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18.10.25

DIARIO DI BORDO N 152 ANNO III L'ingegnere giapponese, Masahiro Hara, ha inventato gratis il Qr ., i rifiuti diventano opere d'arte con gli scatti di Ivano Piva ., Stanislav Petrov, ufficiale dell’esercito sovietico, responsabile del sistema di allerta nucleare “Oko”. evito l'appocalisse nucleare

Dall'account Magnati 15 ottobre alle ore 21:20


 Avrebbe potuto diventare multimilionario con uno strumento utilizzato da tutti, ma ha deciso di renderlo disponibile alle persone. L'ingegnere giapponese, Masahiro Hara, lavorava presso Denso Wave quando ha inventato il codice QR, il miglioramento del codice a barre. Era il 1994 quando ha creato un metodo capace di immagazzinare 100 volte più informazioni rispetto al comune codice a barre, scansionabile da qualsiasi angolazione e funzionante anche se danneggiato. Hara, invece di brevettare e trarre profitto dal miglioramento, a nome di Denso Wave, ha scelto di liberarlo al mondo gratuitamente.


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unione   sarda   online   

                           Giampiero Marras


Sassari
i rifiuti diventano opere d'arte con gli scatti di Ivano Piva La mostra fotografica “Apparentemente” sarà ospitata a Palazzo Ducale




Tappi di plastica, palloncini scoppiati, frammenti di contenitori, pezzi di reti. Rifiuti. Eppure disposti in maniera sapiente si trasformano in composizioni artistiche. In occasione del 25° anniversario di attività, il Ceas Lago Baratz del Comune di Sassari propone nella sala Duce di Palazzo Ducale la mostra fotografica “Apparentemente” dell’artista Ivano Piva. L'esposizione sarà inaugurata il 28 ottobre e sarà visitabile sino al 31 ottobre e dal 3 al 5 novembre, dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19.
Le opere esposte sono immagini essenziali, che immortalano rifiuti di plastica raccolti sulle spiagge. Le
foto evidenziano il contrasto tra la loro evidente minaccia per l’ambiente e l’apparente innocuità che assumono quando diventano soggetti artistici. La mostra si compone di stampe fotografiche, semplici ma potenti, pensate per sensibilizzare il pubblico alla raccolta dei rifiuti e promuovere una maggiore consapevolezza ambientale. Le fotografie saranno accompagnate da una selezione di oggetti esposti in modo non convenzionale, offrendo uno sguardo diretto su ciò che viene abbandonato.
I materiali esposti provengono da attività umane sia sulla terraferma che in mare: reti, attrezzature da pesca e altri rifiuti marini non degradabili, soprattutto plastica, che le mareggiate trasportano depositano lungo le coste.
Sarà lo stesso autore degli scatti, Ivano Piva, ad accompagnare i visitatori e le classi lungo il percorso espositivo, illustrando sia gli aspetti tecnici delle fotografie sia il messaggio educativo che anima l’intera iniziativa.

