Va bene combattere la delinquenza giovanile ma fin quando si farà solo con leggi eccezionali ed
emergenziali come è stato semre fatto dalle origini dello stato e non seguono misure sociali i problemi rimangono ed s'aggravano . Soprattutto quando
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
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6.9.23
DIARIO DI VIAGGIO N°7 ANNO I . Zaini scolastici del marchio Esercito distribuiti da Giochi preziosi., bliz a caivano Inutile sceneggiata per propaganda” o intenzioni serie di risolvere il problema ?
leggendo sul Fq 6 SETTEMBRE 2023
Zaini scolastici del marchio Esercito distribuiti da Giochi preziosi, l’Osservatorio: “Vogliono trasformare le classi in caserme, boicottiamo”

“Boicottiamo gli zainetti scolastici della Folgore e degli Alpini prodotti dal marchio Esercito e distribuiti da Giochi preziosi. Le aule non sono una caserma”. A lanciare una vera e propria contro campagna pubblicitaria è l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole, che da qualche giorno ha scoperto che quest’anno accanto alle cartelle di Barbie, Turtles o Shaman King, la nota azienda di
giocattoli e di materiale didattico ha sponsorizzato la linea dell’Esercito italiano con sei prodotti: lo zaino blu con il marchio Folgore (75 euro su Amazon), quello verde con la scritta Alpini (stesso prezzo), quello con la stampa ufficiale Esercito (medesimo costo) e gli astucci simili al costo di 13,99 euro, sempre su Amazon. Il tutto con tanto di slogan: “Che tu sia fan dell’esercito, della F
olgore o degli Alpini, potrai trovare il modello più adatto a te!” . [...... qui il resto dell'articolo ]
Si tratta solo di una Campagna di militarizzazione della società o Ringraziamento come ha replicato la ditta, per il lavoro svolto durante la pandemia, ai militari ? Mah . Io essendo abituato a vedere ( o almeno a provarci ) a vedere oltre il bianco e il nero ci vedo oltre ai due elementi un trovatapubblicitaria a costo zero o quasi utile ad entrambi.
Alla ditta dei prodotti per attirarsi come clientela i fans di vannacci o delle forze dell'ordine o di coloro che hanno come valori ordine ed disciplina ed usano come tutti grandi marchi pubblicitari di prodotti ( non solo giocattoli ) per bambini/e "l'intermediazione "dei genitori in quanto i bambini pur di essere visti come sfigati chiedono insistentemente di comprargli i prodotti reclamizzati
Alla ditta dei prodotti per attirarsi come clientela i fans di vannacci o delle forze dell'ordine o di coloro che hanno come valori ordine ed disciplina ed usano come tutti grandi marchi pubblicitari di prodotti ( non solo giocattoli ) per bambini/e "l'intermediazione "dei genitori in quanto i bambini pur di essere visti come sfigati chiedono insistentemente di comprargli i prodotti reclamizzati
All'esercito per fare passare in secondo piano (e prenderne le distanze ) la popolarità che sta avendo (ed ha ) a livello di base nelle forze armate il generale prima citato.
......
