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19.12.24

Paradosso della tolleranza: il caso Tony Effe e la libertà di espressione le reazioni mediatiche dei colleghi

Rileggendo   l'articolo della lucarelli  sul  FQ  del    18\12\2024   da me  citato nel post precedente  per  chi  non avesse  voglia  di andare    a  rileggerselo o    di andare  a cercarselo  ecco  che lo  trova  sotto al  centro .
 Mi accorgo    che   C’è una cosa che proprio non riesco a togliermi dalla mente in queste ore.
Quando, a febbraio, Ghali e Dargen D’Amico erano stati pubblicamente liquidati, sbeffeggiati, persino “smentiti” pubblicamente da un terrificante comunicato stile Minculpop fatto leggere in diretta a Mara Venier su Telemeloni, non ricordo la fila di artisti pronti ad alzarsi in piedi per difendere due colleghi a cui era stato, di fatto, negato il diritto di esprimere un proprio punto di vista sul Servizio Pubblico



Forse parlare di genocidio o raccontare i veri numeri sui migranti non sono argomenti abbastanza comodi per prendere una posizione. 
Forse semplicemente non si sta difendendo la libertà di un “artista” di cantare canzoni di una violenza sessista ignobile da una (inesistente) censura, ma interessi di altra natura.
Ognuno ha il diritto di fare le battaglie che vuole, vere   o  false  , piccole  o  grandoi  ,  ma mi sarebbe piaciuto vedere un centesimo di quello spirito battagliero per Ghali e Dargen, per cause degne di questo nome.
IL   fatto  come giustamente fa  notare  nella  discussione    su  tale argomenti     da      cui    ho preso la  foto     e  parte  dello  scritto    sulla   bacheca  doi Lorenzo  tosa 

Solleva una riflessione importante sul modo in cui la libertà di espressione viene difesa (o meno) in contesti diversi, e su quali battaglie attirano solidarietà collettiva e quali no.
Bisogna ribadire che la coerenza è fondamentale quando si parla di diritti, libertà e giustizia. Se difendiamo la libertà di un artista o di un individuo in un caso, dobbiamo essere altrettanto pronti a farlo quando si tratta di temi più scomodi o di persone meno popolari. Il silenzio selettivo, soprattutto nel mondo dello spettacolo e della cultura, rischia di trasformarsi in complicità con un sistema che limita il dissenso e premia chi si allinea.
La questione di Ghali e Dargen D’Amico è emblematica: due artisti che hanno sollevato temi cruciali, come il genocidio o i numeri sui migranti, sono stati liquidati in modo autoritario senza che ci fosse una mobilitazione significativa in loro difesa. Questo dimostra quanto sia facile ignorare battaglie che non offrono un ritorno immediato in termini di visibilità o consenso.
La libertà di espressione non può essere una causa “a intermittenza”. Difenderla significa farlo sempre, anche quando richiede coraggio o va controcorrente. È giusto chiedersi: dove sono gli artisti, gli intellettuali e il pubblico quando si tratta di sostenere cause realmente significative?
cosi    pur e l'interessante  discussione    che  n'è  nata  

Soumaila Diawara peraltro anche il paragone tra i due casi mi sembra assurdo. Difendere la libertà di espressione non significa accettare testi violenti e sessisti. Non si tratta di censura in questo caso ma di una scelta giusta: non dare spazio e risonanza a canzoni intrise di violenza e sessismo con soldi pubblici.

Fabio Marino
Trent’anni fa si facevano gli stessi identici discorsi per Doom e GTA, due dei videogiochi più venduti della storia. Nello stesso periodo, comitati e associazioni di tutto il mondo si scagliavano contro Eminem, Snoop Dogg e altri rapper per i contenuti violenti e misogini dei testi delle loro canzoni. A distanza di trent’anni, chi ha giocato a GTA non è diventato un serial killer, Eminem e Snoop hanno fatturato miliardi e continuano a cantare quelle che vogliono, e la gente continua a indignarsi parlando di “decoro”.
Il messaggio che ne  scaturisce   solleva un tema cruciale: il ruolo della cultura e dell’arte nella diffusione di valori, soprattutto tra i giovani. È innegabile che testi come     testi riportati   dall'articolo  della  famosa  blogger   (  vedi   inizio post   )   trasmettano un’immagine distorta e dannosa dei rapporti interpersonali, in particolare per quanto riguarda la violenza contro le donne.
La musica, come ogni forma d’arte, ha un enorme potere di influenzare comportamenti e mentalità. Quando un artista sceglie di esprimersi con parole che normalizzano o addirittura glorificano la violenza, contribuisce a perpetuare una cultura tossica. Questo è particolarmente pericoloso quando si tratta di personaggi pubblici con una grande visibilità, soprattutto in contesti istituzionali o popolari come il Capodanno di Roma o il Festival di Sanremo, dove il pubblico comprende anche giovani e giovanissimi.
Sostenere che tali contenuti non debbano trovare spazio in eventi pubblici non significa censurare l’arte, ma promuovere una responsabilità sociale. Gli artisti e gli organizzatori di eventi hanno il dovere di riflettere sull’impatto delle loro scelte, soprattutto in un momento storico in cui la lotta contro la violenza di genere richiede un impegno collettivo e deciso.
È importante continuare a sensibilizzare su questi temi, chiedendo che vengano promossi esempi positivi e che si dia voce a messaggi che incoraggino il rispetto, l’uguaglianza e la dignità di ogni persona 

Ecco  quindi che    i media  stanno facendo passare sto Tony Effe come un paladino di non si sa bene cosa! Gli stessi artisti ( e artiste  🙄😥😢) che alzano la voce sui diritti delle donne...  si schierano     a suo  favore  -A me sembra come   ho  detto nel  post  precedente   una    "  censura   "  \  veto      ridicolo  cioè  l' ennesima buffonata all' italiana dove l'errore più grande lo ha commesso il comune di Roma a chiamare sto tizio perché #portaggente
Infatti secondo

