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15.11.21

Johnny, clochard italiano in riva alla Darsena di Milano: «Vivo grazie all’aiuto di rider e venditori di rose



dopo   quella  raccontata     qui   su  queste  pagine ecco  Ancora   un altra storia  ai margini 

 corriere della sera 10 novembre 2021 | 07:46


Johnny, clochard italiano in riva alla Darsena di Milano: «Vivo grazie all’aiuto di rider e venditori di rose» La gara di solidarietà dei lettori
Johnny, 31 anni, senzatetto dopo la morte dei genitori, ha perso il lavoro interinale e non riesce a pagare l’affitto: «Conciato così non mi prendono neanche per fare il lavapiatti». Vive accanto al distributore di sigarette in piazza XXIV Maggio per chiedere le monetine del resto: «Mi negano anche i centesimi». E per una doccia dai frati c’è la lista d’attesa di un mese


                             di Andrea Galli






Vita e sopravvivenza di Johnny, italiano 31enne, senza più famiglia, casa e lavoro, stanziale dalle 20 all’alba davanti al distributore di sigarette in corso di Porta Ticinese, prima della Darsena, di fronte al McDonald’s.
Questa la sua storia, questa la sua Milano.



«A volte le cose vanno veloci. Con me, sono andate velocissime. Figlio unico, papà morto di infarto a 57 anni, mamma morta di tumore nel giugno 2020. Avevano una piccola impresa nel tessile: crisi del settore, chiusura, debiti che si sono mangiati i risparmi, casa in affitto che è rimasta una casa in affitto. Non mi piaceva studiare ma non mi sono adagiato a fare il bamboccione: sono stato muratore, ho fatto lunga esperienza nei calzaturifici, ho fatto facchinaggio, traslochi, e via elencando. Nella fase finale della malattia di mia madre sono restato a spasso: c’era la pandemia ma già cominciavano a non rinnovare i contratti prima. Con le agenzie interinali funziona così, hai il periodo di prova, il primo step, il secondo, il terzo, fin quando ti tocca il tempo indeterminato e ti salutano. Avanti il prossimo sfigato, nuovo giro dell’oca. L’affitto costava 600 euro più le spese; l’ultimo mio stipendio era di 800 euro. Ho tirato e tirato, ma alla lunga mi hanno mandato via. Parenti? Qualcuno, in lontane zone d’Italia, ma per orgoglio, per dignità, preferisco non chiedere aiuto. Non voglio farmi vedere conciato così e infatti ok la foto, ma tengo giù il cappuccio... Abitavo nell’hinterland, ma se devo stare per strada tanto vale farlo qui sui Navigli. I locali, i soldi. Ho scelto di fermarmi vicino al distributore, chiedo le monete di resto. Chi abita qui, dopo un po’ sbuffa: «Se mollo un euro di elemosina ogni giorno, fumare mi costa un capitale». Ma non generalizziamo: il titolare del ristorante pugliese mi regala da mangiare. Il signore del negozio di scarpe è cortese. Questi di fianco, invece, piuttosto il cibo che avanza lo buttano nel cesso. I ristoranti asiatici lasciamo perdere, nemmeno una sigaretta danno... Per fortuna ho l’amico del Bangladesh. Vende cappelli di Inter e Milan, le statuette del Duomo, quelle cose lì. Il mattino prende una brioche per me. Cascasse il pianeta. I venditori di rose, se avanzano dei centesimi li allungano. Quelli del McDonald’s mi fanno andare in bagno. Mi pulisco al lavandino. Del resto ho la doccia il 27».
In che senso? «Nel senso che, tanti siamo e tante sono le procedure per il Covid, che la lista d’attesa alle docce pubbliche è infinita. Ho addosso le stesse mutande da una settimana. Le scarpe non le tolgo da un mese. Tra le scarpe sformate e i piedi conciati dal freddo, il rischio è che se le levo poi non mi entrano
più. E comunque te le rubano. Motivo per cui nei dormitori non ci vado. Ti portano via tutto, pure gli occhi se non stai attento. Gente che delira, chi schiatta, quello che ti salta addosso… Chiaro, dormo all’aperto, ma lo faccio dalle sette in avanti, quando fa meno freddo. Di notte, meglio stare in piedi».
Tre rider sostano, chiacchierano, ridono tra loro. «Con ’sti cristiani sono in debito. Quando hanno un ordine che torna indietro, perché magari la pizza del fighetto di turno non era bollente e quello non la vuole più, la dividono tra di noi. Dico “noi”: siamo una marea. Hai visto in Darsena? Una marea invisibile. A me non mi vedi dormire. Mi imbosco. Più che altro imbosco la roba: l’altra volta stavo sul tram e mi hanno fregato le salviette umidificate, quelle dei bambini. Sono essenziali, riesci a lavarti un minimo. Anche se adesso arriviamo al vero problema».
Quale? «Ti giuro amico, i locali della zona li ho girati tutti. Per come sono messo, pulirei anche i cessi con le mani. Ma puzzo come una carogna, si capisce che non c’ho una casa, passo per uno non affidabile, e manco a fare il lavapiatti riesco… Mi basterebbe davvero poco, con venti euro ci campo pure quattro, cinque giorni. Però non è il punto. Il punto è che servirebbe un mestiere un attimo stabile, così da avere uno stipendio per un posto letto. Sincerità per sincerità, ho delle denunce per delle risse, robe di strada, di disperazione, ma non ho mai fatto male a nessuno. Non nascondo che quando mi risveglio, circondato dal casino, dalle occasioni — e certo, amico, le occasioni — mi dico, Dio santo, Dio santissimo, ora punto quella passante, le rubo qualsiasi cosa... Invece no, mi calmo, cammino... Ci sono servizi per i poveri ma certi servizi devi prenotarli al telefono e non ce l’ho un cellulare... Ci aiutiamo, tra di noi. Lì in Darsena un altro ragazzo di strada mi ha regalato la cintura. Mi cascavano i pantaloni. Li avevo chiesti in parrocchia, ero disperato, mi avevano dato quelli che avevano. Larghissimi. Pochi giorni fa mi scappava, stavo in una zona di ressa, non c’erano angoli, in un locale non mi facevano entrare manco pregando, non avevo gli spicci per un caffè… Vicino ai palazzi, se gli abitanti mi vedevano chiamavano la polizia… Insomma, mi sono pisciato addosso. Io quella doccia del 27 la sogno più del pane. Pulito, magari qualcuno mi concederà una possibilità. Fidati: me la saprei giocare con chiunque».

