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29.9.23

I fans del cattivo maestro il generale Vannacci - Minacciano , di morte, un docente dell'Università di Cagliari per aver criticato sui social il discusso libro

 lo so che non avrei parlato di #vannacci e i suoi fans . per non dar loro ulteriore visibilità . Ma quando qui si tratta di un brutta clima . Fortunamente non si è arrivati a sparare o a mettere bombe . Ma le premesse ci sono . E se si continua cosi si passa dalle #shitstorm \ #tempestadimerda insomma denigrazione ed minacce poco ci manca .



Critica il libro di Vannacci, minacce di morte a docente

© Provided by ANSA

(ANSA) - CAGLIARI, 28 SET - Minacce, anche di morte, a un docente dell'Università di Cagliari per aver criticato sui social il discusso libro del generale Roberto Vannacci. "Te ne devi andare dall'Italia, tu e tutti i depravati come te, prima che apriamo la caccia...meglio che lo fai con le tue gambe da in piedi". È il post più pesante pubblicato sulla sua bacheca dopo aver contestato il libro dello scrittore-militare Per questo il rettore dell'Università di Cagliari, Francesco Mola, e il direttore generale dell'ateneo, Aldo Urru, a nome di tutta la comunità universitaria, hanno espresso la loro "piena e incondizionata solidarietà al collega Massimo Arcangeli pesantemente minacciato nell'esercizio della libera espressione di pensiero e di parola".Il docente, ordinario di Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche, che era stato il primo firmatario di una petizione alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni contro il testo di Vannacci, ha già annunciato di aver dato mandato al suo legale di denunciare il titolare del profilo alle forze di polizia, insieme ad altri autori di commenti minacciosi. "Seguiranno la stessa sorte nei prossimi giorni, tutti quelli che hanno provato a intimidirmi con le armi della diffamazione, della denigrazione e dell'offesa personale", afferma Arcangeli.

L'ateneo è con lui. "L'Università di Cagliari - si legge nel comunicato - è da sempre luogo inclusivo e mai divisivo di ideali, progetti, idee e opinioni, un luogo di confronto aperto e libero nel quale ognuno deve sentirsi al sicuro e protetto al di là dei propri orientamenti di tipo politico, religioso, culturali o di genere. Lo stesso senso di sicurezza e protezione deve avvenire nel contesto sociale in cui viviamo e per il quale l'Ateneo svolge un importante ruolo di disseminazione e diffusione di princìpi costituzionalmente sanciti, fondati sull' eguaglianza e sulla libertà. Pertanto, non possiamo fare altro che condannare gesti o parole di tale viltà che hanno come unico obiettivo minare alla base la nostra istituzione e la società civile in cui operiamo". (ANSA).



19.8.23

Evelina Santangelo: “L’indifferenza della città segno di una subcultura sessista e machista”

Nel Paese soffia un clima politico \ culturale che oggettivizza il corpo della donna e tende a trovare sempre giustificazioni per i carnefici. Prima Grillo e poi Ignazio La Russa sono intervenuti pubblicamente con il peso del suo potere mediatico il primo , politico il secono per difendere il figlio dalla ragazza che lo ha accusato di stupro .
Clima appunto  ‹‹ che tende a sdoganare la subcultura del sessismo. Sta riemergendo una mentalità machista che oggettivizza il corpo della donna, fa passare la violenza di gesti e parole come goliardia e tende a trovare sempre giustificazioni per i carnefici ». È un’analisi impietosa quella della scrittrice palermitana Evelina Santangelo ( foto a   destra   ) nell'intervista rilasciata sotto a repubblica d'oggi sullo stupro di gruppo di cui è rimasta vittima una diciannovenne palermitana, prima stordita con l’alcol e poi trascinata in un cantiere. Un’analisi che allarga lo sguardo a tutti i livelli sociali e istituzionali.






Quale meccanismo scatta nel branco?

«Dal racconto della ragazza emerge che la violenza è stata premeditata al bar. Non c’è stato nulla di occasionale. Viviamo in una società in cui gli uomini odiano le donne libere, non sottomesse, pronte a ribadire la propria autodeterminazione. Questo odio si esplicita con violenze materiali, sino al femminicidio, e immateriali, nelle varie forme di sottomissione psicologica. Lo stupro di Palermo è la tragica conseguenza di qualcosa di strutturale nella società, una mentalità viscerale che oggettivizza e sessualizza il corpo della donna».


