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1.11.25

Nudo e violenza: Salomè a Sassari vietata ai minori. È polemica e uno studente del liceo atzuni apre il dibattito su tale decisone . voi cosa ne pesate ?

Leggo  su la nuova sardegna del 1\11\2025 cher il teatro di Sassari vuole vietare ai minori la rappresentazione dell'opera lirica Salomè di Richard Strauss, ,ma uno studente del liceo musicale su la rubrica della nuova sardegna LaNuova@scuola apre il dibattito voi cosa ne pensante ? Vistom che si parla da più parti di avvicinare i giovani ai classici della lirica e della musica . Ecco  dal giornale   entrambe  le  campane    a  voi decidere  chi seguire  

Ora     ci si chiede  Perché la Salomè è vietata ai minori di 18 anni? Perché porre un limite di età alla visione di uno spettacolo artistico? 

A porre il quesito è Luca Foddai - Liceo musicale Azuni a Sassari che fa parte del progetto LaNuova@scuola.

«L’Ente Concerti “Marialisa De Carolis” recentemente ha deciso di vietare la visione della Salomè di Richard Strauss ai minori di 18 anni, il cui motivo risiede negli argomenti trattati e nella presenza di scene di nudo. Ciò mette in discussione il rapporto tra arte e censura, presumibilmente giustificato dalla protezione della “sensibilità” dei giovani, ma che va a ledere il diritto all’accesso alla cultura e all’espressione artistica. È realmente lecito escludere una parte di pubblico impedendo la riflessione su temi provocatori e forti? Chi decide cosa far vedere ai giovani? La Salomè è un’opera di Oscar Wilde musicata da Richard Strauss ed è considerata uno dei capolavori della tradizione operistica tedesca per la tensione drammatica che esplora profondamente la psicologia dei personaggi. Essa porta agli estremi tematiche come la sensualità, la moralità, il potere e la morte, suscitando emozioni forti con la capacità di sconvolgere gli spettatori e gli ascoltatori. Nel corso della storia umana, l’arte ha sempre avuto il ruolo di provocare e di mettere alla luce realtà scomode: essa non è nata per accontentare tutti, ma per affrontare il lato oscuro dell’umanità senza filtri. Purtroppo, la censura smussa questo aspetto, solitamente riducendo le opere a un semplice prodotto di consumo senza avere un reale valore espressivo alle spalle. Vietare ai minori di 18 anni Salomè per i motivi citati in precedenza rivela che si ha una persistente paura nel mostrare sensualità e intensità emotiva che essa può trasmettere nonostante essi siano strettamente legati alla trama del melodramma e siano essenziali per un risultato coerente ed efficace. Sono proprio quelli i momenti in cui si trasmette al pubblico la tensione tra il desiderio carnale e la tragedia che ne consegue. Inoltre, chi ha deciso di applicare la censura non ha tenuto conto della maturità intellettuale dei giovani, in quanto non è il nudo a generare scandalo, ma la paura di affrontare le tematiche della manipolazione e del conflitto tra potere e libertà individuale presenti nell’opera: evidentemente esse sono considerate un tabù per i ragazzi, e non un’occasione per riflettere su argomenti che non hanno età. La società contemporanea davanti a queste problematiche agisce con ipocrisia: se da una parte si chiede maggior libertà di espressione, dall’altra si applicano restrizioni che vanno a limitare le potenzialità di un'opera o il pubblico a cui è rivolto. Non si avrà mai un progresso culturale se si agisce in modo da non permettere un confronto aperto, e col passare del tempo, rischia di mettere il paraocchi alla società, disprezzando completamente ciò che non è conforme a dei canoni standard: d’altronde le più grandi opere artistiche sono sempre quelle che mettono in discussione il gusto e le idee delle masse. Davvero vogliamo che l’arte sia un linguaggio universale, aperto a tutti e che dia una visione totale del mondo? Dobbiamo lasciarla libera di fare il suo lavoro senza piegarla alle convenzioni, per permetterle sempre di stupire e destare meraviglia?»


