la nuova saregna 15\10\2025
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
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15.10.25
«Aiutare è una scelta egoistica lo fai per gli altri ma lo fai anche per te »Ugo Bressanello da maneger di successo a a fondatore dell'ong domus de luna
26.8.25
Moglie e marito a 80 anni in camper da Bassano del Grappa a Shanghai: «In Uzbekistan si è rotto il frigo, la polizia turistica ci ha trovato l'officina e ha voluto pagare le riparazioni»
da https://corrieredelveneto.corriere.it/notizie/vicenza/cronaca/ 25 agosto 20025
In 143 giorni hanno attraversato 20 Paesi e percorso oltre 32.000 chilometri: «L'accoglienza? Ovunque fantastica. Noi europei pensiamo di essere i migliori ma siamo molto indietro»
«Sono innamorato di Marco Polo da quando sono bambino. E ho sempre voluto seguire le sue orme, vedere quello che ha visto lui, anche se ottocento anno dopo». Così Aldo Serraiotto, classe 1946, racconta le origini di un sogno diventato realtà: percorrere la Via della Seta, da Bassano del Grappa fino a Shanghai. Un’idea maturata nel tempo, frenata dalla pandemia, ma mai accantonata.
«Bastava un piccolo errore per finire tutto»
Con lui, sua moglie Anna Vaccaro, 77 anni, che di questa avventura è stata prima scettica, poi protagonista coraggiosa e appassionata. «Ero contraria. Non parliamo le lingue, non siamo tecnologici e, diciamolo, l’età è quella che è. Ma alla fine mi sono lasciata convincere. E dal 2 aprile abbiamo iniziato il nostro viaggio in camper». In 143 giorni hanno attraversato 20 Paesi, percorso oltre 32.000 chilometri e superato montagne, deserti e confini burocratici. Un’impresa che ha poco a che fare con l’età, e molto con lo spirito. Il loro mezzo, un camper Cartago più pesante della media, è diventato casa, confine e rifugio. Ma anche passaporto umano, capace di attirare incontri, aiuti e gesti inaspettati. Come quella volta sul Pamir, la mitica catena montuosa dell’Asia Centrale: salite sterrate a 4.600 metri, strade che diventano sentieri. «Tratti dove bastava un piccolo errore per finire tutto: il viaggio e anche qualcos’altro» racconta Anna «30 centimetri a destra c’era il fiume, a sinistra le rocce. Ma mio marito era tranquillissimo e voleva arrivare in cima. E ci è riuscito».
L'ospite è sacro
Quel tratto di strada tagikista, con il fiume Panj a fare da confine naturale con l’Afghanistan, è stato forse il simbolo più evidente di un viaggio dove ogni confine era insieme ostacolo e soglia. Ma a sostenere i due viaggiatori non sono state solo le gomme del camper, bensì le persone incontrate lungo la strada. «In Uzbekistan, dopo buche e salti, è saltato l’impianto elettrico. Freezer e frigorifero fuori uso, dove c’erano le nostre provviste, anche il pasticcio portato da casa! Sarebbe stato un disastro perdere tutto. Eppure anche in quel frangente siamo stati aiutati. La polizia turistica ci ha portato in un’officina super moderna. Dopo tre ore di lavoro, volevamo pagare, e loro: “No, siete ospiti, grazie a voi che venite qui”». Episodi simili si ripetono, ovunque: «In Iran siamo stati ospiti per quattro giorni a casa di un signore, che aveva anche perso il lavoro. Ma lì l’ospite è sacro: ci ha voluto offrire sempre colazione, pranzo e cena a casa. E la sera arrivavano i parenti, per fare festa. In Italia sarebbe impensabile» riflette Anna, con una lucidità che suona anche come rimprovero dolce a un’Europa che spesso ha dimenticato cosa sia l’accoglienza. «Abbiamo scoperto un’umanità che qui è scomparsa. Noi europei pensiamo di essere i migliori, ma in realtà siamo molto, molto indietro».
Con i figli a Pechino
Le emozioni si rincorrono, chilometro dopo chilometro, fino al culmine d’inizio giugno, nel giorno del loro cinquantesimo anniversario di matrimonio. Sono a Shanghai, fuori dalla chiesa di Sant’Ignazio. Piove. Anna entra: «Vedo mia figlia. Mi abbraccia. Penso: sto impazzendo. Poi vedo mio figlio. In un attimo, mi convinco che è un’allucinazione. E invece erano lì davvero, con noi. Ho dovuto abbracciarli, toccarli con le dita per capire che erano loro, in carne e ossa. Sono rimasti con noi una settimana e, insieme, abbiamo viaggiato da Shanghai a Pechino, per 1300 chilometri. Avevano fatto la patente cinese, abbiamo cambiato la targa del mezzo e passeggiato lungo la muraglia cinese. Questa sorpresa, architettata da loro con mio marito, è stata in assoluto l’emozione più grande della mia vita. Mai e poi mai mi sarei aspettata una cosa così». Anche il ritorno è stato un’avventura. Il momento dell’arrivo, sabato 23 agosto, è andato ben oltre le aspettative: «Siamo stati accolti in modo trionfale, anche troppo. C’erano il vicesindaco, le autorità di Cassola e di Bassano. A Castelfranco Veneto ci ha ricevuto il sindaco Stefano Marcon, che ha fatto un discorso bellissimo. Poi via, direzione Bassano. Arrivati lì, sono ammutolita: c’era un mare di gente. Avevano allestito un gazebo con porchetta, formaggi, vino e prosecco. Ci siamo fermati fino alle 21 a salutare e abbracciare amici». E ora? «Dormire nel mio letto mi è sembrato strano» sorride Anna.
