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11.10.25

DIARIO DI BORDO N 151 ANNO III . IDIOZIE POLITICHE IL CASO DI Francesco Vincenzi primo cittadino di Inverigo , SCUOLA MATERNA E IL burnout , ARTE ALL'ARIA APERTA IL CASO DI BRUNO PETRETTO , Un anno fa la tragedia alla Sailboard: «Dedico la laurea a mio padre»

colonna sonora Di. cosa stiamo parlando https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/07/sindaco-inverigo-rimuove-striscione-pace-notizie/8152645/ Va benenon essere della stessa opinione \ schieramento ma qui si esagera si è su posizioni negazioniste . Infatti la sa tira di Makkox descrive benissimo la ossessione al dissenso ( vedere link sopra ) e il video sotto  

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   da  https://www.today.it/storie/lettera-insegnante-clara-holt.html

 "Mio padre dice che la gente come te non conta più, non hai nemmeno un TikTok": l'addio di una maestra d'asilo Il monito affidato ai social è lo specchio di un fenomeno tutt'altro che isolato: il burnout nel settore dell'insegnamento è sempre più esplosivo

 "Dopo quarant’anni passati a insegnare l’ABC ai bambini, la mia carriera non si è conclusa con una festa o con un applauso, ma con una piccola, tagliente frase pronunciata da un bambino di sei anni: ‘Mio padre dice che la gente come te non conta più’." È amaro lo sfogo di una maestra neo pensionata che ha trascorso la propria vita professionale insegnando in un asilo alla periferia di Denver, metropoli statunitense capitale del Colorado. La riflessione è firmata Clara Holt, probabilmente uno pseudonimo dato che non risultano insegnanti con questo nome. Tuttavia lo sfogo lasciato sui social è diventato virale a inizio ottobre 2025, cupo riflesso della svalutazione della professione di insegnante in America (ma non solo). Un monito che sottolinea ciò che sta andando perduto nel mondo dell’istruzione. Clara non invoca colpevoli, ma chiede rispetto - non per sé - per la funzione insostituibile che ogni insegnante svolge: prendersi cura dei bambini, della loro fiducia, del loro desiderio di scoprire. A innescare la riflessione è la tagliente frase pronunciata da un bambino di sei anni mentre lei si preparava a impilare negli scatoloni i ricordi di una vita da insegnante: "Mio padre dice che la gente come te non conta più" dice, per poi aggiungere senza sarcasmo. "Non hai nemmeno un TikTok". “Sanno scorrere app sul display prima ancora di impugnare un pastello” Clara, maestra d'asilo Quando iniziò la sua carriera nei primi anni Ottanta, Holt ricorda come l'insegnamento fosse vissuto come una promessa condivisa: "Ciò che facciamo conta". Le sere erano dedicate a ritagliare fogli colorati, applicare glitter, costruire angoli di lettura. I genitori portavano biscotti alle serate scolastiche. I bambini consegnavano biglietti fatti a mano con cuori diseguali. Il riconoscimento era nei gesti piccoli, non nei numeri. Negli ultimi anni, però, quel mondo è cambiato. “Mio padre dice che persone come te non contano più” Clara descrive un sistema che l’ha risucchiata in procedure burocratiche, in schermate da compilare per difendersi da lettere arrabbiate, in genitori che urlano davanti ai figli mentre uno registra con il cellulare. I bambini stessi arrivano già esausti, ansiosi, abituati alla luminosità degli schermi: sanno scorrere app sul display prima ancora di impugnare un pastello. E l’insegnante è chiamata a essere tutore emotivo, psicologo, operatore sociale, riparatore di traumi e alunna del curriculum. "Tutto in sei ore, con risorse esigue". "Un giovane preside una volta mi disse: “Clara, forse sei troppo affettuosa. Il distretto vuole risultati misurabili”. Come se la gentilezza fosse un deficit". Eppure, Clara è restata. Per quegli attimi che nessun foglio Excel può catturare: un alunno che le sussurra "Mi ricordi mia nonna"; un biglietto tremolante con scritto "Mi sento al sicuro qui"; un bambino che, per la prima volta, alza lo sguardo e dice "Ho letto l'intera pagina". Ma Clara ha visto anche crescere l'aggressività, il silenzio prendere il posto delle risate nella sala insegnanti. Le colleghe, dice, sono scomparse una dopo l’altra, piegate da un burnout crescente. E lei stessa si è sentita sparire "come gesso cancellato dopo troppe lavate". Secondo gli ultimi dati dell'associazione degli insegnanti americani negli Stati Uniti ogni anno l’8 per cento degli insegnanti abbandona la professione, e sono i più giovani quelli che sarebbero a rischio più elevato. In Italia oltre la metà dei docenti manifesta sintomi di burnout o livelli significativi di stress denunciando di lavorare fino a tre ore in più rispetto al pattuito. La lettera d'addio di “Clara Holt” Nell'impacchettare le ultime cose prima di andare in pensione ha infilato in una scatola decine di biglietti ricevuti in trent’anni. Nel fondo di un cassetto ha trovato una lettera di una studentessa del 1998: "Grazie per avermi voluto bene quando ero difficile da amare". Clara si è seduta sul pavimento e ha pianto. L'addio senza cerimonie, senza applausi. Solo la stretta di mano sommessa di un giovane preside assorto nel suo smartphone. "Se conoscete un insegnante, qualsiasi insegnante, ringraziatelo - conclude - Non con una tazza o un buono. Ma con parole, rispetto, consapevolezza che dietro ogni voto c’è un cuore che ha provato. Perché in un mondo che spesso li dimentica, gli insegnanti sono quelli che non dimenticano i nostri bambini". -- "Mio padre dice che la gente come te non conta più, non hai nemmeno un TikTok"

