Visualizzazione post con etichetta giorno della memoria. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta giorno della memoria. Mostra tutti i post

20.1.25

Giorno della memoria 2025: nuovi e vecchi libri da leggere, per riflettere e ricordare

 









di Redazione Il Libraio 15.01.2025


Mentre il nostro presente è segnato dalla guerra, diventa ancora più importante ricordare il passato e imparare da esso: ecco un’ampia selezione di nuovi libri per il Giorno della Memoria 2025, tra romanzi, testi biografici, saggi e libri per ragazzi e ragazze. Un’occasione per non dimenticare le vittime della Shoah e le altre vittime del nazismo, riflettendo sulle conseguenze dell’odio e dell’indifferenza, ancora oggi…
Non dimenticare il passato per vivere con più consapevolezza il presente: il Giorno della Memoria, istituito nel 2005 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, è da anni una ricorrenza di grande importanza per commemorare gli ebrei vittime della Shoah e le altre persone perseguitate dal Terzo Reich per motivi politici o razziali (tra cui disabili, omosessuali, rom, testimoni di Geova, oppositori politici…).
Ottant’anni fa, il 27 gennaio 1945, i soldati dell’Armata Rossa facevano il loro ingresso nel campo di concentramento di Auschwitz, liberando i superstiti ed entrando in contatto per la prima volta con gli orrori dello sterminio nazista.
A vent’anni di distanza dalla sua istituzione, il Giorno della Memoria 2025 si colloca, ancora una volta, in un clima di guerra, violenza e profonda divisione (basti pensare alla situazione a Gaza), contesto che rende ancora più urgente ricordare le terribili conseguenze dell’odio e dell’indifferenza    onde  evitare   che sia anche    strumentalizzato 

Come ogni anno, sono molti i libri che parlando della Memoria, attraverso storie individuali o collettive, testi di saggistica o romanzi per ragazzi e ragazze. In questo articolo proponiamo un percorso di lettura tra alcuni libri pubblicati di recente sul tema dell’Olocausto, con l’intento di fermarsi a riflettere in un mondo sempre più caotico e divisivo.


Ecco altre letture passate che indagano a fondo il tema del Giorno della Memoria:
Giorno della Memoria 2024: libri per non dimenticare
Giorno della Memoria 2023: saggi, romanzi e biografie da leggere
Giorno della Memoria 2022: i nuovi libri consigliati
Giorno della Memoria 2021: libri sull’Olocausto
Giorno della Memoria 2020: libri sulla Shoah, tra romanzi, saggi e biografie

PUÒ INTERESSARTI ANCHE


Elena Asquini09.01.2023
Primo Levi: i libri e la vita dell'autore di "Se questo è un uomo"
Risplendo non brucio



Tra i romanzi che trattano della Shoah troviamo Risplendo non brucio (Longanesi) di Ilaria Tuti, libro con cui l’autrice torna a unire storia e thriller, recuperando il tema della guerra (già affrontato in Come vento cucito alla terra, Longanesi), questa volta attraverso la storia di un padre e di una figlia. Un tempo Johann Maria Adami era un professore rinomato: ora, però, la sua vita passata è soltanto un lontano ricordo, schiacciato dalla sofferenza quotidiana del campo di Dachau. Il professore viene convocato al Castello di Kransberg, rifugio del Führer, per scoprire la verità dietro alla morte di un soldato nazista. Mentre Johann è costretto a risolvere il mistero, anche sua figlia Ada, a Trieste, si trova da sola ad affrontare un omicidio, lontana dal padre e dal compagno, scomparso tra le file dei partigiani. Una storia di resistenza e di coraggio che si estende dalla storia famigliare a quella collettiva.
Il mantello di Rut



Paolo Rodari, giornalista e vaticanista, firma per Feltrinelli Il mantello di Rut, in libreria dal 14 gennaio. Il romanzo è ispirato alla vera storia di un gruppo di bambine ebree salvate da un prete e da alcune suore, che le nascosero in una stanza segreta sotto la Madonna dei Monti. Il protagonista della storia è Remo, abbandonato dalla madre a dodici anni e diventato poi parroco nel quartiere Monti, il primo rione della capitale. Un giorno il giovane sacerdote incontra Rachele, rimasta vedova, la quale gli chiede di prendersi cura di sua figlia Aida fino al suo ritorno. Ormai anziano, Remo decide di scrivere ad Aida, ora cresciuta, per raccontarle quei difficili mesi del 1943.
La donna dal cappotto verde



Edith Bruck, scrittrice, regista e testimone della Shoah attraverso numerose pubblicazioni (autobiografiche e non) è autrice per La nave di Teseo del romanzo La donna dal cappotto verde (in uscita il 21 gennaio). Un libro in cui si indaga il tema della memoria e della pietà attraverso i personaggi di due donne, divise dal tempo e riunite dal perdono. Mentre sta comprando il pane, la scrittrice e traduttrice Lea Linder viene avvicinata da una donna anziana avvolta in un cappotto verde, che la riconosce come la “piccola Lea di Auschwitz” per poi scomparire nel nulla. Chi era quella donna misteriosa? Come ha fatto a riconoscerla dopo così tanti anni? E se fosse stata un’aguzzina di Auschwitz? Lea inizia così la sua ricerca, che presto diventa più simile a un’ossessione…
Terra di neve e cenere



