ecco perchè ho scelòto nonostante la laurea di non insegnare ed altre storie scolastiche ( bambini obbligati anche a 145 anni a rientrare a casa da scuola con i genitori )

canzone consigliata

Giorgio Gaber - Non insegnate ai bambini



da http://gazzettadimantova.gelocal.it/mantova/cronaca/2017/10/25/

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Blue Whale, il gioco del suicidio. La polizia: "In Italia troppi casi sospetti"Quaranta casi segnalati, il "Blue Whale" ossessiona anche i ragazzi italiani. Si tratta del gioco che arriva dalla Russia: 50 prove da superare, molte di autolesionismo come quella di incidersi una balena blu sul braccio con un coltello; l'ultima prova è il suicidio. A comandare il gioco in Russia ci sarebbero dei responsabili. E in Italia? Emulazione o c'è qualcuno che se ne approfitta. Nella sola Pescara ci sono stati tre casi, uno ha coinvolto una 13enne arrivata a un passo dal suicidio. Antonio Iovane (Radio Capital) ha intervistato il vice questore aggiunto di Pescara Elisabetta Narciso

MANTOVA. Ha mostrato in classe il servizio televisivo delle Iene sulla Blue whale - quell’assurdo gioco sul web che, soprattutto in Russia, induceva giovani fragili a idee suicide. Ma i genitori di una studentessa si sono lamentati il giorno dopo con il preside, spiegando che la figlia era rimasta sconvolta da quanto visto e il dirigente ha preso provvedimenti disciplinari nei confronti dell’insegnante. La vicenda non è piaciuta al sindacato, lo Snals, a cui l’insegnante si è rivolto e che ora porterà il caso davanti al giudice del lavoro.
Blue Whale, un virus nato in rete alimentato dai mediaPaolo Attivissimo, giornalista informatico, spiega il fenomeno del Blue Whale, il presunto “gioco del suicidio” che sta spaventando le famiglie italiane. Consisterebbe in una sfida in 50 passi, tra cui atti di autolesionismo, sotto la guida di un “curatore”: l’atto finale dovrebbe essere la morte. Molti esperti della rete sono scettici su origine e natura del fenomeno,  ma è necessario stare in guardia. “A furia di parlarne si è creato il mito e se le persone ci credono diventa vero”, avverte Attivissimo (intervista di Maria Rosa Tomasello, video a cura di Andrea Scutellà)


L’episodio è avvenuto in una scuola superiore di città, quando il “gioco” della Blue whale (Balena blu) era al centro dell’attenzione di tutti i media. Un’attenzione a volte morbosa, soprattutto sui social, dove le notizie accertate si mescolavano ai soliti fake. Un tormentone da web, ma molto pericoloso per il rischio di emulazione da parte di adolescenti particolarmente fragili. Anche gli esperti suggerivano che se ne parlasse nelle scuole per dare una giusta interpretazione del fenomeno.
Forse per quel motivo l’insegnante aveva deciso di mostrare in classe, a ragazzi e ragazze tra i 15 e i 16 anni, (a cui si era aggiunta un’altra classe) il servizio prodotto del programma televisivo Le Iene. Un servizio che fu successivamente al centro di polemiche e critiche sotto il profilo professionale. Il programma era comunque esplicito sui rischi che si corrono con questo delirante gioco. La Blue whale rappresenta uno degli esempi più tragici dei cosiddetti “pericoli del web”.
Ma l’iniziativa dell’insegnante non era piaciuta ai genitori di una studentessa rimasta molto colpita da ciò che aveva visto. I familiari hanno protestato con il dirigente, il quale ha avviato la procedura disciplinare nei confronti della docente. «Sto seguendo questa vicenda - spiega il segretario dello Snals, Tino Russo - e non posso fornire particolari. Difendiamo l’insegnante, quel servizio era pertinente e le stesse forze di polizia ne suggerivano l’uso. Abbiamo interessato il nostro avvocato, andremo davanti al giudice del lavoro». Secondo lo Snals i casi di procedimenti disciplinari verso il personale scolastico (docenti e non) sono aumentati. «L’anno scorso sono stati una ventina, contro una media di tre-quattro all’anno» dice Russo.Secondo il segretario di Flc Cgil, Massimiliano De Conca, «al di là del numero, noi ne abbiamo avuto una trentina, quello che conta è che il più delle volte i procedimenti non portano a sanzioni. I presidi sono obbligati dalla legge a farlo». Tra i casi seguiti dalla Cgil anche tre relativi a bambini fuggiti da scuola (materne ed elementari).
«Con i tagli di organico non c’è personale a sufficienza per garantire la sorveglianza» osserva De Conca. Nelle prossime trattative sul contratto i sindacati chiederanno il ripristino del comitato provinciale, organismo dell’amministrazione scolastica a cui presentare ricorsi.