Dopo il raid nel quartiere della periferia più degradata di Napoli, Caivano, uno show con forze dell’ordine e telecamere, il governo mostra di nuovo i muscoli: "Conto che in Consiglio dei ministri domani ci sia un provvedimento a proposito di baby gang e delinquenza minorile, che aumenta i controlli e le sanzioni”, dice infatti in un’intervista a Rtl 102,5 il vicepremier e ministro delle
Infrastrutture e trasporti, Matteo Salvini. << Abbassare l'età per essere imputabili è utile perché il 14enne che gira con un coltello o con una pistola, è capace di intendere e volere e se sbaglia, se uccide, se rapina, se spaccia deve pagare come paga un 50enne >>, spiega ancora a repubblica doggi , ( qui l'articolo ) << La sicurezza è una priorità >>. E e il provvedimento, sottolinea, << era già pronto da tempo perché i decreti non si fanno in un quarto d'ora e l'operazione a Caivano non è stata “uno show>>. Ora speriamo che al maxi blitz a sorpresa ( Sic ) con elicotteri e 400 uomini per sequestrare poco o nulla ed non arrestate nessuno non sia la solita gazzosa propagandistica . Per tranquillizzare l'opinione pubblica ma soprattutto chi ha votato ancora la sicurezza disciplina .. E che l'annuncio della presentrazione in consiglio dei ministri del nuovo decreto contro la delinquenza minorile non siano le solite grida manzoniane progandistiche alla Salvini dettate dai fatti di : palermo e di caivano. Visto che ed la storia lo ha sempre dimosrato le operazioni di polizia di questo tipo possono avere un impatto limitato sulla criminalità organizzata e che è necessario affrontare il problema in modo più ampio, affrontando le cause sottostanti della criminalità e investendo nelle comunità colpite. Infatti :
da Saviano accusa Meloni: “Inutile sceneggiata per propaganda” (41esimoparallelo.it) [..... ]Gli agenti impiegati nel maxi-blitz hanno trovato appartamenti vuoti e sequestrato una quantità di denaro che per una piazza di spaccio sono solo pochi spiccioli. La camorra ha avuto tutto il tempo di mettere al sicuro ciò che non doveva esser trovato. Risultato? Qualche pregiudicato andrà sotto processo, terranno dei blindati in strada per un po’ di tempo fingendo di credere che possano funzionare da deterrente… E poi, come sempre, il nulla. I maxi-blitz, come avvenuto a Caivano, non cambiano il destino di un territorio, non offrono riscatto, sono operazioni fatte per pura propaganda politica.
è sempre stato cosi nella nostra storia nazionale . Altrimenti non si spiegherebbe come mai prosperano Le mafie
3.1.23
Bari, 23enne paralizzata e in coma partorisce un bambino al Policlinico: ora è fuori pericolo e sta recuperando la mobilità ed altre storie
Bari, 23enne paralizzata e in coma partorisce un bambino al
Policlinico: ora è fuori pericolo e sta recuperando la mobilità
La ragazza di origini tarantine era alla 35esima settimana di gravidanza quando è stata trovata svenuta sul pavimento dai familiari a causa della rottura di una malformazione artero-venosa cerebrale. Il piccolo sta bene dopo alcuni giorni in Neonatologia e la mamma sta recuperando la funzionalità cognitiva e motoria
San Giorgio a Cremano, compra pastori sul web: gli consegnano un pacco di droga
di Mariella Parmendola
Un pacco gli arriva fino a casa. Ha acquistato in ritardo dei pastori per il suo presepe. Pensa di avere fatto un affare sul web arrivando a fare un ordine in Spagna. E invece il suo acquisto gli assicura una sorpresa inaspettata. Gli viene consegnato nella sua abitazione di San Giorgio a Cremano un carico con 10 chili di droga. Sequestrato il pacco.
Le indagini dei carabinieri continuano. Si cerca chi invece si aspettava la marijuana e aprendo il suo pacco si è trovato davanti due pastori in terracotta. Il cittadino di San Gregorio ieri pomeriggio quando ha aperto lo scatolo ha sentito un forte odore: è marijuana. Sono 10 chili, sottovuoto.
Il cliente non crede ai suoi occhi, è una brava persona e il panico lo assale. Compone il 112 e in pochi minuti i carabinieri della stazione di San Giorgio a Cremano sono già sotto casa. Nel pacco c’è cannabis raffinata in marijuana. Pronta per essere dosata e venduta al dettaglio.
E’ appena trascorso il Natale. Un appassionato di presepi di San Giorgio a Cremano è alla ricerca di pastori a buon prezzo sul web. Vuole completare il suo, arricchirlo prima dell'Epifania. Non è lontano dal cuore di Napoli ma la folla di San Gregorio Armeno scoraggia chi ha bisogno di spazio e tempo per scegliere i pezzi giusti.