 Tony Effe non parteciperà al concerto di Capodanno a Roma. E la ragione è semplicissima: perché il sindaco di Roma Gualtieri ha deciso di non volerlo su un palco promosso, organizzato e patrocinato dal Comune di Roma.
Il motivo? Perché i testi sessisti, misogini, oltreché artisticamente discutibili (per usare un eufemismo) non sono stati considerati all’altezza di un palco e di una manifestazione all’insegna dei diritti e del rispetto delle donne.
Punto, fine.
Tony Effe può piacere o meno, ma qui la censura non c’entra letteralmente NULLA. Come non c’entrava quando Povia è stato escluso da un’altra amministrazione o come quando una libraia decide di non vendere il libro di Giorgia Meloni.
Tony Effe viene ascoltato ogni mese da 4 milioni e mezzo di persone, arriva ogni giorno al doppio e al triplo in radio, su Youtube, partecipa a Sanremo (che a sua volta ha tutto il diritto di non invitarlo), è libero di fare concerti ovunque in Italia senza alcun controllo in qualunque locale o spazio privato o pubblico in cui qualcuno lo voglia invitare.
Il Capodanno a Roma non è tra quelli. Capita, succede.
Com’è successo ad altri centinaia di cantanti o gruppi molto più interessanti, capaci e dai testi molto meno tossici di Tony Effe senza che nessuno abbia alzato un sopracciglio, perché privi di amicizie, protezioni, agente o casa discografica giusta.
Se il governo italiano ritira dal mercato tutti i dischi di Tony Effe, quella è censura.
Se lo Stato impedisce a qualunque emittente radiofonica nazionale di trasmettere le canzoni di Tony Effe, quella è censura.
Se il sindaco di Roma proibisce a qualunque locale, spazio o associazione sul suolo metropolitano di far suonare Tony Effe, quella è censura.
Se il Comune di Roma decide di non invitare (o ritirare l’invito) a Tony Effe al proprio concerto di Capodanno, quella non è censura.
Si chiama libera scelta.
La censura è una cosa serissima, oltreché gravissima.
Solo che qui, semplicemente, non c’entra nulla.

Ps
a me non piace Toni F   cosi come   il nuovo  rap    o  la  trap     ma   quello che  mi chiedo   prima lo invitano e poi gli impediscono di partecipare ? Non conoscevano i suoi testi? oppure   si  sono     accorti   della  figura  di   💩    che  avrebbero  fatto   se  avesse tenuto  il concerto   con quei  testi  ?  oppure  hanno ceduto per  opportunità politiche   alle  pressioni delle  associazioni  delle donne ?   e  con questo è tutto   , chiudo qui  tale  vicenda  gli è stato dato    fin  troppo  spazio 




24.5.24

Il caso della Divina Commedia censurata in una scuola di Treviso 2 studenti sono stati esonerati dallo studio della Divina Commedia ed è scoppiato il caso

 sempre  sulla  cancell  culture  leggi

il nostro post  : << ostracizzazione  del dissenso il caso di varoufakis per Gaza ., cancel culture o non cancel culture sulle : scritte, monumenti, nomi di vie, cittadinanza , ecc del fascismo >> è il secondo articolo 


“La saggezza è saper stare con la differenza senza voler eliminare la differenza. ” 
 (  Gregory Bateson  ) 




Un inferno, come nella Divina Commedia. È un caso che infiamma anche la politica quello dei due studenti musulmani di terza media di Treviso esentati dallo studio della Divina Commedia di Dante, che potrebbe risultare offensiva per chi abbraccia l'Islam. Sulla decisione, presa dal prof all'insaputa della dirigenza scolastica, si è scatenato un putiferio (a senso unico): tutti contro lo zelo eccessivo dell'insegnante. Perchè la dispensa da Inferno, Purgatorio e Paradiso non è arrivata dopo una protesta; è stato il professore a scrivere ai genitori dei due ragazzi, chiedendo se c'erano problemi nell'affrontare con i loro i figli l'opera a sfondo religioso del grande Alighieri. Le famiglie hanno risposto che andava evitato.  Siamo  alla  follia   .
 Ora  Non è la prima volta che la Divina Commedia è oggetto di controversie a scuola   e non  qui  i  precedenti .  Recentemente   In Olanda e Belgio l’opera è stata addirittura ritradotta per non offendere i fedeli musulmani, eliminando il nome di Maometto dal XXVIII canto dell’Inferno. ( sotto  al  centro    i  versi  22-45 )


da Inferno Canto XXVIII - La Divina Commedia weebly.com  



 La polemica intorno al poema dantesco è stata raccontata dal ‘Quotidiano Nazionale’ in un articolo del 29 marzo 2021. Nell’Inferno, Dante descrive Maometto sottoposto ad orrende mutilazioni del corpo da parte di un diavolo, con il corpo squartato e le interiora che fuoriescono. Nella Divina Commedia, “Maometto subisce un destino crudo e umiliante solo perché è il precursore dell’Islam”, aveva affermato l’editrice della nuova traduzione in Olanda e Belgio, Myrthe Spiteri
 La nuova versione dell’opera “si rivolge a lettori più giovani e il cambiamento è pensato per non ferire inutilmente gli islamici”, aveva spiegato la traduttrice Lies Lavrijsen.“È sempre il solito problema: accettare il punto di vista degli altri, da tutte e due le parti”, ha concluso il professor Pezzè.
sempre  secondo https://sapere.virgilio.it/scuola/mondo-scuola/il-caso-della-divina-commedia-censurata-in-una-scuola-a-treviso


Tutto è iniziato quando in classe è arrivato il momento di affrontare Dante Alighieri ed i suoi scritti, partendo da quella che è ritenuta uno dei più grandi capolavori della letteratura mondiale: la Divina Commedia. Come raccontato da ‘Antenna Tre Nordest’, prima di addentrarsi nello studio del poema, l’insegnante ha invitato gli studenti che non seguono l’ora di religione [ cosa caspita c'enmtra con il rogramma di Letteratura italliana se uno\a persona segue l'ora di religione o meno ] a scrivere sul diario una nota con la quale chiedere ai genitori di esprimersi sull’opportunità che i loro figli affrontino o meno lo studio della Commedia e di altri componimenti che abbiano riferimenti religiosi. Alla lezione successiva, è arrivata la risposta delle famiglie: 2 di queste, di religione musulmana, hanno comunicato all’insegnante la loro contrarietà. Pertanto, i ragazzi sono stati esonerati dallo studio dell’opera massima di Dante Alighieri, che racconta il suo viaggio immaginario attraverso l’inferno, il purgatorio ed il paradiso. Gli studenti che non studieranno la Divina Commedia faranno lezioni parallele su Giovanni Boccaccio, e su questo verranno interrogati, mentre il resto della classe sarà sottoposto a verifiche sull’opera dantesca.