Da scuola a casa con i genitori... o con la polizia
RONCHI. Studenti a casa da soli da scuola? No. Una preside della scuola media a Ronchi dei Legionari con una circolare ha deciso - come in molte altre città, adeguandosi ad altre direttive - di obbligare gli studenti a tornare a casa accompagnati dai genitori. In caso di assenza di quest’ultimi la scuola contatterà le forze dell’ordine per “scortare” i ragazzi. ( da Il Piccolo 

Grazie a Barbara Quattrini de Siena, Roma
"Mi permetto di scriverle per metterla a conoscenza di quanta arretratezza socioculturale esista ancora in Italia, e quanto ancora la scuola sia poco vicina alle famiglie. Sono una donna di 44 anni, che vive a Roma e mamma di un ragazzino di quasi 11 anni che frequenta la prima media"."L'istituto presso il quale mio figlio è iscritto, di quartiere e nelle immediate vicinanza di casa, impone la presenza dei genitori o di un delegato maggiorenne all'uscita della scuola per il rientro a casa. La scuola media fa orario 8-14 e non ha servizio mensa, non ha servizi di post scuola, nessuna attività ludico-ricreativa-culturale"."

Barbara con il figlio in gita a Pisa
Barbara con il figlio in gita a Pisa
Considerato che sia io che mio marito lavoriamo a tempo pieno, peraltro dall'altro capo della città, non possiamo essere all'uscita da scuola, come non ci siamo stati in questi anni dovendo ricorrere a babysitter, attività di dopo scuola e aiuti vari di mamme e amici. Speravamo che il passaggio alle medie potesse servire per alleggerirci di spese e pensieri, vista l'autonomia oramai raggiunta da nostro figlio, che riteniamo abbastanza responsabile da tornare a casa da solo"."Lui va al parco in bici da solo, resta a casa da solo da qualche anno, ha imparato ad attraversare la strada, sa prendere i mezzi pubblici e sa come e dove si oblitera il biglietto, e dove si acquista, ma per il dirigente dell’istituto mio figlio come gli altri ragazzi della scuola media sono ancora incapaci di gestirsi"."Abbiamo provato ad avanzare l'idea di una liberatoria alla scuola per esimere la preside e i professori da qualsiasi responsabilità, ma non è piaciuta. Ritengo che la decisione del dirigente scolastico sia  una forte ingerenza nelle scelte educative di noi genitori e influenzi negativamente la crescita dei ragazzi nell’ottica del raggiungimento di una sempre maggiore autonomia e maturazione"."Genera forte disequilibrio nella conciliazione famiglia-lavoro, ma soprattutto mostra il totale disinteresse da parte dell’istituzione scolastica alle problematiche familiari/educative/sociali. Solo un ultimo dettaglio: per il rilascio delle deleghe il dirigente chiede la presenza di entrambi i genitori che dovranno firmare in sua presenza o di un suo delegato. E per ritirare i ragazzi da scuola genitori e delegati dovranno essere muniti di apposito tesserino rilasciato dallo stesso istituto".Ho ricevuto diverse lettere da varie città d’Italia simili a questa di Barbara Quattrini de Siena. Mi stupisce che le scuole medie richiedano la presenza dei genitori all’uscita da scuola nella fascia d’età 11-14 anni anche contro il parere delle famiglie. Capisco che i dirigenti scolastici abbiano il problema della responsabilità degli alunni, e che i rischi siano molti e diversi. Ma capisco anche, molto bene, l’esigenza educativa dei genitori che stimolano i ragazzi a una sempre maggiore autonomia – non solo per problemi legati agli orari di lavoro degli adulti.Il ritorno a casa da soli è un momento della vita che ricordiamo tutti come un passaggio di libertà e indipendenza. Se la scuola è vicina e l’itinerario sicuro mi pare che l’eccesso di premura sia più legato a un bisogno degli adulti che alla crescita dei ragazzi. Togliere le mani a volte aiuta più che stringere la presa.
 concordo  con  il coraggio di tale madre  e di questi  due  commenti  


