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3.3.25

il mio carnevale da dietro le quinte

 colonna  sonora        


Quest'anno ho preferito fare il  carnevale   dall'interno a differenza degli altri anni che lo guardavo  da casa o in giro , oppure se ispirato sfilavo con guppi estemporanei e ad andavo a ballare mascherato o meno, non dico tutta la sei giorni  , ma almeno nei tre giorni principali cioè giovedi sabato o domenica e martedi a volte la sera a volte la sera viste le mie condizioni fisiche ( congiuntivite e problemi resiratori allora si poteva fumare dentro i locali ) e cefalea e problemi d'udito ( volume troppo alti e troppa confusione ) .
io con alcuni  del  gruppo   dal  gruppo  di watsapp

 Quest'anno  ho   lavorato con la classe 76 ( da noi i comitati delle feste sono gli anni di nascita ) per organizzare a settembre sant isidoro la 2 festa dell'estate \ autunno di tempio . Per le regole non scritte fra le classi chi fa la festa grande cioè quella del santo patrono fa una sola cosa ( panini + il pranzo alla cittadinanza e agli artisti ed il loro staff il giorno della festa ) e sant'isidoro un'altra ( dolci e salati + pranzo ai gruppi ospiti ed artisti ) .

 


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 Ognuno di  noi  aveva un detterminato compito come si vede dal mio video girato un momento di poca affluenza . il mio ero quello di prendere le ordinazioni dai clienti e portare le fritelle o le bibite al banco  oppure se il turno era occupato da altri andare in magazzino   e portare gli ingredienti per l'impasto , le bibite , ecc .
Mi sono divertito tantissimo .Tali   iniziative  sono   sentissime  . Ecco   ecco la testimonianza un mio amico trapianto ormai in alta italia ma sempre legato al paese . che per tre giorni ha preso tre giorni di permesso dal lavoro e un aereo ,

 Ciao ragazzi.....vado via con più di una lacrimuccia, ma con il cuore ricco di un'esperienza unica! È un'esperienza che difficilmente riesci a raccontare, perché solo vivendola riesci a percepire quelle emozioni che sono impossibili da trasformare in parole. Vi ringrazio dal primo all'ultimo...... perché ognuno di voi mi ha dato e lasciato qualcosa! E vi prometto che farò di tutto per esserci anche in future altre occasioni! A presto....💙 PS: non sono riuscito a salutare tutti....scusatemi 🙏 e di cui ha riportato un vieo migliore del mio .



io non ci sono perchè ero già andato vià ero con una caviglia dolorante .Un gruppo  molto  affiatato  in quanto in esso   c'è riuscito a  conciliare  il godersi la  sei  giorni (  sfilando  nei  carri  o  andando  a ballare  )    con  il  lavoro  per   la  festa    e  il  lavoro   quotidiano  ed  impegni familiari . La  giornata    d'ieri è  stata bellissima  perchè  oltre   ai  fidali     usciti dalla  sfilata  ,  sono   venuti ad aiutarci mogli  e  mariti    egli stessi  ,  che  magari fanno   la   festa     di  sant isidoro o di  san  paolo l'anno  dopo    di noi  ,  o l'hanno  fatte  gli anni  passati  .  Le attività  della Classe   sono  come  dice   un altra  fidale   <<  per me un’esperienza… riscoprirci dopo tanti anni, conoscerci e apprezzare una piacevole sintonia, seppur nel lavoro, ha aggiunto una tessera importante nella mia vita, e penso anche nella vita di ognuno di voi. >> e  come  lei  mi dispiace aver perso l’occasione della festa più importante, cioè quella     del  2020 anno  del covid ( unica classe   a  non aver fatto la  festa   grande  )  ma credo che con questa la più piccola,  ma  altrettanto sentita  dal paese  , e  la  grande  collaborazione   che   abbiamo  tra  noi  saremo in grado di ricordare per sempre il nostro anno di nascita.  Con  grande  orgolio siamo , per  parafrasare  la   colonna   sonora  d'oggi , una  grande   famiglia    che   :  litiga  e fa  pace  ,   si prende  in  giro   , si  ma si vuole  bene in fondo  .  

18.4.11

Il sopravvissuto di Nassirya: «Tradito dall'Esercito, vado via» Il caporalmaggiore Federico Boi

Unione sarda  16\4\2011

Vive a Senorbì, frazione di Arixi, presta servizio a Cagliari e ha partecipato alle missioni in Kosovo, Iraq e Afghanistanl caporalmaggiore Federico Boi congedato per ragioni fisiche: sono contento di non aver più rapporti con certe persone

Sabato 16 aprile 2011
DAL NOSTRO INVIATO
PAOLO PAOLINI

ARIXI La strage di Nassirya è un angolo buio tra i pensieri di Federico Boi. 