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Era la notte del 26 settembre 1983, e il mondo dormiva sull’orlo dell’apocalisse.
Nelle sale sotterranee di un bunker vicino a Mosca, un uomo fissava uno schermo che avrebbe potuto decidere il destino dell’umanità.
Si chiamava Stanislav Petrov, ufficiale dell’esercito sovietico, responsabile del sistema di allerta nucleare “Oko”.All’improvviso, l’allarme scattò.Sul radar apparve la segnalazione di un missile nucleare lanciato dagli Stati Uniti.Poi un secondo.Poi tre, quattro, cinque.Le sirene ululavano.Le luci rosse lampeggiavano.Il protocollo era chiaro: doveva comunicare l’attacco e ordinare la rappresaglia.Entro pochi minuti, migliaia di testate sovietiche avrebbero attraversato il cielo verso l’America.Petrov guardò lo schermo.Le mani gli tremavano.Ma qualcosa non gli tornava.Cinque missili soltanto? Troppo pochi per un attacco vero.E i satelliti di rilevamento erano nuovi, appena installati. Potevano sbagliarsi.“È un falso allarme,” pensò.“Deve esserlo.”Decise di fidarsi del suo istinto, non delle macchine.Non riportò l’attacco.Non premette il pulsante.Attese, da solo, per interminabili minuti.E niente accadde.Nessun missile, nessuna esplosione.Solo il silenzio.Era stato un errore del sistema: i satelliti avevano confuso il riflesso del sole sulle nuvole con il lancio di razzi.Quel gesto silenzioso salvò il mondo da una guerra nucleare.Ma nessuno lo seppe.Il rapporto fu classificato, e Petrov venne perfino rimproverato per non aver seguito la procedura.Venne congedato. Visse in un piccolo appartamento alla periferia di Mosca, in solitudine.Solo molti anni dopo, nel 1998, la sua storia emerse grazie a un documentario.Ricevette premi e riconoscimenti, ma rispondeva sempre allo stesso modo:«Non ho fatto nulla di straordinario.Ho solo fatto quello che doveva fare un essere umano.»Morì nel 2017, quasi dimenticato, ma con la consapevolezza di aver evitato l’estinzione del genere umano con una sola decisione: non reagire alla paura.A volte, il vero coraggio non è premere un pulsante.È avere la forza di non farlo.Piccole Storie (𝑆𝑡𝑜𝑟𝑖𝑎 𝑏𝑎𝑠𝑎𝑡𝑎 𝑠𝑢 𝑓𝑎𝑡𝑡𝑖 𝑟𝑒𝑎𝑙𝑖, 𝑐𝑜𝑛 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑠𝑡𝑟𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑛𝑎𝑟𝑟𝑎𝑡𝑖𝑣𝑎)

29.3.25

chi siamo noi per giudicare . il caso della tragedia di Gianfranco Pilo

Nonostante sia distante anni luce dal suo modo di pensare e ci siua incomptibilità di carattere e di veere il mondo .Stavolta concordo con lei .
Finalmente un commento sensato,ho letto tanti di quei commenti allucinanti che a volte si dovrebbe tacere anziché dare fiato alla bocca solo x puntare il dito o fare la morale agli altri, siamo tutti quel padre e siamo tutti quel bambino.......



La famiglia di Gianfranco Pilo, il 42enne di Ossi deceduto dopo essere stato schiacciato dalla sua auto, ha dato il via alle pratiche per l'espianto e la donazione degli organi di quest'uomo buono, un gran lavoratore, che in questi giorni aveva tre settimane di ferie da trascorrere a casa con l'amatissima moglie ed I figli.
Proprio lei lo ha soccorso quando sabato sera per una tragica fatalità, Pilo è rimasto schiacciato tra lo sportello della sua auto guidata da un amico del figlio dell'età di dieci anni e la ringhiera della sua abitazione. Pilo è andato in arresto cardiaco. Nonostante lo shock la consorte ed i vicini hanno immediatamente chiamato i soccorsi. Pilo è stato trasportato all'ospedale Santissima Annunziata di Sassari, dove ieri è deceduto.
Ho letto dei commenti di accusa nei confronti di Pilo che avrebbe lasciato sedere il bambino nel sedile di guida della sua macchina. A parte che non siamo ancora certi di quanto sia realmente accaduto, ma parliamoci chiaro, guardandoci in faccia. A quanti di noi non è capitato che il proprio figlio si sedesse nel sedile di guida per gioco e facesse finta di guidare? Quante persone, specie chi lavora in campagna, non abitua i figli a guidare i mezzi di trasporto, macchine e trattori compresi, ben prima del compimento del diciottesimo anno di età, quando per legge hanno diritto alla patente?
Lo sappiamo tutti che accade. Non nascondiamo la testa sotto la sabbia. Quello che non conosciamo è l'imprevisto, la fatalità, la tragedia, come quella accaduta sabato a Pilo che la macchina si mettesse in moto e lo schiacciasse.
Non mi sento di fare nessuna accusa di negligenza a quest'uomo. Credo sia sufficiente il dolore che la famiglia Pilo e la famiglia del bambino di dieci anni che l'ha travolto, stiano passando ora e che porteranno appresso tutta la vita.
L'unica consolazione è che attraverso i suoi organi, Gianfranco Pilo possa continuare a vivere ed aiutare altre persone che ne hanno bisogno.
Che possa riposare in pace.