21 minuti fa
laziadaniela
La Ministra Fedeli e i dirigenti scolastici vogliono solo pararsi le spalle.  Non permettono ai ragazzi di crescere e ne.limitano l'autostima. Oltre a tutte le altre considerazioni tanto ovvie quanto sagge, ha considerato l'aumento di traffico? Se il ragazzo  è  abituato  a prendere in autobus, ci vorrà  uno con la macchina  per andarlo a prendere.  Che la smettano.

26 minuti fa
Stefania Carnevali
gentile concita, concordo con la madre e con l'idea che questa sia una linea sbagliata e dannosa soprattutto per i nostri figli, ma nessuno mai commenta l'antecedente. Il tutto è nato perchè la famiglia del povero 15enne ha pensato di accusare anche dirigente e insegnante per mancato controllo del loro figlio. Che a 15 anni è incappato in un tragico incidente, difficile da accettare, ma che può accadere per fato, disattenzione, sfortuna a qualunque ragazzino della stessa età. Ok chiedere autonomia per i nostri figli e rispetto delle nostre idee, ma occorre anche sapersi prendere le responsabilità in caso di incidenti, e finirla con questa logica della denuncia facile.





ed un fncl alla ministra fedeli che l'unica cosa che l'unica cosa che sa dire ( meglio strare zitti a questo punto anzichè ripetere il solito disco rotto )


 bambini che tornano a casa da soli alle medie dovranno farsene una ragione. Poichè hanno meno di 14 anni e una legge nazionale a tutela dei minori se ne occupa per la loro incolumità, dovranno aspettare un adulto all'uscita della classe, genitori, nonni o comunque un "grande" fidato che li accompagni, li prenda per mano. E' la ministra all'Istruzione Valeria Fedeli che stamani, intervistata in tv a Tagadà su La7, sgombera il campo dai dubbi e dalle pressioni di alcuni presidi se sia lecito o meno, per le famiglie con figli che frequentano le scuole medie, lasciare liberi i ragazzini di andare a scuola o tornare a casa da soli.

Fedeli: "I presidi devono seguire la legge, bisogna andare a prendere i figli a scuola"



"Questa è la legge, e deve essere rispettata. I genitori devono esserne consapevoli".
E anche lei non farebbe tornare a casa da soli i suoi nipoti sotto i 14 anni? le chiede l'intervistatrice. E la ministra: "Io sono una persona che per cultura rispetta le leggi e quindi sì. E' vero, è giusto sperimentare l'autonomia dei ragazzi ma si può fare anche di pomeriggio, non necessariamente nel percorso casa scuola casa". E se i genitori non possono perchè sono impegnati al lavoro?, gli si domanda "ci vadano i nonni" esorta la ministra, "i miei nipoti sono piccoli, e non ci riesco mai, ma è così piacevole per noi nonni farlo".
Il caso è nato dopo una lettera-appello per la liberalizzazione del percorso casa-scuola inviata al Parlamento e al governo scritta da alcuni dirigenti scolastici, tra cui Rosa Maria Lauricella, preside dell'Istituto comprensivo Giovan Battista Valente di Roma. Una battaglia che nasce da una recente sentenza della Cassazione che ha condannato preside e docente dell'ultima ora della mattina per non aver affidato a un adulto un ragazzino morto quindici anni fa sotto uno scuolabus.
Dopo la sentenza, in alcune scuole sono nuovamente comparsi regolamenti che impongono la riconsegna dei ragazzi solo nelle mani di un adulto, ma dove è accaduto sono esplose polemiche e battaglie con le famiglie. Ma, secondo la ministra, la legge in vigore va rispettata, non si transige sull'obbligo di presenza di un familiare e quindi, come avevano ricordato gli stessi dirigenti scolastici, resta confermato che "se dovesse accadere qualche disgrazia a un alunno delle medie mentre torna a casa da solo, anche i presidi rischiano una condanna da sei mesi a cinque anni".




