, la domenica pomeriggio a casa con la sua numerosa famiglia, durante le sue lezioni all’università di Teramo, in salotto a discutere con l’anziano padre. Proprio dai racconti di suo padre Santino ha conosciuto per la prima volta il dramma delle persecuzioni nazi-fasciste. E forse proprio per lui ha deciso finalmente di scrivere l’opera musicale che va elaborando ormai da molti anni: Porrajmos.




un documentario di Fabio Parente e Luca Ricciardi

montaggio: Matteo Parisini
produttore esecutivo: Arianna Iachetti
ricerche e soggetto: Fabio Parente
riprese: Francesco Principini, Angeles Parrinello
suono: Francesco Principini
musiche originali di Santino Spinelli
produzione: Circolo Gianni Rodari Onlus e Fabula Film srl con la collaborazione del LABnovecento
durata: 45’
formato: full HD
L’OPERA MUSICALE: PORRAJMOS




Il documentario progressivamente racconta, con l’ausilio di testimonianze, materiali di repertorio, fotografie e documenti originali, l’anatomia di una persecuzione taciuta, che ancora oggi attende una legittimazione storica. A partire dalle testimonianze di suo padre e di altri Rom e Sinti italiani, Santino compone un’ora di musica e parole capace di restituire il dramma dimenticato di un intero popolo che ha pagato, tra il 1940 e il 1945, un prezzo altissimo ai deliri del nazifascismo: 500.000 morti in tutta Europa.


Concludo    due   testimonianze  \  storie   la  prima  è   della  centenaria Klara Marcus  presa  la  prima parte  foto compresa    da http://www.lavoceditaranto.com/speciale-shoah-la-storia-di-klara-sopravvissuta-ad-auschwitz-perche-era-finito-il-gas/


Klara Marcus,[  foto sotto  a destra  ] il nome della donna che, originaria della Romania, ha voluto raccontare la sua esperienza all’interno del campo di concentramento di Auschwitz.Una testimonianza diretta e, al contempo, agghiacciante che permette di ripercorrere gli anni più bui della storia dell’umanità; anni in cui la “diversità” era simbolo di imperfezione e impurezza; anni che
hanno scritto parte della storia mondiale, i quali narrano le inaccettabili, condannabili e deplorevoli azioni compiute illogicamente dagli uomini che sottostavano alle direttive di un uomo spregevole, abietto e ignobile.Quella che vi raccontiamo è la storia incredibile di una donna che, nonostante le angherie e i soprusi subiti fisicamente e moralmente, ha avuto la forza di andare avanti (senza la sua famiglia), creandosene una nuova, riuscendo a sopravvivere a tre campi di concentramento: Dachau, Ravensbruck e Auschwitz.Ecco la sua preziosa testimonianza, raccontata al tedesco Bild, in merito alle vicende e alle barbarie che segnarono il periodo della Seconda Guerra Mondiale: “Oggi è il tuo giorno fortunato”, questo è ciò che, inizialmente, rammenta Klara Marcus; ciò che le SS le dissero quando la fecero uscire viva (assieme ad altre donne) da una camera a gas di uno dei più grandi campi di concentramento costruiti, quello di Auschwitz.Quando ci hanno fatto entrare e hanno aperto il gas, si sono accorti che era finito. Una delle guardie ha scherzato dicendo che era il nostro giorno fortunato perché ne avevano già uccisi talmente tanti che non era rimasto gas per noi. Quel giorno Dio mi stava guardando”.La donna, costretta a entrare nella camera a gas, pesava solo 32 Kg e, fortunatamente, da quel momento riuscì a trovare la forza di fuggire da quell’inferno e tornare nella sua patria, dove, seppur senza più una famiglia, trovò il coraggio e la determinazione di ricostruirsi una nuova vita assieme a colui che, poi, sarebbe diventato il suo compagno di vita, suo marito.Quel giorno ho capito che non avevo veramente nulla da perdere”, commossa racconta a un rappresentante del governo romeno, Anton Rohian, il quale si recò presso la sua abitazione per farle visita per congratularsi con lei. “In questa storica occasione”, proferisce Rohian, “Ho portato una bottiglia di champagne, un mazzo di fiori e un attestato di onorificenza per ringraziare la signora Marcus per essere tornata a Marumares dopo tutto quello che ha attraversato nella sua vita”.Le lacrime di una storia vissuta, il volto e gli occhi di chi ha vissuto la disperazione sulla propria pelle; il coraggio di una donna che ha continuato a lottare per amore e per amare, perché, nonostante l’odio, il bene supremo vince su tutto!
Oggi è il tuo giorno fortunato". Questo dissero le SS a Klara Marcus, allora trentenne, quando la fecero uscire viva assieme ad altre donne da una camera a gas di Auschwitz. "Quando ci hanno fatto entrare e hanno aperto il gas, si sono accorti che era finito. Una delle guardie ha scherzato dicendo che era il nostro giorno fortunato perché ne avevano già uccisi talmente tanti che non era rimasto gas per noi. Quel giorno Dio mi stava guardando". A raccontarlo oggi è lei stessa, alla vigilia del suo 101esimo compleanno.La sua storia - raccontata da Bild - ha dell'incredibile. Klara, originaria della Romania, è sopravvissuta a ben tre campi di concentramento: prima Dachau e Ravensbruck, poi Auschwitz. Quando l'hanno costretta a entrare nella camera a gas, pesava appena 32 chilogrammi. Quel giorno - racconta oggi - ho capito che non avevo veramente nulla da perdere". Così ha trovato la forza di scappare dal campo e tornare in Romania. La sua famiglia era tutta morta, ma lei, piano piano, si è ricostruita una vita, assieme a quello che sarebbe poi diventato suo marito.Un rappresentante del governo romeno, Anton Rohian, l’ha visitata a casa sua con qualche giorno d’anticipo (il compleanno sarà il 31 dicembre) per congratularsi con lei per il suo 101esimo compleanno. "Ho portato una bottiglia di champagne, un mazzo di fiori e un attestato di onorificenza per ringraziare la signora Marcus per esser tornata a Marumares dopo tutto quello che ha attraversato nella sua vita".
Eleonora Boccuni