                            Maria Vittoria Dettoto 

Infatti i bambini ( chi non lo è mai stato scagli la prima pietra 😂🤔 ) sono imprevedibili e a volte per il troppo volerli accontentare si acconsente anche a ciò che non si dovrebbe ,qui il dolore è tanto ,quello della famiglia del povero uomo morto rimasta orfana di una figura così importante in casa e di quello della famiglia del bimbo ,il quale vivrà sempre con questo rimorso ,un peso troppo grande da portare per lui ,auguro che quest' anima buona dia a tutti loro la forza di andare avanti senza rancori tra di loro ma che si aiutino vicendevolmente per ricordare quella  che  fu , come   testimoniano commenti  come  questo    (  trovato sulla  pagina  fb  in questione  )  


 il   silenzio è oro, rispetto per queste famiglie, che hanno subito questo dolore così immenso, solo loro sanno quello che si porteranno dentro a vita... Vicina a questo grande dolore a tutti, spero che questo giovane padre e marito dia tanta forza per superare tutto questo, la vita è imprevedibile e crudele, ma siamo tutti sotto questo cielo, lui continuerà a vivere nelle persone a cui gli sono stati donati gli organi, un grande gesto, un abbraccio a tutti i familiari 


  la bontà di quest' uomo   Quindi   le uniche cose che in questo momento possiamo fare sono due . 1 Evitiamo ulteriori  commenti che non portano a niente .2 Se qualcuno si sente preghi o  aiuti   questa famiglia .

30.7.24

DIARIO DI BORDO N 68 Il caso di giulia cecchetin e l'informazione morbosa ., Ragazza di 22 anni si butta dal tetto, poliziotta la afferra per un braccio e la salva: poi l'abbraccio commovente

 le olimpiadi  non mi hanno   , almeno per  ora  ,   distratto     dal  trovasre  e  riportare  storie    e  di  fare la  rubrica  diario di bordo .  

Oltre alla consueta storia trovata in rete c'è un mia piccola riflessione   autocritica   e  critica   sui media   che   non  capiscono o fanno finta  che anche questa è violenza  sul caso del dialogo del padre ( Nicola ) con il figlio ( Filippo Turretta ) .


Inizialmente,  a  caldo  pensavo che chi ha disposto quell’intercettazione e diffuso il contenuto si dovrebbe vergognare. Pensavo fosse l’ennesima situazione di genitori incoscienti che giustificano i figli. Ma  sorattutto    che   la  rovina dei giovani di oggi sono i genitori incoscienti, senza coscienza e senso di responsabilità.

E  che  veramente deve prendere bene bene piede la condanna estesa anche a loro, perché gli atti feroci dei figli sono il risultato (dimostrato) di ineducazione e mancanza totale di valori e principi. Vanno rieducati i genitori insieme ai figli! Poi a mente freddda mi accorgo invece che : che si dovrebbe vergognare più chi ha consentito che una intercettazione che dovrebbe rimanere per la delicateza del caso e per eventualie fraintendomento poteva ed ha creato, segretata . Infatti dal portale msn.it ( non ricordo la fonte dell'articolo)

