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19.12.24

Imprenditrice di giorno, escort di sera la doppia vita della cortigiana Chiara Martini Di base a Olbia con un'attività in Costa Smeralda, 38 anni:«Voglio evadere dallaroutine»



Sassari
«Scusa ma sono di fretta. Oggi parto per una se- riedi impegnidi lavoro e sono inritardo, fra due ore devo imbarcarmi e non ho ancora fatto le valigie». Chiara Martini, 88enne, sarda che vive a Ol- bia, non ha molto tempo libero da quando è uscito “Confessioni di una cortigiana”, ìl suo libro. Perché Chiara, che non è il suo vero nome, è la protagonista di.un racconto autobiografico .scritto per mettere nero su bianco le sue confessioni. Lei si definisce “cortigiana” in un tempo in cui si sente parlare di escort, onlyfanser e content creator? «In realtà mi definisco una cortigiana del nuovo millennio, che è quello che sono. Le escort, per quanto professionali, offrono un servizio breve in un lasso di tempo altrettan to
breve e perun target di persone medio. Anzi, popolare.
Lo dico senza offendere nessuno. lo offro compagnia a 360 gradi, fisica ed erotica, ma soprattutto întellettuale e cul- turale, che possa stimolare anche il cervello». Gi può fare un esempio?
 « Per me è importante condividere una conoscenza enologica, culinaria e culturale, Ecco, quando il mio ospite lo desidera, scelgo un menù raf- finato, con uno costo aggiuntivo, e lo consumiamo all'inter- no degli incontri dopo che è stato preparato da uno chef».
 Ospite? «Sì, chiamo così le persone che scelgo di incontrare». Cosa racconta nel suo li- bro? «Ho scritto i motivi e le moti- vazioni che mi hanno spinta Verso questa direzione, che poi fanno parte dei tanti aspet- ti che caratterizzano la mia personalità. Durante la pandemia avevo ben poco dafare e ho deciso di dedicarmi a qualcosa di stimolante che normalmente non avrei avu- to il tempo di completare. Ma soprattutto l'ho fatto perché mi interessava potermi mette- re.a nudo di fronte al pubbli- co. in modo da spiegare la mia scelta Perché alla fine è di questo chesi tratta, una scelta. «Proprio così, non lo faccio solo per avere un tornaconto economico o per risolvere le difficoltà. lo ho la mia vità, sono un'imprenditrice equesto nonè il mio lavoro principale. Ho un'attività ben avviata in Costa Smeralda, essere una cortigiana èsolo un modo per evadere». Quindi l'aspetto economi- co non conta? «Diciamo che è diventato un fattore, nonlo nego». Anche perché lei mette su- bito in chiaro le cose, a parti- re proprio dall'aspetto economico dei suoi incontri. «Fissare unacifra proibitiva per i più è la prima selezione per chi decide dî volermi in- contrare. Non tutti possono permettersi di spendere 600 euro per un incontro di un’ora, 700 per un'ora e mezza e 800 per due ore fino a 10mila per 48 ore». Lei dice di essere un’im- prenditrice, quindi a un certo punto ha deciso di cambiare vita? «No, non ho mai cambîato vita ho avuto ed ho una vita regolare, sono laureata in Scienze della comunicazione, ho un percorso di studi in ambito imprenditoriale e di marketing ad alti livelli. La verità è che sin da quando.ero ragazzina sognavo di vivere una vita alternativa. Volevo provare quello che fantasticavo,in compagnia dî uomini interessanti, di cultura, con esperienza mentale e fisica. Ho sempre avuto voglia di condividere l'intimità con quelli chedefinisco “gentiluomini"»; Però. queste “evasioni” comportano anche rischi. Si è mai sentita in pericolo? «Per fortuna non ho mai avuto paura. Nella maggioranza dei casi mi sono trovata molto bene, sempre con