6.4.25
targa speciale degi alfieri della repubblica a una classe del Parini di Torino «Con gli occhi e un puntatore comunichiamo con il nostro compagno disabile»
Lo so che dovrebbe essere una storia normale , ma in un paese in cui i ragazzi d'origine straniera , nati e che crescono qui , no hanno ancora pieni diritti , fa si che tale storia sia : « [...] Storia diversa per gente normale \ storia comune per gente speciale [...] » ( cit De Andreiana ) . Infatti enti bambini della attuale VB della scuola elementare Parini di Torino, tutti con background migratorio, sono stati nominati Alfieri della Repubblica con una targa dal Presidente Sergio Mattarella .
«So che il riconoscimento di Alfiere è individuale, ma nel percorso di crescita che queste bambine e bambini realizzano ogni giorno, come futuri cittadini italiani e del mondo, non posso sceglierne uno solo», ha scritto l’insegnante di sostegno Giorgia Rossino, segnalando la sua classe al Quirinale. «Io li guardo non solo con l’amore di una maestra, ma con la speranza nel futuro che loro possono regalare, nonostante tutti gli orrori che molti di loro sono costretti a sopportare».
La notizia della nomina è trapelata nei giorni scorsi, diventata ufficiale con il comunicato della Presidenza della Repubblica. «È una storia eccezionale, unica, per le condizioni di questo bambino – commenta Massimo Cellerino, preside dell’Ic Torino II -, ma al contempo è anche esemplificativa del lavoro che le maestre fanno ogni giorno in questo istituto comprensivo per accogliere la diversità in ogni sua forma, che sia linguistica, culturale o fisica».
Una storia che il Quirinale ha voluto premiare «per aver dato valore alla pluralità». Accanto ai 29 riconoscimenti per comportamenti individuali, il Presidente Mattarella ha conferito alla VB una delle 4 targhe per premiare azioni collettive di giovani e giovanissimi, anch’esse espressione dei valori di solidarietà, inclusione e accoglienza.
«I bambini della VB provengono da ogni parte del mondo: Marocco, Egitto, Bangladesh, Senegal, Perù e Cina. Ciascuno di loro, pur avendo alle spalle vissuti talvolta complicati, si prende cura con amore e dedizione di un compagno di classe con disabilità», è scritto nella motivazione ufficiale. «Tutti hanno imparato a usare il puntatore oculare con cui lui comunica, tutti sanno cosa può e cosa non può mangiare o bere il compagno. Nei corridoi si scatenano con la sedia a rotelle spronandolo con il loro affetto genuino e proteggendolo da sguardi o parole indiscreti. A scuola stanno imparando una delle lezioni più preziose: il valore della diversità e della pluralità».
L’Ic Torino II ha in media il 75% di alunni «nuovi italiani», con punte tra l’80 e il 90% nel plesso Parini di corso Giulio Cesare in zona Aurora. «I nostri alunni sono dei piccoli grandi eroi perché senza le stesse possibilità di altri compiono giornalmente, insieme ai loro genitori, piccoli grandi miracoli», commentano le maestre ancora frastornate dal riconoscimento. «A scuola coltiviamo l’educazione civica tutti i giorni, non solo parlando ma dando l’esempio di civiltà, democrazia, partecipazione e rispetto per l’essere umano di qualunque colore sia».
3.3.25
il mio carnevale da dietro le quinte
Quest'anno ho preferito fare il carnevale dall'interno a differenza degli altri anni che lo guardavo da casa o in giro , oppure se ispirato sfilavo con guppi estemporanei e ad andavo a ballare mascherato o meno, non dico tutta la sei giorni , ma almeno nei tre giorni principali cioè giovedi sabato o domenica e martedi a volte la sera a volte la sera viste le mie condizioni fisiche ( congiuntivite e problemi resiratori allora si poteva fumare dentro i locali ) e cefalea e problemi d'udito ( volume troppo alti e troppa confusione ) .
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| io con alcuni del gruppo dal gruppo di watsapp |
Quest'anno ho lavorato con la classe 76 ( da noi i comitati delle feste sono gli anni di nascita ) per organizzare a settembre sant isidoro la 2 festa dell'estate \ autunno di tempio . Per le regole non scritte fra le classi chi fa la festa grande cioè quella del santo patrono fa una sola cosa ( panini + il pranzo alla cittadinanza e agli artisti ed il loro staff il giorno della festa ) e sant'isidoro un'altra ( dolci e salati + pranzo ai gruppi ospiti ed artisti ) .