«Sono io che non… magari non ce la faccio a riferirgli tutto… io non ho detto tutto…». È il 3 dicembre e Filippo Turetta riceve per la prima volta i genitori nel carcere di Montorio Veronese dopo il suo arresto del 18 novembre in Germania per l’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin. Il 22enne di Torreglia sta parlando del suo avvocato, Giovanni Caruso, e ammette – o così pare dalle sue parole, intercettate dagli inquirenti – di aver nascosto delle cose al legale e, di conseguenza, al pm Andrea Petroni, che un paio di giorni prima l’aveva interrogato per nove ore. In un altro passaggio – quando il padre gli dice «non sei stato te, non ti devi dare colpe perché tu non potevi controllarti» – lui, secondo quanto riportato dai carabinieri, scuote la testa e dice «non è così».
Sono questi i motivi per cui quel verbale è stato messo agli atti del processo a Turetta, accusato di omicidio volontario pluriaggravato (dal rapporto affettivo, dalla crudeltà, dalla premeditazione e dallo stalking), sequestro di persona, porto d’armi e occultamento di cadavere. Non certo per «voyerismo giudiziario», anche se poi a colpire sono state altre frasi del padre. Per il pm Petroni e per gli inquirenti è infatti rilevante che poche settimane dopo il delitto, avvenuto la notte dell’11 novembre – prima con l’aggressione in un parcheggio a Vigonovo, a poche decine di metri da casa della giovane 22enne, poi con decine di coltellate nella zona industriale di Fossò – da un lato ammettesse di aver omesso degli elementi nel corso dell’interrogatorio, dall’altro sembrasse non dare seguito alla suggestione del padre su una possibile incapacità di intendere e di volere. La difesa, per ora, in realtà non ha fatto alcuna istanza sul punto, ma l’esame potrebbe essere disposto anche dalla stessa Corte d’assise, di fronte alla quale il processo inizierà il 23 settembre.


Ma quelli che non hanno messo su tale documento il segreto processuale \ investigativo , permettendo che essa fosse pubblica e quindi potesse essere divulgata alla stampa senza metodi clandestini o corruttivi . Cosi pure dovrebbe vergognarsi chi per qualche copia pubblica tutto senza selezionare e distinguere cosa è utile o cosa no , cosa aggiunge o è in più alla notiizia in sè . Ma soprattutto mi sono reso conto che è la solita squallida storia di spettacolarizzazione del dolore altrui per creare scalpore e fomentare gli animi, sulla pelle delle persone che già soffrono terribilmente. Chi ha pubblicato quella roba dovrebbe andare a nascondere , sotterrarsi e sparire dalla faccia della terra fare unesame di coscienza , pensare di trovarsi al posto dei familiari dei personaggi coinvolti . Io da ex curioso è morborso , non lo so quale livello infimo sta raggiungendo la natura umana. Seppur ovviamente condannando il delitto feroce, ma che necessità c’era di infierire così? Sia sui genitori di questo ragazzo che, contrariamente a quanto pensato per un attimo, non possano essere considerati totalmente responsabili dei gesti del figlio, sia anche sui familiari di Giulia …

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ILNATTINO
Ragazza di 22 anni si butta dal tetto, poliziotta la afferra per un braccio e la salva: poi l'abbraccio commovente 

 

Aveva deciso di farla finita in un momento di disperazione, così una ragazza di 22 anni era salita sul tetto del supermercato Esselunga di Camerlata con l'intento di buttarsi. Allertati  da alcuni passanti, che avevano sentito la ragazza urlare «mi butto giù, mi ammazzo non ce la faccio più», tre agenti della polizia di Como sono immediatamente intervenuti per evitare il peggio. Arrivati sul posto, si sono divisi i compiti: una poliziotta posizionata in basso ad attirare l'attenzione della giovane, gli altri due sul tetto per fermarla. Uno degli agenti, una poliziotta di 23 anni attualmente in prova alla Questura di Como, con grande spirito di iniziativa e spiccato tatto, si è avvicinata alla 22enne che dopo alcuni istanti di incertezza si è lasciata cadere nel vuoto di schiena. I due agenti a questo punto con prontezza hanno placcato la donna che era già con tutto il corpo a penzoloni, portandola di peso sulla balconata al sicuro. Una volta assicuratasi che la ragazza fosse in salvo, l’agente di Polizia le è rimasta vicino abbracciandola e tranquillizzandola fino all’arrivo di un’unità medica del 118, che l’ha trasportata all’ospedale S. Anna di San Fermo della Battaglia per le cure del caso.


