Uno dei tanti difetti di noi
umani è proprio quello di giudicare il comportamento e le scelte altrui senza
conoscere i fatti. La scarsa empatia che abbiamo dimostrato per dj Fabo, 39enne
tetraplegico e non vedente dal 2014, lo conferma puntualmente. Oltre a Fabiano
Antoniani ricordo anche Gianni Trez e i casi di Piergiorgio Welby, Eluana
Englaro e dagli Usa Terri Schiavo e Brittany Maynard. Per ogni singolo dramma
di queste persone si sono imbastiti milioni di processi ideologici sulla
sacralità della vita, e le loro scelte
"inopportune" o di chi gli era più prossimo legalmente. Nessuno ha
provato però ad immedesimarsi nelle loro esistenze. Senza fare della falsa
retorica proviamo per un solo attimo a chiudere gli occhi e ad immaginarci
distesi in un lettino senza poterci più muovere, immobili come un tronco
d'albero, nutriti soltanto da un sondino e senza possibilità di poter vedere e
osservare chi e cosa ci sta intorno. Quale sensazione ricaviamo da questo
esperimento mentale? Impossibile da descrivere giacché irreale, non nostro, e
soprattutto perché noi 'sani' non riusciamo a sopportare nemmeno un banale e
sporadico mal di testa, figuriamoci quindi di vivere un'intera esistenza
costellata di sofferenza. In un paese civile il suicidio assistito, 'dolce morte'
o eutanasia (non disquisiamo per favore e in questo momento sulla terminologia
più idonea) è una grande conquista di civiltà. Come ci ha insegnato Oliver
Sacks dietro ogni cartella clinica o termine medico c’è un essere umano che
merita il nostro rispetto. In quanto essere umano con piena capacità di
intendere e di volere affermo che sono l'unico responsabile della mia vita, e
nessuno può vietarmi durante una patologia invalidante o terminale di decidere
liberamente di farla finita senza dover espatriare, o far rischiare ai propri
cari condanne penali per aver eseguito solamente la nostra volontà. Naturalmente occorre
rispettare ed ammirare chi ha scelto di vivere nonostante la grave
malattia. La futura legge non obbligherà nessuno a fare qualcosa contro la
propria volontà.
In una vera democrazia ogni
cittadino ha il diritto di esprimere la propria opinione purché sia solo sua e
non la copia dei riassunti forniti in Chiesa (anche le altre religioni sono
contro l'eutanasia quindi il discorso si estende a tutti gli altri credi). La
Chiesa che parla tanto di misericordia ha negato a Piergiorgio Welby il
funerale religioso, mentre ai mafiosi e ai peggiori criminali non si è mai
negato nulla! Bell'esempio di misericordia, e soprattutto molto rispettosa di
quel passo del Vangelo in cui Gesù dice: «Non giudicate e non sarete giudicati;
non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato» (Luca
6,37). In effetti per le funzioni religiose dei vari assassini la Chiesa dice
di non giudicare nessuno e di attenersi a semplice carità cristiana, ma evidentemente
Welby non meritava tanta fraterna benevolenza. Non dimentichiamo che
Sant'Agostino definì il suicidio: «un misfatto detestabile e un delitto
condannabile», mentre altri santi come Tommaso Moro si dissero favorevoli
quando la malattia da cui si era affetti era ormai senza speranza. Recentemente
il teologo Hans Küng ha dichiarato che: «È conseguenza del principio della
dignità umana il principio del diritto all’autodeterminazione, anche per
l’ultima tappa, la morte. Dal diritto alla vita non deriva in nessun caso il
dovere della vita, o il dovere di continuare a vivere in ogni circostanza.
L’aiuto a morire va inteso come estremo aiuto a vivere. Anche in questo tema
non dovrebbe regnare alcuna eteronomia, bensì l’autonomia della persona, che
per i credenti ha il suo fondamento nella Teonomia». Ma uno Stato laico deve
agire nel nome di tutti e non solo di chi si professa credente. Non mi
interessa dissentire da Platone, Aristotele, Kant, Hegel e altri autorevoli
pensatori o padri della Chiesa che si schierarono contro il suicidio
(assistito). Il problema non è di chi lo teorizza o lo spiega, bensì di chi lo vive giorno per giorno sulla
propria pelle.
Pertanto mi auguro che il nostro
Parlamento approvi immediatamente una legge per regolamentare il 'fine vita'
senza perdere ulteriormente tempo. Infine sono profondamente convinto che
giudicare in astratto le sofferenze dei nostri simili è un atto davvero
meschino e disumano.
"Grande Spirito, preservami
dal giudicare un uomo non prima di aver percorso un miglio nei suoi
mocassini" (Guerriero Apache).
Criap
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