Ci sono contesti specifici in cui questa mentalità attecchisce?

«È una mentalità diffusa, come dimostrano certe domande poste anche nei tribunali alle vittime di violenza. Come eri vestita? Avevi bevuto? Avevi tirato cocaina? Sono probabilmente le stesse domande che covavano nella mente del barman accondiscendente nei confronti delle richieste degli stupratori di versare ulteriore alcol nel bicchiere della ragazza, ma anche nella mente degli stupratori che continuavano a ripetere “poi ci pensiamo noi”. Come se lo scandalo, la provocazione fosse intrinseca al corpo e al comportamento della vittima, così come le conseguenze»

Si può parlare di cultura dello stupro?


«Mi ha colpito l’espressione di uno dei ragazzi che per giustificare i suoi comportamenti parlando all’amico: “La carne è carne” o ancora “eravamo cento cani sopra una gatta”. Come se la violenza fosse dettata da uno stato di natura e i rapporti tra persone fossero fondati sull’istinto e la sopraffazione. In un Paese in cui negli anni Novanta, dopo tante battaglie, si è arrivati a considerare lo stupro come un crimine contro la persona e non contro la morale pubblica, riconoscendo così i diritti della vittima, tutto questo è inaccettabile. Ho l’impressione che ci troviamo in una fase di grande regressione e di crescente machismo. E forse il fatto che si è arrivati solo 27 anni fa a riconoscere la natura di offesa alla persona dello stupro c’entra: è come se sopravvivesse il retaggio di una mentalità dura a morire».

Nessuno è intervenuto per aiutare la ragazza che chiedeva aiuto. Palermo è indifferente, distratta o assuefatta alla violenza?

«Non parlerei di Palermo in generale. Penso però che questo voltare le spalle sia il segno della subcultura che ancora attecchisce nelle viscere del Paese, anche nelle nuove generazioni. In qualche modo serpeggia in molti l’idea che la ragazza se l’è cercata. O forse non siamo abituati a riconoscere la violenza di gesti e parole prima che diventi crimine. Il barman continua a versare alcol stando al gioco di quelli che di lì a poco stupreranno la ragazza, la gente intorno assiste come se si trattasse di pura goliardia. Lo stupro invece comincia già nelle connivenze di chi al bar è stato partecipe a gesti e parole che avevano già insiti l’epilogo. A forza di sottovalutare la violenza di genere considerandola innocua, si finisce per spianare la strada ai peggiori crimini».

A Firenze due ragazzi sono stati assolti perché secondo il giudice non avevano capito che la vittima non era consenziente al rapporto sessuale. Anche questo fa parte della subcultura di cui parla?

«Il caso Firenze è scandaloso e si inserisce in una lunga lista di sentenze contro il corpo della donna. Qualche anno fa un giudice assolse da un’accusa di stupro sostenendo che la ragazza non fosse abbastanza avvenente. Nella cultura dello stupro c’è sempre la tendenza a trovare attenuanti e a considerare questi atti episodici e improvvisi come accade per i femminicidi».

Perché si filma la violenza e la si condivide sui social?

«C’è l’idea di aver compiuto un’impresa in cui il corpo martoriato della donna diventa trofeo da mostrare. Filmare ha a che vedere con una sorta di autorappresentazione di virilità e di impunità. D’altro canto in questo Paese si sta diffondendo il senso di impunità, complice il clima che si respira».

Quale clima?

«Penso al libro “Il mondo al contrario” del generale Vannacci, al primo posto nelle classifiche di Amazon. Un libro omofobo, antifemminista, antiambientalista e razzista. Ma anche alle parole del presidente del Senato Ignazio La Russa, intervenuto pubblicamente con tutto il peso del suo potere per difendere il figlio contro la ragazza che lo ha accusato di stupro, prima che un tribunale si pronunciasse. La vicenda di Palermo si iscrive in un clima politico che lascia spazio a dichiarazioni di peso istituzionale improntate all’odio, al sessismo, alla violenza, alla discriminazione».