la  seconda  la storia di Rukeli
 Johann Rukeli Trollmann, il campione...
Johann "Rukeli" Trollmann, il campione sinto che ridicolizzò il Terzo Reich
 una memoria viva e attiva: quella che mette in luce la potenza del popolo rom. La ricorda l’ultimo libro di Dario Fo «Razza di zingaro», che narra la storia di Johann Trollmann, al secolo Rukeli (che significa albero), il pugile sinto-tedesco che ridicolizzò il Terzo Reich. Era svelto, agile, danzava tra le corde con una tecnica che irritava gli avversari, che sarebbe stata ripresa qualche decennio dopo da un certo Muhammad Alì. Il 9 giugno del 1933 stende in sei round l’arianissimo Adolf Witt e conquista il titolo dei pesi medi, in piena persecuzione degli «atleti non ariani». I gerarchi nazisti, nel panico, tentano di annullare l’incontro, ma l’intero palazzetto di Amburgo si rivolta e mette la corona di vincitore sulla testa del pugile zingaro. Lui piange di felicità e quelle lacrime gli costeranno il titolo: secondo la federazione tedesca, non sono degne di un vero pugile. Il 21 luglio sfiderà un colosso ariano, Gustave Eder, avrebbe la vittoria in tasca, ma i nazisti gli intimano di non usare il suo stile,  di non danzare, di restare al centro del ring. Altrimenti, dicono, gli toglieranno la licenza. Rukeli si presenta il corpo cosparso di farina e coi capelli tinti
biondo: fa la caricatura di un ariano. Resta al centro di ring, non combatte e perde la sua finale. Morirà nel 1943 nel campo di Neuengamme, vicino ad Amburgo, dopo aver steso in un incontro un kapò del lager. Nel 2003 la federazione tedesca gli restituirà la sua cintura.


emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...