no a l'haloween americano ( anche se poi americano non è ma del nord europa ) si a quello Nostrano sardo in questo caso

 haloween  secondo  i testimoni  di geova  (  ed  anche  , nonostante le differenze  dotrinali   dei buona parte dei  cattolici e dei protestanti  ) 
  Haloween   secondo  i cattolici  moderati

haloween sardo   


Come tutti gli anni si festeggia halloween o il culto dei morti come preferisco visto che mi sa di roba commerciale e consumistica con un oscuramento progressivo dei significati originari. Festeggiamenti che durano interi weekend sono ormai tipici in tutti gli Stati di influenza anglofona. Così in USA, Irlanda, Australia e Regno Unito, Halloween viene festeggiato come una "festa del costume", dove party in maschera e festeggiamenti tematici superano il tipico valore tradizionale del "dolcetto o scherzetto", per dar vita a una nuova tradizione di divertimento, caratteristica di una gioventù cresciuta.Inoltre ogni anno infuriano le polemiche da parte dei cattolici tradizionalisti e spesso degli ipocriti \ falsi credenti sul riotrno a celebnrare la festa vera e propria del culti dei defunti e di ogn santi quest'ultimo imstituiot dalal chiesa cattolica come reazione a rituali pagani .https://www.irlandando.it/halloween/storia/ . Ma il mondo cristiano cattolico èdiviso , infatti ,




 (  ...  )  

Per molte confessioni cristiane le origini di Halloween sono strettamente connesse alla magia, alla stregoneria, al satanismo e, quindi, considerano la festa come una via di influsso dell'occulto nella vita delle persone. L'enfasi di Halloween è sulla paura, sulla morte, sugli spiriti, sulla stregoneria, sulla violenza, sui demoni e sul male. I bambini ne sarebbero negativamente influenzati.[23] In risposta alla crescente popolarità della festa, alcuni fondamentalisti e alcune chiese evangeliche conservatrici sono ricorsi a opuscoli e brevi fumetti per trasformare Halloween in un'opportunità di evangelizzazione.[24] In generale però il mondo cristiano è contrario alla festa di Halloween, ritenendo che il paganesimo, l'occulto, le pratiche e i fenomeni culturali connessi siano incompatibili con la fede cristiana.[25]
Nella Chiesa Anglicana alcune diocesi hanno scelto di enfatizzare le tradizioni cristiane del giorno di Ognissanti[26][27]. Il World Book Enciclopedia afferma che essa rappresenta l'inizio di tutto ciò che è cold, dark and dead: freddo, buio e morto.[28] Alcuni cristiani, in modo particolare discendenti dei popoli celti, da cui ha origine Halloween, non ascrivono a essa un significato negativo, vedendola come una festa puramente secolare dedicata al celebrare "fantasmi immaginari" e a ricevere dolci. Per questi cristiani, Halloween non costituisce una minaccia per la vita spirituale dei bambini: gli insegnamenti sulla morte e la mortalità, e le credenze degli antenati celti possono essere una lezione di vita valida e una parte dell'eredità culturale dei loro parrocchiani. Nella Chiesa Cattolica degli Stati Uniti c'è chi ritiene che Halloween abbia delle connessioni col Cristianesimo.[29]
Padre Gabriele Amorth, esorcista della diocesi cattolica di Roma, affermò che «festeggiare la festa di Halloween è rendere un osanna al diavolo. Il quale, se adorato, anche soltanto per una notte, pensa di vantare dei diritti sulla persona».[30] L'Arcidiocesi di Boston ha organizzato una Saint Feast ('Festa dei Santi') per ricondurre Halloween alle sue radici cristiane come celebrazione della notte prima di Ognissanti o All Hallows Eve.[24]
 (...)  
Per  i  più piccoli  e vuole  festeggiarlo   in maniera  alternatica   quale miglior compagnia per festeggiarla di Vampiretto o Geronimo Stilton e Tenebrosa Tenebrax, la coppia da brivido più stratopica della Valle Misteriosa. Del protagonista della collana bestseller di Angela Sommer-Bodenburg arrivano in libreria due nuovi titoli, “Vampiretto nella valle delle lacrime” e “Vampiretto torna alla sua cripta” oltre al libro illustrato del film 3D, che sarà nelle sale italiane dal 26 ottobre. (  ... continua su  http://www.lanuovasardegna.it/tempo-libero/2017/10/28/news/