21.1.14

anche un violino ha strorie da raccontare e da suonare I violini dell'Olocausto salvati dall'amore di un liutaio ( Amnon Weinstein ) . Suoneranno al Parco della Musica di roma nel Giorno della Memoria


Anzi che mettere le solite ed arcinote musiche sull'olocausto \ shoah che sicuramente sentirete e vedrete i video su i social ( facebook in particolare ) e visto che il violino è uno strumento itinerante . Ma soprattutto esso è un simbolo per gli ebrei infatti : << Il violino, "fidl" in yiddish, è lo strumento simbolico, (con il clarinetto subito dopo...) della musica klezmer, musica tradizionale degli ebrei dell'Europa orientale, prima che la loro civiltà venisse definitivamente cancellata dai barbari nazisti, con la "Khurbn" (catastrofe in yiddish..)Ora questa musica e la lingua yiddish suonano come echi e ricordi nostagici di un mondo sommerso e irrimediabilmente scomparso, il mondo degli shtetl, un mondo senza frontiere, lo Yiddishland... " Kh hob shoyn lang, shoyn zeyer lang, nisht gehert keyn fidl klang..." cioè," E' da molto , veramente da molto, che non sentivo il suono di un violino..." cosi' cantava il poeta e cantore popolare del ghetto di Cracovia, Mordechai Gebirtig,( assassinato dai nazisti in una strada del ghetto di Cracovia il 4 giugno 1942)...questi violini faranno rivivere per un attimo, chi li suonava, i klezmorim professionisti o dilettanti,dello Yiddishland e di altrove...Anche se poi il genere klezmer diffuso in tutto il mondo è ancora ben vivo...Mazel tov ! >>  (  da l'amico  che  Guido Atzeni che ringrazio vivamente  ) ho deciso di mettere questa canzone
Il fabbricante dei Sogni - Modena City Ramblers

leggo sull'unione  sarda Edizione di lunedì 20 gennaio 2014 - Cultura   questa  notizia  