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LA  NUOVA  SARDEGNA  11\10\2025 


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LA  NUOVA  SARDEGNA  11\10\2025 
La storia
Un anno fa la tragedia alla Sailboard: «Dedico la laurea a mio padre»
di Marco Bittau

L’olbiese Anna Maria Campus discute una tesi ispirata alla veleria di famiglia

Olbia
La prima pagina della sua tesi di laurea è un foglio bianco, in alto una piccola dedica in corsivo: «A mio padre». E già così è un colpo al cuore. Anna Maria Campus – olbiese, neodottoressa in economia aziendale all’Università di casa, la “fabbrica” dei manager del turismo – per completare gli studi ha scelto la via dell’emozione forte, dell’orgoglio di famiglia e della gioia di fare un regalo al padre che non c’è più, Giancarlo Campus, velista e imprenditore conosciutissimo in città, titolare della veleria Sailboard nell’area industriale di Olbia. Proprio un anno fa aveva perso la vita nel suo capannone, un tragico incidente sul lavoro, che ha posto i tre figli (Anna Maria, Nicola e Mattia) di fronte alla realtà di un’azienda da mandare avanti, di un progetto d’impresa da sviluppare e della memoria di un padre-imprenditore da consegnare alla piccola grande storia degli olbiesi di mare. Pochi ma buoni. Il tema della tesi la dice lunga: “Il passaggio generazionale nelle imprese familiari: il caso Sailboard”. Cioè, la veleria avviata dal padre Giancarlo. Inevitabile che la tesi di laurea a questo punto diventi anche la storia della propria famiglia, spezzata da una tragedia, ma ripresa di petto e di studio, perché la vita non si ferma.
La mia tesi – racconta Anna Maria – è dedicata al tema del passaggio generazionale nelle imprese familiari, un argomento di grande rilevanza per l’economia italiana e sarda, dove la maggior parte delle aziende è a conduzione familiare. Il lavoro analizza le sfide e le opportunità che accompagnano il ricambio generazionale, approfondendo gli aspetti economici, organizzativi e relazionali che influiscono sulla continuità dell’impresa».
«Una parte del lavoro – aggiunge – è dedicata al caso Sailboard, la veleria di famiglia, utilizzato come esempio concreto per comprendere come il processo di transizione possa essere vissuto dall’interno di una realtà artigianale locale. Attraverso questo caso ho voluto mostrare come il passaggio generazionale non sia solo una questione di successione nella proprietà o nella gestione, ma anche di trasmissione di valori, competenze e identità aziendale, elementi fondamentali per garantire la sostenibilità e l’evoluzione dell’impresa nel tempo».
È la stessa neodottoressa a raccontare nella tesi di laurea la storia dell’impresa di famiglia: «La veleria Sailboard nasce a Olbia oltre trent’anni fa da una scelta radicale del fondatore, Giancarlo Campus, cioè abbandonare il mondo itinerante del luna park per stabilirsi in un contesto marino stabile, dove la passione per la vela potesse diventare una vera professione. Nel corso degli anni, il modello di business artigianale di Sailboard ha subìto un’evoluzione naturale guidata dalla visione e dall’intraprendenza del suo fondatore».
«Nato con l’intento di fornire servizi specializzati nel mondo della vela – prosegue Anna Maria Campus nella sua tesi – il laboratorio si è inizialmente concentrato sulla riparazione delle vele e su tutto ciò che ruotava intorno alla pratica del windsurf, disciplina molto diffusa in Sardegna già negli anni Ottanta».
Tra le intuizioni di Giancarlo Campus anche l’espansione della veleria anche fuori dal naturale ambito nautico. Nell’arredamento, per esempio. Poi nel 2021 il passaggio dal piccolo laboratorio al grande capannone in via Namibia, nell’area industriale. Oggi, un anno dopo la tragedia, nella spiaggia dello Squalo (davanti al chiosco ristorante Sa Joga, base dei surfisti olbiesi) i tre figli hanno posato nell’erba un piccolo altare con due vele al vento e una targa che spezza il cuore: «Il mare era la tua casa, il vento la tua guida, Il Capitano della nostra vita che naviga ora mari senza confini».