un altro modo  è  quello di   farelo non omologandosi alla moda   Americana   ma  riscoprendo  tradizioni ormai     quasi  scomparse    su tale  eventi  dei  nostri Avi . Ecco  come   si festeggiava  e  ancora  , sopratutto  siu festeggia  ancora    nei pesi dell'interno  , in Sardegna  . Ecco alcuni articoli  (  altri  nei  trovate  sui link    riportati  sopra      al post  )    presi  da 



I patiti di streghe e folletti e di “trick or treat” (dolcetto o scherzetto) si mettano pure l’anima in pace. Perché l’inquietante zucca intagliata si conferma elemento di sicura valenza antropologica nell’ambito del patrimonio culturale popolare del Mediterraneo. Sardegna compresa. E non soltanto “sa conca ’e mortu” (il teschio) – che per gli anglosassoni è “Jack O’Lantern” – ma anche per tutti quei gesti, parole, simboli, pietanze particolari di questo scorcio d'autunno, che hanno sfidato i secoli, arrivando pressoché intatti fino ai nostri giorni. Il passaggio tra la fine di ottobre e i primi di novembre, che comprende le festività di Ognissanti e dei defunti, è un momento particolarmente sentito anche in Sardegna, legato alla radicata e antichissima credenza che la morte non sia la fine di tutto, ma solo un cambiamento di stato con l’ingresso delle anime in una dimensione parallela, da cui – in determinati momenti – possono uscire, ristabilendo un contatto con il regno dei vivi. Ricorrenze vissute con rispetto, nostalgia, timore, ma anche con l’aspetto più “ludico” delle questue riservate ai bambini.



NOMI VARI, RADICE COMUNE

Cambiano nome, a seconda delle aree geografiche dell’isola, ma hanno tutte una radice comune: a Nuoro la chiamano “Su mortu mortu”, espressione dall’eloquente significato, in altri luoghi della Barbagia e del Marghine “Su bene de sas ànimas” (il bene delle anime) o “Su bene chi tocat”. In paesi come Sorgono e Tonara, poi, le somiglianze con Halloween – riscontrabili in riti che però precedono di decenni se non di secoli la diffusione in Europa della festa anglosassone – sono davvero impressionanti, tra zucche intagliate e illuminate e bambini che vagano per le case chiedendo doni. E questo, beninteso, accade da sempre, e non certo sulla scia mediatica del “dolcetto o scherzetto”. Se ci spostiamo poi nel Campidano la festa prende il nome di “Is animeddas” (le piccole anime), mentre in Ogliastra è conosciuta come “Su Prugadòriu” (il Purgatorio), evidente riferimento alle anime che aspirano al Paradiso. Altri nomi, che variano a seconda delle zone, sono Su Candeleri, Sas Animas, Su Peticoccone, Is Panixeddas.

IL RITO LUDICO

La questua è sempre affidata ai bambini, quasi alter ego dei defunti (in passato uscivano vestiti di stracci), vagano per le case fin dal mattino del primo e del 2 novembre, bussando e chiedendo doni per le anime dei morti: «A nos lu dazes su mortu mortu?» (ce lo date il morto morto?). Oppure: «Seus benius po is animeddas» (siamo venuti per le anime dei morti)», «Mi das fait is animeddas», «Carchi cosa po sas ànimas» (datemi qualcosa per le anime), sono le formule che riecheggiavano, e riecheggiano ancora, per i vicoli di paesi e città. La tradizione richiede che ogni bambino porti un sacco in spalla – di solito una semplice federa bianca – destinata a essere riempita di caramelle, dolci, frutta secca, agrumi – più raramente denaro – che ogni famiglia dona loro per onorare i defunti e propiziarsi la buona sorte.