Tra i libri per il Giorno della Memoria usciti nel 2025 abbiamo quello dell’autrice finlandese Petra Rautiainen, all’esordio con Terra di neve e cenere (Marsilio, traduzione di Sarina Reina, in uscita il 24 gennaio). Il romanzo è ambientato tra gli ultimi anni del conflitto mondiale e il 1947, quando la giornalista Inkeri giunge in una piccola città della Lapponia seguendo le tracce di suo marito Kaarlo, scomparso da anni senza dare sue notizie. La sua pista principale è costituita dal diario di un soldato finlandese, chiamato come interprete all’interno di un campo di prigionia allestito dai tedeschi. Nel corso della sua ricerca la donna entra in contatto con la brutalità e la ferocia della guerra, ma anche con una comunità chiusa e ricca di segreti…
Una volta aperti gli occhi non si può più dormire



Robert Bober, scrittore e sceneggiatore, scrive un romanzo che unisce realtà e cinema: Una volta aperti gli occhi non si può più dormire, uscito in Francia nel 2010 e portato ora in Italia da Elliot (traduzione di Chetro De Carolis, in uscita il 17 gennaio). Ci troviamo nella Parigi del 1960, durante le riprese di un film del famoso regista François Truffaut. Bernard, ingaggiato come comparsa, alla fine non potrà vedere la sua scena, che viene tagliata – eppure il film si rivela comunque essenziale nella sua vita. La pellicola, infatti, è molto simile alla storia di sua madre, divisa tra due spasimanti, oltre che tra la Polonia, la Francia e il campo di Auschwitz. È così che gli eventi presenti e le relazioni del protagonista si intrecciano ai fili della memoria, misteriosi e fragili.
Il falsario di Auschwitz



Tra i libri sulla Shoah troviamo anche Il falsario di Auschwitz di Paul Schiernecker (Newton Compton, traduzione di Micol Cerato e Giulia Zappaterra, in uscita il 14 gennaio). Il romanzo comincia in un Praga sottomessa all’occupazione nazista, dove seguiamo l’amore tra l’affascinante comunista Rose e il tipografo ebreo Georg, il quale comincia a falsificare documenti ufficiali per aiutarla. Entrambi sono deportati ad Auschwitz, ma il loro amore rimane forte anche nell’orrore. Con le sue capacità di falsario Georg riesce infatti a ottenere favori e informazioni su Rose, che nel frattempo è stata spostata a Birkenau. Falsificando il suo stesso tatuaggio riesce a ricongiungersi a lei: è così che il talento di Georg attira l’attenzione dei nazisti, che decidono di servirsene per un’operazione segreta.
Daniel Stein, traduttore



Daniel Stein, traduttore (La nave di Teseo, traduzione di Emanuele Guercett, che torna in una nuova edizione il 21 gennaio) si concentra sulla figura di Daniel Stein, un ragazzo ebreo che riuscì a far scappare trecento ebrei lavorando come traduttore per la Gestapo. La scrittrice russa Ludmila Ulitskaya si serve di testimonianze dirette e indirette, documentazioni e lettere per ripercorrere questa storia vera, tracciando un percorso che si muove dall’Europa orientale all’Israele del dopoguerra, a metà tra biografia, documentario e riflessione sul rapporto tra ebraismo e cattolicesimo.
Il fazzoletto della figlia di Pipino



Rosmarie Waldrop è un’importante poetessa tedesca, autrice de Il fazzoletto della figlia di Pipino (Safarà, traduzione di Cristina Pascotto, prefazione di Ben Lerner), il suo unico romanzo. Protagonisti del libro sono Frederika e Josef Seifert, marito e moglie tra loro molto diversi, costretti a scontrarsi con il terribile piano orchestrato dal Nazionalsocialismo. Riprendendo la leggenda della figlia di Pipino il Breve – che facendo cadere un fazzoletto da un castello fondò la città di Kitzingen, in cui la vicenda si svolge – il libro di Waldrop si interroga sulla possibilità di sfuggire al proprio passato.
A Roma non ci sono le montagne



Ritanna Armeni, giornalista e autrice, ripercorre la storia della Resistenza Romana attraverso l’attentato di via Rasella, avvenuto il 23 marzo 1944 per mano dei Gruppi di azione patriottica. A Roma non ci sono le montagne (Ponte alle Grazie, in libreria dal 14 gennaio) rievoca quei pochi secondi che segnarono la Storia, portando alla morte di 33 soldati tedeschi e all’uccisione di 335 italiani come rappresaglia. L’intento è quello di comprendere e ricordare uno degli episodi più importanti e discussi della Resistenza italiana.