 
Sbagliatissima la scelta del professore. Come se un cattolico non volesse o non potesse studiare il Corano. Poi non venite a parlare di integrazione, non fate altro che innalzare muri. Ottima la decisione di Valditara di mandare gli ispettori in quanto secondo  da quel  che   ho letto   in rete  è  stato deciso senza  consultare  gli organi  d'istituto  ed  pare  che  i  genitori non fossero  d'accordo  . 
Ora invece di ricorre ad imbelle ed censoria situazione cioè il buonismo d'accato e il'ipocrita politicamente corretto si poteva risolvere 1) esonerando se vuole essere rispettosi della fede altrui esonerando gli studenti islamici dallo stuio di quel canto e di quei versi e non dall'intera cantatica dell'inferno 2) scelta da me preferità e più consona utile ad un sistema scolastico \ educativo spiegare ( magari facendocelo spiegare dagli stessi studenti islamici ) che il verso di Dante è una leggenda nera a cui credeva lo stesso Dante , credere ad una leggenda, nata probabilmente in ambiente crociato e che non ha nessun fondamento di verità, per la quale Maometto sarebbe stato addirittura un prete cristiano che non è riuscito a far carriera. Arrabbiato per questo, avrebbe così fondato questa nuova religione”, ovvero l’Islam. Ma sopratutto spiegare che la presenza di contenuti antisemiti e razzisti nelle opere letterarie, artistiche, storiche e filosofiche e contestualizzata al'epoca e che vengano fornite considerazioni critiche rispetto all’antisemitismo e al razzismo spiegando come oggi non siano più validi   Quindi  invece di adottare un approccio di cancellazione, sarebbe più costruttivo promuovere una comprensione più approfondita e rispettosa delle diverse prospettive culturali e religiose. Questa situazione solleva questioni fondamentali riguardo alla delicatezza nel trattare temi culturali e religiosi all’interno dell’insegnamento delle opere letterarie, in particolare la Divina Commedia di Dante Alighieri. È evidente che esistano sensibilità diverse e talvolta conflittuali tra le varie culture e religioni riguardo all’interpretazione di determinati testi.«Conoscere Dante non toglie nulla alla confessione religiosa dei ragazzi ma aggiunge molto alla conoscenza della cultura italiana. Integrazione si fa per aggiunta, mai per sottrazione» ha scritto su X la senatrice Pd Simona Malpezzi, mentre Deborah Serracchiani si è detta incredula «che si possa mettere in discussione lo studio nelle scuole della Divina Commedia, un patrimonio dell'umanità imprescindibile per qualunque formazione culturale non solo italiana». È seguita una cascata di commenti, da maggioranza e opposizione, increduli anche se  posizioni    diverse     d'incredibilità  , l'opposizione la prima , di malanpacista   diretto   ed  indiretto   , la  maggioranza  , accomune  comunque   dal fatto  che Dante possa 'turbarè qualcuno. «È un'assurdità cancellare Dante. Ma dietro questo si nasconde un problema ancora più grande: l'integralismo ha dichiarato il presidente veneto, Luca Zaia, mentre il sindaco di Treviso (e collega di partito) Mario Conte, ha giudicato la scelta «incomprensibile». Ancora più diretti il leader della Lega, Matteo Salvini - «è demenziale non studiare Dante perchè offende qualcuno» - e il ministro turismo Daniela Santanchè: «Dante? Continuiamo a sottometterci ai musulmani. Questi politicamente corretti li avrebbe messi tra gli ignavi». Tra i giudizi più severi, quello del generale-candidato Roberto Vannacci: «Eccoli - ha detto - quelli che vogliono distruggere la nostra Italia e la nostra identità».

Negativo anche il parere degli scrittori Rita Monaldi e Francesco Sorti, che definiscono un autogol preferire Boccaccio, che «è molto più difficile da digerire, immorale anche dal punto di vista islamico», a Dante che «era inclusivo» e «lascia a porta aperta ai pagani».  L'unica  In difficoltà pare soprattutto la preside dell'istituto Felissent, che si è chiusa in una riunione fiume. «Sto cercando di chiarire cosa sia accaduto - ha detto Francesca Magnano - Di certo è un errore dire che c'è stato un via libera, io non sapevo nulla di questa storia e sto cercando di fare chiarezza con i docenti coinvolti».   concludo    che l'alternativa proposta  loro di   sostituire  Dante   con  Il Decamerone di Boccaccio è ridicolo, è un autogol assoluto. Perchè se ben ricordo dai miei  studi di letteraratura italiana  lo stesso Boccaccio in fin di vita si è pentito del Decameron e lo ha disconosciuto, ha avuto una forte crisi di coscienza e questo dovrebbe suggerire qualcosa. È molto più difficile da digerire, immorale anche dal punto di vista islamico. Dante lascia invece a porta aperta ai pagani. È del tutto insensato rifiutarlo e ignorare questa sua grande apertura.Infatti  Nel canto XX del Paradiso Dante si stupisce della salvezza dei non cristiani Traiano e Rifeo (Traiano in vita aveva addirittura perseguitato i cristiani). Già nel canto precedente, il XIX, aveva posto la questione della salvezza degli appartenenti a un'altra religione" ricorda Rita Monaldi. "Se il problema è Maometto all'Inferno, Dante pone all'Inferno (tra gli ignavi) anche Papa Celestino V, che è stato canonizzato .  <<Allora i cattolici dovrebbero rifiutare di studiare la Divina Commedia?" sottolineano Monaldi & Sorti che in alcune scene del secondo volume della loro trilogia mostrano Dante discutere animatamente di questa questione.  Mala  tempora  currunt  


4.3.24

LA STATALE DI MILANO FA SCAPPARE UN OTTIMO PROFESSIONISTA storico Marco Bassani, che lascia la Statale di Milano per essere stato attaccato dai vertici dell’università a seguito della pubblicazione di un meme satirico sui social.