LE ANALOGIE CON GLI USA

Le evidenti analogie con il ”trick or treat” di Halloween rimandano a tradizioni forse sviluppatesi in modo indipendente, fra Mediterraneo e nord Europa, e successivamente meticciate negli Stati Uniti d'America. Così come nell’utilizzo rituale delle zucche svuotate, intagliate come teschi, con espressioni tenebrose e truci e illuminate da una candela o da un lumicino. All’esterno le case vengono addobbate con le zucche che, private della polpa interna, assumono le fattezze di un volto umano, e illuminate da una luce, tracciano alle anime la via del ritorno. La Sardegna ha sempre riservato un'attenzione speciale al rituale del cibo consumato o offerto per la festività dei defunti: quasi uno strumento per onorarne la memoria, ma anche un modo per stabilire una forma di simbolico contatto. Nella magica notte tra il primo e 2 novembre - nel Nuorese, in Barbagia e in altre zone dell’isola - sopravvive la tradizione di imbandire la tavola – con pasta (sos macarrones de sos mortos, i maccheroni dei morti), pane carasau, papassinos, acqua e vino, caffè – per i defunti (sa chena de sas ànimas) che, visitata la casa, sono pronti a sfamarsi, attraverso gli odori del cibo. Rigorosamente bandite le posate, soprattutto quelle con le punte (forchette e coltelli), possibili armi di offesa in un accesso d’ira. Già anticamente la famiglia riunita aveva in uso la tradizione di commemorare i morti con una cena frugale, che un tempo contemplava le fave, fin dall’epoca romana alimento dei morti per eccellenza.

DALLE FAVE AI DOLCI

Ma oltre che nell’antico uso delle fave, in Sardegna la simbologia funebre assegnata al cibo passa soprattutto attraverso i dolci: i papassinos e, nella Sardegna meridionale, gli ossus de mortu. Nella tradizione dolciaria di questi giorni, elemento base in Sardegna è la sapa (o binicottu), uno sciroppo dolce ottenuto dalla cottura del mosto (o, in alternativa, a base di fico d'india) che fa assumere ai dolci un colore scuro, quasi nero di terra, e che si ritrova nel rustico dolce detto pane ‘e sapa, condito con uva passa, mandorle, noci e pinoli.

