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17.9.25

Un Ebrea Americana ,un musicista, il padre che l’ha promesso alla figlia, l’86enne: le storie di chi parte con la Flotilla non solo una massa di stupidi. come li descrive la destra e suoi seguaci...

  cioè  incapaci, drogati di dopamina, amanti del rischio, pagliacci, armata brancaleone, radical chic, croceristi, fighetti in barca a vela e sostanzialmente una massa di stupidi.

https://www.fanpage.it/ 

                                          Saverio Tommasi

Ne avevo lette molte in questi mesi. La Global Sumud Flotilla descritta come un gruppo di scappati di casa, o composta da politicanti ideologici, finanche terroristi. E ancora: incapaci, drogati di dopamina, amanti del rischio, pagliacci, armata brancaleone, radical chic, croceristi, fighetti in barca a vela e sostanzialmente una massa di stupidi. E sono andato a memoria, scrivendo solo i primi insulti che ho letto. Per questo ho raggiunto il porto di Augusta sette giorni fa, prima ancora di sapere se mi sarei davvero imbarcato: prima di tutto volevo capire, parlando con le persone.Così ho trascorso i primi giorni a terra chiacchierando con le persone che poi si sarebbero imbarcate in questa missione umanitaria, sulle barche della Global Sumud Flotilla.Qui di seguito cinque delle loro storie, rappresentative di loro stessi e di loro stesse, ma in fondo anche di tutto il movimento.


La ragazza a bordo della Taijete: "Mi imbarco per tre differenti motivi"

“Artist against apartheid” è scritto sulla maglietta di una ragazza con i capelli rossi, ricci, a guardarli sembrano delle onde, a proposito del mare. Parla inglese. Si imbarcherà sulla Taijete. Non ha mai avuto dubbi. Si imbarcherà per tre differenti motivazioni, e nel raccontarle mi fa il segno “tre” con le dita. La prima è per usare l’onda lunga della sua voce e della sua fama di fronte alle ingiustizie, dice proprio così: “Io posso e voglio mettermi nel mezzo fra oppresso e oppressore”. E mentre me lo spiega, di nuovo, muove le mani.Poi continua: “La seconda motivazione è che sono ebrea, e come persona ebrea voglio mostrare di non essere d’accordo – né io né la mia famiglia – con quello che sta accadendo a Gaza e in Palestina. E ci sono per dire che non è giusto usare il nostro nome di ebrei per coprire il genocidio che sta avvenendo. La terza motivazione è che sono americana, e voglio dirlo anche al governo del mio Paese”."Sono musicista da vent’anni, questa è l’operazione più diretta nella quale mi sia trovata. Negli ultimi cinque anni ho lavorato organizzando le voci degli artisti, ho cercato di metterle insieme contro le ingiustizie. È questo che ho fatto fino a oggi. Poi sono stata sempre più coinvolta da quello che sta accadendo in Palestina, perché appunto sono ebrea. E quando c’è stata la possibilità di imbarcarmi sono corsa qua".


"Vogliamo portare aiuti, in questi giorni qualcosa sta cambiando"


Ha la mia età, è italiano e ha la barba. Ogni tanto se la tocca. Parte spiegandomi quello che hanno fatto fino a oggi con un gioco di parole: “Abbiamo ‘armato’ le barche, si dice così in gergo. Significa ‘sistemare le barche', renderle adatte alla navigazione. Ed è una parola strana riferita alle nostre barche, perché noi siamo nonviolenti e disarmati. Noi viaggiamo con le mani alzate, le uniche armi che abbiamo sono le cime e dei salvagenti, sperando di non doverli usare. Sperando cioè che non ci buttino in acqua"."Noi – continua – vogliamo portare aiuti, ci sono scatole con aiuti raccolti da persone come me, non aziende, non ricconi, ognuno ha fatto una spesa normale e l’ha messa insieme alle altre. Siamo gente fatta così. Ti dico una cosa: una parte di me pensa che in questi giorni qualcosa stia cambiando e che alla fine si aprirà il corridoio per sbarcare gli aiuti. Mi dicono ‘romantico’ come fosse una condanna, ma perché? Sarebbe la cosa più giusta. Lo vedi anche tu quante persone stanno scendendo in piazza, in tutta Italia e in tutto il mondo: centinaia di migliaia. E allora ce la possiamo fare. Anche secondo te questo significa essere romantico? Politicamente non mi sono mai realmente schierato, ma sono umano e questo per me vale molto. È la mia coscienza. Se posso fare qualcosa per aiutare io ci sono, eccomi qui. ‘Sono umano' l’ho già detto?".