26.6.21

non darmi il tormento ... appena incominciata l'estate e già si parla di tormenttoni estivi . aspettare l'autunno no ?

Ma  che   ....    non è ancora  iniziata la stagione     che  già  si parla di  tormentoni  . È  partita     come ogni estate  , ecco un  dei motivi   per  cui  (  sarà  che  sto invecchiando  )  sto iniziando ad odiarla ,  partita  la    guerra  dei  tormentoni  una    tradizione   (  ormai    standardizzata  )  tutta Italiana   «Le  hit  estive   vivono  l'età  d'oro  negli ani 60\70   come dice  Enzo gentile    nel  libro Onda su  onda  (  copertina a  sinistra  ) e  aggiunge   «Ora  ricordiamo sapore  di  di sale    , tra  30 anni   chi canterà Giusy Ferreri ?  >> 
Ha  ragione  Umberto Brindani nell'ultimo  editoriale di Oggi  : <<  è  il momento dei  nuovi  tormentoni   estivi  . ma  forse stiamo esagerando  >> .
Infatti se    prima i  tormentoni   , come spiega  l'articolo   sempre  su  oggi  di   Dea Verna    sempre  su Oggi  erano involontari  visto che  fino  a 20\30  anni fa   gli artisti pubblicavano   brani  e   se  avevano successo   diventavano tormentoni  ( ed  alcuni  rimangono nella memoria   ancor  oggi )  altrimenti  finivano  nel dimenticatoio    salvo essere  riscoperti ed  riusati per   qualche cover  . Infatti   c'era  un meccanismo   darwiano   solo i brani più  forti    si 'imponevano ed  sopravvivevano  ed  non erano   necessariamente    scritte  \  composte     solo per  l'estate   perchè erano anche tormentoni  quelle   che   vincevano   ma  non è detto   San remo o simili   . Ma  soprattutto    se   venivano  composte  per l'estate  c'era una  o più  canzone  , per  tali   rassegne   Festivalbar    e  simili  . C'erano al massimo  due  \ tre   all'anno   e  spesso d'alta  qualità visto che alcuni  sono   usati ancora  oggi   come cover  o  nella versione originale  .   Oggi   è il contrario , dagli anni novanta è  iniziata la standardizzazione della hit, frutto di un "calcolo" determinato da un'industria musicale che si stava trasformando letteralmente in un’industria  vera  e propria per  poi  passare   dagli  anni duemila  .
Infatti  la formula vincente ora è l’abbinata  “vecchia gloria più artisti giovani- di moda-pieni di follower”. 
L’estate è appena iniziata, ma già impazza lo strano trio formato da Orietta Berti, Fedez e Achille Lauro con Mille (che poi, diciamolo, a reggere la canzone è il ritornello cantato con voce cristallina da Orietta). A tallonarli, Gianni Morandi e Jovanotti con L’allegria, mentre la premiata ditta Takagi & Ketra con Giusy Ferreri ha già timbrato il cartellino con Shimmy shimmy. Solo  per  citarne   alcuni .  C'è  quindi  una caterva   di  canzoni\  canzonette  spesso , dipende  dai gusti ,  di   mediocre ed  infima  qualità   per la  maggior  parte  .  Infatti   il  tormentone     lo si fabbrica  a tavolino   creando appositamente  canzoni   che dopo una  stagione  saranno  dimenticati  ( salvo eccezioni  )   si  potrebbe  dire   che    se prima  Tormentone  lo  divettava  oggi  invece  Tormentone  si nasce  .   Infatti 