La promessa



Proseguiamo questa selezione di libri sul Giorno della Memoria con La promessa – Una storia di Shoah (traduzione di Sara Arena, in uscita dal 22 gennaio) di Marie de Lattre, posto contestualmente al progetto di rinnovamento della collana di letteratura francese di Edizioni Clichy. Il padre di Marie, Jacques, è un medico diviso tra l’allegria e l’angoscia, abituato a chiudersi nel silenzio quando si parla della sua infanzia. Solo dopo la morte del padre, Marie riceve una busta che spiega il suo passato. Dentro la busta, Marie trova una serie di lettere d’amore e una supplica: “Non dimenticare il bambino”. È così che l’autrice ripercorre la propria storia famigliare fuori dagli schemi, quella che riguarda Jacques e i suoi quattro “genitori”, quattro persone che si sono amate e che con la stessa forza hanno amato quel bambino, lasciandosi con una promessa, poco prima di entrare nel campo di Auschwitz: vegliare su di lui.
La dedica



Anche Miriam Rebhun, autrice di La dedica (Giuntina), racconta la storia personale dell’autrice, alle prese con il passato della sua stessa famiglia: a partire da un messaggio lasciato sulla pagina web dedicata alla memoria di suo zio, Kurt Emanuel Rebhun, Miriam scopre dell’esistenza di una cugina acquisita di settantasei anni, Daphna, che si dichiara figlia di quello zio, morto durante la guerra d’Indipendenza di Israele nel 1948. Alla ricerca di maggiori informazioni su Daphna e sul suo legame con la famiglia, Miriam Rebhun si imbarca quindi per una ricerca appassionante che la conduce da Berlino a Haifa, dalle leggi razziali nell’Europa della Seconda guerra mondiale alla nascita d’Israele.
Il figlio ebreo



Si colloca in questo filone di letture anche l’opera di Daniel Guebel, in libreria con un’opera a metà strada tra autobiografia, narrativa e critica letteraria. Il protagonista di Il figlio ebreo (La nave di Teseo, traduzione di Carlo Alberto Montalto, in uscita il 21 gennaio), infatti, è l’autore stesso, il “figlio” a cui il titolo fa riferimento, diviso tra la rabbia e il dolore causati da un padre violento e l’obbligo a prendersi cura di quel genitore che si sta spegnendo lentamente. In questo libro, Guebel esplora le luci e le ombre della memoria attraverso l’ambiguità del rapporto padre-figlio.
Il numero sul tuo braccio è blu come i tuoi occhi



Passiamo ora a uno dei molti libri sulla Shoah di stampo (auto)biografico: Il numero sul tuo braccio è blu come i tuoi occhi (Newton Compton, traduzione di Marianna Zilio, in uscita il 14 gennaio), scritto dall’autrice tedesca Stefanie Oswalt in dialogo con Eva Umlauf, che in questo libro racconta la sua vera esperienza. Eva è solo una bambina di due anni quando, il 3 novembre 1944, giunge ad Auschwitz, venendo marchiata con il numero A-26959. Al momento della liberazione sua madre è incinta della seconda figlia ed Eva è molto debole a causa della malnutrizione e di altre malattie. Nonostante le difficoltà, però, Eva sopravvive assieme alla madre, trascorrendo gli anni successivi tra flash di memorie e incubi terribili. Solo l’incontro con altri sopravvissuti alla Shoah, tra cui il suo futuro marito, la aiuterà a ricostruire la sua identità perduta.

Quando imparammo la paura



Tra i libri per la Giornata della memoria c’è anche Quando imparammo la paura – Vita di Laura Geiringer sopravvissuta ad Auschwitz (Marsilio, in uscita il 17 gennaio), una biografia redatta da uno dei maggiori esperti della Shoah in Italia, lo scrittore e saggista Frediano Sessi. Partendo dal diario della giovane Laura Geiringer, Sessi racconta il percorso che accomuna molti sopravvissuti all’Olocausto: il timore di non essere creduti, il vano tentativo di ritornare alla normalità, il tormento dei ricordi. In particolare, quelli relativi ai terribili esperimenti che venivano condotti sulle donne ad Auschwitz. Il tentativo è quello di ridare voce alle vite spezzate di Laura e dei suoi famigliari, accanto alle storie perdute di molti altri e di molte altre.
La ballerina di Auschwitz



La dottoressa Edith Eva Eger, sopravvissuta alla Shoah e psicologa, oggi novantasettenne, torna a raccontare la sua dolorosa storia in La ballerina di Auschwitz (Corbaccio, traduzione di Maria Olivia Crosio, pubblicato il 10 gennaio). Già autrice di La scelta di Edith (opera in cui intreccia la sua storia autobiografica alle competenze da psicologa su come superare i traumi e ritornare alla luce), in questo nuovo libro Eger ripercorre nuovamente il suo passato.