Il papà che l'ha promesso alla figlia piccola

"Ho molta paura. Sento l’oppressione. Te la spiego meglio: c’è un popolo oppresso e questo dolore mi stressa. Saranno dieci giorni di navigazione con una pesantezza enorme, non sarà una crociera. Qualche volta non riesco a trovare senso nell’umanità, la mia non è una questione politica. Sono devastato da quello che leggo e da quello che vedo. Sono qui perché l’ho promesso a mia figlia, ha 5 anni e mezzo. Sono stato uno degli ultimi ad aver saputo di potermi imbarcare, sono arrivato solo due giorni fa. So che ci sono persone come te che sono qui da giorni"."La promessa è questa: ci siamo messi seduti e le ho spiegato che il loro papà andrà a portare da mangiare a bambini della sua età, qualcuno più piccolo, qualcuno più grande. Bambini che non hanno da mangiare e che perciò hanno fame. E sai lei che cosa ha fatto? È andata a prendere il suo primo pupazzetto, quello di quando era piccola, e me lo ha dato dicendo: ‘Dallo al primo bambino che incontri!’ Quindi ho anche una responsabilità su di lei e la sento tutta, mi ha affidato il suo pupazzetto, capisci? E ora scusami se mi sono commosso. Avere una responsabilità su mia figlia piccola significa anche che magari fra quindici anni, quando lei magari studierà storia contemporanea e mi chiederà: ma tu quindici anni fa – durante questo genocidio – dov’eri? Cosa hai fatto? Ecco: io voglio poter rispondere senza dovermi vergognare".


L'uomo che parte per Gaza a 86 anni: "Troppo vecchio? Decido io"


"Io ho 86 anni, ma di solito rispondo sempre che ne ho 68 e se vogliono la verità devono invertire i numeri. Perché parto? Ma che domanda è? C’è un popolo che viene spazzato via, qualcuno pensa che io sia troppo vecchio ma non decidono gli altri, decido io. Cosa ho fatto fino a oggi? Tante cose. Da che parte? Dalla parte di chi è oppresso. Mi sento un po' anarchico. Sono contro tutti i poteri e contro tutte le gerarchie, anche in barca. Infatti non sarà facile"."Io ho sempre lavorato per il mercato del lusso, realizzavo gioielli, in particolare orologi di alto design, l’ho fatto per tanti anni ma poi ho smesso e da tanto tempo realizzo soltanto orologi in acciaio, bronzo e alluminio. Cioè la qualità del prodotto a livello mentale e intellettuale rimane, ma non a livello economico, perché quello deve essere raggiungibile da tutti. Per questo ho abbandonato il lusso, e su questo principio vado avanti. Io parto senza nessuna speranza, perché non ha senso andare da Israele a chiedergli di lasciarci entrare a liberare il prigioniero, perché il guardiano non ti darà mai la chiave, però noi ci proviamo lo stesso. Perché solo una cosa è sicura: in questo momento c’è un genocidio. E allora parto anche se ho 86 anni, anzi ne ho 68. Ma se vuoi la verità devi invertire i due numeri".


"I governi non fanno niente, ora tocca a noi"


Poi lei, è una ragazza molto giovane ed è svizzera. “Io parto per Gaza perché stiamo assistendo da due anni a un genocidio in diretta streaming e i governi non stanno facendo niente, allora tocca alla popolazione civile fare qualcosa. Io penso che ogni persona su questa terra debba fare tutto quello che può. Ho iniziato il mio impegno per l’ambiente, quando ero più giovane, e per i diritti degli animali. Due anni fa ho iniziato il mio impegno anche per la Palestina. Una persona per tutte, e tutte le persone per una. Io la penso così”.Per questo alla fine ho scelto di imbarcarmi: la Global Sumud Flotilla è la più grande e variegata missione umanitaria a memoria umana.