Si affida al commercio elettronico, alle vetrine impalpabili di pixel e “carrelli” virtuali. Con qualche click arriva fino in Spagna e trova proprio quello che gli serve. Una scena campestre semplice. Un agricoltore che pota una pigna d’uva dalla vite, col figlio vestito di cenci che regge una sporta di vimini. E’ un affare, spese di spedizione incluse. Aggiunge al carrello e conclude l’acquisto.
Passa qualche giorno e, ieri pomeriggio, il corriere bussa alla sua porta. C’è un pacco ingombrante per lui, al cartone è incollata la bolla di trasporto. Sembra piuttosto pesante ma la cosa non incuriosisce più di tanto. Il pacco ha viaggiato per migliaia di chilometri e il venditore avrà adottato qualche cautela in più per evitare danni.
Con le forbici sfila lo scotch e scarta un involucro di compensato. Dentro non ci sono pastori e quello che sembrerebbe muschio per decorare le pareti rocciose di una Betlemme in miniatura è qualcosa di diverso. L'inchiesta è appena iniziata.
.........
Ismaele era con la madre sul un mezzo della linea 3 ed è intervenuto per difendere una ragazza, schiaffeggiata dopo aver acceso una sigaretta. Un gruppo di amici dell'aggressore ha assalito lui e la donna, alla quale è stato sfilato il cappello. Per il 21enne un dente rotto e diverse contusioni
di
Benedetta De Falco e Daniele Leuzzi
Aggredito da una baby gang per aver difeso una ragazza. La vittima è un 21enne di Bari, Ismaele, che poche ore fa aveva diffuso un appello sui social dicendo di avere bisogno di amici: "Non ho nessuno con cui uscire a parte mia madre". Ed era proprio con la donna quando intorno alle 22,30 di ieri è stato prima minacciato sulla linea 3 dell’Amtab e poi aggredito nei pressi di una fermata in via Crispi. “Sono salito sul bus con mia madre - racconta il ragazzo - e ho visto una ragazza che stava fumando una sigaretta sul mezzo. Improvvisamente un suo coetaneo le ha tirato uno schiaffo, e ho deciso di difenderla mettendomi in mezzo. Subito dopo un terzo ragazzo mi ha detto di togliermi altrimenti avrebbe chiamato dei “rinforzi”.
E così è stato. Il resto della gang attendeva l’arrivo di Ismaele a una fermata di via Crispi, direzione San Paolo. “ Erano dieci ragazzi sui vent'anni. Hanno circondato me e mia madre. Mi hanno schiaffeggiato e colpito a pugni sul viso”. Dopo l’aggressione, la madre di Ismaele ha chiamato la polizia, che è arrivata in pochi minuti ma sul luogo dell'aggressione non c’era più nessuno. Ora sta indagando. Mentre Ismaele è andato al pronto soccorso in attesa del referto per presentare in giornata denuncia. “Sono dolorante, con un dente rotto, contusioni al lato sinistro della faccia, e anche occhi e labbra gonfie. Per fortuna a mia madre hanno solo sfilato il cappello”.
Il selfie con il labbro gonfio e il dente scheggiato

La società Amtab fa sapere che non intende parlare fin quando non viene presentato l'esposto. La storia di Ismaele è fatta di coincidenze. Dalla sua denuncia sui social - “Ho bisogno di amici", raccontata da Repubblica - all’aggressione avvenuta in via Crispi erano passate poche ore.
15.8.22
Patrizia Guerra: " Anch'io ero una bulla ma ora da mamma combatto i prepotenti
DA repubblica
Patrizia Guerra: " Anch'io ero una bulla ma ora da mamma combatto i prepotenti"
dalla nostra inviata Alessandra Ziniti
Ancona
Il sacco rosso appeso nella palestra stranamente deserta. «Che succede, non ci alleniamo oggi?». Il suo maestro che la fissa dritto negli occhi e sibila: «O affronti quello che hai dentro adesso e lo sconfiggiamo, oppure ti giri e te ne vai». Quel giorno, prendendo a pugni il sacco con tutta la rabbia che aveva in corpo, cambiò per sempre la vita di Patrizia Guerra. Perché questa donna coraggiosa e decisa che ad Ancona ha deciso di sfidare a viso aperto le baby gang che terrorizzano la città e che per ben tre volte hanno picchiato suo figlio, prima di essere una “mamma-coraggio” come tutti la chiamano, è stata prima bullizzata e poi, a sua volta, bulla. E oggi Patrizia, a 43 anni, è diventata simbolo della difesa del diritto dei ragazzi a crescere liberi senza subire violenze.