Halloween in Sardegna: il vero significato di un rito dimenticato

di NATASCIA TALLORU*


Il passaggio tra la fine di ottobre e i primi di novembre è un momento particolarmente sentito da tutte le culture del pianeta. Volendo approfondire l’argomento, con grande sorpresa potremmo scoprire che, proprio in quei giorni, si presenta un appuntamento con la storia antica, sottoprodotto di un amalgama di religione, magia e credenze popolari.  Anche la Sardegna, terra dalle tradizioni millenarie tuttora visibili, che sembrano volersi opporre a  una  forzata modernizzazione, ha preservato parecchie usanze, incastrate con le dottrine che via via hanno impregnato  la nostra società.  Non si comprende ancora se alcuni modus operandi si verifichino con la consapevolezza del loro reale significato da parte degli abitanti stessi, o se, scaturiscano come riflesso di alcune tendenze d’oltre oceano.
E’possibile ci sia stata una contaminazione americana finanche i piccoli centri dell’entroterra? 
Ma facciamo un po’ di ordine cronologico.  La festa di Halloween ha avuto origine presso la popolazione celtica che divideva l’anno in due periodi: quello della nascita e del risveglio della natura, Beltane (intorno a maggio), e il periodo  nel quale la natura cede e muore, Samhain (metà ottobre), corrispondente al Capodanno celtico e alla fine dell’estate. Anche nella civiltà romana compare una festa analoga, che indicava il termine della stagione agricola, con omaggi e ringraziamenti per il raccolto ricevuto dalla terra nell’anno precedente. In seguito i romani divulgarono usi e consuetudini della loro civiltà, cui fece seguito l’inserimento della Chiesa, la quale, dedicava un giorno di commemorazione ai Santi il 13 maggio, coincidente nei secoli successivi con il Samhain di fine ottobre. Nacque così la festa di Halloween, vigilia di Ognissanti (All Hallows, tutti i santi; eve, vigilia).In questo giorno speciale e dall’atmosfera incantata nel quale tempo e spazio sembrano sospesi in una dimensione parallela, diverse popolazioni dell’antichità eseguivano dei rituali per ingraziarsi gli spiriti, offrire loro doni e cibo, rivolgere preghiere e, in cambio, chiedere protezione durante il buio dell’inverno alle porte. Ancora oggi in Sardegna tra il 31 ottobre e il 2 novembre i ragazzi percorrono le vie dei paesi, con una sacca o una federa, bussano di porta in porta e, recitando filastrocche in lingua sarda, ricevono doni offerti con l’intento di “tenere a bada” i defunti, che, in questi giorni, tornano nelle loro dimore, abitate durante la vita terrena. All’esterno le case vengono addobbate con le zucche che, private della polpa interna, assumono le fattezze di un volto umano, e illuminate da una luce, tracciano alle anime la via del ritorno. La zucca sostituisce, pare, un antico rito, praticato sia in Sardegna che in Corsica, secondo il quale venivano estratti i teschi dal cimitero per richiamare la pioggia. Riti volti a esorcizzare la paura della morte, con la richiesta, in cambio, del bene delle anime (su bene 'e is animas). I nomi variano a seconda della zona: su mortu mortuanimeddassu prugadoriuis panixeddas. Cambiano  anche i tipi di dolci preparati per l’occasione: pabassinas, su pan’ e saba o pane nero, le ossa di morto. Ma il valore di questi antichi rituali è comune, e niente ha a che vedere con l’America, la quale, ha acquisito le feste dei popoli emigrati e ha avuto l’accortezza di diffonderle in tutto il mondo, trasformandole in un carnevale macabro e commerciale.In Sardegna è la lingua stessa, con le sue varianti, a dirci che può non esservi un’influenza americana.   E’ il nostro stesso sentire, l’intuito, dimenticato, a riportarci in epoche lontane. A insinuare che, forse, dovremmo riappropriarci e mantenere vive le nostre tradizioni.

Natascia Talloru
Author: Natascia Talloru
Barbaricina dalle radici profonde, con lo sguardo rivolto verso il mare. Chimico farmaceutico di formazione, mi interesso di medicina alternativa, terapie naturali, alimentazione. Amo l’arte in tutte le sue forme, personalmente la esprimo attraverso la scrittura, la musica e la fotografia. Mission: comunicare che conoscenza e cultura sono essenziali per la vita, come l’aria che respiriamo. “E questa terra, una terra che c’è anche se viene zittita o irrisa o insultata, guai a chi me la tocca. Guai a chi me la ruba, guai a chi me la invade.”
Su Twitter: @na_talloru



 unione  sarda  Oggi alle 13:35
Halloween o Is animas: "Salviamo i nostri riti"
Bambini festeggiano Halloween a Luras