Per questo alla fine ho scelto di imbarcarmi: la Global Sumud Flotilla è la più grande e variegata missione umanitaria a memoria umana.

30.3.24

la via crucis non è solo festività pasquale ma alcuni neglio alcune la subiscono tutti i giorni il caso di patrizia cadau che ha denunciato il suo carnefice ed ora si tova a processo per averlo diffamato

da  
21 h 

Io ci credevo tanto nella Giustizia e nello Stato.
Lo Stato.
Quest'imponente costrutto fatto di norme, di diritto, di valori fondanti la vita di tutti.
Lo Stato contrapposto alla barbarie per garantire ordine, rispetto, protezione dei più deboli dalla prepotenza.
Sono stata tirata su così, con una fiducia tonta e smisurata nei confronti dello stato. E della Giustizia.
Quella che consente ad un violento incallito di esercitare violenza.
Quella che permette ad un padre violento di continuare ad essere maltrattante, lasciandolo impunito, benché condannato.

Quella che criminalizza le donne che, sopravvissute alla violenza, raccolgono dignità e coraggio e vanno a denunciarla, per poi essere intimidite.
Quella che consente al violento di circondarsi di un branco di gente colpevole come lui per amplificare l'abuso.
Quella che se chiedi aiuto, non solo ti lascerà sola ma ti esporrà ad altre minacce.
Quella che trova normale fare crescere i bambini nelle aule dei tribunali, rivittimizzarli, e continuare anche dopo aver compiuto la maggior età, finché la loro madre non sia sopraffatta.
Quella che invece di sanzionare gli abusi sanziona i toni coloriti di chi li racconta.
Quella che discrimina le vittime per giustificare gli orchi, i mostri domestici.
Quella che organizza le passerelle in commemorazione delle vittime, ma solo se sono morte, altrimenti si trova un sistema per zittirle del tutto.
Quella che invita le donne a parlare, per poi denunciarle dopo.
Quella che autorizza il violento ad usarti violenza economica spolpandoti di ogni bene, e mettendoti nelle condizioni di subire processi che aggraveranno ancora di più la situazione.
Quella che di fatto è collusa con la violenza, e corrotta fino nel midollo.
Mi fidavo, e invece.
Non è bastato l'orco, brutale, feroce, non sono bastati i suoi complici prezzolati, le sue comari bavose e parassite, i suoi compari pavidi e profittatori.
A loro si è aggiunto lo Stato.
Capace di perdersi denunce, fascicoli e testimonianze e di rinviare a giudizio i testimoni di giustizia come me per avere parlato. E di manifestarsi assente.
Se me l'avessero detto non ci avrei creduto.
Ma come fanno alcuni a vivere consapevoli delle croci che hanno caricato su altri, davvero è un mistero.


spesso dietro delle tragedie, c'è solo un colpevole... ma alcune volte, la legge non tutela agendo in prevenzione. Questo non significa che esistono altri colpevoli ma se fosse possibile prevenire anzichè curare, alcune situazioni potrebbero avere un altra via di risoluzione...

Ci hanno fregato proprio per il senso civico e il rispetto delle istituzioni che abbiamo. Ci hanno fregato perché siamo persone perbene e le persone perbene in questo paese sono destinate a soccombere. Hanno più garbo con i mafiosi ed i corrotti che con noi.

13.4.20

C'è un ricercatore italiano a mille chilometri dal Polo Nord, dove il coronavirus non è arrivato, ma da cui non ci si può spostare. La sua storia dall'Artico


30.9.16

stava girando un video con il cellulare prima dello schianto: muore a 25 anni in un incidente d'auto

voi che usate i social e wzp mentre guidate e vi fate fottuti dannati selfie o video idioti pensateci bene e chiedetevi  ma  vale  la pena  di mettere    a repentaglio la mia  vita   per  simili cose  ? perchè c.....  mi hanno sequestrato   \  tolto  punti  dalla patente  ?   Se  proprio  non ci tenete  alle  vostre  vite  ( come  mi sembra  di capire  dal numero sempre  più alto d' incidenti  dovuti all'auso  del cellulare  mentre  si  guida  )  abbiate rispetto per  quelle degli altri  che  rischiate  di mettere in pericolo  . E voi genitori non date la colpa ai telefonini ma all'uso che la gente ,  compreso   vostro figlio\a o voi stessi ne fate  durante  la  guida  . E voi  mass media  spesso regionali  \ locali  finitela  dimettewre  nei titoli  e negli articoli   :  strada assassina e menate varie .Dobbiamo  prendere   esempio   dalle   parole di questa povera madre


 downloadhelper  mi  scaroca  solo la  pubblicità   e non il  video  .  quindi lo trovate  qui  