L’Università Statale di Milano fa scappare un ottimo professionista.
Pubblico da libero.it lettera scritta dallo storico Marco Bassani, che lascia la Statale di Milano per essere stato attaccato dai vertici dell’università a seguito della pubblicazione di un meme satirico sui social.

da libero.it  





Proprio oggi, dopo oltre un quarto di secolo, abbandono l’Università di Milano. In questa sede ho insegnato Storia delle dottrine politiche a un’intera generazione di studenti dal finire del secolo scorso, credo con un certo decoro. Non ho alcuna intenzione di nascondere i motivi ultimi che mi hanno spinto a questo passo.
Sono stato sanzionato dalla mia università, fra l’indifferenza e l’esultanza dei colleghi, per aver condiviso un meme (ossia un’immagine con didascalia) nell’autunno del 2020. Il meme non conteneva né parolacce, né volgarità, ma solo una verità acclarata: Kamala Harris, la vicepresidentessa degli Stati Uniti, aveva iniziato la propria carriera come amante di Willie Brown, all’epoca Sindaco di San Francisco, quando lei aveva 29 anni e lui 60, e quindi non risulterebbe molto credibile come icona femminista.



LINCIAGGIO MEDIATICO

Dopo un paio di giorni sulla stampa è iniziato il linciaggio mediatico contro di me. La notizia vera era che il Rettore dell’Università, prof. Elio Franzini, sulle pagine milanesi della Repubblica aveva immediatamente promesso che mi avrebbe punito in quanto “sessista”. Nell’atto di accusa formale si sosteneva che il post «contenuto [fosse] sessista e altamente offensivo nei confronti non solo della diretta interessata ma dell'intero genere femminile». Inoltre, utilizzando liberamente uno strumento di dibattito pubblico avrei arrecato grave nocumento all’immagine dell’Istituzione e dello stesso Rettore (che solo pochi mesi dopo sarebbe stato coinvolto con rinvio a giudizio in un’inchiesta giudiziaria su concorsi universitari truccati).
Cosa mi stava dicendo la mia università? Che non esiste alcun rapporto fra sesso e politica? Difficile. Forse più semplicemente che non se ne può parlare se il personaggio coinvolto è dalla parte giusta della storia (e non una Minetti qualsiasi). Se io avessi fatto una lezione dal titolo “sesso e politica nella storia, da Messalina e Cleopatra a Kamala Harris” avrei potuto dire ciò che volevo e sarei stato inattaccabile. Invece, avendo condiviso la vignetta sul mio profilo Facebook il Rettore ha deciso di occuparsene scatenando una campagna mediatica.


LIBERTÀ DI PENSIERO

Se la risposta governativa alla pandemia degli ultimi anni ha palesato la fragilità di un sistema costituzionale ormai percepito come accessorio, negli ultimi anni ho provato sulla mia pelle la impalpabilità del concetto stesso di Stato di diritto. In Italia è ancora vivo il ricordo del giuramento di fedeltà preteso dai docenti dal regime politico precedente l’attuale; pertanto, fino ad oggi, direi fino al mio caso, la libertà dei professori era stata abbastanza tutelata. Nel Dopoguerra sono stato il primo professore ad essere stato condannato per aver “condiviso”, neanche “manifestato”, un’opinione.
Dopo un processino di fronte ad un silenziosissimo Consiglio di disciplina alla metà di maggio del 2021, sono stato condannato alla sospensione e alla privazione di She will be an inspiration to young girls by showing that if you sleep with the right powerfully connected men then you too can play second fiddle to a man with dementia. It's basically a Cinderella story. Il meme pubblicato nel 2020 dal professore Marco Bassani dedicato alla vicepresidente di Joe Biden, Kamala Harris, ricordava la relazione tra Kamala e Willie Brown, all’epoca sindaco di San Francisco, quando lei aveva 29 anni e lui 60: letteralmente Bassani ricordava solo che «sarà una ispirazione per le giovani ragazze dimostrando che se vai a letto con l’uomo giusto, potente e ammanicato, allora anche tu puoi essere la vice di un uomo con la demenza. È come la storia di Cenerentola» un mese di stipendio. Dal punto di vista simbolico la punizione è draconiana: ti impediamo di guadagnarti da vivere se non ti sottometti al nuovo catechismo civile. Limitando la mia libertà di manifestazione del pensiero ne è stato colpito uno per educarne cento, la tecnica delle Brigate Rosse, il che è proprio come deve operare il nuovo umanesimo totalitario.
La vicenda non è del tutto conclusa: dopo aver perso nel giugno del 2023 il ricorso amministrativo (con una sentenza giunta in tempo record) attendo senza troppa trepidazione l’appello al Consiglio di Stato. In ogni caso, abbandono l’università non per l’episodio in sé, ma perché la solidarietà che ho ricevuto è stata risibile: non pochi colleghi hanno incominciato a trattarmi come se fossi un pedofilo e coloro che mi esprimevano simpatia chiedevano parallelamente di non metterli in imbarazzo rendendo pubblico il loro appoggio.
Se si chiude una porta se ne apre però un’altra. Da domani sarò professore presso Pegaso, la più importante università online di lingua italiana. Le rassicurazioni in termini di libertà che ho ricevuto sono piene e incondizionate. Chi mi assume si preoccupa solo delle mie qualità di docente e studioso (devo dire mai messe in discussione neanche dalla mia antica università) e non della mia adesione ai dogmi del politicamente corretto.