E chi l’avrebbe detto che anche lei ha un passato da bulla?
«Prima bullizzata e poi bulla. Ed è certamente questa mia storia che mi ha consentito di non sottovalutare mai il dramma che ancora sta vivendo mio figlio e tutti i ragazzi come lui. Tanti, troppi. E che spesso restano in silenzio, senza denunciare, senza ribellarsi, per paura o anche solo perché nessuno li ascolta».
È questo che è successo a lei?
«Sì, nel paese dove vivevo da bambina, Monte Sant’Angelo in Puglia, mi avevano preso di mira per la mia timidezza. Ero alle scuole medie: mi portavano via la merenda, mi rinchiudevano in bagno, mi rubavano le matite, mi prendevano in giro, mi davano schiaffi. Quanto basta, a quell’età, a farti crollare l’autostima, a farti sentire debole, inferiore. I miei genitori non erano molto presenti a casa, mia madre faceva la pilota di auto, mio padre lavorava tutto il giorno. E non c’era nessuno che poteva ascoltarmi».
Da vittima a carnefice il passo è lungo. Come è accaduto?
«Un giorno stavo seduta su una panchina a piangere quando mi avvicinò un signore. Mi propose di andare nella sua palestra di karate. Lui voleva propormi un’attività che mi impegnasse, io andai perché pensavo che sarei diventata più forte e avrei potuto vendicarmi. E così avvenne: picchiavo tutti, femmine e maschi. Mi chiamavano persino per le spedizioni punitive. Fino a quando il maestro lo scoprì…»
Il famoso giorno del sacco rosso.
«Sì, aveva saputo che avevo picchiato delle ragazze e mi affrontò in quel modo facendomi trovare la palestra deserta e mettendomi davanti ad una scelta. Quel giorno ho picchiato il sacco per un’ora, tirando fuori tutta la rabbia che avevo in corpo. È stata l’ora più lunga e significativa della mia vita. Quel mio maestro, che oggi ha 80 anni , di ragazzi come me ne ha salvati tanti. Gli devo tutto e questo mi ha fatto capire quanto può valere nella vita di tutti noi l’incontro con la persona giusta. Certo, trent’anni fa era un bullismo diverso, si faceva pace, io con quelli a cui ho dato botte sono rimasta amica. Oggi questi qui non sanno neanche cosa sia la pace, sono criminali, ti lasciano steso per terra e non vogliono cambiare. Ma non possiamo rimanere a guardare».
Siamo sedute al tavolino di un bar di piazza Roma, nel cuore di Ancona. “Questi qui” di cui parla Patrizia ci passano davanti a frotte: sono italiani e stranieri, si danno il cinque, si radunano sopra le scale che conducono ai bagni pubblici, proprio lì dove è scattato il primo dei tre agguati al figlio di Patrizia, nel 2019, l’ultimo a dicembre scorso. Tutti adesso qui sanno chi è questa donna volitiva, cintura nera, 2° dan, che ha anche deciso di portare ad Ancona la divisa dei City Angels, l’associazione di volontari nata a Milano.
Patrizia, come sta suo figlio?
«Si sta riprendendo, ma non posso dire che stia bene. Paura, attacchi di panico. A dicembre, dopo l’ultima aggressione, ho dovuto licenziarmi dalla scuola dove ero stata appena assunta. Dovevo stargli vicina, senza di me non riusciva a muovere un passo. Aveva terrore anche della mia battaglia contro l’omertà dei genitori che non denunciano e l’indifferenza degli adulti che si girano dall’altra parte. Intollerabile».