 


27.7.15

Napoli: quando la filosofia è una senzatetto

da http://fascinointellettuali.larionews.com/napoli-quando-la-filosofia-e-una-senzatetto/


NAPOLI – È uscito ieri pomeriggio, 26 luglio, su Internazionale un articolo reportage sulla tragica situazione che sta vivendo l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli. Il giornalista Angelo Mastrandrea ex vicedirettore del Manifesto) documenta la storia gloriosa dell’ottantottenne Gerardo Marotta, che oggi resiste strenuamente alla chiusura del polo culturale da lui creato. Alla primavera del 1975 risale la fondazione dell’istituto, incoraggiata dal sostegno di Enrico Cerulli, al tempo presidente dell’Accademia dei Lincei, e di Elena Croce, figlia del filosofo Benedetto CroceDa allora inizia l’attività quarantennale del centro, sintetizzata dal responsabile delle scuole estive, Aldo Tonini: 27mila ospiti del mondo del sapere umanistica e scientifica, da filosofi a medici; borse di studio – in media, 2500 all’anno – garantite a giovani studiosi grazie ad alcuni contributi statali versati dal 1993, provenienti dai fondi dell’8 per mille; 15mila convegni (alcuni tradotti in coreano) in tutto il mondo, perfino a Timbuctu e nel prestigioso castello di Cerisy-La Salle in Normandia; scuole estive nei paesini del Sud, per una sana politica meridionalista; l’edizione cinese de Il Principe; opere sul pensiero indiano o su Ashoka, mitico sovrano buddhista del sub-continente indiano… una cascata di cultura aperta all’Europa e al mondo contemporaneo.
Gerardo Marotta nel suo ufficio
L’avvocato Marotta, in rapporti con i presidenti Sandro Pertini Giorgio Napolitano, ed ex  militante nel Partito Comunista Italiano, ha speso tutto per i libri: «Ho venduto tutto, anche le proprietà di mia moglie, un attico a Roma e una villa qui a Napoli. Ora ho debiti con tutti, perfino con il salumiere». 270 mila dei trecentomila volumi ammuffiscono, dimenticati nei più disparati luoghi: da un capannone a Casoria (nella periferia di Napoli) all’ex manicomio abbandonato Leonardo Bianchi. Gli appelli non tardano ad essere sollevati dagli intellettuali, italiani e non qui l’iniziativa sulla piattaforma Change.org, qui l’appello sul sito ufficiale dell’Istituto, tra i cui promotori vi sono Roberto Saviano, Salvatore Settis, Stefano Rodotà, Luciano Canfora e Gustavo Zagrebelsky. Ma il rischio è che «se non arrivano i soldi, a settembre gli ufficiali giudiziari metteranno in vendita i miei libri». Pertanto, la questione, come scritto da Mastrandrea, è politica, e non solo economica. La lotta alla filosofia è condotta in prima fila dalle istituzioni che dovrebbero tutelarla e diffonderla. Gerardo Marotta crede, ancora spera, che l’umanesimo meridionale possa aiutare a far rinascere una società oppressa dall’homo oeconomicus. E ricorda le parole rivoltegli dal segretario nazionale dell’Onu, nel 1992:

«C’è necessità della filosofia per orientare le scelte politiche, di uno spirito umanistico, specie ora che l’Europa è in crisi»
Uno dei depositi dell'Istituto, sotto sfratto per morosità. (Foto di Giacomo Acunzo, dall'articolo dell'Internazionale)
Uno dei depositi dell’Istituto, sotto sfratto per morosità. (Foto di Giacomo Acunzo, dall’articolo di Internazionale)
A.P.


Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...