persone  serie». È stata fortunata? «Non è questo. Grazie alla mia formazione sono in grado di capire chi sto incontran- do dopo pochi messaggi, perché inizia tutto su Whatsapp. È allora che io capisco se una persona è ansiosa o arrogan- te, se vuole comandare 0 pre- varicare. Riesco a capire la formazione, l'intelligenza emotiva.... E quando non riscontro queste qualità, blocco il con- tatto. Perché comunque è capitato di parlare al telefono con persone bizzarre», Le è mai capitato che un ospite si innamorasse di lei? «In realtà succede abba- stanza spesso. Ci sono perso- nechestinvaghiscono ma dopo un tot di tempo si rendono conto di dover mettere dei freni, capiscono da soli che non è il caso di continuare. Nel 99 percento dei casi si risolve così,sennò mi allontano io». Anche perché lei ha un compagno. «Sì, è vero. Siamo persone mentalmente libere e aperte e, lo dico subito, non siamo strani. Entrambi comprendiamo che non si debba rinunciare a vivere esperienze di questo tipo solo peri blocchi men- tali». Come avete vissuto questa esposizione pubblica? Dopo l'uscita del libro è  stata  contatta anche da giornali  brasiliabni . «Ma non parlo il portoghese (ride, ndr). La verità è che la mia esposizione pubblica lo ha rincuorato. Lui sa quanto io.sia selettiva e non si preoccupa. Quello che non mi va,lo scarto. Preferisco perdere un'occasione che rischiare qualcosa». Ritornando al suolibro, cosa c'è di vero în quello che racconta? «Tutto. Dico che la autobiografia è romanzata perché tutelo la mia privacy e quella dei miei ospiti. A viso scoperto non lo avrei mai potuto raccontare a nessuno». Quanto è importantela privacy «È fondamentale. Anche nel mio sito mostro solo par- zialmente il viso e poco altro. Pubblicare le mie foto sul web senza accorgimenti»sarebbe controproducente per il mio lavoro, quello vero. Poi la mia famiglia non conosce questo lato della mia vita e non vo- glio che lo scopra perché quello:che per me è solo un modo per evadere, per loro potrebbe essere divisivo. Inoltre desi- dero rimanere anonima, altri- menti sarebbe come essere una pornostar e portarsi appresso un'etichetta».

2.7.24

La storia Nel mare di Porto Conte: «Immersi negli abissi abbattiamo le barriere della disabilità»le attività subacquee di Hsa dedicate ai portatori di handicap

  rimettendo ordine  fra lacronologia  ho trovato     questo    articolo  della  nuova  sardegna del    del 29\6\2024


La storia
Nel mare di Porto Conte: «Immersi negli abissi abbattiamo le barriere della disabilità»Alghero, le attività subacquee di Hsa dedicate ai portatori di handicap