Suoneranno al Parco della Musica nel Giorno della Memoria I violini dell'Olocausto salvati dall'amore di un liutaio C'è un uomo che da anni esercita la sua attività di liutaio con una missione precisa, ritrovare i tanti violini che sono andati dispersi durante l'Olocausto. «Per me la musica è speranza», spiega l'israeliano Amnon Weinstein, che con tenacia e passione è riuscito a tirar fuori dall'oblio molti strumenti in uso all'epoca della Shoah. Violini che, se non parlano, di certo possono ancora suonare le loro storie. E che il 27 gennaio, per il Giorno della Memoria, torneranno a suonare insieme all'Auditorium Parco della Musica di Roma per un grande concerto gratuito organizzato dall'Unione delle comunità ebraiche italiane insieme con l'Università ebraica di Gerusalemme e l'Associazione BrainCircleItalia, con l'alto patronato della Presidenza della Repubblica e l'egida della Presidenza del Consiglio.«La musica per me rappresenta la speranza. Ecco perché tutti i progetti che facciamo sono sempre
http://www.iviolinidellasperanza.it/#home
rivolti ai giovani, per educarli anche a preservare la memoria», dice Weinstein. Da qui anche il titolo scelto per il concerto, (“I violini della speranza”) nel quale suoneranno 12 dei suoi violini e un violoncello. «Dopo tanti anni di lavoro, di studio e di incontri con le persone di tutto il mondo - racconta - il pensiero continua ad andare agli ebrei perseguitati dal nazismo. Molti di loro, mentre camminavano nel lager verso le camere a gas, hanno ricevuto in dono qualche minuto di speranza e di umanità: era la musica del violino che li accompagnava. Quella è stata l'ultima voce che hanno ascoltato prima di morire».Il lavoro a ritroso nel tempo, scavando in una memoria dolorosa, è qualcosa che per il liutaio israeliano ha radici antiche e familiari: è molto di più di un semplice restauro, è qualcosa che ha a che fare con la dignità dell'uomo. «Ho iniziato questo lavoro grazie a mio padre Moshe Weinstein, musicista e restauratore di violini - spiega. Lui acquistò alcuni degli strumenti della Israel Philarmonic Orchestra, che nel 1936 Bronislav Hubermann e Arturo Toscanini fondarono per salvare dalla morte i musicisti ebrei».