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Ognuno di noi aveva un detterminato compito come si vede dal mio video girato un momento di poca affluenza . il mio ero quello di prendere le ordinazioni dai clienti e portare le fritelle o le bibite al banco oppure se il turno era occupato da altri andare in magazzino e portare gli ingredienti per l'impasto , le bibite , ecc .
Mi sono divertito tantissimo .Tali iniziative sono sentissime . Ecco ecco la testimonianza un mio amico trapianto ormai in alta italia ma sempre legato al paese . che per tre giorni ha preso tre giorni di permesso dal lavoro e un aereo ,
io non ci sono perchè ero già andato vià ero con una caviglia dolorante .Un gruppo molto affiatato in quanto in esso c'è riuscito a conciliare il godersi la sei giorni ( sfilando nei carri o andando a ballare ) con il lavoro per la festa e il lavoro quotidiano ed impegni familiari . La giornata d'ieri è stata bellissima perchè oltre ai fidali usciti dalla sfilata , sono venuti ad aiutarci mogli e mariti egli stessi , che magari fanno la festa di sant isidoro o di san paolo l'anno dopo di noi , o l'hanno fatte gli anni passati . Le attività della Classe sono come dice un altra fidale << per me un’esperienza… riscoprirci dopo tanti anni, conoscerci e apprezzare una piacevole sintonia, seppur nel lavoro, ha aggiunto una tessera importante nella mia vita, e penso anche nella vita di ognuno di voi. >> e come lei mi dispiace aver perso l’occasione della festa più importante, cioè quella del 2020 anno del covid ( unica classe a non aver fatto la festa grande ) ma credo che con questa la più piccola, ma altrettanto sentita dal paese , e la grande collaborazione che abbiamo tra noi saremo in grado di ricordare per sempre il nostro anno di nascita. Con grande orgolio siamo , per parafrasare la colonna sonora d'oggi , una grande famiglia che : litiga e fa pace , si prende in giro , si ma si vuole bene in fondo .
1.12.24
Nella nuova Notre-Dame la luce spegne lo spirito ., la storia di Mino Cargiver che in sedia a rotelle aiuta gli anziani ., la Rivoluzione educativa in Trentino Alto Adige .,
Le linee guida si traducono in una serie di regole pratiche che i docenti sono invitati a seguire. Tra queste, spicca la decisione di limitare a due le verifiche nello stesso giorno, una misura che mira a ridurre la pressione sugli studenti. Inoltre, è stato stabilito un divieto all'assegnazione di compiti a sorpresa al di fuori dell’orario scolastico, una pratica che spesso genera ansia e stress tra gli alunni. Queste modifiche rappresentano un passo importante verso un’educazione più equilibrata, in cui il tempo libero e il riposo vengono valorizzati.
e forse con l'aggiunta dell' integrazione fra la storia e cultura nazionale con la storia e la cultura delle regioni avremo non solo una riduzione dell'analfabetismo giovanile e la riduzione dell'abbandono scolastico
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leggere anche
Notre Dame a Parigi riapre dopo 5 anni: ecco i punti salienti della ricostruzione (msn.com)
Tra poco riapre dopo quasi 5 anni d restauro la cattedrale di Notre Dame di Parigi . E già iniziano le polemiche sul restauro . Mah secondo il mio parere da profano ( non sono un laureato in storia dell'arte e non ho fatto nè il liceo artistico nè l'accademia ) vedendo le immagini mi sembra un ottimo e sublime restauro . Non concordo con chi dice << Nella nuova Notre-Dame la luce spegne lo spirito. [...] Ora Notre-Dame è rinata, dopo l'incendio del 15 e 16 aprile del 2019. C'è chi parla di «circa 700» e chi di «846 milioni di euro»: tanto è costato il recupero di questo bene inalienabile della Storia e della Cultura. Inalienabile ma anche, par di capire dalle prime immagini disponibili, ristrutturabile, come uno stadio o un negozio. Ieri il presidente Macron lo ha visitato, a bocca aperta, in anteprima, in attesa della consacrazione del nuovo altare in programma per il 7 dicembre. «È sublime», ha detto, e poi: «è stata riparata, reinventata, ricostruita». Ha ragione. Chapeau, naturalmente,alle migliaia di persone che vi hanno lavorato, con le mani e con i bonifici, ma Macron ha ragione anche in negativo: nella nuova Notre-Dame c'è qualcosa di eccessivo, di ridondante, di troppo. È la luce. La luce che appiattisce lo spirito, il mistero, l'introspezione. La luce che non sa più di chiesa, ma di museo, di esposizione, di catalogo della bellezza. La nuova Notre-Dame non potrebbe più essere la casa di Quasimodo, il deforme figlio del Diavolo e di una strega, il trovatello adottato (e poi angariato) dall'arcidiacono Frollo. Nell'ipermoderno restyling manca il buio medievale che fu il ghostwriter di Victor Hugo. >> ( da https://www.ilgiornale.it/news/cronaca-internazionale/nella-nuova-notre-dame-luce-spegne-spirito-2405553.html ) Ora se uno ha studiato la storia dell'arte , almeno le basi , dovrebbe ricordare che nello stile gotico è la luce ed la penombra sono la fonte del mistero e della spiritualità ed dell'introspezione che ciascuno di noi credente o meno cerca . Quindi questo restauro non l'ha snaturata . Anzi il contrario . Non ha tolto nulla dell'originale e del fascino che ogni uno di noi ha provato ( sottoscritto compreso ) alla sua vista prima del famigerato incendio del 2019 . . Infatti come dice sergio scoppolini al commento su msn.it dell'articolo citato de il giornale