A ciascuno il proprio tormentone del cuore… ai posteri l’ardua sentenza: saranno in grado i pezzi di oggi di durare così a lungo nel tempo? Bella domanda, chi può dirlo, di sicuro l’ingente quantitativo di proposte non aiuta, anzi rischia di confondere, depistare e far passare in secondo piano parecchi brani degni di nota. Il mercato musicale estivo negli ultimi anni è sicuramente in crescita dal punto di vista commerciale, l’intera discografia investe più che in passato, i ritorni sono sicuramente importanti, ma non perdiamo di vista il focus, la musica non può essere trattata solo esclusivamente come un’industria. Pensiamo a tutte le canzoni che abbiamo appena citato, hanno funzionato, molte senza alcuna aspettativa, il segreto forse sta proprio in questo. Insomma, gli anni passano ma i tormentoni ben fatti rimangono! 

(  da   https://recensiamomusica.com/viaggio-nella-storia-dei-tormentoni-estivi-dagli-anni-60-ad-oggi  )  

concludo   con lo stesso interrogativo espresso  , ho dovuto usare  il cattura  schermata  perchè  non riuscivo a copiarlo in altro modo    ,  nella  chiusa  dell'articolo  di  Dea  Verna  su oggi  di  questa  settimana  




8.5.21

La tv di stato sospende il programma “Ulisse di Alberto Angela e lo sostituisce con .....

 
La tv di stato sospende il programma “Ulisse di Alberto Angela di Daniela Bionda
Ho appena saputo che la  televisione di stato “RAI “ ha appena  sospeso il programma di Alberto Angela “Ulisse” rinunciando a fare quello che la televisione di stato dovrebbe fare, ovvero “Servizio Pubblico” che porta la cultura nelle case degli italiani, non importa se molti o pochi, e preferendo affidarsi alla TV spazzatura.
Ma cosa è la TV spazzatura?  eccovi una spiegazione data dal Prof. Francesco Pira, docente di sociologia presso l’università di Messina