E DA DOMANI CAMBIO

È davvero triste constatare che all’ombra della pubblica istruzione ha prosperato un sistema che più che sviluppare pensiero critico a tutti i livelli ha reso le aule universitarie una “madrasa” del Pd. Viviamo un incubo prodotto dalla statizzazione dell’intero comparto dell’istruzione: il fatto di avere reso scienza e cultura merci distribuite e prodotte da impiegati pagati (poco) per mezzo della fiscalità generale ha reso gli intellettuali veri e propri funzionari pubblici. Con tanta libertà condizionata quanto i padroni del discorso sono disposti a concedere. L’allocazione delle risorse pubbliche decide il corso degli studi, la fama, le carriere individuali e ovviamente crea un enorme conformismo al ribasso. E le recenti censure alle autorevolissime (Prodi, Rubbia, Zichici) voci critiche sulla tesi del riscaldamento globale di origine antropica ci fanno comprendere che anche nel campo delle “scienze esatte”, ammesso che ve ne siano, non si può stare tranquilli. Il tutto accade senza alcun tipo di coercizione palese, grazie semplicemente alla vittoria straripante di una polizia del pensiero, che colpisce pochi, spaventa molti ed è, almeno in apparenza, avversata da tutti. I professori sono di fatto “la guardia del corpo intellettuale degli Hohenzollern”, ma mentre nella Berlino dell’Ottocento ciò era vanto e merito, oggi questa esaltazione del potere ha luogo senza troppe chiassate. Si tratta solo di un piccolo prezzo che un manipolo di pusillanimi è disposto a pagare per sopravvivere con misere paghe pubbliche. *Ex Ordinario di Storia delle Dottrine Politiche all’Università degli studi di Milano Statale

di Marco Bassani
Ex ordinario di Storia delle Dottrine politiche all'Università degli Studi di Milano Statale

14.1.24

siamo passati da una tv libera anche troppo a una tv di bigotti l'attacco dei meloniani a Biagio Izzo e Francesco Paolantoni per lo sketch comico sulla Natività

Qui    si  sta passando   da  un ecesso  (   tette   e  culi ,   volgarità , insulti  , litigi  , dialoghi urlati  ,  insulti  ecc   )    a   una tv  di  bachettoni      come  era  prima  dello  svecchiamento  dei   programmi e del varietà   , perchè ebbene  si   mediaset  ha  avuto    almeno  all'inizio  . I fatti sono questi. Biagio Izzo e Francesco Paolantoni portano su Rai 2 uno sketch comico sulla Natività, con protagonisti San Giuseppe e la Vergine Maria.Un pezzo a mio avviso innocuo, innocente, anni luce dall’ironia dissacrante a cui sono abituati gli stand up comedian ad altre latitudini.Eppure tanto è bastato per scatenare la rabbia dei talebani di casa nostra, con Maurizio Gasparri che arriva addirittura a portare il caso in commissione di vigilanza Rai (la stessa dove si era presentato contro Ranucci con una carota in mano) gridando alla blasfemia, seguito a ruota dai Pro Vita e da Giovanardi.Il motivo di tanta indignazione? San Giuseppe operato alla prostata, Maria rappresentata “come una madre svampita” e - apriti cielo - interpretata da un uomo . Ora capisco che si possa aver offeso . Ma che Nella nuova Telemeloni si finisce sotto inchiesta parlamentare anche solo per aver osato scherzare sulla Natività. Siamo a un livello di censura e bigottismo da far invidia alla polizia morale iraniana. A me spaventa e indigna non uno sketch ironico ( anche se poco rispettoso verso chei crede . ma la satira vera d'essere disturbante ed indigesta altrimenti non è vera satira ma uno spettacolo al servizio del potere ) e all’acqua di rose ma questi cristiani a targhe alterne che si sentono offesi da una Maria maschile, difendono l’onore violato del Bambin Gesù, ma non hanno nessuna pietà per le decine di migliaia di donne e bambini morti ammazzati a Gaza nel loro BLASFEMO silenzio o per i migranti che muoiono in quel cimitero senza croci che è il Mediterraneo. Questo sì, fa veramente orrore.



8.12.23

censurare la musica trapp e rap ed gli altri generi musicali non conformi bandendoli da internet e da san remo come chiede i codacons con i Sad, il gruppo punk di Milano è la soluzione ?

leggi anche
 

Guè Pequeno, e Young Rame. A sinistra, ai due estremi: Marracash in giacca blu e “Nazza” Calajò

Se prima mi piaceva i rap e lì'hip hop e musica delle posse    ed  altri  generi  non conformi  come  il  punk  , infatti è stato uno dei veicoli da cui si è sviluppata la mia formazione politico culturale . Adesso con la quasi fusione  tra  il   rap e  il sottogenere trapper nonostante le sottili differenze    riassumibli . A qiuesto  punto non so  se  la  censura  sia  giusta   o meno    opppure condurre  ua  guerriglia 

Stile  Musicale e Atmosfera 

Rap: Il rap è noto per la sua enfasi sulla recitazione ritmica di versi e rime sincopate, con un’attenzione particolare alla lirica e alla tecnica verbale. L’atmosfera sonora può variare ampiamente a seconda dello stile dell’artista, ma solitamente si pone in secondo piano rispetto alla lirica.  

Trap: La trap si contraddistingue per un’atmosfera oscura, pesante e ricca di bassi profondi, che contribuisce a creare un’ambiance coinvolgente. A differenza del rap tradizionale, la lirica spesso viene messa in secondo piano a favore del ritmo e delle sonorità.

Origine e Sviluppo: 

Rap: Il rap ha radici profonde nella cultura afroamericana e ha iniziato a svilupparsi negli anni ’70, con influenze africane e tradizioni orali.
Trap: La trap music ha avuto origine nel Sud degli Stati Uniti, in particolare ad Atlanta, Georgia, all’inizio degli anni 2000. È emersa come una fusione di influenze musicali, tra cui il rap, l’hip hop e la musica elettronica.