Forse sarebbe meglio leggere d meno Hugo e studiare un po' più il Gòtico. La cattedrale gotica è nella logica dei costruttori il Paradiso stesso. E' i luogo della Luce divina. Per capire il gotico bisogna studiare il platonismo della scuola di Chartres, la metafisica della luce di Roberto Grossatesta, il lavoro dell'Abate Sugerio a Saint Denis. La luce è il Gotico stesso. Certo l'oscurità e lo sporco dei secoli fanno molto "pittoresco", ovviamente piaceva ai romantici come Hugo, ma sono l'opposto stesso del Gotico, Chi, con un po' di intelligenza si chieda cosa siano i strani segni sul piazzale antistante a Notre Dame potrebbe scoprire che segnano le fondamenta delle casupole che un tempo occupavano il luogo, potrebbe, con un po' di fantasia. immaginare l'impressione che una persona del XIV secolo poteva avere uscendo da quel dedalo di viuzze sudice ed oscure fino a vedere il maestoso bianco immacolato della gigantesca facciata della Cattedrale. Dalla terra al Cielo, dal fragile mondo dell'uomo al Paradiso stesso. Ed entrati, ecco l'eterea verticalità, l'armonia assoluta delle proporzioni, la luce sfolgorante delle vetrate. Il Dio "totalmente altro" dei mistici medioevali che svelava il suo volto.Le grandi vetrate policrome del Gotico non sono solo l'abile gioco di brillanti artigiani, sono il tentativo di rappresentare con la policromia del "Lumen Divino" la maestà stessa di Dio e la gloria del Regno.Questo di Notre Dame è un restauro "glorioso", cancella secoli di sporcizia e ci rende lo splendore che videro i suoi costruttori. Quella che io chiamo "estetica della sozzura", e che i soliti critici di ogni restauro chiamano "spiritualità", "atmosfera", mistero, è purtroppo per loro, solo esibizione d'ignoranza e volgare gusto d'effetti drammatici.
Quindi concludendo , parlo da profano , s'evitato di ridurre un pezzo di storia quasi millenario a un guscio vuoto ad uso e consumo del turismo di massa - mordi e fuggi armato di Iphone , smartphone , ecc , con suoi miliardi di selfie
16.9.24
c'è chi rinuncia e chi no. Dopo la morte di Luca Salvadori arriva un bellissimo gesto da parte dei suoi avversari nel campionato National Trophy 1000: non scenderanno in pista nelle ultime due gare stagionali in modo da far vincere il titolo al compianto pilota e youtuber e chi no
di cosa stiamo parlando Chi era Luca Salvadori?
A trentadue anni, Luca Salvadori, figlio del noto produttore Maurizio Salvadori di Milano, aveva combinato la sua carriera come pilota con quella di creatore e youtuber di grande successo. Aveva accumulato 500.000 follower su Instagram e quasi 600.000 abbonati al suo canale Youtube. Come pilota professionista, Salvadori aveva debuttato nel 2009 nel Campionato Italiano Velocità. Dopo alcune stagioni di progressione, tra il 2010 e il 2015 aveva preso parte a numerosi tornei in Stock 600 e Superstock 1000, migliorando costantemente i suoi risultati, compreso un podio nel Campionato Europeo del 2013.Tra il 2016 e il 2018, questa persona ha partecipato a competizioni nazionali e internazionali, terminando frequentemente tra i leader, sebbene senza ottenere vittorie significative. Nel 2023, ha fatto il suo ingresso nel Motomondiale con il team Pramac Racing, nella categoria MotoE, ma problemi di salute gli hanno impedito di terminare la stagione, pur classificandosi al 17° posto. Questo corridore era noto per la sua partecipazione a corse su strada, considerate tra le più rischiose al mondo.
I rivali di Luca Salvadori non correranno le prossime gare: “Così vincerà il campionato che
sognava”Dopo la morte di Luca Salvadori arriva un bellissimo gesto da parte dei suoi avversari nel campionato National Trophy 1000: non scenderanno in pista nelle ultime due gare stagionali in modo da far vincere il titolo al compianto pilota e youtuber milanese.
La prematura morte del pilota e youtuber Luca Salvadori ha sconvolto il mondo del motociclismo. In seguito alla notizia della scomparsa dovuta ad un'incidente durante una gara su strada valida per l'International Road Racing di scena a Frohburg, in Germania, appassionati, piloti e amici (compreso il campione in carica della MotoGP Pecco Bagnaia) hanno voluto rendere omaggio alla memoria del 32enne milanese affidando i propri sentimenti a post, messaggi e storie, sui propri profili social.Luca Salvadori infatti oltre ad essere molto conosciuto nell'ambiente era anche molto amato e rispettato per le abilità di guida ma anche per il suo modo di comunicare, offrendo il punto di vista del pilota, che ha avvicinato tantissime persone a questo sport. Amato e rispettato anche dagli avversari, tanto che proprio da quest'ultimi arriva uno dei gesti più nobili fatti nei suoi confronti.