Di cosa parliamo quando parliamo di TV spazzatura? Il trash è un fenomeno sempre più diffuso a livello globale, il professor Francesco Pira, docente di sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università degli Studi di Messina ci ha spiegato il fenomeno della TV spazzatura e quello che ruota intorno a questo universo. 
Cosa è la TV “trash”?
“Per definire la TV trash possiamo prendere a prestito la definizione di spazzatura (trash) della Treccani come: la qualifica attribuita in tono polemico a prodotti ritenuti di cattiva qualità, di breve durata nel tempo, messi sul mercato a basso prezzo al fine di ottenere guadagni immediati; più spesso,
con riferimento al mondo dello spettacolo o dell’editoria, detto di programmi, trasmissioni, pubblicazioni considerati come ricettacolo di volgarità, programmati o diffusi solo per andare incontro ai gusti di un pubblico largo e poco esigente. Nella definizione emerge un elemento che trovo particolarmente significativo, ossia per chi sono confezionati questi programmi, un pubblico poco esigente. Eppure proprio questi programmi ottengono risultati in termini di ascolto particolarmente significativi tanto da avere contribuito alla grande rivoluzione avvenuta nella televisione e storicamente avviata negli anni duemila con l’arrivo di un nuovo format: il reality”. 
Letteralmente, dunque, “spazzatura”: un prodotto di bassa qualità e grottesco. Da anni assistiamo alla nascita e crescita di questo Minotauro fatto di spettacolo e spazzatura, un essere ripugnante ma che piace. Nella TV spazzatura domina il cattivo gusto, le urla, l’oscenità, la violenza, ed il tutto genera una spirale che ipnotizza milioni di telespettatori, ci tiene incollati allo schermo assetati di sapere cos’altro succederà. Perché? 
Perché ci piace questa “spettacolarizzazione del mediocre”?
In un saggio scritto a quattro mani con la collega Cava nel quale analizzavamo l’evoluzione del gossip abbiamo dedicato ampio spazio alla fenomenologia del voyeurismo che proprio un certo tipo di televisione estremizza e potenzia. – spiega il prof. Pira -. Qui la televisione diventa una protesi ottica che alimenta i desideri legati alla pulsione del guardare che stimolano il coinvolgimento emotivo. Una sorta di potere di osservare, senza essere visti, le storie degli altri, immedesimarsi, oppure ergersi a giudici delle vite esposte, dove riconosciamo pulsioni, difetti e miserie.
Penso che la parola chiave sia propria la mediocrità, che diventa il fulcro intorno al quale si costruisce il programma. Basti pensare alla campionessa di ascolti Mediaset, Barbara D’Urso, per la quale ho coniato il termine barbaradursizzazione, riferito ad una forma di devianza del giornalismo, per evidenziare come si sia dato vita a un tipo di televisione che si poggia esclusivamente sull’emotainment, dove questioni intime e private vengono analizzate, ridicolizzate o pietisticamente presentate davanti alle telecamere e poi rivisitate sui social network con commenti molto discutibili. La condivisione dei sentimenti umani diventa così il traino di molti programmi che spingono lo spettatore ad identificarsi con le parti in causa”. 
Perché la TV spazzatura è così attraente? 
“In apertura dell’intervista ho fatto accenno al fenomeno dei reality, ritengo che proprio il successo di questo format abbia nel tempo costruito un rapporto privilegiato proprio con il pubblico giovane e questo per una serie di motivi. In primis lo storytelling specifico, la sceneggiatura del format dove personaggi coinvolti sempre più spesso vip o cosiddetti tali, si cimentano con situazioni dove la patina dell’irraggiungibile si confronta con il ridicolo. Poi la spinta tecnologica, con l’introduzione del satellitare, del digitale terrestre, della televisione via web e on demand, che consente, partendo dalla messa in onda del programma all’interno del palinsesto generalista, di spacchettare, rimodulare, personalizzare la fruizione del programma.
Ed in ultimo ma non per ultimo, l’interattività sempre più spinta, per cui il programma televisivo diventa spunto conversazionale all’interno dei gruppi sui social. Tanto che il format funziona tanto quanto riesce a penetrare nei flussi conversazionali. La fruizione non è più top – down. La televisione non è più al centro, ma diventa elemento che entra in un universo di connessioni, dando vita ad una permeabilità di contenuti e di pubblici e che alimenta l’audience diretta e indiretta. Il tutto con una velocità incalcolabile”.
Quali sono i rischi della TV spazzatura per l’homo videns? È innocente intrattenimento o pericoloso anestetico per le coscienze?
“Non credo alla TV complottista. Di pensare in partenza ad una televisione capace di anestetizzare le masse. Credo però, e questo è un discorso complesso, che la TV commerciale rispetto alla TV in bianco e nero del Maestro Manzi ha avuto esigenze diverse, è nata per catturare il telespettatore e farlo diventare un consumatore orientabile e condizionabile. E la storia della televisione italiana ci consegna un uso dell’infotainment a fini esclusivamente politici. In un’Italia che ha grossi problemi nello smaltimento dei rifiuti, la TV spazzatura rappresenta un ennesimo problema di smaltimento”.
Il professore conclude con una personale riflessione: “In questo momento storico la TV spazzatura in quanto tale non rappresenta la preoccupazione più grande. La televisione sarà vista da un pubblico che sarà composto sempre di più da persone anziane e con un basso livello culturale. E’ molto più preoccupante l’interconnessione tra TV e web concentrata su format on demand, che fanno credere all’utente di poter decidere il finale di qualunque proposta d’intrattenimento. E’ un’illusione, una pura illusione.”