Tematiche e Diversità:

Rap: Il rap affronta una vasta gamma di temi e spesso pone una maggiore enfasi sulla lirica, consentendo agli artisti di comunicare storie e messaggi complessi attraverso le parole.
Trap: La trap è notevole per le sue liriche che spesso trattano temi legati alla vita di strada, al consumismo e alle esperienze della gioventù contemporanea. Ha portato alla creazione di vari sottogeneri, ognuno con proprie tematiche e stili distintivi.

qui    un  ulteriore  aprofondimento

è  diventa  solo   veicolo   d'odio , misogenia  , agiografia   della  criminalità  ,   edonismo  spinto  


infatti leggo da
  • Il Fatto Quotidiano


  •                                     Davide Milosa

  • Gli inchini live di Guè e Marra “I rapper al servizio del boss”

    Testi e magliette per “Nazza” Calajò, ras della Barona arrestato per droga. E Young Rame canta “come si smonta un uomo”

    IL BOSS della Barona, Nazzareno Calajò, è stato arrestato ad aprile. Per lui e altri, accuse a vario titolo di associazione e traffico di droga. Dagli atti emergerà anche la volontà di Calajò, detto Nazza, di uccidere il capo della curva dell’inter Vittorio Boiocchi, poi ucciso il 29 ottobre 2022. Per questo fascicolo Calajò non è indagato. Gli ultimi atti confermano il legame con alcuni rapper. Tra questi Young Rame, autore di testi apologetici per Calajò. E di cui ilfattoquotidiano.it scrisse a giugno. Rame rispose sui social: “Buongiorno giornalista (...). Qualsiasi persona che abbia almeno finito la scuola elementare ascoltando il brano ‘Fine pena mai’ può capire che è un fatto di cronaca visto dai miei occhi”.

    L’inchino al boss da parte di due tra i rapper più noti della scena musicale italiana è un fatto che nella malavita milanese ancora non si era registrato. È accaduto, invece, come riporta una nota conclusiva della polizia penitenziaria allegata all’indagine dei pm Francesco De Tommasi e Gianluca Prisco. Il boss in questione è il ras della Barona, Nazzareno Calajò detto Nazza. I cantanti mainstream: Marracash, al secolo Fabio Bartolo Rizzo, e Cosimo Fini, in arte Guè Pequeno, né indagati né coinvolti nell’inchiesta. Il Fatto ha contattato gli agenti dei due cantanti. L’ufficio stampa di Marracash non ha voluto commentare. E nemmeno lo staff di Guè.

    È IL 10 LUGLIO

    scorso quando migliaia di persone affollano il pratone dell’ippodromo di San Siro. In scena un vero show hip pop organizzato dallo stesso Guè Pequeno, il quale a tarda sera saluta pubblicamente il boss urlando: “Nazza libero. Free Nazza! Una mano su!”. In quel momento, Calajò è in carcere, era stato arrestato ad aprile assieme ad altri della banda della Barona con l’accusa di traffico di droga. Il 21 settembre 2022 sul palco del Forum di Assago canta Marracash. In quel momento, Nazza è ai domiciliari. Annota la penitenziaria: “Nel ringraziare le persone presenti, il cantante rivolge un saluto particolare ad Alessandro Calajò (Kalash), all’amico Mattia Di Bella e all’immancabile Nazzareno Calajò”. Anche Ale Kalash, figlio di Nazza, si trova in carcere, con lui il cugino Luca Calajò,

    Il “bandito” e i “campioni” Saluti dal palco al “grande zio”. La polizia penitenziaria: “I videoclip rafforzano la famiglia criminale” I manager: “No comment”

    uno dei capi della banda. Marracash: “Ci tengo a ringraziare la gente del mio quartiere venuta a queste serate. Mattia (Mattia Di Bella, altro cantante, in arte Young Rame), Kalash (Alessandro Calaiò), Momo e soprattutto il grande zio Nazza. Un abbraccio!”. Subito dopo “l’inchino” di Marra, Luca Calajò, presente al concerto, invia messaggi alla zia e alla moglie di Nazza: “Fai un video, lo zio che ringrazia Marracash, l’ha salutato davanti a tutti, fai fare un video allo zio”.

    Annota la polizia penitenziaria: “È noto che la famiglia

    Calajò domini il quartiere Barona e il suo predominio lo ha ottenuto anche grazie al consenso di parte della popolazione residente, alimentato mediante numerose comparse dei principali esponenti della famiglia criminale nei videoclip di famosi cantanti rapper come Guè Pequeno, Marracash e Young Rame il cui tema principale è l’ostentazione del lusso, del denaro facile e l’esaltazione della violenza”. Secondo la Procura di Milano, “la fama e il successo dei rapper sono un utile tornaconto per Calajò, non soltanto per la rappr ese nta zio ne del suo carisma, ma anche una perfetta cassa di risonanza per la sua professata innocenza”. Intercettato, Nazza dice: “Altro che non servono a un cazzo i cantanti, i cantanti servono!”. Tanto che, sostiene Nazza in carcere, gli dedicano alcune canzoni: “Adesso m’hanno fatto una canzone per me Marra, Guè e lui (Young Rame). Compongono le canzoni per me! Hai capito?! Guè pure mi ha fatto una canzone Il tipo”, il cui testo recita: “Anche se l’hai capito, tu non fare mai il nome del tipo (…) Finché comanda è meglio che godere (...) Il tipo ha più di un soldato”. Mentre, scrive la Procura, “in un fotogramma del videoclip del brano Love interpretato da Marracash e Guè Pequeno, sono presenti Alessandro e Nazzareno Calajò insieme a Marracash e Young Rame”. Lo stesso

    Rame, anche lui non indagato, è autore di diverse canzoni su Calajò. Tra queste l’anziano e Fine pena mai. “Brani – scrive la penitenziaria – realizzati su espressa richiesta di Calajò, che non si esclude possa essere stato lui stesso a comporne i testi, con cui Nazzareno intende catalizzare l’attenzione sulla sua vicenda, sulla reclamata innocenza rispetto alle accuse mosse dalla Procura”. In un passaggio dell’anziano si ascolta: “L’anziano mi ha insegnato un’altra educazione. Ad avere i nervi saldi durante l’azione. Come smontare un ferro, come smontare un uomo. Dalle mani alle pistole, è la Sicilia di Milano. L’anziano sta chiuso a Opera anche se è innocente”. Mentre in Fine pena mai un passaggio, secondo la Procura, è rivolto a uno dei pm: “Ho un messaggio anche per te che non hai identità. Hai rovinato le persone e questo non si fa”. Young Rame, dopo un articolo uscito sul fatto.it a giugno, aveva pubblicamente risposto: “La realtà non è quella che lei ha riportato, io ho rispetto per ogni persona onesta”.