Luca Salvadori e i festeggiamenti col suo team dopo una vittoria lo scorso giugno da| https://www.fanpage.it/sport/motori/i-rivali-di-luca-salvadori-non-correranno-le-prossime-gare-cosi-vincera-il-campionato-che-sognava/ |
17.8.24
Marco Pinosa sindaco di Lusevera ( udine ) dona 35 frigoriferi ai carcerati, un gesto che parte da lontano: «È un modo per sdebitarmi. In carcere ho capito cosa vuol dire essere privati della libertà
Ecco la vicenda trovata su msn.it
Il primo cittadino ha dato vita a un'iniziativa lodevole: ha aderito alla raccolta fondi e si è fatto così carico dell'intera somma necessaria all'acquisto di 35 frigoriferi per i detenuti in carcere: 5.250 euro, che saranno investiti nell’operazione anti canicola.
Un frigo per ogni cella, questo lo slogan dell'iniziativa. Un gesto che parte da lontano, precisamente dal 1980, anno in cui Pinola è stato detenuto nello stesso carcere a causa di un'irregolarità nel porto d'armi, per otto giorni. Il sindaco ha avuto modo di sdebitarsi, nei pochi giorni in carcere Pinosa ha capito cosasignifica essere privati della libertà.
35 frigoriferi per i detenuti
Il Sindaco Mario Pinosa ha rilasciato delle dichiarazioni a la Repubblica, spiegando come il suo gesto sia stato un modo per sdebitarsi: «Non appena liberato mi ripromisi di fare qualcosa per quel carcere. Rimasi in via Spalato soltanto 8 giorni, ma mi bastarono per capire cosa vuol dire essere privati della libertà. Scoprii un mondo diverso, che non avrei mai immaginato di conoscere. Ero terribilmente avvilito, ma i compagni con cui dividevo la cella non smisero mai di confortami». Un impegno che Pinosa si è preso 44 anni fa e che ha mantenuto.
Il carcere
Il Sindaco ha spiegato l'incoveniente che gli è costato la reclusione per otto giorni, al centro c'è la sua grande passione, la pistola da tiro a segno: «Era ed è la mia grande passione. L’avevo appena comprata e, non vedevo l’ora di andare al poligono a provarla. A due mesi di distanza da quando avevo portato tutti i documenti per il rinnovo del porto d’armi in Questura, a Udine, telefonai all’ufficio armi per sapere a che punto fosse la pratica e mi fu risposto che era tutto a posto e che mancava solo il visto del responsabile per consegnarmi la documentazione. Questione di ore, insomma». Successivamente è arrivata la disattenzione fatale: «Il sabato mattina richiamai, ma non rispose nessuno.
Essendo stato rassicurato sulla regolarità delle carte, decisi comunque di andare al poligono di Udine. Lì, consegnai l’arma per il consueto controllo di polizia e fornii anche copia dei documenti portati in Questura. Ottenuto il via libera, mi dedicai ai tiri. Alla fine della gara, però, lo stesso poliziotto mi disse che doveva portarmi in Questura, perché, non avrei dovuto muovermi da casa con la pistola senza avere ricevuto il porto d’armi. Questo, mi disse, mi sarebbe costato una contravvenzione. Ma andò peggio. In Questura si presentò un anziano poliziotto che, mortificato, mi spiegò che in quel frangente, era il periodo della Brigate Rosse: qualche giorno più tardi avrebbero ucciso Vittorio Bachelet, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, le disposizioni sui controlli di armi e porto d’armi erano rigidissime e che, di conseguenza, era costretto a portarmi in carcere. Mi crollò il mondo addosso»
14.7.24
Il sindaco ingrassa di 40 chili, il paese scende a correre con lui per farlo dimagrire: «Mi hanno dato del panzone»
Perdere peso e rimettersi in forma può essere difficile, soprattutto se si è costretti a compiere l'impresa da soli.
Ma a Luciano Fregonese, sindaco di Valdobbiadene (Treviso) da ormai dieci anni, il supporto non manca: l'appuntamento fisso è alle 19.30, il giovedì, quando i cittadini si incamminano con lui tra le colline e i vigneti per aiutarlo a non mollare, a fare quel passo in più per rimanere attivo. D'altronde il mestiere del sindaco non è semplice, forse troppo sedentario, e quei 40kg messi su dal primo mandato vanno bruciati, ma è meglio farlo in compagnia. I risultati? Magari non saranno promettenti come quelli delle elezioni, ma ne vale comunque la pena.