Incuriosito ecco cosa  ho trovato cercando in rete     questi link  

dall'account  del protagonista https://www.facebook.com/amnon.weinstein.9



Il mastro liutaio Amnon Weinstein  (   foto  sopra   al centro  )   ha speso gli ultimi 20 anni della sua vita a cercare e restaurare violini che erano appartenuti a musicisti ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale. Il suo importante lavoro è un tributo alla resistenza dello spirito umano, ma anche un omaggio ai suoi parenti morti nell’Olocausto.
Amnon sa poco di questi membri della sua famiglia, a parte il fatto che restarono in Europa mentre i suoi genitori immigrarono in Palestina nel 1938. Dopo la guerra, suo padre Moshe Weinstein, musicista rinomato e restauratore di violini con bottega a Tel Aviv, venne a sapere che 400 dei suoi parenti erano stati uccisi durante l’Olocausto. Il dolore di questa scoperta gli causò il primo attacco di cuore. Da allora si rifiutò di parlare di ciò che era successo. Quando Amnon chiese a sua madre qualche notizia sulla sua famiglia, lei aprì un libro sull’Olocausto. “Questa è la tua famiglia” disse indicando una delle fotografie. Scoppiò a piangere e fu incapace di aggiungere altro.
Da ragazzo Amnon tentò di dimenticare la tragedia che lo privò di tanti suoi parenti, vicini e lontani. Si tenne impegnato con la carriera di liutaio – fabbricante e riparatore di strumenti a corde, sulle orme del padre, che aveva lanciato un gran numero di giovani violinisti nella loro carriera. Amnon sognava di avere lo stesso impatto sulla vita musicale in Israele. Dopo l’apprendistato dal padre, si trasferì a Cremona per imparare i segreti degli artigiani locali, che hanno fatto la storia della musica per violino:gli Amati, I Guarnieri , gli Stradivari.
Quando Moshe morì nel 1986, Amnon proseguì il suo lavoro e cominciò a insegnare il mestiere al figlio Avshalom ,che potrebbe diventato il primo liutaio di terza generazione nella storia di Israele. Da allora, Amnon si è affermato come uno dei migliori liutai del mondo e come importante figura della cultura israeliana, insieme alla moglie Assi, nota giornalista e figlia di uno dei fratelli Bielski, i protagonisti del film Defiance.
Malgrado gli sforzi di Amnon per ignorare l’Olocausto, il ricordo rimosso continuava a perseguitarlo. Finché, negli anni ’80, uno dei sopravvissuti dell’Orchestra di Auschwitz entrò nel suo negozio per far riparare un violino che voleva donare al nipote. Quando Amnon aprì lo strumento trovò della cenere all’interno, probabilmente proveniente dai forni crematori .“Fu uno choc,-confessa-: ma all’epoca non mi volevo occupare di questo genere di cose: troppo doloroso”.
Apartire dagli anni 90’, quando iniziò ad insegnare al figlio Avshalom la sua arte, Amnon si sentì finalmente pronto per reclamare l’eredità perduta. Cinquant’anni dopo lo sterminio della sua famiglia si mise a a riflettere non solo sull’Olocausto,ma sul ruolo che la musica, specialmente il violino, aveva avuto nelle vite degli ebrei durante quel periodo buio. Cominciò così a cercare e restaurare violini che erano stati suonati da musicisti ebrei durante l’Olocausto.
La sua collezione di strumenti può essere divisa in 4 categorie.
Nel primo gruppo ci sono i violini e violoncelli che appartenevano a persone di cui si conosce il nome e a volte anche l’aspetto, grazie a documenti e fotografie. Alcuni di loro sono sopravvissuti alla Guerra perché erano capaci di suonare: intrattenevano i nazisti, o furono scelti per accompagnare i deportati nel loro cammino verso le camere a gas. I Nazisti pensavano così di beffare i condannati. E invece quell’ultimo suono che i deportati udirono, costituì un estremo messaggio di bellezza, e di speranza. I suonatori ebrei ne erano consapevoli, come erano consapevoli che la musica offriva loro una chance di ritardare la propria morte.
Del secondo gruppo fanno parte gli strumenti sopravvissuti alla SecondaGuerra Mondiale, di cui non si conosce l’identità dei proprietari,molti dei quali smisero di suonare dopo l’emigrazione, nella maggior parte dei casi approdando in America. Alcuni di quegli strumenti furono messi via e dimenticati per anni, fino a quando qualcuno non li trovò in qualche soffitta o garage, ricostruendone la storia.
Il terzo gruppo ha a che fare con la “Israel Philarmonic Orchestra”(IPO), fondata nel 1936 da Bronislav Hubermann e Arturo Toscanini.Furono portati in Palestina dalla prima generazione di membri dell’IPO. Che, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, venuti a conoscenza delle atrocità perpetrate dai nazisti, si rifiutarono di suonare strumenti prodotti in Germania. Alcuni li demolirono, altri li vendettero a Moshe Weinstein, minacciando a volte di bruciarli se non li avesse comprati.
Del quarto gruppo fanno parte alcuni violini decorati con la Stella di David, che probabilmente appartennero a musicisti Klezmer, che li suonavano ai matrimoni e alle feste. Purtroppo i tedeschi li confiscarono senza registrarne la proprietà, ed è quindi impossibile risalire alla storia di chi li possedette.
Un solo strumento Amnon si è sono rifiutato di restaurare, un violino che all’interno aveva incisa la scritta “Hail Hitler 1936” e una svastica. Presumibilmente era appartenuto a un musicista ebreo,che lo portò a restaurare nel 1936 nella bottega di un nazista, il quale per disprezzo volle incidere il saluto e la simbolo delle SS.

Per molti violinisti, la musica non fu più un’opzione dopo la guerra. Alcuni rifiutarono di suonare di nuovo. Ma per altri il suono del violino, che tanto assomiglia alla voce dei Cantori nelle sinagoghe,rimpiazzò la preghiera, si sostituì alla religione, perché come era possibile credere in Dio dopo quello che era successo? E la musica rimase l’ultimo, inconsapevole tramite tra l’uomo e il divino.
Questa sera i Violini della Speranza suonano a Roma per la prima volta,portando un nuovo tassello alla loro storia. L’Italia ha un importante collegamento anche musicale con il popolo ebraico.Sull’Arco di Tito un rilievo riproduce gli strumenti musicali portati a Roma dai prigionieri ebrei in catene, dopo la distruzione del Tempio. E si dice che il violino fu inventato a Cremona, da ebrei scappati dalla Spagna dopo l’espulsione del 1492. Nella storia, i più grandi violinisti sono stati gli italiani, e gli ebrei.
Le note di questi violini cementano un rapporto millenario tra i due popoli, e portano un messaggio di speranza e di pace che, partendo dall’Olocausto, vuole essere di monito all’umanità tutta perché lo sterminio di un popolo non si ripeta mai più.