È per questo che ha deciso di scendere in campo a difesa di tutti i ragazzi vittime di bullismo?
« Si, non potevo permettere che mi portassero via mio figlio. E instillandogli questa paura me l’avrebbero portato via. Ero davanti allo stesso bivio di tanti genitori: o minimizzi e giustifichi il problema o lo affronti e io ho scelto la seconda strada».
Ma perché hanno preso di mira suo figlio?
«Non c’è nessuna ragione particolare. Per questi criminali in erba è quasi un rito di iniziazione. Devono prendere di mira il primo che passa e massacrarlo. Quando è successo la prima volta mio figlio aveva 14 anni e stava passeggiando con degli amici, quando lo hanno accerchiato in dieci aggredendolo. Io mi trovavo nei pressi per caso quando ho visto la rissa e mi sono avvicinata. Poi ho capito che si trattava di lui, mi sono gettata nella mischia, ho bloccato il braccio di quello che lo stava picchiando, li ho messi in fuga. C’erano decine di persone che passavano, nessuno è intervenuto».
Avete denunciato subito?
«Sì, anche se lui non voleva perché aveva paura. E invece li abbiamo denunciati, identificati, li hanno presi tutti, sempre, processati, condannati. Nel frattempo però hanno minacciato anche me, ci salivano in casa, mi sono ritrovata anche con un coltello puntato alla gola. Ma non mi sono mai fermata e alla fine lui mi ha detto “grazie”. Nonostante la paura vado avanti perché la battaglia non è finita, basta guardarsi intorno».
La sua è anche una battaglia per fare rete, per convincere gli altri genitori a scendere in campo. Ci sta riuscendo?
«Pian pianino, ma sa che anche le mamme dei bulli mi vengano a cercare? È successo con la mamma di un giovane tunisino che ha aggredito mio figlio. Spesso anche questi genitori hanno bisogno di aiuto. E a quelli che restano a guardare dico: “Guardate che potrebbe capitare anche a vostro figlio”. E insomma adesso anche le istituzioni cominciano a darci ascolto. E anche il Papa a cui avevo scritto ci ha risposto con una lettera di incoraggiamento, invitandoci tutti ad andare avanti e a non avere paura. Per mio figlio è stata una grande iniezione di fiducia».
E chi l’avrebbe detto che anche lei ha un passato da bulla?
«Prima bullizzata e poi bulla. Ed è certamente questa mia storia che mi ha consentito di non sottovalutare mai il dramma che ancora sta vivendo mio figlio e tutti i ragazzi come lui. Tanti, troppi. E che spesso restano in silenzio, senza denunciare, senza ribellarsi, per paura o anche solo perché nessuno li ascolta».
È questo che è successo a lei?
«Sì, nel paese dove vivevo da bambina, Monte Sant’Angelo in Puglia, mi avevano preso di mira per la mia timidezza. Ero alle scuole medie: mi portavano via la merenda, mi rinchiudevano in bagno, mi rubavano le matite, mi prendevano in giro, mi davano schiaffi. Quanto basta, a quell’età, a farti crollare l’autostima, a farti sentire debole, inferiore. I miei genitori non erano molto presenti a casa, mia madre faceva la pilota di auto, mio padre lavorava tutto il giorno. E non c’era nessuno che poteva ascoltarmi».
Da vittima a carnefice il passo è lungo. Come è accaduto?
«Un giorno stavo seduta su una panchina a piangere quando mi avvicinò un signore. Mi propose di andare nella sua palestra di karate. Lui voleva propormi un’attività che mi impegnasse, io andai perché pensavo che sarei diventata più forte e avrei potuto vendicarmi. E così avvenne: picchiavo tutti, femmine e maschi. Mi chiamavano persino per le spedizioni punitive. Fino a quando il maestro lo scoprì…»
Il famoso giorno del sacco rosso.