L'iniziativa: camminata col sindaco
La prima uscita risale a qualche settimana fa, ed era sempre un giovedì. Luciano Fregonese si è incamminato, verso le sette e mezza di sera, e pian piano dietro di lui è cresciuta la folla: all'inizio erano meno di 50, ma poi il passaparola ha fatto la differenza e più di 100 cittadini - a volte 150, a volte 130, a seconda della temperatura e degl impegni - hanno percorso le strade sterrate al suo fianco, supportandolo nell'impresa. Come riporta il Corriere del Veneto, l'età è variabile, dai sei ai settant'anni, e gran parte dei partecipanti sono donne, «perché noi siamo meno pigre di voi maschietti», avverte una mamma che ha preso l'impegno di controllare il chilometraggio e il tempo impiegato.
Il sindaco aveva provato ad affrontare da solo a perdere peso, «a mangiare una volta al giorno, ma niente da fare». Ora ha un motivo in più per continuare, per riuscire e per mettere un piede davanti all'altro. Solitamente le camminate si protraggono per circa 5km, a volte un po' di più, e si passa un'ora in compagnia, tra chiacchiere di vario tipo, commenti sull'immondizia scaricata nel posto sbagliato e un lampione che non funziona. Una volta raggiunto il traguardo, sudato magari ma soddisfatto, Luciano sorride ai suoi cittadini, li ringrazia e dà appuntamento al prossimo giovedì.
La corsa
«Mi hanno dato del panzone tempo fa, scritto su un muro - racconta Fregonese al Corriere - Non mi sono offeso, dopo 20 anni da amministratore, questo è il risultato. Somministrare ingrassa, ingrassano gli obblighi conviviali, le lunghe deliberare con effetti micidiali sui partecipanti». A Valdobbiadene è diventata un'istituzione. E' stato da poco confermato per la terza volta nella carica di primo cittadino. Il problema, insomma, è che all'atto del primo insediamento nel Comune, 10 anni fa, la bilancia segnava 90 kg; oggi 130. Ora tutto il paese tifa per lui, e il suo saluto. Giovedì prossimo, in piazza alle 19.30, c'è un nuovo appuntamento con la corsa di saluto
14.10.23
La forza esemplare del piccolo Mariano, “Il capitano”. La madre: «Ora abbiamo una speranza»La storia del bambino di 9 anni ricoverato a Bologna per una malattia rara. «Tanta solidarietà dopo l’articolo del Corriere della Calabria» diEmiliano Morrone
da https://www.corrieredellacalabria.it/ 13\10\2023
di Emiliano Morrone


VENA DI MAIDA Mariano è appena rientrato a casa: a Vena di Maida, nel Lametino. Il bimbo era stato di recente ricoverato nel reparto di Pediatria del policlinico Sant’Orsola di Bologna, per approfondimenti sulla malattia rara che l’ha portato a pesare 143 chili all’età di nove anni.Nell’aprile scorso, il Corriere della Calabria aveva raccontato la storia del piccolo, di continua emigrazione sanitaria assieme ai genitori, gravi affanni quotidiani e uno straordinario coraggio personale. Era stata sua madre, l’avvocato Tamara De Fazio, a riassumerla in una lunga intervista, che – oggi riferisce – «ha determinato una solidarietà enorme e cambiato la vita della nostra famiglia». «Da Bologna siamo tornati con delle speranze. Lì, i medici – riferisce la signora – ci hanno detto che un farmaco sperimentale potrebbe essere utile al futuro di nostro figlio. Percorriamo una strada nuova, sorretti dalla fede che ci accompagna e dall’umanità, dalla comprensione e dall’aiuto che riceviamo in paese e ovunque ci troviamo».Mariano ha una grande vivacità intellettuale. È estroverso, simpatico, espansivo. Ama leggere, vuole conoscere in profondità i vari argomenti, pone domande acute, suona diversi strumenti musicali e serve la messa. Il bimbo ha una forza d’animo esemplare, a scuola è il leader della classe e i suoi compagni l’hanno ribattezzato “Il capitano”, riconoscendogli la fermezza di chi guida una nave resistente alla tempesta.«Il nostro viaggio a Bologna è legato – precisa la signora De Fazio – all’attenzione pubblica, sulla vicenda di Mariano, suscitata dal vostro giornale. Appena uscì la mia intervista, intervenne la Garante regionale della salute, Anna Maria Stanganelli, ci fece ottenere dei presìdi indispensabili e accelerò l’arrivo di una sedia a rotelle per il nostro bimbo. Il chirurgo ortopedico Massimo Misiti ci mise in contatto con alcuni specialisti dell’ospedale Rizzoli di Bologna, che presto videro Mariano per migliorarne la deambulazione. Lì, al Rizzoli, viste la patologia complessa e l’obesità importante del bambino, crearono un ponte con il Sant’Orsola, in particolare con il dipartimento pediatrico, in modo che lo visitasse subito il professore Andrea Pession, luminare e direttore di quella struttura».
E poi?«Al Rizzoli, i professori Cesare Faldini e Francesco Traina, che si erano ben documentati sulla storia di Mariano, avevano già preparato la strada per farci incontrare subito i pediatri del Sant’Orsola. Ricordo bene quel giorno. Era il mattino del 22 giugno scorso. Faceva caldissimo e venivamo da un viaggio estenuante in auto, poiché Mariano non aveva potuto prendere l’aereo. Il piccolo era sudato, stanco, privo di forze. Parcheggiamo la vettura all’ombra, vicino al Sant’Orsola, e io mi fiondo dal professor Pession. Lascio in auto mio figlio con mio marito. Parlo con gli specialisti e loro mi chiedono dove si trova Mariano per raggiungerlo alla macchina».