                                  di Andrea Sini


Alghero, le attività subacquee di Hsa dedicate ai portatori di handicap

29 giugno 2024


Inviato ad Alghero Visto da qua giù, il mondo non ha barriere invalicabili. Claudia alza la testa e segue con lo sguardo l’esercito di bolle che escono dalla sua bocca e gorgogliano verso la superficie. Il muro d’acqua che la circonda è un amico col quale i patti devono essere chiari: rispettiamoci a vicenda e non accadrà nulla.
Le sue pinne non fanno resistenza, si muovono obbedendo alla corrente che pettina la tappezzeria di posidonia del fondale. Neanche la muta fa resistenza, perché dentro c’è un corpo che non ha mai camminato. Neppure le braccia sono autonome. Claudia fa ok con gli occhi all’istruttore e gira lentamente su se stessa spostando il peso del suo corpo con un movimento del collo, una manovra che ha imparato quest’inverno in piscina. Quando torna in superficie, dieci minuti più tardi, sa di essere pronta: il brevetto di sub tra poco potrà essere suo.
Considerando che Claudia è tetraplegica dalla nascita, si tratta di un piccolo evento. Straordinario, da un certo punto di vista, ma non per chi conosce le attività del Porto Conte Diving Center, che con gli istruttori di Hsa è specializzata nell’attività di formazione e immersioni subacquee per le persone disabili. E per tutta questa settimana, con “Subacquea zero barriere”, ha organizzato una serie eventi per promuovere le immersioni “inclusive”.
A Porto Conte le immersioni abbattono le barriere delle disabilità
A Porto Conte le immersioni abbattono le barriere delle disabilità
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«L’acqua abbatte le barriere e appiana le differenze – dice dalla prua del gommone Gian Domenico Cicciarella, trainer Hsa, uno dei responsabili delle attività –. Siamo qua da 7 anni e siamo diventati un punto di riferimento in tutta l’isola. Ma ci sono anche persone che vengono apposta in vacanza qua dalla Penisola».
Come Marco Zanin, che sta per immergersi da un altro gommone. Trevigiano trapiantato in Svizzera, lavora alle Nazioni Unite e recentemente è stato il primo disabile inviato in una missione considerata a rischio. «Le mie gambe hanno smesso di funzionare quando avevo 14 anni, dopo un incidente in Vespa – racconta –. Ma non ho mai rinunciato a vivere la mia vita e a fare sport. Ho giocato in serie A di basket in carrozzina, ora gioco a tennis e vado a sciare. E in estate appena posso vengo qua a fare immersioni. Con le braccia si possono fare tante cose».
La carrozzina di Marco è rimasta a terra, come quella elettrica di Claudia. Che dopo l’immersione è stata riportata indietro e issata sul molo dal gommone con grande fatica dagli addetti specializzati. «Le fasi più complicate – dice – per me sono quelle della vestizione, con una muta fatta su misura, e i passaggi verso e dal gommone. Per fortuna i ragazzi e le ragazze che lavorano qua sono straordinari. La filosofia di inclusione che portano avanti è paradigmatica di ciò che dovrebbe accadere in tutti i contesti. Il principio base è infatti di fornire a chi ha una disabilità qualsiasi tipo di limitazione gli strumenti o l’assistenza per poter poi fare subacquea assieme a tutti gli altri e all’interno delle stesse immersioni, non in un contesto diverso e separato».





Ma qual è il motore che alimenta questo sogno subacqueo? «La mia piccola ambizione è strappare pezzetti di autonomia anche sott’acqua. È difficilissimo descrivere le sensazioni che provi là sotto – dice Claudia Firino –. Fluttuare nell’acqua con movimenti lenti, al ritmo e al suono del tuo respiro ti lascia un senso di pace, di libertà e anche una diversa percezione di te e del tuo corpo, che penso sia una sensazione condivisa da tutti. Chiaramente, avendo una disabilità, il senso di libertà è più forte. Frequentare il corso in piscina a Sassari durante l’inverno mi ha permesso di arrivare a fare immersioni in sicurezza e soprattutto con maggiore consapevolezza». Nel blu degli abissi, la certezza è che nessuna barriera è invalicabile.

3.3.24

Nati e morti a Gaza durante la guerra: la tragica vita dei gemelli di 4 mesi Wissam e Naeem Sono stati uccisi in un raid israeliano su Rafah insieme al padre e undici parenti. Per restare incinta la madre 29enne si era sottoposta per dieci anni a cure per la fecondazione. Erano nati il 13 ottobre


chi mi segue o è fra i miei contatti conosce già il mio pensiero sul conflitto iraeliano-palestinese e storie come quel riportata sotto inieme alla lettura del libro ( un regalo d'amici )  dello storico israeliano ILan pappè    

Titolo originale:
The Biggest Prison on Earth. A History of the Occupied Territories Codice ISBN:9791259672483   Codice ISBN ePub:9791259673275 Data pubblicazione:
06-09-2022



da repubblica 03 MARZO 2024AGGIORNATO ALLE 17:58



I gemellini Wissam e Naeem Abu Anza, un bambino e una bambina, nati solo quattro mesi fa quando la guerra era già iniziata, sono morti la notte scorsa sotto le bombe vicino Rafah insieme a gran parte della loro famiglia.Lo riferisce il quotidiano internazionale arabo Asharq al Awsat

 raccontando il loro funerale testimoniato anche dalle immagini delle principali agenzie fotografiche internazionali presenti con i loro collaboratori nella Striscia che mostrano i due piccoli chiusi in sacchi neri, allineati a quelli di altri dodici parenti, prima di essere sepolti. Sono morti tutti - denuncia il media arabo - sotto un bombardamento israeliano che ha colpito una casa a Est della città, nel Sud della Striscia di Gaza.