Edith ha solo sedici anni quando scopre per la prima volta l’amore e sogna di andare alle Olimpiadi: ha un talento per la danza e un’abilità nella ginnastica, ma niente di tutto ciò la può proteggere dal corso della Storia. Nel 1944 viene deportata ad Auschwitz assieme a tutta la sua famiglia: solo la sorella Magda uscirà assieme a lei da quell’incubo. In queste pagine leggiamo quindi il grido di una ragazza travolta da un Male inimmaginabile, ma capace di rinascere e di continuare a vivere, rimanendo ancora sulle punte…
Crematorio freddo



Tra i libri per il Giorno della Memoria 2025 c’è anche Crematorio freddo – Cronache dalla terra di Auschwitz di József Debreczeni (Bompiani, traduzione di Dóra Várnai, in uscita il 15 gennaio). Scrittore e giornalista ungherese, Debreczeni è sopravvissuto ad Auschwitz, dove è giunto nel 1944, venendo destinato a mesi di lavoro forzato in condizioni disumane. Il “Crematorio freddo” a cui il titolo fa riferimento è il cosiddetto ospedale di Dörnhau, smantellato di forni e camere a gas, dove i nazisti mandavano a morire i prigionieri troppo malati o deboli. Salvato dalle armate russe, nel dopoguerra Debreczeni ha testimoniato la sua esperienza nei campi di lavoro con lucidità e crudezza. Le sue memorie, pubblicate nel 1950 in ungherese, sono ora riscoperte e tradotte.
Mi chiamo Oleg – Sono sopravvissuto ad Auschwitz



Tra i libri autobiografici sulla Shoah troviamo anche Mi chiamo Oleg – Sono sopravvissuto ad Auschwitz (Newton Compton, in uscita il 14 gennaio 2025), scritto da Filippo Boni, studioso del Novecento, autore e giornalista, e Oleg Mandić, nato a Sušac, nell’odierna Croazia, giunto ad Auschwitz a soli undici anni come prigioniero politico, dato che suo padre e suo nonno si erano uniti alla resistenza. Divenuto avvocato e giornalista, Oleg Mandić si è battuto a lungo per la conservazione della memoria: è con questo intento che ha realizzato il suo libro, in cui ripercorre gli episodi più duri e difficili della sua prigionia, fino alla liberazione e al ritorno ad Auschwitz a molti anni di distanza…
Le ragazze della scienza



Le ragazze della scienza di Olivia Campbell (ABOCA, traduzione di Simone Aglan-Buttazzi e Valeria Lucia Gili, in uscita il 24 gennaio) ha come sottotitolo: Come quattro donne sono fuggite dalla Germania nazista e hanno fatto la storia della fisica. La scrittrice e giornalista – già autrice di Le ragazze in camice bianco (Aboca, traduzione di Miriam Falconetti) sulle prime donne medico – riporta alla luce la storia di quattro donne pioniere della fisica, in fuga dalla Germania nazista per via della loro discendenza ebraica: Lise Meitner, Hedwig Kohn, Hertha Sponer e Hildegard Stücklen. La prima fuggì in Svezia, dove scoprì la fissione nucleare, le altre negli Stati Uniti, dove fecero progredire la fisica avanzata nelle università. In ogni caso, attraverso difficoltà e ostacoli, il loro esempio rimane fondamentale per le giovani donne di oggi.
Fotografare la Shoah



Passando invece ai saggi legati al Giorno della Memoria, questo libro indaga la Shoah da una prospettiva diversa, cioè servendosi delle fotografie. Laura Fontana, storica della Shoah ed esperta di didattica, tenta di identificare le immagini più potenti e illuminanti sugli eventi dell’Olocausto, spesso concepito come un evento irrappresentabile e inconcepibile. Fotografare la Shoah. Comprendere le immagini della distruzione degli ebrei (Einaudi, in uscita il 21 gennaio) vuole quindi fare luce sull’oscurità attraverso una serie di fotografie – non direttamente collegate allo sterminio di massa ma capaci di inquadrare avvenimenti preliminari o collaterali al crimine – fondamentali per preservare la memoria e per insegnarci come interpretare le immagini storiche.

SCOPRI LA NOSTRA PAGINA LINKEDIN

Scopri la nostra pagina LinkedIn

Notizie, approfondimenti, retroscena e anteprime sul mondo dell’editoria e della lettura: ogni giorno con ilLibraio.itSeguici su LinkedIn
Noi siamo memoria



Noi siamo memoria di Matteo Corradini (Erickson) è una guida per insegnanti, educatori e genitori, un volume che si prefigge di spiegare il senso del ricordare, proponendo anche attività per la didattica indirizzate a ragazzi e ragazze delle scuole superiori, per renderli più partecipi e consapevoli di quella Storia che loro sentono sempre più lontana.
Un mosaico di silenzi



Giovanni Coco, studioso e archivista all’Archivio Apostolico Vaticano, fa luce su una delle questioni più controverse e dibattute del pontificato di Pio XII: la sua posizione sulla Shoah e il suo silenzio verso nazismo e fascismo. Il saggio Un mosaico di silenzi – Pio XII e la questione ebraica (Mondadori, in uscita a marzo) evidenzia quindi le contraddizioni che hanno segnato l’operato di Papa Eugenio Pacelli durante (e dopo) la Seconda guerra mondiale.
1940