Allora escono dall’ospedale?
«Si, e vanno sino all’automobile, conoscono il bambino e ci propongono di ricoverarlo in giornata per avviare sofisticate indagini e studiare il caso. Manifestano una cordialità e un’umanità uniche. Noi non eravamo organizzati per il ricovero, avevamo programmato di rimanere a Bologna soltanto per le visite di quel giorno. Quindi il professor Pession e la sua équipe ci fanno rientrare di nuovo in Calabria e ci anticipano che, prima dell’inizio della scuola, Mariano potrà tornare per essere rivalutato. In effetti, arriva settembre, loro ci contattano e ci fanno partire il 14 del mese. Affrontiamo ancora una volta un viaggio complicato, sempre in macchina. Mariano adesso pesa 143 chili, necessita di pannoloni per la notte e tanto altro da portare. Arriviamo in ospedale nella giornata del 14 settembre. Dovevo restare io con il bambino, mio marito Dino aveva necessità di rientrare per lavoro. A Mariano danno una stanza singola e a me un posto accanto per fornirgli assistenza diretta».
Un’odissea, insomma.
«Di più. Non c’erano posti negli alberghi vicini, pieni per un concomitante evento pubblico. Infermieri e medici sono gentilissimi, sorridenti, empatici. Capiscono la situazione, ci consentono di stare con Mariano e ci procurano due poltrone come letti. Per circa otto giorni, allora, riusciamo ad assistere il piccolo in ospedale e l’aiutiamo a spostarsi nei vari padiglioni, a sottoporsi agli esami previsti».
Che cosa emerge?
«I medici presumono che l’obesità di Mariano, con la quale combattiamo ormai da dieci anni, sia di origine genetica. Ci informano che, se l’ipotesi è confermata dagli accertamenti, forse per Mariano si può utilizzare un farmaco sperimentale, già commercializzato all’estero ma non in Italia, che potrebbe cambiare il destino, la vita di nostro figlio. Però ci vorrà ancora del tempo: si parla di dicembre o gennaio, per capire se si potrà utilizzare questa molecola innovativa, ora in uso in Germania e in Inghilterra».
E nel frattempo?
«Un dato è certo: adesso alle spalle abbiamo un pool di medici, dal genetista all’endocrinologo. Anche dal punto di vista respiratorio, Mariano è stato rivalutato, quindi il ventilatore polmonare col quale dorme di notte è stato riprogrammato. Il bambino è stato seguito e sorvegliato durante la respirazione notturna. Diversi parametri andavano aggiornati, modificati. Anche la mascherina che utilizzava doveva essere sostituita con una più adeguata. Ecco, adesso ci sentiamo più garantiti, sicuri: siamo seguiti da specialisti che, con controlli e ricoveri periodici, vogliono fare il massimo, il meglio per il nostro bambino. Abbiamo ricevuto, ribadisco, gentilezza, umanità e attenzioni meravigliose. Mariano ha mostrato la sua vivacità ai medici e agli infermieri che si sono presi cura di lui. Perciò, abbiamo un bellissimo ricordo di quei volti, di quelle persone, la gran parte di origini calabresi e siciliane».

Cioè?
«C’era chi sarebbe partito di notte per arrivare il giorno dopo; chi aveva noleggiato un furgone, chi aveva preso un’altra macchina per venirci a prendere. Ci ritroviamo alla fine con 10 o 15 persone pronte a noleggiare un mezzo per arrivare a Bologna e riportare a casa “Il capitano” con una macchina comoda, adatta alle sue esigenze. A un certo punto, ci assale pure l’imbarazzo: se dicevamo di sì a uno, magari l’altro ci restava male. Non avevamo nemmeno una data certa né l’orario delle dimissioni. Perciò fatichiamo a gestire questo aspetto. Inoltre, dobbiamo vedere, quando arriverà, di che morte dovrà morire la nostra macchina, che ci ha lasciato a piedi e senza parole. Anche in questa vicenda di sfortuna, abbiamo trovato affetto e solidarietà smisurati. Quando Mariano è poi rientrato a scuola, è stato accolto a braccia aperte con un cartellone enorme, una festa commovente. Stessa cosa hanno fatto in chiesa, perché Mariano frequenta la parrocchia».
Che cosa ne ha tratto?
«Niente è casuale, se credi nel Signore. Se non combattessimo ogni giorno, non sapremmo che ci sono persone così vicine, umane, premurose. Prima di partire, alcune mamme della classe di Mariano, diversi bambini e altre persone hanno voluto salutare di persona nostro figlio. La scuola sarebbe iniziata il 14 settembre e lui sarebbe stato assente per via del ricovero a Bologna. C’è stato anche chi, per il viaggio di Mariano, ci ha portato una crostata con marmellata senza zucchero. Siamo storditi da tanta amorevole partecipazione. Prima di partire, Mariano, che ama leggere anche in pubblico, ha voluto scrivere e recitare la preghiera dei fedeli, con cui ha augurato buon anno scolastico ai bambini e ragazzi della comunità di Vena».