Dobbiamo farcene una ragione, la natura stessa dell’essere umano è cambiata. Nel mondo delle tecnologie iper-invasive l’homo sapiens si evolve in – o regredisce a – homo videns (Sartori, 2007). L’essere umano che sembra dominare la realtà è paradossalmente più vulnerabile ad essa, la realtà è paradossalmente più vulnerabile ad essa, la sua libertà all’apparenza assoluta sembra sciogliersi nei pixel di uno schermo. 




Serena Valastro
Laureata in Lingue e culture europee, amante di cinema, musica, arte, informazione, storie. Scrivere è entrare in nuovi spazi, conoscere qualcosa di nuovo, vivere situazioni e sensazioni sempre diverse per trasmetterle a chi vuole viverle.

27.10.18

Auguri a uno dei parrucchieri più antichi d'Italia: non usa il rasoio ed è specializzato nel taglio "alla Umberta"

Dopo notizie   e riflessioni   su brutture   ritorniamo alle classiche storie  .Ecco  a voi  una   storia   d'amicizia e di solidarietà fra   colleghi   . 
dall'unione  sarda    di qualche giorno fa  

Antonio Cardia, 91 anni, barbiere da una vita: "Da me niente tagli per 'burumballa'"

Ha scelto un modo un po' singolare per festeggiare il suo compleanno. Antonio Cardia si è fatto tagliere i capelli. In realtà, la scelta non è poi così strana: a 91 anni, Cardia continua a lavorare nel suo salone di via Cimarosa, all'angolo con via Pergolesi
antonio cardia nel suo salone di via cimarosa (foto marcello cocco)Antonio Cardia nel suo salone di via Cimarosa (Foto Marcello Cocco)
E lunedì ha chiamato nella sua bottega una persona ancora più anziana di lui, Cireneo.Ufficialmente, l'uomo è pensionato dopo aver fatto per tanti l'infermiere. Il suo primo lavoro, però, è stato quello del barbiere."Ma, nonostante questo - racconta Cardia - non ha certo perso la mano. Anche perché, quando avevo molto lavoro, veniva a darmi una mano nel mio salone".Adesso, invece, i clienti sono diminuiti.Anche perché Cardia non ha certo intenzione di rinunciare al suo stile. Anche perché è diventato un maestro specializzato in un taglio che, sino a qualche anno fa, andava per la maggiore: quello "all'Umberta". E lui non si vuole adeguare."No, i tagli attuali non mi piacciono e non li faccio. E qui non si passa il rasoio sulla testa. Il mio è un salone di classe: non voglio 'burumballa', gentaglia, qua dentro".Una vita trascorsa in quel salone. Che non vuole lasciare."Certo, vorrei andare in pensione. Ma, prima, voglio lasciare la bottega a chi vuole fare questo lavoro seguendo la mia filosofia. Ci sono tanti clienti storici, non posso deluderli".Che sia solo questo il motivo? Qualche tempo fa, una trasmissione televisiva nazionale si è occupata dei barbieri più vecchi d'Italia. Cardia ha scoperto di essere al secondo posto. "Più anziano di me c'è un altro sardo, un barbiere di Porto Torres che lavora ancora a 93 anni".[ ne  ho parlato qui  sul blog  da qualche  porte  ]Che voglia aspettare la pensione del collega per diventare il barbiere più anziano d'Italia?
Marcello Cocco