    IL 23 GIUGNO,

    Nazza parla con il nipote: “M’ha scritto Rame, lui combatterà, gli ho dato una forza che ne farà altre mille di canzoni se è il caso”. Chiosa la Procura: “La massima espressione della solidarietà dei cantanti alla famiglia di Calajò è la produzione di magliette con l’effigie ‘Nazza Libero’, ‘Verità per Nazza’ indossate dai cantanti nei loro videomessaggi sui social”. Inizialmente Marracash non vuole indossarla, un gesto forse estremo per la sua immagine. Nazza non la prende bene e gli dà del “traditore e dell’infame”. Fino a che, osserva la Procura, anche Marra, quasi costretto, indosserà “la famigerata maglietta”. I cantanti quindi contano per Nazza. A tal punto che, come emerge da una intercettazione, uno di loro girerebbe alla banda il 10% degli incassi. “Un sostegno economico che servirà al gruppo criminale per affrontare, senza particolari affanni, le spese relative alla detenzione in atto”.


    Ora  

    un  autoifesa     poco  convicente    perchè ok sta mettendo  in musica  un evento    di  cronaca   , ma    un  conto  è un testo  neutro  (  qualora  non puoi o non  vuoi prendere  posizione  )   o   contro  un altro  è  fare un componimenti elogiativo . A questo  punto  non so se  la censura ed  il boicottaggio     serva  oppure   sia  meglio una guerriglia  contro  culturale  cioè  immettendo  ed  contrapponendo    all'interno della  stesso genere     la cultura  della legalità . voi che  ne  pensate  ?

    12.10.23

    che palle il linguisticamente corretto ma che senso ha censurare le parolacce con asterischi nello scritto e con suoni nei video?

     Leggendo   certi    articoli  o vedendo certi video    sul  web    mi       chiedo  come  da  titolo  Che senso ha censurare le parolacce con asterischi nello scritto e con suoni nei video? Secondo ,me  nesuno     si  tratta  solo  d'ipocrisia  linguistica    o  le  usi   o no le usi    la  linguà  è cosi ricca  di figure  retoriche   doppi sensi   , ecc   non ha   nessun   senso  , specialmente per iscritto.  Infatti   scrivere c***o

    invece che cazzo rende la parolaccia più evidente.Adesso poi molti hanno preso a censurare parole di ogni tipo per non incorrere nelle censure degli algoritmi. Quindi si trovano cose come p***o invece che porno, p*rca invece che porca e addirittura k*ll invece che kill, nonostante non siano parolacce.L'asterisco è un espediente veramente inelegante, se posso dirlo è anche più inelegante della parolaccia. È sciatto, sa di maestrina d'asilo, fa pensare che hai percezione che una parola è inadatta al contesto ma hai un vocabolario  sterminatoi   per esprimerti con la stessa forza in altri modi. Se non vuoi scrivere parolacce, scrivi "mi hai stufato" e non scrivi "mi hai rotto i …".E poi, se De André per  citare il primo  cantautore   che  mi  viene  in mente  nella sola La domenica delle salme ha infilato "troie", "vaffanculo", "cagare" e "coglioni", io almeno posso dire "cazzo"   




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    13.8.23

    il vittimismo e la propaganda di beppe Grillo che lamenta censure inesistenti ma verità è un altra .C'è disinformazione della rai visto che la notizia si poteva dare anche senza immmagini dirette dello spettacolo

    Beppe Grillo vive di polemiche, non poteva mancare la bufera mediatica in occasione della partenza del suo nuovo spettacolo teatrale. Il fondatore del Movimento 5 Stelle ha scelto la Calabria per la prima nazionale del suo show, “L’Altrove”, un chiaro riferimento alle solite provocazioni di voler dare vita a
    un nuovo movimento religioso. Il comico genovese si è esibito sabato 5 agosto ad Altomonte, con repliche a Palmi e a Corigliano Rossano. Un buon successo di pubblico nonostante la pioggia battente. Ma come anticipato non sono mancato le polemiche, che in questo caso ha chiamato in causa la Rai, rea di aver ignorato a livello regionale l’evento del settantenne, ma non è mancata la pseudo precisazione di viale Mazzini.Visto che la notizia la si poteva dare lo stesso anche senza immagini dello spettacolo o semplicemente filmando l'ingresso del teatro visto che Grillo non vuole le telecamere dentro . A gettare benzina sul fuoco , secondo ilgiornale ci ha pensato Il Fatto Quotidiano, storicamente secondo vicino al M5s e al suo fondatore/garante. Il corsivo del giornale di Travaglio non è passato inosservato: “Per la Rai calabrese Beppe Grillo non esiste”. In altri termini, la Rai regionale avrebbe ignorato deliberatamente la prima nazionale dello show del comico genovese. "Insomma le piazze affollate di Altomonte, di Palmi o di Corigliano qualcuno dalla testata regionale ha ordinato che non andavano raccontate, nemmeno un accenno, non sia mai; e l’ordine è stato eseguito. Grillo ha girato la Calabria per una settimana ma per il TgR calabrese non è esistito. Un fantasma. È il giornalismo della destra, bellezza", il j'accuse ricco di risentimento. Ma la verità sta nel mezzo . Infatti Come evidenziato dal Corriere della Sera, la sede locale della televisione di Stato ha precisato che non c’è stata nessuna censura o dimenticanza nei confronti di Grillo. La Rai calabrese ha semplicemente preso atto della volontà del presunto Elevato di non essere filmato e intervistato nel corso della sua performance. Ma non è tutto. Il promoter Ruggero Pegna ha ribadito “l’intolleranza di Beppe Grillo a qualsiasi ripresa ed interviste”. Un’ulteriore testimonianza da parte di Livia Blasi, vicecaporedattrice della sede Rai di Cosenza:“Siamo stati, tempo fa, ad una manifestazione di Beppe Grillo ma la nostra troupe è tornata indietro senza poter riprendere nulla, perché il comico genovese ha imposto il veto a qualsiasi telecamera”. E ancora: “Da quel giorno nessuna troupe su delega della Rai regionale si muove per i suoi spettacoli, anche perché l’affitto delle telecamere ha un costo”. In altri termini, nessun sabotaggio e nessun complotto nei confronti del settantenne, ma la solita disinformazione