Note biografiche
Nato in Palestina nel 1938 da un violinista e una pianista di Vilna, Amnon Weinstein è famoso internazionalmente come Mastro Liutaio ed è coinvolto nell’organizzazione di concerti e progetti che riguardano il violino in tutto il mondo. Lavora con artisti e orchestre sia inIsraele che all’estero.
Weinstein suona la tromba e la viola e ha imparato quest’arte fin dall’infanzia, da suo padre. Ha studiato per tre anni a Cremona,con famosissimi maestri come Pietro Sgarabotto, Giuseppe Ornati e Ferdinando Garimberti. Ha anche studiato a Parigi con il famoso Etienne Vatelot.
Ha vinto la medaglia d’oro ed il certificato di eccellenza per il suono del violino a Salt Lake City; è membro dell’Ente Internazionale “Maitres Luthiers et Archetiers D’Art, del“Groupement des Luthiers et Archetiers d’Arts” in Francia edella “Violin Society of America”. Ha fatto parte della giuria nella gara dei Fabbricanti di violini a Salt Lake City nel 1998, del Concorso “Etienne Vatelot” a Parigi nel 2004. Si è aggiudicato il prestigioso premio “Ole Bull” in Norvegia nel 2007. In qualità di fondatore dei corsi Keshet Eilon per artigiani del violino, ha diretto un atelier per mastri liutai e ha tenuto molte conferenze sulla storia dello strumento, la sua fabbricazione e la sua cura.
La collezione di “Violins of Hope” consiste oggi in 50 violini,ognuno con la sua storia. Sono stati suonati in sinagoghe, chiese e sale concerto a Gerusalemme, Istanbul, Parigi, Londra, Sion(Svizzera), e a Charlotte nella Carolina del Nord.
Amnon Weinstein è protagonista di due films: “Il viaggio di Amnon” e“I violini in tempo di guerra”, e di un documentario su Bronislav Hubermann e la Israel Philarmonic Orchestra..

da    http://www.iviolinidellasperanza.it/#home


Per l’occasione suoneranno insieme, per la prima volta in Italia, dodici violini e un violoncello sopravvissuti alla Shoah, ciascuno con la sua storia drammatica, ritrovati e restaurati dal liutaio israeliano Amnon Weinstein. Il concerto avrà luogo nella Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica di Roma con inizio alle ore 20.00.
Il concerto, ideato e organizzato dalla giornalista Viviana Kasam, presidente di Brain Circle Italia, con Marilena Citelli Francese, è stato reso possibile per le generose donazioni della Edmond J. Safra Foundation e di Bolton Group e con il contributo di Ferrovie dello Stato e Unipol. Sarà diffuso in diretta televisiva da Rai 5 e in web streaming in tempo reale, in modo da poter raggiungere il pubblico in tutto il mondo e renderlo partecipe del messaggio di unione e pace che vuole trasmettere.
Ospiti eccezionali della serata i violinisti solisti Shlomo Mintz, ebreo e israeliano, Cihat Askin, turco e musulmano, e Francesca Dego, italiana di madre ebrea - 46 membri della sua famiglia non fecero ritorno dai campi di sterminio nazisti - ridaranno voce ai violini della Shoah. Insieme a loro un giovane violinista albanese, musulmano convertito al cattolicesimo, Ermir Abeshi e, presenza altamente simbolica, il violoncellista tedesco Alexander Hülshoff che suonerà il violoncello appartenuto a David Popper, figlio del Cantore del Ghetto di Praga, trucidato dai nazisti il 19 gennaio 1945.
Storie diverse, origini diverse e diverse religioni per trasmettere un unico messaggio di vitalità e di speranza nel linguaggio universale della musica, in un momento ideale di dialogo e fratellanza.



l'ultimo    http://www.lastampa.it/2011/07/11/cultura/l-uomo-che-suonai-violini-della-memoria-FIzs6AYzBoBpW0dSANasKM/pagina.html

(....)
Strumento errante, dunque, il violino ha accompagnato i destini di tanti, verso lo sterminio. A volte, ha suonato nel fango gelido dei campi di concentramento, per appagare le orecchie delicate degli ufficiali delle SS, che volevano buona musica in quel loro inferno. «I tedeschi confiscarono agli ebrei migliaia di violini, viole, violoncelli. Alcuni erano strumenti di pregio, il meglio della qualità italiana». Molti, quelli meno pregiati, più «casalinghi», portavano una o più stelle di Davide incise nel legno.
Di questi strumenti perduti nella Shoah va

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