"Il mio cuore se n'è andato", ha pianto Rania Abu Anza la mamma dei piccoli che nel raid ha perso anche il marito. La donna, racconta l’agenzia Reuters, si era sottoposta per 10 anni a tre cicli di fecondazione in vitro per rimanere incinta. I piccoli erano nati una settimana dopo l'inizio della guerra a Gaza. "Non abbiamo diritti", ha detto Rania. "Ho perso tutte le persone che mi erano più care. Non voglio vivere qui. Voglio andarmene da questo Paese. Sono stanca di questa guerra".

(afp)

Un attacco israeliano ha colpito sabato la casa della sua famiglia allargata nella città di Rafah, uccidendo i suoi figli, suo marito e altri 11 parenti e lasciandone altri nove dispersi sotto le macerie, secondo i sopravvissuti e i funzionari sanitari locali. Si era svegliata intorno alle 22.00 per allattare Naeim, il bambino, ed è tornata a dormire con lui in un braccio e Wissam, la bambina, nell'altro. Il marito dormiva accanto a loro. L'esplosione è avvenuta un'ora e mezza dopo. La casa è crollata.

"Ho urlato per i miei figli e per mio marito", ha detto Abu Anza, mentre singhiozzava e cullava al petto la coperta di un bambino. "Erano tutti morti. Il padre li ha portati via e mi ha lasciata indietro". Delle 14 persone uccise nella casa di Abu Anza, sei erano bambini e quattro donne, secondo il dottor Marwan al-Hams, direttore dell'ospedale dove sono stati portati i corpi.

Oltre al marito e ai figli, Rania ha perso anche una sorella, un nipote, una cugina incinta e altri parenti. Farouq Abu Anza, un parente, ha detto che nella casa alloggiavano circa 35 persone, alcune delle quali sfollate da altre zone. Ha detto che erano tutti civili, per lo più bambini, e che non c'erano militanti tra loro. Rania e suo marito Wissam, entrambi di 29 anni, hanno passato un decennio a cercare di rimanere incinta. Tre cicli di fecondazione in vitro erano falliti, ma dopo un terzo ciclo ha saputo di essere incinta all'inizio dell'anno scorso. I gemelli sono nati il 13 ottobre

31.10.23

Prato, la prof incinta dell'alunno 14enne condannata a 6 anni, il marito: «Quel bambino lo crescerò come fosse mio. Mia moglie? L'ho perdonata»

 


riordinando  i  giornali per  la  diferenziata     ho trovato  che    nei giorni  scorsi    c'è  stata   la  conclusione della  vicenda  processuale  della  professoressa di Prato che ha avuto un figlio da un suo alunno 14enne. La vicenda ha suscitato molto scalpore in Italia e ha avuto una vasta copertura mediatica. La  donna è stata condannata a sei anni di carcere per atti sessuali e violenza sessuale per induzione su minore