La fuga di un gruppo di artisti e scrittori dalla Germania nazista è al centro di 1940. Il grande esodo della letteratura in fuga da Hitler (Marsilio, traduzione di Francesco Peri, in libreria il 24 gennaio). Il critico e saggista Uwe Wittstock – già autore di Febbraio 1933. L’inverno della letteratura (Marsilio, traduzione di Isabella Amico di Meane e Giovanna Targia) – ricostruisce la fuga per la libertà di un gruppo di intellettuali come Hannah Arendt, Walter Benjamin, Heinrich Mann e tanti altri, rifugiati a Parigi e costretti a scappare nuovamente dopo l’occupazione tedesca. Wittstock riporta così alla luce la figura di Varian Fry, giornalista statunitense che ha messo a repentaglio la sua vita per aiutare la loro fuga clandestina.
Individuo e destino



Individuo e destino – La Germania e i suoi filosofi tra due guerre (Il Mulino, in uscita il 10 gennaio), saggio di Stefano Poggi, non tratta strettamente della Shoah, ma permette di identificare il contesto culturale, e soprattutto filosofico, della Germania del primo dopoguerra. Tra i temi fondamentali di quegli anni c’è soprattutto quello del destino, segnato dall’oscurità e dall’incertezza verso il futuro. Si delinea così il fato della Germania, destinato a sconvolgere l’intera civiltà occidentale.
Storia di Tova – La bambina di Auschwitz



Arriviamo quindi ai libri sulla Shoah dedicati a bambini e ragazzi: Storia di Tova – La bambina di Auschwitz (Newton Compton, traduzione di Paola Vitale, in uscita il 21 gennaio) è la storia dell’attivista e testimone dell’Olocausto Tova Friedman, internata ad Auschwitz a soli cinque anni. Arricchito dalle illustrazioni di Manuel Sumberac, in questo libro Friedman ripercorre la sua vita, dai giorni del ghetto ebraico alla sua partenza per gli Stati Uniti, alla ricerca di un nuovo inizio.
Mouschi, il gatto di Anna Frank



In uscita il 14 gennaio, Mouschi, il gatto di Anna Frank – Una bambina, un nascondiglio, un amico a sorpresa (De Agostini, traduzione di Sara Cavarero, illustrazioni di Danuta Wojciechowska, prefazione di Frediano Sessi) di José Jorge Letria racconta la storia della famiglia Frank attraverso gli occhi di un gatto randagio, Mouschi, giunto nel loro nascondiglio segreto. Uno spazio silenzioso in cui però c’è grande spazio per l’amore e per i sogni, soprattutto nelle pagine del diario della giovane Anna, una semplice ragazza che spera un giorno di trovare il suo posto nel mondo.
Casa libera tutti



Tra i libri sulla Giornata della Memoria 2025 c’è anche Casa libera tutti – I bambini di Sciesopoli sopravvissuti alla Shoah (Salani, in uscita il 14 gennaio) di Lorenza Cingoli, scrittrice, sceneggiatrice e autrice televisiva scomparsa nel 2023. Il romanzo si sofferma sulla casa-comunità di Sciesopoli, sulle prealpi bergamasche, in cui nel dopoguerra trovarono rifugio i bambini orfani scampati alla persecuzione nazista. La protagonista è Nina, alla ricerca, come gli altri bambini e bambine, di solidarietà, amicizia e speranza.
Così siamo diventati fratelli



Un libro che celebra l’amicizia tra due ragazzi, accomunati dallo stesso difficile destino: Così siamo diventati fratelli. L’amicizia che salvò Sami e Piero (Mondadori, illustrazioni di Eleonora De Pieri). Quando nel 1944 Sami Modiano e Piero Terracina si incontrano nel campo di Birkenau, hanno perso tutte le persone a loro care: possono contare solo sulla loro amicizia. A raccontare la loro storia è lo stesso Sami Mondiano, assieme a Marco Caviglia, ripercorrendo anche il loro incontro a cinquant’anni di distanza dalla Liberazione e il loro percorso di testimonianza.
Il treno della memoria



Nel gennaio 2005, Paolo, un diciottenne del Sud Italia, arriva ad Auschwitz per la prima volta, rimanendo segnato per sempre. Da quel momento sarà lui a guidare molti gruppi di giovani sul Treno della Memoria, da Berlino a Cracovia e fino al campo di di Auschwitz-Birkenau. Il treno della memoria – Un viaggio per diventare i testimoni di domani (De Agostini, in uscita il 14 gennaio) ripercorre le emozioni dei ragazzi e delle ragazze davanti alle ferite del Novecento, in un percorso che dal passato risuona anche nel loro presente, cambiando profondamente ognuno dei protagonisti, tra dubbi, lacrime e amicizie.

