Giorgio Gaber - Non insegnate ai bambini
da http://gazzettadimantova.gelocal.it/mantova/cronaca/2017/10/25/
MANTOVA. Ha mostrato in classe il servizio televisivo delle Iene sulla Blue whale - quell’assurdo gioco sul web che, soprattutto in Russia, induceva giovani fragili a idee suicide. Ma i genitori di una studentessa si sono lamentati il giorno dopo con il preside, spiegando che la figlia era rimasta sconvolta da quanto visto e il dirigente ha preso provvedimenti disciplinari nei confronti dell’insegnante. La vicenda non è piaciuta al sindacato, lo Snals, a cui l’insegnante si è rivolto e che ora porterà il caso davanti al giudice del lavoro.
L’episodio è avvenuto in una scuola superiore di città, quando il “gioco” della Blue whale (Balena blu) era al centro dell’attenzione di tutti i media. Un’attenzione a volte morbosa, soprattutto sui social, dove le notizie accertate si mescolavano ai soliti fake. Un tormentone da web, ma molto pericoloso per il rischio di emulazione da parte di adolescenti particolarmente fragili. Anche gli esperti suggerivano che se ne parlasse nelle scuole per dare una giusta interpretazione del fenomeno.
Forse per quel motivo l’insegnante aveva deciso di mostrare in classe, a ragazzi e ragazze tra i 15 e i 16 anni, (a cui si era aggiunta un’altra classe) il servizio prodotto del programma televisivo Le Iene. Un servizio che fu successivamente al centro di polemiche e critiche sotto il profilo professionale. Il programma era comunque esplicito sui rischi che si corrono con questo delirante gioco. La Blue whale rappresenta uno degli esempi più tragici dei cosiddetti “pericoli del web”.
Ma l’iniziativa dell’insegnante non era piaciuta ai genitori di una studentessa rimasta molto colpita da ciò che aveva visto. I familiari hanno protestato con il dirigente, il quale ha avviato la procedura disciplinare nei confronti della docente. «Sto seguendo questa vicenda - spiega il segretario dello Snals, Tino Russo - e non posso fornire particolari. Difendiamo l’insegnante, quel servizio era pertinente e le stesse forze di polizia ne suggerivano l’uso. Abbiamo interessato il nostro avvocato, andremo davanti al giudice del lavoro». Secondo lo Snals i casi di procedimenti disciplinari verso il personale scolastico (docenti e non) sono aumentati. «L’anno scorso sono stati una ventina, contro una media di tre-quattro all’anno» dice Russo.Secondo il segretario di Flc Cgil, Massimiliano De Conca, «al di là del numero, noi ne abbiamo avuto una trentina, quello che conta è che il più delle volte i procedimenti non portano a sanzioni. I presidi sono obbligati dalla legge a farlo». Tra i casi seguiti dalla Cgil anche tre relativi a bambini fuggiti da scuola (materne ed elementari).«Con i tagli di organico non c’è personale a sufficienza per garantire la sorveglianza» osserva De Conca. Nelle prossime trattative sul contratto i sindacati chiederanno il ripristino del comitato provinciale, organismo dell’amministrazione scolastica a cui presentare ricorsi.
Da scuola a casa con i genitori... o con la polizia
RONCHI. Studenti a casa da soli da scuola? No. Una preside della scuola media a Ronchi dei Legionari con una circolare ha deciso - come in molte altre città, adeguandosi ad altre direttive - di obbligare gli studenti a tornare a casa accompagnati dai genitori. In caso di assenza di quest’ultimi la scuola contatterà le forze dell’ordine per “scortare” i ragazzi. ( da Il Piccolo )
tesi smentita da questa lettera a http://invececoncita.blogautore.repubblica.it/articoli/2017/10/26/
Grazie a Barbara Quattrini de Siena, Roma
"Mi permetto di scriverle per metterla a conoscenza di quanta arretratezza socioculturale esista ancora in Italia, e quanto ancora la scuola sia poco vicina alle famiglie. Sono una donna di 44 anni, che vive a Roma e mamma di un ragazzino di quasi 11 anni che frequenta la prima media"."L'istituto presso il quale mio figlio è iscritto, di quartiere e nelle immediate vicinanza di casa, impone la presenza dei genitori o di un delegato maggiorenne all'uscita della scuola per il rientro a casa. La scuola media fa orario 8-14 e non ha servizio mensa, non ha servizi di post scuola, nessuna attività ludico-ricreativa-culturale"."