20.6.21

Massacrata dal vicino di casa perché lesbica: «Ho denunciato ma non è cambiato nulla. Ora vivo l’inferno»

In ripota a chi come 
 
Carlo Serra
Sei fuori dall’Italia da tanti anni vero?

riporto tale articolo a voi ogni commento

  l'espresso  online 15\6\2021 

Simone Alliva


L’indifferenza delle forze dell’ordine e della comunità. «Il carabiniere rideva. E dal paese nessun aiuto, nonostante le minacce continue». Le vittime di aggressioni omotransfobiche sono già 55 dall’inizio dell’anno
«Lui abita ancora al primo piano. Quando scendo le scale apre la porta e dice: un giorno arriverà la tua morte». “Lui” è l’aggressore di Silvana Caruso, 44 anni di Vallefiorita, un paesino di poco più di mille abitanti in provincia di Catanzaro. Lesbica, Silvana è stata picchiata senza pietà, una testata in pieno volto, colpi sui reni, alla testa e ancora in volto con oggetti lanciati a caso. Incassa mentre la moglie del vicino di casa e un’altra coppia la tengono ferma: «mi hanno usata come un punching ball».
Silvana racconta quel 20 maggio 2021 con la voce che trema e le parole che scappano. «Ero con la mia compagna al telefono sul balcone, fumavo una sigaretta. A un certo punto sento aprire la finestra del primo piano, io abito al quarto, e qualcuno urla: “Lesbica schifosa ti dovrebbero ammazzare”. La mia compagna dall’altro lato del telefono chiedeva spiegazioni. Non so, non capivo. Poi ancora: “Lesbica di merda quando ti prendo ti sparo in fronte». Silvana vive a Vallefiorita da sei anni dopo essersi trasferita dalla Svizzera. Ha una compagna che vive a Pisa. E non ha mai avuto problemi. «Mai un insulto, mai uno sguardo cattivo. Così mi sono affacciata e ho chiesto a chi si riferisse e mi ha risposto: “A te lesbica schifosa ti sparo in fronte”».
Dopo le minacce, decide di raggiungere il vicino. Scende le scale e bussa alla porta: «Non voglio froci e lesbiche a casa mia» si sente rispondere. Insiste. Bussa ancora, chiede spiegazioni e la porta viene aperta dalla moglie del vicino. «Entro, lo raggiungo. Chiedo spiegazioni e ricevo una testata in faccia». Cade a terra Silvana e capisce di non essere sola con i vicini. Nascosti dietro la porta ci sono altre due persone, un uomo e una donna. «Me ne accorgo tardi. La moglie chiude la porta di casa a chiave. Mi raggiungono, mi bloccano la schiena, il braccio, la moglie cerca di togliermi il cellulare dalla mano e dall’altra parte Marzia, la mia fidanzata sente tutto. Così inizio a urlare: “Chiama i carabinieri perché mi stanno ammazzando”».
Il vicino è una furia, le rovescia addosso qualsiasi tipo di oggetto, il joystick della playstation le frattura un dente. Riesce a liberarsi e chiama i carabinieri: «Aiuto mi stanno ammazzando». Dall’altra parte del telefono il carabiniere le ordina di uscire subito da quella casa ma la porta è chiusa a chiave. Si fa mettere in vivavoce: «Fate uscire subito la signora» urla. La porta si apre e lei scappa. Il vero incubo inizia qui ed è quello che getta Silvana in un mare di disperazione.
Mentre i vicini negano ogni cosa. “Il carabiniere non mi prende sul serio”, ricorda e piange. «Dopo essere stata dalla guardia medica ho fatto la denuncia e il carabiniere rideva. Mi diceva: “ma dai sembra un film, sono cose da vicini che possono succedere”. Sono esplosa. Con tutte le botte che ho preso. La frattura del setto nasale, un trauma cranico. Che poi non sono state solo quelle ma le parole, quelle mi hanno distrutto». Di fronte a questa indifferenza Silvana decide di rivolgersi al comandante della stazione dei Carabinieri. «Sì, lui mi ha creduto. Mi ha dato il suo numero personale ma cosa è cambiato?”» Piange ancora. «Ho paura. Panico da morire. Se devo uscire con i miei cani devo stare per forza al telefono con mia sorella o con Marzia. Piango ogni giorno. Nel cuore della notte vengo risvegliata dalla musica a tutto volume. Il giorno dopo l’aggressione mi hanno tagliato i tubi dell’acqua della macchina».
In Italia soltanto nel 2021 sono stati registrati 55 aggressioni omotransfobiche, secondo un monitoraggio delle denunce emerse dai media. È la punta dell’iceberg. Nella stragrande maggioranza dei casi i reati non vengono denunciati: manca la fiducia nelle forze dell’ordine; spesso la vittima non ha il coraggio di denunciare per via del forte stigma sociale cui è sottoposta a causa del proprio orientamento sessuale o della propria identità di genere; o “semplicemente” perché la vittima non è visibile, e cioè le persone con cui si relaziona di consueto non conoscono il suo orientamento sessuale e quindi ha paura che la denuncia possa palesarlo.
Silvana ha trovato il coraggio di denunciare invece: «L’ho fatto per dare un messaggio alle ragazze lesbiche che vivono su questo territorio. Eppure da quel 20 maggio sto passando l’inferno. Qui nessuno passa per controllare, non c’è vigilanza. Dal paese nessuno mi aiuta. Psicologicamente questa cosa ti ammazza. Le mie giornate non sono più come prima. Lui è sempre lì che mi sussurra: un giorno arriverà la tua morte. L’ho detto ai carabinieri ma non hanno fatto nulla».