21.1.14

anche un violino ha strorie da raccontare e da suonare I violini dell'Olocausto salvati dall'amore di un liutaio ( Amnon Weinstein ) . Suoneranno al Parco della Musica di roma nel Giorno della Memoria


Anzi che mettere le solite ed arcinote musiche sull'olocausto \ shoah che sicuramente sentirete e vedrete i video su i social ( facebook in particolare ) e visto che il violino è uno strumento itinerante . Ma soprattutto esso è un simbolo per gli ebrei infatti : << Il violino, "fidl" in yiddish, è lo strumento simbolico, (con il clarinetto subito dopo...) della musica klezmer, musica tradizionale degli ebrei dell'Europa orientale, prima che la loro civiltà venisse definitivamente cancellata dai barbari nazisti, con la "Khurbn" (catastrofe in yiddish..)Ora questa musica e la lingua yiddish suonano come echi e ricordi nostagici di un mondo sommerso e irrimediabilmente scomparso, il mondo degli shtetl, un mondo senza frontiere, lo Yiddishland... " Kh hob shoyn lang, shoyn zeyer lang, nisht gehert keyn fidl klang..." cioè," E' da molto , veramente da molto, che non sentivo il suono di un violino..." cosi' cantava il poeta e cantore popolare del ghetto di Cracovia, Mordechai Gebirtig,( assassinato dai nazisti in una strada del ghetto di Cracovia il 4 giugno 1942)...questi violini faranno rivivere per un attimo, chi li suonava, i klezmorim professionisti o dilettanti,dello Yiddishland e di altrove...Anche se poi il genere klezmer diffuso in tutto il mondo è ancora ben vivo...Mazel tov ! >>  (  da l'amico  che  Guido Atzeni che ringrazio vivamente  ) ho deciso di mettere questa canzone
Il fabbricante dei Sogni - Modena City Ramblers

leggo sull'unione  sarda Edizione di lunedì 20 gennaio 2014 - Cultura   questa  notizia  

Suoneranno al Parco della Musica nel Giorno della Memoria I violini dell'Olocausto salvati dall'amore di un liutaio C'è un uomo che da anni esercita la sua attività di liutaio con una missione precisa, ritrovare i tanti violini che sono andati dispersi durante l'Olocausto. «Per me la musica è speranza», spiega l'israeliano Amnon Weinstein, che con tenacia e passione è riuscito a tirar fuori dall'oblio molti strumenti in uso all'epoca della Shoah. Violini che, se non parlano, di certo possono ancora suonare le loro storie. E che il 27 gennaio, per il Giorno della Memoria, torneranno a suonare insieme all'Auditorium Parco della Musica di Roma per un grande concerto gratuito organizzato dall'Unione delle comunità ebraiche italiane insieme con l'Università ebraica di Gerusalemme e l'Associazione BrainCircleItalia, con l'alto patronato della Presidenza della Repubblica e l'egida della Presidenza del Consiglio.«La musica per me rappresenta la speranza. Ecco perché tutti i progetti che facciamo sono sempre
http://www.iviolinidellasperanza.it/#home
rivolti ai giovani, per educarli anche a preservare la memoria», dice Weinstein. Da qui anche il titolo scelto per il concerto, (“I violini della speranza”) nel quale suoneranno 12 dei suoi violini e un violoncello. «Dopo tanti anni di lavoro, di studio e di incontri con le persone di tutto il mondo - racconta - il pensiero continua ad andare agli ebrei perseguitati dal nazismo. Molti di loro, mentre camminavano nel lager verso le camere a gas, hanno ricevuto in dono qualche minuto di speranza e di umanità: era la musica del violino che li accompagnava. Quella è stata l'ultima voce che hanno ascoltato prima di morire».Il lavoro a ritroso nel tempo, scavando in una memoria dolorosa, è qualcosa che per il liutaio israeliano ha radici antiche e familiari: è molto di più di un semplice restauro, è qualcosa che ha a che fare con la dignità dell'uomo. «Ho iniziato questo lavoro grazie a mio padre Moshe Weinstein, musicista e restauratore di violini - spiega. Lui acquistò alcuni degli strumenti della Israel Philarmonic Orchestra, che nel 1936 Bronislav Hubermann e Arturo Toscanini fondarono per salvare dalla morte i musicisti ebrei».