Ad Austis, il suo paese, l'usanza era il pedi coccone.
"Noi bambini bussavamo di casa in casa e ricevevamo in dono soprattutto castagne e nocciole", racconta il professor Benedetto Meloni, ordinario di sociologia dell'ambiente e del territorio all'Università di Cagliari.
È un ricordo della fanciullezza e oggi, rileggendo con gli strumenti del docente i simboli di quella tradizione che ancora resiste in molti centri della Sardegna, dice che sì, "Halloween non può essere liquidata come un elemento di totale importazione. Intanto perché deriva da antiche usanze europee legate al culto dei morti, e poi perché si è innestata in una tradizione pregressa, importante e ancora praticata. Se c'è un rischio che la moda cancelli l'usanza? Ma no, diciamo che sono tradizioni parallele che talvolta si ibridano".
I SIMBOLI - La coreografia di Halloween avrà pure l'impatto dirompente di una moda, ma tra zucche iridescenti (peraltro usanza di molti paesi dell'Isola) e costumi stregoneschi sembrano aver ritrovato ancor più vita i nostri riti di evocazione dei defunti.
Dal Nuorese al Campidano, dalla Gallura all'Oristanese, dal Cagliaritano all'Ogliastra.
Sono i bambini, anime candide, i sacerdoti della questua di Ognissanti. Bussano alla porta di ogni famiglia e chiedono qualcosa in nome delle anime ricevendo dolci, pane, frutta secca, agrumi.
"Altro non era che un meccanismo di scambio dei beni sacralizzato nella celebrazione dei defunti. Sì, una sorta di mutuo soccorso - sottolinea Benedetto Meloni -, un modo per far circolare prodotti che non tutte le famiglie avevano. Ad Austis, per esempio, non tutti potevano disporre di una provvista di castagne e nocciole".
I bambini, poi, bussavano a ogni portone, liberi da logiche di inimicizie, faide, liti di vicinato.
"Passavano dappertutto: si ridefiniva così la rete di appartenenza alla comunità".
L'ELEMOSINA - Dolores Turchi, studiosa di tradizioni popolari, puntualizza che si trattava "di un'usanza molto seria: un rito in suffragio delle anime. Quale l'origine? Sono rituali legati alle Antesterie, le feste celebrate in onore di Dioniso che si credeva tornasse per qualche giorno sulla terra e alle feste delle anime nell'antica Roma".
E Halloween, avvisa, "con tutto il suo carico di festa commerciale non fa che deformare la nostra tradizione che sembra essere diventata un gioco".
Al suo paese, Oliena, la tradizione si chiama pane e binu e sì, come in tantissimi centri dell'Isola, "non è stata mai dimenticata. Ovunque in Sardegna ci fu una sospensione negli anni del consumismo, poi è ricomparsa durante la crisi economica".
Anticamente, racconta, "succedeva che anche gli adulti andassero a fare la questua. Erano i poveri del paese che si coprivano bene per non essere riconosciuti".
NUOVA VITA - Un tempo, spiega Tatiana Cossu, antropologa dell'Università di Cagliari, "era la ricorrenza che segnava la chiusura del ciclo agricolo e l'avvio del nuovo. Una festa che, nella sua specificità del progettare la nuova produzione con riti che richiamavano la benevolenza dei defunti, ritroviamo anche in terre molto lontane, come l'Oceania".
Quella Sardegna è scomparsa.
"Il paese si è trasformato. Non c'è più quel contesto economico e sociale che faceva da sfondo a tradizioni che coinvolgevano famiglia e comunità. Oggi magari c'è il desiderio di ricercare le usanze e riproporle, ma si tratta di una rievocazione".
LE RADICI - Non è dunque Halloween il danno.
"Il problema, invece, è che stiamo abolendo i nostri riti, togliamo ai bambini momenti di crescita importanti, fondamentali - dice Lorenzo Braina, pedagogista -. Pensiamo solo ai dolci per la ricorrenza dei morti: un tempo i papassinos si facevano solo per Ognissanti, oggi li troviamo tutto l'anno".
Ma qual è l'importanza dei riti da un punto di vista pedagogico?
"Danno radici ai bambini. Insegnano loro lo scorrere del tempo, il passaggio delle stagioni, la felicità dell'attesa e del gustare qualcosa che si è desiderato a lungo".
                                                    Piera Serusi

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