15.6.21

Colto da infarto durante la rapina si accascia a terra: salvato dalla vittima due esempi di come due giornali di destra riportano la notizia

un famoso  cantautore     descriveva bene la  situazione    ormai pluri ventennale  del nostro  paese 

   ecco  i due  articoli   a voi ogni commento  
Il  primo  è l'unione  sarda  





Prima il furto ai danni di un automobilista poi, improvvisamente, il malore e il rapinatore che si accascia a terra.
È accaduto a Brescia dove la vittima della rapina non ha esitato un istante a soccorrere l’uomo che l’aveva derubato, un 45enne tunisino, allertando poi immediatamente i soccorsi.
Il ladro si era avvicinato alla macchina parcheggiata della vittima, e aveva sgonfiato una gomma con un coltello. L’ignaro malcapitato si era quindi messo al lavoro per cambiare la ruota, distraendosi e lasciando il cellulare e il borsellino sul sedile dell'auto, che era rimasta con lo sportello aperto.
A quel punto è intervenuto il malvivente che ha preso la refurtiva. Mentre tentava di scappare, però, si è accasciato a terra, senza nemmeno riuscire a chiedere aiuto.
A intervenire per primo è stato proprio il derubato che ha immediatamente allertato i soccorsi.
I ladro, ora piantonato in ospedale, è fuori pericolo.


 Il   secondo  è  https://www.liberoquotidiano.it/

Brescia, bandito tunisino colto da infarto mentre rapina un'automobilista? Incredibile: come si salva la vita



12 giugno 2021

E' una storia incredibile quella accaduta a Brescia il 10 giugno. Dopo aver effettuato un furto ai danni di un automobilista, il ladro, un tunisino di 45 anni, si è sentito male e si è accasciato a terra in preda a un attacco di cuore. A salvarlo è stato proprio l'uomo che era stato derubato e che vedendo il malvivente in condizioni disperate è intervenuto chiedendo aiuto anche ai passanti. Proprio fra questi c'era anche un infermiere che ha eseguito il primo intervento in attesa dell'arrivo di un'ambulanza del 118. L'episodio è avvenuto giovedì in via Cefalonia.
Il ladro si era avvicinato alla macchina parcheggiata della vittima, sgonfiandogli una gomma con un coltello, riporta Tgcom. La vittima, che era completamente ignara di quello che stava accadendo, si è quindi messa subito al lavoro per sostituire la ruota. Ma distratto dall'intervento meccanico non si è accorto di aver lasciato il cellulare e il portafoglio sul sedile dell'auto, che era rimasta con lo sportello aperto.
A quel punto è intervenuto il malvivente che ha preso il bottino. Ma mentre cercava di darsi alla fuga si è accasciato a terra, senza il tempo di chiedere aiuto. Stava avendo un infarto. A intervenire per primo è stato proprio la sua vittima che non ci ha pensato due volte ad allertare i soccorsi. Un vero gesto di solidarietà che ha salvato la vita del ladro, che ora si trova piantonato in ospedale, , Le sue condizioni sono gravi, ma stavolta se l'è cavata.


emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...