Incuriosito ecco cosa  ho trovato cercando in rete     questi link  

dall'account  del protagonista https://www.facebook.com/amnon.weinstein.9



Il mastro liutaio Amnon Weinstein  (   foto  sopra   al centro  )   ha speso gli ultimi 20 anni della sua vita a cercare e restaurare violini che erano appartenuti a musicisti ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale. Il suo importante lavoro è un tributo alla resistenza dello spirito umano, ma anche un omaggio ai suoi parenti morti nell’Olocausto.
Amnon sa poco di questi membri della sua famiglia, a parte il fatto che restarono in Europa mentre i suoi genitori immigrarono in Palestina nel 1938. Dopo la guerra, suo padre Moshe Weinstein, musicista rinomato e restauratore di violini con bottega a Tel Aviv, venne a sapere che 400 dei suoi parenti erano stati uccisi durante l’Olocausto. Il dolore di questa scoperta gli causò il primo attacco di cuore. Da allora si rifiutò di parlare di ciò che era successo. Quando Amnon chiese a sua madre qualche notizia sulla sua famiglia, lei aprì un libro sull’Olocausto. “Questa è la tua famiglia” disse indicando una delle fotografie. Scoppiò a piangere e fu incapace di aggiungere altro.
Da ragazzo Amnon tentò di dimenticare la tragedia che lo privò di tanti suoi parenti, vicini e lontani. Si tenne impegnato con la carriera di liutaio – fabbricante e riparatore di strumenti a corde, sulle orme del padre, che aveva lanciato un gran numero di giovani violinisti nella loro carriera. Amnon sognava di avere lo stesso impatto sulla vita musicale in Israele. Dopo l’apprendistato dal padre, si trasferì a Cremona per imparare i segreti degli artigiani locali, che hanno fatto la storia della musica per violino:gli Amati, I Guarnieri , gli Stradivari.
Quando Moshe morì nel 1986, Amnon proseguì il suo lavoro e cominciò a insegnare il mestiere al figlio Avshalom ,che potrebbe diventato il primo liutaio di terza generazione nella storia di Israele. Da allora, Amnon si è affermato come uno dei migliori liutai del mondo e come importante figura della cultura israeliana, insieme alla moglie Assi, nota giornalista e figlia di uno dei fratelli Bielski, i protagonisti del film Defiance.
Malgrado gli sforzi di Amnon per ignorare l’Olocausto, il ricordo rimosso continuava a perseguitarlo. Finché, negli anni ’80, uno dei sopravvissuti dell’Orchestra di Auschwitz entrò nel suo negozio per far riparare un violino che voleva donare al nipote. Quando Amnon aprì lo strumento trovò della cenere all’interno, probabilmente proveniente dai forni crematori .“Fu uno choc,-confessa-: ma all’epoca non mi volevo occupare di questo genere di cose: troppo doloroso”.
Apartire dagli anni 90’, quando iniziò ad insegnare al figlio Avshalom la sua arte, Amnon si sentì finalmente pronto per reclamare l’eredità perduta. Cinquant’anni dopo lo sterminio della sua famiglia si mise a a riflettere non solo sull’Olocausto,ma sul ruolo che la musica, specialmente il violino, aveva avuto nelle vite degli ebrei durante quel periodo buio. Cominciò così a cercare e restaurare violini che erano stati suonati da musicisti ebrei durante l’Olocausto.
La sua collezione di strumenti può essere divisa in 4 categorie.
Nel primo gruppo ci sono i violini e violoncelli che appartenevano a persone di cui si conosce il nome e a volte anche l’aspetto, grazie a documenti e fotografie. Alcuni di loro sono sopravvissuti alla Guerra perché erano capaci di suonare: intrattenevano i nazisti, o furono scelti per accompagnare i deportati nel loro cammino verso le camere a gas. I Nazisti pensavano così di beffare i condannati. E invece quell’ultimo suono che i deportati udirono, costituì un estremo messaggio di bellezza, e di speranza. I suonatori ebrei ne erano consapevoli, come erano consapevoli che la musica offriva loro una chance di ritardare la propria morte.
Del secondo gruppo fanno parte gli strumenti sopravvissuti alla SecondaGuerra Mondiale, di cui non si conosce l’identità dei proprietari,molti dei quali smisero di suonare dopo l’emigrazione, nella maggior parte dei casi approdando in America. Alcuni di quegli strumenti furono messi via e dimenticati per anni, fino a quando qualcuno non li trovò in qualche soffitta o garage, ricostruendone la storia.
Il terzo gruppo ha a che fare con la “Israel Philarmonic Orchestra”(IPO), fondata nel 1936 da Bronislav Hubermann e Arturo Toscanini.Furono portati in Palestina dalla prima generazione di membri dell’IPO. Che, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, venuti a conoscenza delle atrocità perpetrate dai nazisti, si rifiutarono di suonare strumenti prodotti in Germania. Alcuni li demolirono, altri li vendettero a Moshe Weinstein, minacciando a volte di bruciarli se non li avesse comprati.
Del quarto gruppo fanno parte alcuni violini decorati con la Stella di David, che probabilmente appartennero a musicisti Klezmer, che li suonavano ai matrimoni e alle feste. Purtroppo i tedeschi li confiscarono senza registrarne la proprietà, ed è quindi impossibile risalire alla storia di chi li possedette.
Un solo strumento Amnon si è sono rifiutato di restaurare, un violino che all’interno aveva incisa la scritta “Hail Hitler 1936” e una svastica. Presumibilmente era appartenuto a un musicista ebreo,che lo portò a restaurare nel 1936 nella bottega di un nazista, il quale per disprezzo volle incidere il saluto e la simbolo delle SS.

Per molti violinisti, la musica non fu più un’opzione dopo la guerra. Alcuni rifiutarono di suonare di nuovo. Ma per altri il suono del violino, che tanto assomiglia alla voce dei Cantori nelle sinagoghe,rimpiazzò la preghiera, si sostituì alla religione, perché come era possibile credere in Dio dopo quello che era successo? E la musica rimase l’ultimo, inconsapevole tramite tra l’uomo e il divino.
Questa sera i Violini della Speranza suonano a Roma per la prima volta,portando un nuovo tassello alla loro storia. L’Italia ha un importante collegamento anche musicale con il popolo ebraico.Sull’Arco di Tito un rilievo riproduce gli strumenti musicali portati a Roma dai prigionieri ebrei in catene, dopo la distruzione del Tempio. E si dice che il violino fu inventato a Cremona, da ebrei scappati dalla Spagna dopo l’espulsione del 1492. Nella storia, i più grandi violinisti sono stati gli italiani, e gli ebrei.
Le note di questi violini cementano un rapporto millenario tra i due popoli, e portano un messaggio di speranza e di pace che, partendo dall’Olocausto, vuole essere di monito all’umanità tutta perché lo sterminio di un popolo non si ripeta mai più.