  e  ciliegina  sulla torta  che  secondo me  si può risolveree   facendole  fare  l'anno scolastico   da privatista    o  se  lo perde      e  rincomincia l'anno prossimo  e poco  il  danno invece di fare  una  causa  inutile  che fa  ad  intasare  i tribunali  e  far spendere  alla famiglia   molti €  inutiilmente   . 



Non c’è posto, scuola negata a bimba

Ha 7 anni, costretta da due mesi a restare a casa dopo il trasferimento della famiglia da Casteggio a Voghera

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VOGHERA. Non c’è posto alla scuola Provenzal per una bimba di sette anni che in agosto si è trasferita con la famiglia da Casteggio e Voghera. I genitori di Antonella - il nome è di fantasia per tutelarne la privacy - si sono sentiti rispondere più volte che le seconde classi sono al completo e lo stesso è accaduto quando hanno bussato alle altre elementari della città. La morale è che la piccola da quasi due mesi è a casa e rischia seriamente di perdere l’intera annata. Ormai disperati, i genitori si sono rivolti a un legale, l’avvocato Giampiero Armano, uno dei decani dell’ordine.

«E’ una situazione davvero paradossale e incresciosa – attacca Armano – ho sollevato ripetutamente la vicenda, ma la risposta dei due istituti comprensivi è sempre stata la stessa: spiacenti, siamo al completo. Così si nega il diritto all’istruzione previsto non solo dalla nostra Costituzione, ma dal semplice buonsenso e dalle regole del vivere civile». La famiglia di Antonella ha lasciato Casteggio in estate, dopo l’acquisto di un appartamento nella zona di Pombio. «Il trasferimento – spiega ancora Armano – non era in programma, è stata una decisione improvvisa di fronte all’opportunità di una buona sistemazione abitativa a Voghera». Per questo, quindi, non è stata fatta la pre-iscrizione alla seconda elementare a marzo. Ma quando i genitori, dopo il cambio di residenza, hanno chiesto l’iscrizione alla Provenzal, l’elementare più vicina a casa, la strada era sbarrata. «Il papà – racconta il legale – fa il benzinaio nella zona di Casteggio, si alza prestissimo al mattino e non può accompagnare la figlia a scuola. La mamma non ha la patente e deve occuparsi anche dell’altra bimba di 4 anni che frequenta la materna. La soluzione della Provenzal, dunque, era la più pratica».
Dopo i ripetuti dinieghi, Armano ha scritto all’Ufficio scolastico provinciale e fatto poi partire una diffida all’istituto comprensivo di via Dante, da cui dipende la Provenzal. Quest’ultima lettera è finita ieri sul tavolo del dirigente, Marco Barbisotti: «Non ero a conoscenza del problema – puntualizza il preside – ma appena informato mi sono attivato per risolverla. Purtroppo alla Provenzal non  c’è più spazio (il tetto dei 25 alunni per classe si può superare solo in alcune circostanze), ma stiamo lavorando per inserire la bambina alla Leonardo da Vinci». La scuola è in via Aspromonte. Non proprio sotto la casa di Antonella

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