5.7.24

adesso mi è chiaro il gesto di debora notari donna che ha fatto arrestare Gianluca Molinaro assasinio di Manuela Petrangeli



il mio giudizio espresso precedentemente sulla reazione di Debora Notari altra ex compagna del killer Gianluca Molinaro assassino di Mariangela  Petrangeli  ne   ho parlato   👉🏼qui era espresso a caldo . Ora leggendo gli aggiornamenti ( vedi articolo  sotto 👇🏼 preso  da  msn.it   ) mi accorgo che ha fatto benissimo a scegliere la legalità ed a controllare le proprie emozioni evitando d'esprimersi con la pancia



Manuela Petrangeli è stata uccisa a sangue freddo e in pieno giorno dal suo ex Gianluca Molinaro. Solo grazie all'intervento della sua prima compagna, Debora Notari, l'uomo si è costituito andando dai carabinieri della stazione di Casalotti. È proprio Notari che svela il lato oscuro del killer con cui ha avuto una figlia: l'operatore socio sanitario aveva dei precedenti per stalking e violenze
Il racconto dell'ex Debora Notari
Se le amiche e le colleghe di Manuela Petrangeli, la fisioterapista uccisa a Roma giovedì pomeriggio, non avevano avuto alcune avvisaglie di problemi o di possibili violenze dell'uomo, la sua ex invece conosce perfettamente Molinaro che ha anche precedenti per atti persecutori e stalking e indagini sono in corso anche sul possesso dell'arma. La prima compagna Debora Notari racconta: «lo denunciai per maltrattamenti, mi picchiava e lo feci arrestare. Poi però, dopo un paio di mesi in carcere, aveva fatto dei percorsi».Dopo il delitto Molinaro l'ha chiamata e lei lo ha convinto a costituirsi. «Voleva uccidersi, gli ho detto di andare dai carabinieri. Potevo esserci io al posto di quella donna. Ma ora non so che fare, mia figlia non sa niente, con lui aveva rapporti non buoni, ma un conto è un padre str**, che non paga gli alimenti, un altro un padre assassino

9.3.24

8 marzo : festa, commerazione ? o festas e commemorazione ?

E voi? Festeggiate la donna o i diritti della donna?I discorsi sul genere polarizzano ancora molto l’opinione pubblica. E questa è già la prova di quanto siamo tutti prevenuti e di come non ci consideriamo uguali.
L’uguaglianza deve partire dalla mentalità del privato prima ancora che dallo Stato. Infatti   dopo il mio  speciale  sull'8  marzo  e    il post   <<  Donna,vita, libertà contro la cultura della guerra e della morte /e basta retorica alla mimosa…. >>  di Pier Luigi Raccagni  e  qello di Cristian   Porcino che   sono   , sopratutto  il primo  ,   anche   una  risposta  a chi  vedendo   la mia  fotodella manifestazione     d'ieri   (  la  trovate  fra quelle    messe nel mio reportage   ) mi  chiede   : << Ma cosa c'entrano quelle bandiere con la giornata dell'8 marzo ?  >> . Ecco quindi  che  i dubbi  già  espressi  prima di  me  da  questi video  di story  impact  italia   ( I   II  )   mi  risuonano   nella mente    .Ed  ho  qui  deciso     di    riprorli .  Per  voi la  festa  delle  donna   è   un giorno di festa   o  commemorazione   ? voi  cosa ne pensate  avete  festeggiato  ,  commemorato , o  festgeggiato   commerando  ?    c'è  la parità   dei sessi  oppure  dobbiamo  ancora  arrivarci   scrivetelo se  vi  va  nei  commenti  . 