Note biografiche
Nato in Palestina nel 1938 da un violinista e una pianista di Vilna, Amnon Weinstein è famoso internazionalmente come Mastro Liutaio ed è coinvolto nell’organizzazione di concerti e progetti che riguardano il violino in tutto il mondo. Lavora con artisti e orchestre sia inIsraele che all’estero.
Weinstein suona la tromba e la viola e ha imparato quest’arte fin dall’infanzia, da suo padre. Ha studiato per tre anni a Cremona,con famosissimi maestri come Pietro Sgarabotto, Giuseppe Ornati e Ferdinando Garimberti. Ha anche studiato a Parigi con il famoso Etienne Vatelot.
Ha vinto la medaglia d’oro ed il certificato di eccellenza per il suono del violino a Salt Lake City; è membro dell’Ente Internazionale “Maitres Luthiers et Archetiers D’Art, del“Groupement des Luthiers et Archetiers d’Arts” in Francia edella “Violin Society of America”. Ha fatto parte della giuria nella gara dei Fabbricanti di violini a Salt Lake City nel 1998, del Concorso “Etienne Vatelot” a Parigi nel 2004. Si è aggiudicato il prestigioso premio “Ole Bull” in Norvegia nel 2007. In qualità di fondatore dei corsi Keshet Eilon per artigiani del violino, ha diretto un atelier per mastri liutai e ha tenuto molte conferenze sulla storia dello strumento, la sua fabbricazione e la sua cura.
La collezione di “Violins of Hope” consiste oggi in 50 violini,ognuno con la sua storia. Sono stati suonati in sinagoghe, chiese e sale concerto a Gerusalemme, Istanbul, Parigi, Londra, Sion(Svizzera), e a Charlotte nella Carolina del Nord.
Amnon Weinstein è protagonista di due films: “Il viaggio di Amnon” e“I violini in tempo di guerra”, e di un documentario su Bronislav Hubermann e la Israel Philarmonic Orchestra..

da    http://www.iviolinidellasperanza.it/#home


Per l’occasione suoneranno insieme, per la prima volta in Italia, dodici violini e un violoncello sopravvissuti alla Shoah, ciascuno con la sua storia drammatica, ritrovati e restaurati dal liutaio israeliano Amnon Weinstein. Il concerto avrà luogo nella Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica di Roma con inizio alle ore 20.00.
Il concerto, ideato e organizzato dalla giornalista Viviana Kasam, presidente di Brain Circle Italia, con Marilena Citelli Francese, è stato reso possibile per le generose donazioni della Edmond J. Safra Foundation e di Bolton Group e con il contributo di Ferrovie dello Stato e Unipol. Sarà diffuso in diretta televisiva da Rai 5 e in web streaming in tempo reale, in modo da poter raggiungere il pubblico in tutto il mondo e renderlo partecipe del messaggio di unione e pace che vuole trasmettere.
Ospiti eccezionali della serata i violinisti solisti Shlomo Mintz, ebreo e israeliano, Cihat Askin, turco e musulmano, e Francesca Dego, italiana di madre ebrea - 46 membri della sua famiglia non fecero ritorno dai campi di sterminio nazisti - ridaranno voce ai violini della Shoah. Insieme a loro un giovane violinista albanese, musulmano convertito al cattolicesimo, Ermir Abeshi e, presenza altamente simbolica, il violoncellista tedesco Alexander Hülshoff che suonerà il violoncello appartenuto a David Popper, figlio del Cantore del Ghetto di Praga, trucidato dai nazisti il 19 gennaio 1945.
Storie diverse, origini diverse e diverse religioni per trasmettere un unico messaggio di vitalità e di speranza nel linguaggio universale della musica, in un momento ideale di dialogo e fratellanza.



l'ultimo    http://www.lastampa.it/2011/07/11/cultura/l-uomo-che-suonai-violini-della-memoria-FIzs6AYzBoBpW0dSANasKM/pagina.html

(....)
Strumento errante, dunque, il violino ha accompagnato i destini di tanti, verso lo sterminio. A volte, ha suonato nel fango gelido dei campi di concentramento, per appagare le orecchie delicate degli ufficiali delle SS, che volevano buona musica in quel loro inferno. «I tedeschi confiscarono agli ebrei migliaia di violini, viole, violoncelli. Alcuni erano strumenti di pregio, il meglio della qualità italiana». Molti, quelli meno pregiati, più «casalinghi», portavano una o più stelle di Davide incise nel legno.
Di questi strumenti perduti nella Shoah va

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...