1.6.25

su meta ( facebook , istangram , thereads ) è vietato parlare di gaza oltre alle versioni ufficiali . il caso della chisura dell'account di Claudia Sarritzu, giornalista e scrittrice cagliaritana,



Negli ultimi anni, l’informazione ha subito una trasformazione radicale, alimentata dal declino del giornalismo tradizionale e dall’ascesa dei media digitali. Secondo l’ultima rilevazione dell’Agcom pubblicata a marzo del 2025, meno del 7% degli italiani paga per accedere ai quotidiani online, mentre la maggior parte delle persone — in particolare i più giovani — si informa tramite internet e social media. Piattaforme come Facebook rappresentano oggi le principali fonti d’accesso alle notizie, ridisegnando la mappa del potere informativo.
Questo cambio di paradigma ha favorito la nascita di nuove voci e forme di divulgazione, ma ha anche generato nuove forme di censura, spesso più subdole. Shadow banning, demonetizzazione, sospensioni arbitrarie: chi sceglie di non allinearsi alla narrazione dominante può ritrovarsi rapidamente ai margini del dibattito pubblico, anche senza un’accusa formale.
In questo contesto si inserisce la storia di Claudia Sarritzu, giornalista sarda con una lunga esperienza alle spalle. Dopo aver collaborato con radio e quotidiani locali, ha scritto per dieci anni su politica nazionale e internazionale per Globalist. È autrice di due saggi: 'La Sardegna è un'altra cosa', un’indagine sulla crisi economica nell’Isola, e 'Parole avanti', dedicato al linguaggio di genere e ai nuovi femminismi in Italia e all’estero. Ha vinto nel 2019 il premio nazionale di saggistica “Giuditta”. Ha inoltre realizzato decine di interviste video per Tiscali, dialogando con alcuni tra i maggiori scrittori del panorama italiano. Oggi lavora nel campo della comunicazione istituzionale.
Nonostante il suo solido percorso professionale, Claudia è stata recentemente censurata da Meta: i suoi profili sono stati rimossi dopo la pubblicazione di contenuti — foto, video e testimonianze — relativi a quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza. La sua vicenda solleva interrogativi urgenti sul ruolo degli algoritmi, sulla libertà d’espressione online e sui nuovi confini — spesso opachi — tra informazione e censura.                      


   unione  sarda   1\6\2025 


Da un giorno all’altro la sua identità social è sparita nel nulla, cancellata per sempre. Anni e anni di post, commenti, articoli, condivisioni, foto e messaggi sono stati eliminati da Facebook e Instagram, insieme ai suoi profili. Claudia Sarritzu, giornalista e scrittrice cagliaritana, si è ritrovata da un giorno all’altro
senza più nulla. Il perché? I suoi account, seguiti da oltre 30mila follower ufficiali, non avrebbero, secondo Meta, “rispettato gli standard della community in materia di integrità dell’account”. Nessuna spiegazione in più. Ma lei ha un’idea ben precisa di cosa sia accaduto: «I miei contenuti su quanto sta succedendo a Gaza sono circolati sempre più nella settimana precedente alla cancellazione dei miei account. Probabilmente ci sono state tantissime segnalazioni e l’algoritmo ha deciso di eliminare le mie identità social».

Quando e come si è accorta che il suo profilo Facebook e quello Instagram erano stati bloccati?

«Una mattina mi sono collegata come faccio sempre e un messaggio mi avvertiva che il mio account era stato sospeso momentaneamente per delle verifiche su delle segnalazioni fatte per capire se avessi violato gli standard della community. Poi, dopo tre ore mi è arrivata la comunicazione: avendo violato questi standard, avevo perso tutto. Il miei profili Facebook, uno privato e pubblico, con più di 32 mila follower, oltre a quello su Instagram sono stati bloccati».

Cosa ha provato?

«Sono rimasta senza nulla. È uno choc. C’è un link per recuperare dei contenuti ma serve davvero a poco. Viene di fatto cancellata la tua identità digitale. Avevo aperto il profilo nel 2008: è qui c’era di tutto, sia contenuti di vita personale che professionale. Ti cancellano la tua storia. Ci sono certamente molte cose terribili in questo mondo, dunque non voglio fare la vittima per una cosa minima: ma si tratta comunque di violenza e di censura. Un po’ come se qualcuno entrasse a casa tua e ti bruciasse foto e ricordi».

Cosa avrebbe scritto o riportato di così grave da spingere Meta a chiudere i suoi profili?

«Penso che la causa sia l’aver postato e scritto troppo su quello che sta accadendo a Gaza: ho infatti sospeso i post su alcuni argomenti a me molto cari, come femminicidi, discriminazioni e linguaggio di genere, per concentrarmi di più sui fatti di Gaza. Una pubblicazione iniziata anche quando Facebook stava penalizzando questi contenuti: per questo utilizzavo, per esempio, il numero 4 al posto della A di Gaza, e il numero 1 per la I di Israele. Un modo per evitare penalizzazione nella diffusione. Poi deve essere cambiato qualcosa e ho iniziato a ottenere migliaia di visualizzazioni. Un post in particolare, su una madre palestinese che ha perso nove figli, ha ottenuto sedicimila condivisioni. L’account è cresciuto. E questo, immagino, può aver portato a molte segnalazioni da parte di chi non è d’accordo. Da qui il blocco».