Quali sono, ora, i suoi sentimenti?
«Si sono riaccese le nostre speranze e abbiamo potuto allacciare rapporti umani autentici, splendidi. L’informazione ha mosso le coscienze. Significa tanto, non solo per noi». (redazione@corrierecal.it)
3.9.23
Il medico al ladro che gli ha svaligiato l'auto a Milano: «Restituiscimi almeno gli appunti, ti aiuterò a trovare lavoro»
in tempo di giustialismo forcaiolo c'è ancora qualcuno cha capisce e comprende del perchè si ruba ed si è costretti a rubare . ecco la storia di un medico a cui il lado ha svaligiato l'auto .
da https://www.msn.com/it-it/notizie/ del 3 settembre 2023 fonte Il Gazzettino
Un po’ paternalisticamente, voglio provare a dargli un’opportunità. Faccio la guardia medica in via Farini. Giovedì sera parcheggio l’auto, salgo in ambulatorio. Poi torno in strada per prendere lo zaino in cui conservo tutti gli appunti della specialistica degli ultimi tre anni. Sono scritti a mano, destinati a me soltanto, hanno un’immediatezza che nessun libro potrà mai darmi. Ma dello zaino non c’è traccia. Nessun segno di effrazione né vetri rotti. Solo l’auto vuota».
29.6.23
Maturità 2023, padre si diploma con la figlia: “Ho ripreso gli studi per farle vedere che le cose si possono fare a qualsiasi età”
dal web

Una storia toccante quella che arriva da Pontedera, nel pisano, dove un padre, 52enne magazziniere, ha svolto l’orale di maturità lo stesso giorno della figlia, 19enne, lo scorso 26 giugno. A riportarlo La Repubblica. Ecco cosa ha detto e quali sono le motivazioni che lo hanno spinto a riprendere gli studi.
“Ho riscoperto il piacere dello studio
“Non potevo rimanere il ciuchino di famiglia. Domani torno a lavorare, con un peso in meno e una soddisfazione in più”, ha detto. Per quasi dieci mesi ha staccato da lavoro alle 18.30 e poco dopo si è messo tra i banchi dei corsi serali di meccatronica a scuola, dal lunedì al venerdì. “Ho lasciato i banchi a 3 mesi dalla fine della quinta, poi ho iniziato a lavorare. Però mi sentivo qualcosa, tipo un debito coi miei genitori che avevano fatto di tutto per farmi studiare. Perciò ho ripreso, anche per far vedere a mia figlia che le cose si possono fare a qualsiasi età”, ha spiegato. I due hanno anche svolto, si dà il caso, la stessa traccia alla prima prova scritta dell’esame: “Non lo abbiamo fatto apposta, ma abbiamo scelto pure la medesima traccia alla prima prova, ovvero l’elogio dell’attesa nell’era di Whatsapp”. “Ero più emozionato per quello di mia figlia che per il mio – afferma il genitore -, ma devo dire che lei se l’è cavata alla grandissima, d’altronde è brava. Io diciamo che me la sono cavicchiata, qualcosa ho detto, dai! Battute a parte mi hanno tenuto dentro un’ora e un quarto, nessuno c’è stato quanto me, ma io sono un chiacchierone”.“Non capita tutti i giorni che padre e figlia facciano l’esame insieme, no? Il nostro caso ha impressionato tutti. Avevo paura di prendere di più di lei, ma è impossibile, è molto brava. Ho riscoperto il piacere dello studio. Ho voluto dimostrare che per certe cose non è mai troppo tardi, è la forza di volontà a muoverci”, ha concluso.
Non è mai troppo tardi
La storia rimarca, per certi versi, quella della donna di 90 anni che ha svolto la maturità quest’anno, con il sogno di diventare una maestra. “Lo studio, il sapere e il desiderio di conoscere non hanno età ed io ne sono la dimostrazione. Avanti ragazzi ora non si scherza più. Dopo il diploma anche la laurea? Chissà perché no?”, ha detto l’anziana.“Senza sacrificio non si ottiene nulla nella vita ed a questa età ho deciso di rimettermi in gioco ed affrontare questo esame, un obiettivo che ho rincorso da sempre ma che per varie ragioni, familiari e di lavoro mi è sfuggito. Ora sono qui e grazie all’aiuto della mia famiglia inizio il percorso di prove, che spero, mi condurranno ad ottenere il diploma. Li abbraccio tutti questi bellissimi giovani che oggi qui con me ed in tutta Italia sono pronti a superare gli ostacoli degli esami”, ha aggiunto, prima di sostenere la prova.
Proprio mentre sto finendo di fare cute paste (copia e incolla ) leggo su Google news più precisamente su https://www.tecnicadellascuola.it/ 29/06/2023 questa bellissima storia d'amicizia e solidarietà collegata agli esami di maturità.
hanno preso il suo posto e hanno svolto l’esame orale a turno davanti alla commissione e un banco vuoto con sopra il diploma di Pasquale.
10.4.23
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