11.2.24

Come si possono comprendere i fatti che commemorano? È possibile spiegarli astraendoli dal loro contesto e osservandoli con la sola lente delle “vittime ?

Dopo   il  post    sul  27 gennaio  (  olocausto  \  shoa  )   e i  due  ( I II  )   : sul  10  febbraio  (  foibe  ed  esodo  Istriano )  ,  cioè le  due   giornate     sulla  memoria  \  ricordo     ecco  a mente fredda  una  mia     riflessione   su     questo  secondo   evento  

Ogni volta  che   amici     che :   non  s'ineressano  di storia e  di politica   ,    che sento   o leggo   delle  foibe  e  dell'esodo o  d'altre  stragi  e  genocidi  mi  chiedo nnostante sappia già  in partenza che è una illusione se  sarebbe possibile comprendere le uccisioni e le violenze  sia quelle precedenti  degli italiani  sugli slavi  e   poi  d'essi      sugli   italiani nell’autunno 1943 e della primavera-estate 1945, e così il lungo esodo degli istriano-dalmati verso l’Italia nel secondo dopoguerra, senza considerare il contesto  ed  le  cause  in cui avvennero e  che  sono  all'origine   ? Si possono astrarre dei fatti dalla storia?
A mio avviso  Il Giorno ( ormai  diventata  settimana  )  del Ricordo, come di altre giornate memoriali, ci dimostra come tale tipo d’operazione possa  dovrebbe essere sì fatta, anche  senza il beneplacito delle istituzioni ,  solo   ricordando \  celebrando   ed  parlarne  a  360  gradi  o quanto meno contestualizzando   i fatti in questione .
Quindi Ricordare si    e celebrare  si  ,  ma  la memoria    condivisa  è  impossibile  ed  utopistica    soprattutto quando c'è   ed  c'è  ancora  un uso  stumentale   ed  ideologico   di  tali eventi   dolorosi ed  drammatici  .  Non basta   quanto ciò  è  stato fatto   per     tutta  la guerra fredda   e   nei primi (  ed  in parte     continua    ancora  oggi    a fine  guerra  freda     )  anno dell'istituzione della  giornata  del 10   febbraio  