«Sì, aveva saputo che avevo picchiato delle ragazze e mi affrontò in quel modo facendomi trovare la palestra deserta e mettendomi davanti ad una scelta. Quel giorno ho picchiato il sacco per un’ora, tirando fuori tutta la rabbia che avevo in corpo. È stata l’ora più lunga e significativa della mia vita. Quel mio maestro, che oggi ha 80 anni , di ragazzi come me ne ha salvati tanti. Gli devo tutto e questo mi ha fatto capire quanto può valere nella vita di tutti noi l’incontro con la persona giusta. Certo, trent’anni fa era un bullismo diverso, si faceva pace, io con quelli a cui ho dato botte sono rimasta amica. Oggi questi qui non sanno neanche cosa sia la pace, sono criminali, ti lasciano steso per terra e non vogliono cambiare. Ma non possiamo rimanere a guardare».
Siamo sedute al tavolino di un bar di piazza Roma, nel cuore di Ancona. “Questi qui” di cui parla Patrizia ci passano davanti a frotte: sono italiani e stranieri, si danno il cinque, si radunano sopra le scale che conducono ai bagni pubblici, proprio lì dove è scattato il primo dei tre agguati al figlio di Patrizia, nel 2019, l’ultimo a dicembre scorso. Tutti adesso qui sanno chi è questa donna volitiva, cintura nera, 2° dan, che ha anche deciso di portare ad Ancona la divisa dei City Angels, l’associazione di volontari nata a Milano.
Patrizia, come sta suo figlio?
«Si sta riprendendo, ma non posso dire che stia bene. Paura, attacchi di panico. A dicembre, dopo l’ultima aggressione, ho dovuto licenziarmi dalla scuola dove ero stata appena assunta. Dovevo stargli vicina, senza di me non riusciva a muovere un passo. Aveva terrore anche della mia battaglia contro l’omertà dei genitori che non denunciano e l’indifferenza degli adulti che si girano dall’altra parte. Intollerabile».
È per questo che ha deciso di scendere in campo a difesa di tutti i ragazzi vittime di bullismo?
« Si, non potevo permettere che mi portassero via mio figlio. E instillandogli questa paura me l’avrebbero portato via. Ero davanti allo stesso bivio di tanti genitori: o minimizzi e giustifichi il problema o lo affronti e io ho scelto la seconda strada».
Ma perché hanno preso di mira suo figlio?
«Non c’è nessuna ragione particolare. Per questi criminali in erba è quasi un rito di iniziazione. Devono prendere di mira il primo che passa e massacrarlo. Quando è successo la prima volta mio figlio aveva 14 anni e stava passeggiando con degli amici, quando lo hanno accerchiato in dieci aggredendolo. Io mi trovavo nei pressi per caso quando ho visto la rissa e mi sono avvicinata. Poi ho capito che si trattava di lui, mi sono gettata nella mischia, ho bloccato il braccio di quello che lo stava picchiando, li ho messi in fuga. C’erano decine di persone che passavano, nessuno è intervenuto».
Avete denunciato subito?
«Sì, anche se lui non voleva perché aveva paura. E invece li abbiamo denunciati, identificati, li hanno presi tutti, sempre, processati, condannati. Nel frattempo però hanno minacciato anche me, ci salivano in casa, mi sono ritrovata anche con un coltello puntato alla gola. Ma non mi sono mai fermata e alla fine lui mi ha detto “grazie”. Nonostante la paura vado avanti perché la battaglia non è finita, basta guardarsi intorno».
La sua è anche una battaglia per fare rete, per convincere gli altri genitori a scendere in campo. Ci sta riuscendo?
«Pian pianino, ma sa che anche le mamme dei bulli mi vengano a cercare? È successo con la mamma di un giovane tunisino che ha aggredito mio figlio. Spesso anche questi genitori hanno bisogno di aiuto. E a quelli che restano a guardare dico: “Guardate che potrebbe capitare anche a vostro figlio”. E insomma adesso anche le istituzioni cominciano a darci ascolto. E anche il Papa a cui avevo scritto ci ha risposto con una lettera di incoraggiamento, invitandoci tutti ad andare avanti e a non avere paura. Per mio figlio è stata una grande iniezione di fiducia».
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