17.10.18

Non esiste più una criminalità di una volta i casi di Nule\Orune ed il caso di ghilarza

per  approfondire
https://www.unionesarda.it/video/video/2018/10/09/gli-omicidi-di-orune-nule-alberto-cubeddu-rischia-l-ergastolo-52-782119.html **  https://www.repubblica.it/cronaca/2018/10/17/news/oristano_delitto-209182654/
*** https://it.wikipedia.org/wiki/Graziano_Mesina

Lo  so  che  ormai  , sopratutto in Sardegna  ,  è  ormai   da quasi 70  anni  che la  criminalità   e  sempre  più feroce  e  disumana  . Ma  qui  la  situazione    è sempre  peggio   ed  a renderla  peggiore  ci  si mettono anche  i  minori  .
Infatti   questo mio post nostalgico   scritto   stamattina  sulla  mia bacheca  di facebook ha  creato come  sempre  un vespaio  di polemiche    e  di  fraintendimenti

Dopo gli omicidi   efferati    di Nule\Orune* e quell'episodio a Ghilarza** sconfortato affermo che:   non esiste più la criminalità di una volta che aveva un suo codice  etico ( il così detto codice barbaricino ) edl elementi per evitarne la degenerazione oltre al rispetto del corpo dell'ucciso e delle vittime  ... Basta seghe mentali legate ad un passato ormai passato ed riprendiamo a lavorare  . C'è un carico per il negozio da preparare

Laura Piccinnu Gianluigi Pischedda Sn delinquenti punto e basta.
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Rispondi7 h

Giuseppe Scano Laura Piccinnu Gianluigi Pischedda esatto . Ma nella  vecchia   c'era un codice  etico  \  morale  ed era comprensibile aveva una giustificazione nella sua ingiustificabilita' . Quella d'ggi ė solo bestialità ed  gratuita 

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Rispondi7 h

ma   è soprattutto    questo



Isabella Isa Farina Come può la criminalità avere un codice etico? Anche antica barbaricina?
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Rispondi5 h
Giuseppe Scano
Cara Isabella Isa Farina La tua perplessità è comprensibile . Infatti m'ero espresso male dando per scontato che noi sardi non avessimo bisogno di spiegazioni su quello che fu la nostra particolarità storica e giuridico antropologica . Ora snaturata ed imbastardita da contatti con modelli e dinamiche estranee ed esterne . Io mi riferivo alla vecchia criminalità cioè quella precedente Graziano Messina ***  e le generazioni di banditi (  criminali )   successivi  . Un periodo in cui nell'isola non era ancora arrivata l'industrializzazione selvaggia e predatoria ,ed Dove la costa Smeralda era ancora libera ed selvaggia . Dove il diritto era ancora legato a consuetudini legate al mondo agropastorale ed esistevano i mezzi per evitare ( ragionamenti li chiamavano in Gallura ) l le desamistade o vendette personali . Leggiti il bellissimo libro Tessiduras de paghe-Tessiture di pace di Elisa Nivola, Maria Erminia SattaLibreria Editrice Fiorentina, 2006 - 310 pagine



Risultati immagini per Tessiduras de paghe-Tessiture di pace
ed sul corpo dell' ucciso non veniva dato in pasto ai maiali o bruciato e fatto a pezzi .

Isabella Isa Farina Giuseppe Scano è proprio criminalità ed etica che stona un po, tutto qui
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Rispondi1 h

Marcello Scano Il passato è passato ! Giusto
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Rispondi1 h

  conclude  il post  d'oggi   le  note  sfumate    di    bandito senza  tempo  -   The Gang  che   va   ad aggiungersi come  colonna  sonora   a  il  bandito ed  il campione  -  De  Gregori 

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...