Ecco     che  tale  Giornata  ,  diventata   settimana  ,   celebrativa  (  pulicoscienza  )  entrata in vigore nel 2004 con la legge n.92, la giornata istituita “per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale” è divenuta estremamente esemplare non solo del funzionamento della memoria nazionale italiana ma anche purtroppo  dell’uso politico  del passato da parte di partiti e istituzioni .
Purtroppo  Agendo su “un lutto non elaborato”, infatti, tale giornata – con gran parte delle sue iniziative, istituzionali e non – lascia spazio ad “un uso prepotentemente politico della storia” dimostrando ancora una volta come la memoria di un gruppo (così come quella dei singoli) funzioni come una sorta di filtro. 
I ricordi sono selezionati, altri scartati, alcuni rimossi o attenuati, altri enfatizzati e assolutizzati. In sostanza ricordiamo ciò che vogliamo ricordare, preferendo alcune memorie ad altre. Perché ad esempio ricordiamo i profughi delle terre adriatiche e non gli altrettanti italiani costretti a tornare in patria dalle colonie ?
Ciò che ne è conseguito è che nel discorso pubblico foibe, brutalità varie, lo stesso lungo e doloroso esodo degli italiani da Istria, Carnaro e Dalmazia, predominano sull’analisi della “complessa vicenda del confine orientale”, senza la quale non si comprendono le loro stesse cause. Calcata la mano sui crimini commessi contro gli italiani, in secondo piano finiscono così la conflittualità nazionale radicata nel XIX secolo, l’oppressione nazionale degli slavi da parte dell’Italia liberale e dei fascisti  le caratteristiche peculiari d’una nazionalità non etnica ma d’elezione, le trasformazioni demografiche della zona, la guerra d’aggressione scatenata dall’Italia fascista contro il Regno di Jugoslavia.
A far scattare i meccanismi della violenza (tutt’altro che unica) virulentemente scoppiata fra il settembre e l’ottobre ’43 e nella primavera/estate ’45 fu il regime fascista, attivo in periodo di pace con le sue politiche di snazionalizzazione e ancor più ferocemente impegnato, in periodo di guerra, nel costruirsi il suo “spazio vitale” a scapito delle popolazioni balcaniche. In due fasi precise e differenti, una volta rovesciate le sorti del conflitto, gli italiani vennero così travolti dalle conseguenze fisiologiche di uno scontro mai visto come fu appunto la Seconda guerra mondiale. Uno scontro esacerbato dall’odio e dall’ideologia.
Nel mese di vuoto istituzionale fra l’armistizio dell’8 settembre 1943 e la conquista tedesca dell’Istria (ottobre 1943), in primo luogo, a essere colpiti (in un numero che gli storici concordano possa variare dalle 500 alle 700 unità) dal movimento di liberazione furono i “nemici del popolo” – categoria che l’Istituto regionale per la storia della Resistenza del Friuli-Venezia Giulia, nel suo Vademecum per il Giorno del ricordo, descrive come composta da “segmenti di classe dirigente italiana particolarmente invisi ai partigiani, per il loro ruolo svolto nel regime fascista (gerarchi, squadristi), nelle istituzioni (podestà, segretari comunali) e nella società locale (possidenti terrieri, commercianti ed artigiani accusati di strozzinaggio) o comunque ritenuti pericolosi per il nuovo potere”.
A cavallo della vittoria degli Alleati (e tra questi dell’Esercito popolare di Liberazione della Jugoslavia), nella primavera/estate 1945, a venir travolti sono invece i nemici, presenti e futuri, della Jugoslavia, in una vera e propria “pulizia politica” che investe circa 9000 sloveni filo-nazisti, almeno 60mila ustascia, i fascisti croati, e qualche migliaio di italiani. In questo caso, nonostante le difficoltà nel tirare un bilancio complessivo, le stime operate dagli storici concordano su un massimo di 5000 vittime italiane totali, fra il 1943 e il 1945.
Ciò che avvenne nel contesto della risistemazione confinaria, infine, coinvolse circa 300mila italofoni, protagonisti di un lungo esodo concluso solo alla metà degli anni ’50. Anche in questo caso, osservata con la lente dell’odio etnico, l’immagine del dramma di queste popolazioni finisce per distorcere la comprensione del fenomeno, privilegiando la spiegazione etnica a quella politica. Più che una presunta politica anti-italiana della Jugoslavia di Tito, a portare migliaia di italofoni nella penisola furono la perdita di un ruolo privilegiato e dominante da una parte e la scelta, in grandissima parte scartata, di rimanere in una società socialista dall’altra.
Se il Giorno del Ricordo, come indicato da più parti, andrebbe quindi (per lo meno) ripensato, la direzione presa a livello istituzionale appare ben diversa. La pubblicazione nell’ottobre 2022 da parte dell’allora ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi delle Linee guida per la didattica della frontiera adriatica, ultimo atto del governo Draghi, illumina su come e quanto sia distorta la narrazione ormai dominante sui fatti dell’Alto Adriatico. Le leggi approvate in Friuli-Venezia Giulia e Veneto che limitano la ricerca storica, imponendo una sorta di “Verità di Stato” rendono il quadro ancora più inquietante.
Queste mie     riflessioni    sulla  giornata  del 10 febbraio \  giorno del ricordo   vogliono oltre    a  coltivare  il  ricordo  \  celebrazioni  di  questi eventi  a  360 gradi  e  di contrastarne   l'uso  strumentale  ed  ideologico    anche   interrogarsi sul senso, le potenzialità e i rischi dell'insistenza sull'uso strumentale  della memoria nello scenario pubblico. La sua prorompente ascesa, infatti, si è accompagnata alla parallela scomparsa o alla riduzione dello spazio delegato alla Storia, come analisi critica del passato. Memory consiste nel mostrare come le “tessere” della memoria – i ricordi – non coincidano mai perfettamente tra loro  ed  non   esiste   come ho  già detto ed è impossibile una memoria condivisa soprattutto quando il ricordo e imposto obbligatoriamente a senso unico . Quindi per rispondere alla domanda del titolo : << Come si possono comprendere i fatti che commemorano? È possibile spiegarli astraendoli dal loro contesto e osservandoli con la sola lente delle “vittime ? >> secondo me No non si possono comprendere e spiegare bene i fatti soprattutto quelli cosi complessi e su cui ancoira non si è fatto completamente i conti , a meno che non si vogliono celebrare \ ricordare solo una parte d'essi . Infatti come ha dichiaritoi Pennacchi uno degli attori del film Rosa d'istria : << revisionismo potrebbe rappresentare un pericolo ? : “Il revisionismo può diventare un pericolo ma tutto dipende da come si racconta la storia. Quando fatto bene, con la verifica delle fonti permette di avanzare nella comprensione del passato. Il revisionismo diventa un male quando è fatto al servizio di una bandiera”.
Tali di chiarazioni    rilasciate  da  Penacchi  in una  intervista promozionale  de  La  rosa  dell'istria  che andrà in onda il  5  febbraio   , mi fanno  venire  alla  mente   una mia  risposta   data  qualchje  tyempo  fa     (  e  che  trovaste  sottto  )   a mia  nipote      su tali  argomenti