    6.1.23

    per l'ipocrita Diritto all’oblio dei mafiosi , la Rai spegne lo speciale Tg1 su Rita Atria

     Stavo  finendo    il post della nuova  rubrica    settimana incom  quando alla  lettura    dell'orripilante     notizia    della  censura   sulla  morte di Rita  Atria  ( vedere  articolo  sotto   e scheda  al lato   entrambi presi da IFQ del  5 Jan 2023    )   mi  chiedo  ma  il diritto  all'oblio  può evitare  di  cancellare  \ rimuovere   ma    in questa  caso  si parla  di censurare  la  storia   e  le storie  ?   Secondo me   si    se  si  fa   come suggerito   nell'articolo    sotto  o  quando  come  nel  caso  della sentenza  Ecn isole  della   rete     contro Caradonna   si    quando  si tratta   di   fatti storici   ancora  attuali   come   quello   della   coraggiosa   e  giovane  Rita Atria  


                                 di   Stefano Caselli e Maria Cristina Fraddosio

    Diritto all’oblio, la Rai spegne lo speciale Tg1 su Rita Atria

    Il doc di Giovanna Cucè rimosso da Raiplay. Tre arrestati per mafia negli anni 90 minacciano richieste danni per 60 mila euro

    FOTO ANSA
    La testimone di giustizia Rita Atria morì a soli 17 anni una settimana dopo via D’amelio

    La storia, struggente e importante, è di quelle che è bene continuare a raccontare. È la storia di Rita Atria che il 26 luglio 1992, a soli 17 anni, morì cadendo da un balcone del quartiere Tuscolano a Roma. La storia di una ragazza nata e cresciuta in una famiglia di mafia della provincia di Trapani che, dopo gli omicidi del padre e del fratello maggiore, decise di tagliare quel cordone ombelicale e di collaborare con la magistratura. La storia di una ragazza che Paolo Borsellino, che raccolse parte delle sue dichiarazioni, considerò come una figlia acquisita. La storia di una ragazza, prigioniera a Roma di un programma di protezione testimoni, che non sopportò la morte di quel secondo padre e che sette giorni dopo la strage di via D’amelio cadde nel vuoto dal settima piano di viale Amelia 23 a Roma.

    Una storia che rischia di non poter più essere raccontata, almeno non nella forma scelta dalla giornalista Rai Giovanna Cucè, autrice dello speciale Tg1 Rita Atria, la settima vittima, trasmesso il 17 luglio in

    un frame  della trasmissione  in questione 

    seconda serata. Il programma, della durata di 58 minuti, è stato infatti rimosso da Raiplay a causa di alcune immagini di repertorio di una trentina di arresti (con manette pixelate), relativi alla cosiddetta “faida di Partanna” (di cui parlò proprio Rita Atria) su mandato dall’allora procuratore capo di Marsala Paolo Borsellino. Tre persone ritratte in questi filmati si sono sentite lese nell’immagine e hanno minacciato cause alla giornalista, alla direttrice del Tg1 e alla Rai per un totale di 60 mila euro. La Rai ha così deciso di rimuovere lo speciale in attesa del giudizio.

    IL TEMA

    è assai delicato perché riguarda il diritto all’oblio, civilissima e recente conquista, tuttavia in inevitabile conflitto con il diritto di cronaca. Gli arresti del novembre 1991 e del marzo del 1992 raccontano infatti una pagina importante di storia (oltre a contenere un inedito audio del super boss latitante Matteo Messina Denaro). Se aggiungiamo che uno dei ricorrenti è stato condannato in via definitiva per associazione mafiosa (il secondo è stato condannato in primo grado e assolto in appello, il terzo assolto in tutti i gradi) il tema si fa ancora più complesso. Possiamo forse immaginare un documentario sul maxiprocesso di Palermo senza le immagini dell’ucciardone?

    Il rischio di creare un ingombrante precedente esiste. E una sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere come la prescrizione, che un articolo della riforma appena entrata in vigore considera titoli sufficienti per una richiesta di de-indicizzazione dei contenuto online ai motori di ricerca, può prevalere

    sempre e comunque sulla cronaca e sulla storia? La Rai, nel dubbio, ha scelto la via breve. A quanto si apprende da fonti di viale Mazzini, il filmato sarebbe stato rimosso in via cautelativa poiché ritrae soggetti poi successivamente assolti (ma non solo, come sappiamo) e – soprattutto – perché per le stesse immagini (ma con manette non pixelate) l’azienda era già stata condannata alla fine degli Anni 90. UNA SOLUZIONE meno drastica come rimontare lo speciale eliminando le sequenze “incriminate” o oscurando i volti dei ricorrenti, avrebbe forse meglio conciliato il diritto all’oblio con quello di cronaca, ma per il momento non è stata presa in considerazione.  Il reportage di Giovanna Cucè ricostruisce il contesto in cui Rita Atria, originaria di Partanna (Trapani), divenne testimone di giustizia. Il contesto degli arresti è quello di una faida tra due clan, gli Ingoglia e gli Accardo, questi ultimi appartenenti al mandamento di Castelvetrano, al cui vertice c’era Francesco Messina Denaro, padre del noto latitante. Borsellino indagava sui delitti che stavano insanguinando Partanna, anche grazie alle testimonianze-chiave di due donne, Piera Aiello (ex deputata 5S) e Rosalba Triolo, e della minorenne Rita Atria. Il decesso della “picciridda”, come la chiamava Borsellino, è stato archiviato nel 1993 come suicidio. A distanza di 30 anni, la sorella Anna Maria (intervistata da Cucè) ha presentato un esposto alla Procura di Roma per chiedere che le indagini vengano riaperte.

    Viale Mazzini: la replica Per gli stessi frame (ma con le manette a vista) l’azienda fu condannata in passato. Nel dubbio, non si aspetta il giudizio

    «Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

      corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...