Qui  un sunto  della  vicenda 


I  giornali  ed  i media    parlano  anche della  reazione del marito per  le reazioni    " non violente   " nei  confronti  ella  moglie   e  del ragazzo  minorenne  . Il marito della donna, come riportato da Internapoli.it e Fanpage.it, ha dichiarato di voler crescere il bambino come se fosse suo .  Infatti    a Vanityfarair  ha  dichiarato :  «Non mi piace passare per quello che non ha colpe, in passato avevo commesso errori anche io. Abbiamo parlato dopo lo scandalo, come si fa fra persone civili. Tutto si può salvare se si analizza. Stiamo insieme sin da giovani, ne abbiamo passate tante».Uno di quei pochi uomini che  , non a  parole  ,  a saputo mettere in pratica  il perdono  ed  la  comprensione  , è riuscito  lucidamente  senza  farsi trasportare  dall'odio  ed  dal rancore  la  situazione   anche analizzandosi   senza  scaricare  tutto  su  di lei  ed  a mettere   da parte   la  sua mascolinità     e il suo orgoglio ferito    .Un altro   l'avrebbe lasciati al  loro  destino  ( nei  migliori  dei  casi )  oppure  insultata   ed stalkerizzata   se non addirittura  uccisa\i (  nel peggiore  dei casi  )  .  Un  uomo  cosa  , rara  parlo per  esperienza  personale ,  che mette    da parte  il suo  orgoglio  ferito  da  un  tradimento .Molto saggia la  ecisoe  :    « Molti pensavano che avrei lasciato mia moglie, ma il nostro rapporto, invece, si è rafforzato. Tutto si può salvare se si analizza. Stiamo insieme sin da giovani, ne abbiamo passate tante», spiega il marito della donna pratese al Corriere della Sera. Egli  dovrà badare da solo a due bambini, il quindicenne di cui è padre biologico e il bambino di 5 anni di cui ha rivendicato la paternità. «Ma per me non esiste differenza, sono i miei figli», precisa immediatamente.

29.10.23

I vuoti informativi creano politiche incapaci di reagire alle cesure della Storia di paola caridi

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante ‎matrice di biglietti, auto e ‎il seguente testo "‎اردتم الحرب فانتظروا النكبة الكبرى الى اهالی العدو في الضفة اليهودية منظمة السفاحين حماس الداعشية الابليسية الساعين الارض فسادا قد ارتکبت اکبر تأريخي معلنة الحرب علينا تذبح اطفالا وشيوخا العجائز والرضع وتبقر بطون الحوامل نكبة مثيلة 4٤4 فوالله سننزل على اردتم الکبرى قريبا رؤوسکم الطامة لديكم فرصة للهروب الى الاردن بشکل على كل عدو منظم ارضنا المقدسة التي ردکم بقوة بعدم كنبها الله والذي الارتداد عنها الْحُسئى ہِما مهما صار لنتم كلمة رَبنا صبزنا معكم لجمارس احملوا حمالتكم فورا وارحلوا من حبث ما اتيتم اننا لاتون‎"‎‎
I vuoti informativi creano politiche incapaci di reagire alle cesure della Storia. Non aver saputo/scritto nulla o quasi per anni e anni su Gaza-Cisgiordania-Gerusalemme est (Palestina occupata) produce disastri politici e diplomatici. Compresa l'astensione dell'Italia sulla risoluzione in assemblea generale Onu, presentata dalla Giordania, il paese da sempre considerato il più moderato nel gruppo arabo. Qualcosa vorrà pur dire. Vorrà dire che, da qui, il presente e il futuro si presentano catastrofici, con un Occidente che non sa più cos'è questa regione.
E mentre continua la guerra su #Gaza, in #Cisgiordania i coloni israeliani armati attaccano i paesi palestinesi, con l'intimazione ad andarsene da casa loro entro 24 ore, o li cacceranno. è successo ieri a Susiya (Hebron), è successo nei piccoli centri palestinesi nell'area di Nablus, dove si trovano colonie israeliane ormai vere e proprie cittadine, e colonie che erano radicali e tali sono rimaste. Succede non da ora, non da giorni, succede da mesi (e da anni), nella più completa indifferenza.
Ieri Bilal Saleh, 40 anni, palestinese, è stata ucciso dai coloni mentre raccoglieva le olive nel suo oliveto a Sawyeh, vicino Nablus.
Il volantino qui sotto, già pubblicato da Haaretz e messo sulle macchine palestinesi a Deir Istiya, dice: "Avete un'ultima possibilità di fuggire in Giordania in modo ordinato, dopo di che uccideremo ogni nemico e vi espelleremo con la forza dalle nostre sante terre dateci da Dio". "Prendete immediatamente le vostre cose e partite perché stiamo per arrivare".
Nakba2. è una paura diffusa, non solo in Palestina.
Non potremo dire che non sapevamo
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