Cosa può fare per riavere indietro tutto?

«Potrei affidarmi a esperti tecnici e avvocati per una battaglia legale. Devo ancora decidere».

Quando è nato e perché il suo interesse per le questioni palestinesi?

«Quando ho lavorato per dieci anni per Globalist mi occupavo di politica estera e geopolitca. E ho continuato a interessarmi di queste tematiche che comunque mi attiravano già da quando frequentavo le scuole superiori».

Da giornalista, come valuta l’attenzione della stampa su quanto sta accadendo a Gaza?

«C’è una differenza enorme tra come viene raccontata la guerra in Ucraina e quanto sta succedendo a Gaza. C’è una popolazione sotto accatto e la stampa non ha chiarito molti aspetti. Sembra esserci un timore reverenziale nei confronti di Israele e dunque una censura su cosa sta accadendo alla comunità palestinese».

Ha avuto molti attestati di stima, anche da persone che non conosce di persona ma proprio grazie ai social?

«Il nostro lavoro oramai non può prescindere dai social. Permette di arrivare a tantissime persone, anche ai giovani. Inoltre i social ti permettono di conoscere molto di quello che sta succedendo a Gaza e nel resto del Mondo che altrimenti non potremmo sapere attraverso la stampa tradizionale».

La sua nuova “vita” social è già ripresa?

«Ho creato un nuovo account, Claudia Sarritzu Ghironi, aggiungendo anche il cognome di mia madre. Ho già ripreso il mio lavoro, anche se è triste essere passati da 32mila follower a molti meno. Ma vedo quanto accaduto come una nuova ripartenza. E mi fa piacere aver ricevuto tanto affetto. Mi dispiace solo essere stata censurata per aver fatto quello che, non solo come giornalista, ma come essere umano, dovremmo fare tutti quanti: attirare l’attenzione su un argomento così importante come quello dei fatti di Gaza».

  ......

https://www.sardegnalive.net/


Claudia, partiamo dall'inizio. Com'era il tuo rapporto con i social network e cosa è accaduto?


"Io li ho sempre utilizzati, anche per la vita privata, postavo foto di viaggi, cose normali, come tutti.
L'account ce l'avevo diviso in due profili. Il primo, nato nel 2008, che solo dopo ho trasformato in business, era arrivato a 8mila follower, il secondo ne contava 26mila, era stato creato molti anni dopo, quando mi ero candidata alle elezioni regionali, avevo scritto un secondo libro, e mi serviva una vetrina pubblica. Le mie pagine le ho sempre utilizzate però senza seguire regole rigide di pubblicazione o particolari differenziazioni, postavo un po' da una parte e un po' dall'altra.
In questo ultimo mese mi sono concentrata molto sulla situazione a Gaza. Avendo lavorato dieci anni a Globalist, scrivendo di politica estera, anche se adesso mi occupo di altro, l'impostazione è rimasta, così come la passione".
Porti comunque la tua esperienza in questo campo, a livello divulgativo.

"Ovviamente. Era un qualcosa che seguivo, ed ero anche personalmente e umanamente colpita dalla vicenda. Quindi, ho iniziato a condividere post e articoli, prendendo informazioni soprattutto dai giornalisti sul campo. I post hanno iniziato a esplodere, sono arrivate migliaia di condivisioni.
Nell'ultima settimana ho contato 2.000 follower in più e 2.000 follower senza sponsorizzate nè altro non sono pochi. Io tra l'altro non avevo la spunta blu, ma ora ho scoperto che chi paga per avere quel badge di verifica ha diritto a una tutela maggiore da parte dell'azienda madre, con la possibilità di controlli umani invece che, come nel mio caso, controlli esclusivamente automatizzati.
Dopo tutte le condivisioni, tutti i nuovi follower, mi è arrivata la prima segnalazione che diceva che l'account era stato temporaneamente sospeso, che stavano facendo delle verifiche, e che nel giro di una giornata mi avrebbero fatto sapere. In verità, tre ore dopo avevano già finito i loro controlli, dai quale era emersa la violazione degli standard della community. Una sentenza che non vuol dire niente. Se io avessi leso delle regole della piattaforma, pensiamo all'incitamento alla violenza, o alla pornografia, me lo avrebbero specificato. Sotto questi aspetti sono sempre stata abbastanza attenta perché so come funziona".
Invece cosa è successo?