Considerato che sia io che mio marito lavoriamo a tempo pieno, peraltro dall'altro capo della città, non possiamo essere all'uscita da scuola, come non ci siamo stati in questi anni dovendo ricorrere a babysitter, attività di dopo scuola e aiuti vari di mamme e amici. Speravamo che il passaggio alle medie potesse servire per alleggerirci di spese e pensieri, vista l'autonomia oramai raggiunta da nostro figlio, che riteniamo abbastanza responsabile da tornare a casa da solo"."Lui va al parco in bici da solo, resta a casa da solo da qualche anno, ha imparato ad attraversare la strada, sa prendere i mezzi pubblici e sa come e dove si oblitera il biglietto, e dove si acquista, ma per il dirigente dell’istituto mio figlio come gli altri ragazzi della scuola media sono ancora incapaci di gestirsi"."Abbiamo provato ad avanzare l'idea di una liberatoria alla scuola per esimere la preside e i professori da qualsiasi responsabilità, ma non è piaciuta. Ritengo che la decisione del dirigente scolastico sia una forte ingerenza nelle scelte educative di noi genitori e influenzi negativamente la crescita dei ragazzi nell’ottica del raggiungimento di una sempre maggiore autonomia e maturazione"."Genera forte disequilibrio nella conciliazione famiglia-lavoro, ma soprattutto mostra il totale disinteresse da parte dell’istituzione scolastica alle problematiche familiari/educative/sociali. Solo un ultimo dettaglio: per il rilascio delle deleghe il dirigente chiede la presenza di entrambi i genitori che dovranno firmare in sua presenza o di un suo delegato. E per ritirare i ragazzi da scuola genitori e delegati dovranno essere muniti di apposito tesserino rilasciato dallo stesso istituto".Ho ricevuto diverse lettere da varie città d’Italia simili a questa di Barbara Quattrini de Siena. Mi stupisce che le scuole medie richiedano la presenza dei genitori all’uscita da scuola nella fascia d’età 11-14 anni anche contro il parere delle famiglie. Capisco che i dirigenti scolastici abbiano il problema della responsabilità degli alunni, e che i rischi siano molti e diversi. Ma capisco anche, molto bene, l’esigenza educativa dei genitori che stimolano i ragazzi a una sempre maggiore autonomia – non solo per problemi legati agli orari di lavoro degli adulti.Il ritorno a casa da soli è un momento della vita che ricordiamo tutti come un passaggio di libertà e indipendenza. Se la scuola è vicina e l’itinerario sicuro mi pare che l’eccesso di premura sia più legato a un bisogno degli adulti che alla crescita dei ragazzi. Togliere le mani a volte aiuta più che stringere la presa.
concordo con il coraggio di tale madre e di questi due commenti
ed un fncl alla ministra fedeli che l'unica cosa che l'unica cosa che sa dire ( meglio strare zitti a questo punto anzichè ripetere il solito disco rotto )
Fedeli: "I presidi devono seguire la legge, bisogna andare a prendere i figli a scuola"
Non c’è posto, scuola negata a bimba
«E’ una situazione davvero paradossale e incresciosa – attacca Armano – ho sollevato ripetutamente la vicenda, ma la risposta dei due istituti comprensivi è sempre stata la stessa: spiacenti, siamo al completo. Così si nega il diritto all’istruzione previsto non solo dalla nostra Costituzione, ma dal semplice buonsenso e dalle regole del vivere civile». La famiglia di Antonella ha lasciato Casteggio in estate, dopo l’acquisto di un appartamento nella zona di Pombio. «Il trasferimento – spiega ancora Armano – non era in programma, è stata una decisione improvvisa di fronte all’opportunità di una buona sistemazione abitativa a Voghera». Per questo, quindi, non è stata fatta la pre-iscrizione alla seconda elementare a marzo. Ma quando i genitori, dopo il cambio di residenza, hanno chiesto l’iscrizione alla Provenzal, l’elementare più vicina a casa, la strada era sbarrata. «Il papà – racconta il legale – fa il benzinaio nella zona di Casteggio, si alza prestissimo al mattino e non può accompagnare la figlia a scuola. La mamma non ha la patente e deve occuparsi anche dell’altra bimba di 4 anni che frequenta la materna. La soluzione della Provenzal, dunque, era la più pratica».
Dopo i ripetuti dinieghi, Armano ha scritto all’Ufficio scolastico provinciale e fatto poi partire una diffida all’istituto comprensivo di via Dante, da cui dipende la Provenzal. Quest’ultima lettera è finita ieri sul tavolo del dirigente, Marco Barbisotti: «Non ero a conoscenza del problema – puntualizza il preside – ma appena informato mi sono attivato per risolverla. Purtroppo alla Provenzal non c’è più spazio (il tetto dei 25 alunni per classe si può superare solo in alcune circostanze), ma stiamo lavorando per inserire la bambina alla Leonardo da Vinci». La scuola è in via Aspromonte. Non proprio sotto la casa di Antonella