Il caporalmaggiore sopravvissuto al tritolo che ha fatto a pezzi diciannove compagni d'armi è diventato suo malgrado un santino da esibire nella festa delle Forze armate o negli studi tv. «Ora basta, vado via dalla Brigata Sassari». Congedato per ragioni fisiche, finalmente. «Dopo l'attentato la mia vita in divisa era diventata terribile, l'Esercito dava l'impressione di avercela con me. Detto con onestà: sono contento di non avere più a che fare con certe persone».
Dall'Iraq all'Afghanistan e nell'inferno kosovaro, non s'è mai tirato indietro. Sul corpo e nell'anima le cicatrici delle guerre che una bugia consolidata ha nobilitato al rango di missioni di pace. «Hanno chiuso tutte le porte, una dietro l'altra. Niente più trasferte per me perché la psicologa - anche se non ho mai avuto il piacere di incontrarla - era contraria. Partecipavo all'addestramento, ma al momento della partenza me lo impedivano. Mi hanno lasciato indifeso: davanti agli attacchi dei giornalisti, dei registi, e di chi non aveva idea di cosa significasse la guerra. Non voglio la medaglia d'oro e non la chiederò mai. Per la Brigata Sassari ero un testimonial, riacquistavo un ruolo solo davanti alle telecamere: “Signore e signori, ecco uno dei sopravvissuti di Nassiriya”. Mi telefonavano dal Comando: “Domani devi essere a Roma”, una volta lì mi spedivano in tivù”. A telecamere spente non valevo più nulla».
Specializzato nel calibrare i missili anti carrarmato, al rientro dall'Iraq ha chiesto e ottenuto una nuova qualifica: «Mi hanno inserito nel nucleo comando: furiere, autista e responsabile delle cucine da campo. Ero un vagabondo, senza destinazione. Ripetevano: “Non sappiamo come reagiresti con un'arma in mano”. Allora perché a Cagliari mi inserivate nei turni delle guardie armate?».
A Nassirya cosa non ha funzionato?
«I grandi capi durante i processi hanno giurato che la protezione era sufficiente. Peccato che avessimo la base nel centro del paese, una scelta che non garantiva la sicurezza. Scarseggiavano anche le protezioni legali: non eravamo assicurati contro gli attentati terroristici».
Quindi?
«Dall'orecchio destro non sento quasi nulla, ho una bella cicatrice e la mano s'inceppa, schiena e gambe si rattrappiscono col freddo, mi sveglio di soprassalto mentre rivivo quei momenti. Robetta che mi è stata liquidata con ventiquattromila euro».
In quei giorni fradici di retorica vi chiamavano eroi.
«Non so dire quanto abbiano gradito i colleghi morti. L'Esercito mi ha dato l'encomio solenne. Eroe non mi sento, non voglio esserlo e non lo auguro a nessuno. Quel maledetto giorno mi sono svegliato nell'ospedale da campo degli americani e nel braccio avevo il cartellino con scritto deceased , deceduto. Un cartoncino plastificato pungeva il braccio e mi ha svegliato: erano più spaventati i medici di me. In quattro si sono avventati con la mascherina dell'ossigeno e le flebo. I primi ufficiali italiani li ho visti dopo tante, troppe ore».
L'ultimo incarico?
«Mi hanno offerto - perché lo prevede la legge - un ruolo in ufficio, ma sarei dovuto restare a Cagliari, nella caserma Monfenera. Preferivo cambiare vita. Volevo il trasferimento. Quando ho capito che non sarebbe mai arrivato, ho fatto una scelta».
Ripagata con una ricca buonuscita?
«Un medico legale ha accertato il triplo dell'invalidità stabilita dai suoi colleghi militari. Oggi l'unico beneficio che mi dà la legge sono dieci anni di anzianità da sommare agli undici che ho maturato, così avrò forse qualche centinaio di euro di pensione».
L'hanno avvertita del rischio uranio impoverito?
«In undici anni di esercitazioni ho visto sparare solo proiettili depotenziati, però non posso essere certo di quello che utilizzavano in zone di guerra. La percentuale dei militari che si sono ammalati è bassissima, da ignorante potrei pensare che fossero geneticamente predisposti».
Anche nel poligono di Quirra?
«Ho letto che il procuratore di Lanusei sta chiedendo l'elenco delle armi utilizzate dagli aerei stranieri, e forse lì qualche sorpresa potrebbe esserci».
Perché si è arruolato?
«Sono figlio di militare e ho sempre avuto la passione per la divisa. Nel 2000 non c'era lavoro, dovevo fare il servizio di leva per centosettantamila lire al mese. Mi è piaciuto e ho deciso di restare, credo che questo lavoro mi abbia fatto crescere».
La prima ragione che spinge ad andare in guerra?
«Le missioni ti fanno guadagnare soldi e punteggio per ottenere un contratto a tempo indeterminato. Volevo costruirmi un futuro. In Kosovo siamo andati a sistemare un Paese che avevano rotto, tenendo separati i serbi dai kosovari. Dovevamo costruire scuole, portare l'acqua. In Iraq avevamo lo stesso spirito, ma la situazione era diversa».
Ma non era una missione di pace?
«Sì, puntini puntini».
La guerra contro Gheddafi è fatta per il petrolio?
«È un conflitto politico. Tutti dicono: siamo costretti a partecipare, ma poi sgomitano per essere in prima fila: chi primo arriva meglio alloggia ».
Rischi per la Sardegna?
«C'è sempre un margine di incertezza. Un missile lanciato dalla Libia può sempre sfuggire al controllo e finire, chessò, nel centro di Cagliari, magari al Poetto».
Crede nel mantra della destra americana, cioè esportare la democrazia armi in pugno?
«Gli arabi sono molto diversi da noi, non gli si può imporre la nostra logica a suon di bombe».
Quanto conta la politica nella carriera?
«Siamo pedine nelle loro mani, sono i politici a decidere linee e strategia».
Che lavoro farà?
«Mi butto in politica o faccio il giornalista, almeno potrò punzecchiare gli altri senza pagare pegno».
ppaolini@unionesarda.it

complottismo e fake news perchè la gente ci crede

  come  anticipato  nella  chiusura  del  post  precedente  : <<   le  paure  ed  i  dubbi  inutili  , insieme al  complottismo e  dis...