----- le foibe dono state un genocidio o sostituzione etica  ?  
----- La tua domanda riguarda un tema storico molto delicato e controverso, che ha suscitato molte polemiche e dibattiti. Cercherò di darti una risposta il più possibile obiettiva e basata sui fatti.
Le foibe sono dei grandi inghiottitoi carsici, tipici del territorio della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia, dove furono gettati i corpi di alcune vittime (o, in alcuni casi, le stesse ancora in vita) di massacri avvenuti durante e subito dopo la seconda guerra mondiale da parte dei partigiani jugoslavi e dell’ OZNA, l’organizzazione di sicurezza jugoslava Tuttavia, il termine “foibe” è diventato   anche sinonimo di tutte le uccisioni e le deportazioni che colpirono migliaia di civili e militari italiani autoctoni di quelle regioni, anche se la maggior parte delle vittime morì nei campi di prigionia jugoslavi o durante la deportazione verso di essi .
La questione se questi massacri possano essere definiti come un genocidio o una pulizia etnica è molto dibattuta e non esiste un consenso unanime tra gli storici. Alcuni sostengono che si trattò di una violenza di Stato e di una epurazione preventiva di oppositori reali, potenziali o presunti tali al comunismo titino, e che le vittime furono scelte secondo criteri politici, ideologici e sociali, e non in base alla loro appartenenza etnica o linguistica . Altri invece ritengono che ci fosse una volontà di eliminare o espellere la popolazione italiana dalle zone occupate dai jugoslavi, e che le vittime fossero prevalentemente di etnia e lingua italiana .Al massacro delle foibe seguì l’ esodo giuliano dalmata, ovvero l’ emigrazione forzata della maggioranza dei cittadini di etnia e di lingua italiana dalla Venezia Giulia, dal Quarnaro e dalla Dalmazia, territori del Regno d’Italia prima occupati dall’ Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia del maresciallo Josip Broz Tito e successivamente annessi dalla Jugoslavia tramite i trattati di pace di Parigi del 1947. Spero  con  questi  link  di averti fornito una risposta esaustiva e imparziale.
--- ok   grazie  


Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

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