Cominciò radendo i fascisti a 91 anni è ancora in bottega
Arturo Busso barbiere da guinness: festeggia i tre quarti di secolo di professione Premiato dal “suo” Comune, Agna, confessa: «Il mio lavoro mi dà ancora gioia»
di Nicola Stievano
AGNA. Era ancora un ragazzino quando fece barba e capelli a gerarchi fascisti, soldati tedeschi e partigiani. Settantacinque anni dopo è ancora al suo posto, nella bottega di famiglia, davanti allo specchio, con forbici e pettine in mano. A 91 anni Arturo Busso è il barbiere dei record, una vera istituzione nella zona. Lavora da quando aveva 15 anni e non ha mai pensato di smettere: «Sono fortunato», ammette, «di salute sto bene, ho la mano ferma e mi piace stare in mezzo alla gente. E poi a casa non saprei che fare». Così trascorre le giornate nella bottega che ha aperto quando aveva vent'anni, attività poi proseguita dal figlio Michele, al suo fianco da ormai 35 anni. «È grazie a lui se sono ancora qua», conferma Arturo, «altrimenti avrei dovuto smettere. Invece lui ha scelto di proseguire con l'attività e io gli dò una mano». Ogni giorno il barbiere è al suo posto, pronto a servire i clienti vecchi e nuovi. La sua dedizione al lavoro e il suo record incontestabile gli sono valsi una festa a sorpresa giovedì sera in municipio, con la consegna di una targa dal parte del sindaco e del consiglio comunale. «Non me lo aspettavo proprio», continua Arturo, «e ringrazio tutti per il pensiero, a partire dall'amico Carlo Vedovetto. Ho sempre lavorato volentieri e non mi sento stanco. Ovviamente faccio quello che posso, intanto trascorro le giornate in mezzo alla gioventù».
La sua memoria va a quando, a 15 anni, venne assunto dal falegname del paese per fare il barbiere. «La bottega era condotta dal nipote del proprietario, il signor Varagnolo», ricorda, «che però era stato chiamato sotto le armi. Dalla guerra purtroppo non è più tornato. Fra i miei clienti in quegli anni c'erano i fascisti e i soldati tedeschi al comando insediato nella canonica. Poi arrivarono i partigiani e mi occupai anche di loro. Ricordi della guerra non he ho altri, ho preferito dimenticare quegli anni». Al termine del conflitto Arturo decise di mettersi in proprio e aprì bottega in piazza, dove rimase fino all'inizio degli anni Settanta, quando «un camion con tanto di rimorchio uscì di strada e mi sfondò il negozio. Nell'incidente morì anche una donna. Per un po' mi trasferii altrove, poi passai nella bottega attuale, in via Roma, sempre in centro. Ho scelto io, ancora da giovane, di restare ad Agna. Avrei potuto andare a Milano nel salone aperto da un mio amico ma ho preferito stare qua, tra la mia gente. Mi è sempre piaciuto questo lavoro, peccato che i giovani non lo vogliano più fare, ci vuole tanta umiltà, nessuno invece vuole più iniziare facendo il garzone di bottega. E poi ci sono gli orari, il lavoro al sabato, ma una volta era anche peggio. Per non perdere i clienti tenevo aperto anche ben oltre l'ora di cena».
In questi tre quarti di secolo Busso ha visto cambiare non solo la professione ma anche il suo paese e la società: «Non è vero che si viveva meglio in passato», conclude, «dopo la guerra c'erano la miseria e la fame, la gente si spaccava la schiena nei campi e non aveva nemmeno di che vestire». Al barbiere va il plauso del sindaco Gianluca Piva a nome di tutto il paese: «I suoi 75 anni di professione siano di esempio e stimolo per tutte le future generazioni e per i nostri giovani. Le persone come Arturo sono un orgoglio per tutti noi».