"È successo che tutto questo ha attirato l'attenzione: si trattava di una visibilità che è esplosa in poco tempo, e devono essere arrivate centinaia di segnalazioni, io immagino, di qualcuno che non era contento del mio racconto su Gaza e sulla Striscia. Almeno 100 persone su 16mila condivisioni che ti segnalano ci sono, soprattutto sui argomenti che generano odio online come questi.Io riprendevo le immagini, riportate anche dalla Stampa e altri quotidiani, ma i miei erano profili, possiamo dire, di una 'persona normale', senza neanche la spunta blu, cresciuti in maniera così spropositata e questo deve aver insospettito anche l'algoritmo.
Mi era capitato qualcosa di simile in passato, ogni volta che c'era la parola Trump per esempio venivano abbattute le visualizzazioni, però in quel caso ero stata avvisata, il post veniva oscurato con annessa motivazione, Meta dialogava.
Ora è stato buttato tutto all'aria dal nulla e per riavere indietro i contenuti dovrei rivolgermi alla Giustizia Civile. Non sono l'unica che ha subito questo tipo di censura, ne sono stati vittime anche altri giornalisti, divulgatori, addirittura artisti, che si sono esposti politicamente".
La tua voce, che è quella di una giornalista, e di una giornalista che si è occupata proprio di politica estera, con un seguito di non poco conto, aveva una risonanza e un'esperienza tale per cui poteva riportare in maniera corretta e coerente una storia importante. Dov'è il problema nell'informazione di oggi?

La cosa che secondo me dovrebbe far riflettere è questa: oggi ci rendiamo conto che purtroppo il giornalismo ufficiale sta un po' deludendo. I social sono diventati importanti quindi. Per esempio, grazie a Instagram e ai profili dei colleghi palestinesi noi vedevamo davvero cosa accadeva dentro la Striscia, visto che i giornalisti stranieri non potevano entrare, però se i social si basano ancora spesso solo su degli algoritmi, basta che un gruppo politico, o religioso, se la prenda con te per i contenuti che pubblichi, che la piattaforma cancelli tutto il tuo lavoro. Così non si può andare avanti, perché se noi stiamo sostituendo l'informazione ufficiale con i social network, ed è quello che sta succedendo, allora occorre rivedere completamente le regole per garantire il corretto dibattito e la democrazia.
Il badge di verifica a pagamento lo trovo uno strumento ingiusto per come è strutturato al momento. Riesce a pubblicare con più garanzie solo chi paga e nemmeno poco, parliamo di 10 euro al mese, più le sponsorizzazioni che vengono richieste per essere visti, e alla fine diventa un'informazione esclusivamente a pagamento, solo chi può permetterselo può informare.
Mi hai detto che hai avuto molte condivisioni e molte visualizzazioni per quei post. Da esperta, diresti quindi che la società risponde bene alla necessità di sapere e di condividere quanto sta succedendo nella Striscia di Gaza?
Secondo me la società risponde molto bene alla questione. Personalmente, ho constatato parecchia attenzione e sensibilità sul tema da parte degli utenti. Io mi occupavo soprattutto di linguaggio di genere, di discriminazioni, e non raggiungevo quei numeri. Un sondaggio di Ipsos della scorsa settimana evidenziava come il 73% degli italiani volesse un intervento anche politico per denunciare e condannare i fatti di Gaza: questo fa capire che l'interesse è trasversale e questo interesse poi si rispecchia nel desiderio di sapere, di conoscere".

Il caso di Claudia Sarritzu segue quello di Matteo Meloni, giornalista sardo esperto di geopolitica ed esteri, anch’egli messo a tacere dopo aver trattato il conflitto israelo-palestinese. In un'epoca in cui l’informazione passa sempre più dalle mani degli utenti e dei creator indipendenti, e in cui il giornalismo tradizionale fatica a rispondere al bisogno di chiarezza e pluralità, l’arbitrio degli algoritmi diventa una minaccia concreta alla libertà di espressione. Se chi ha competenza e autorevolezza viene oscurato senza spiegazioni, occorre domandarsi, cosa resta del dibattito pubblico? E, soprattutto, chi decide cosa possiamo o non possiamo sapere?

6.4.25

mi abbevero al femminismo , ma .... il caso Yasmina Pani Censurata dalle femministe perché ho osato criticarledaaa

  per  i miei post     sui  femminicidi mi hanno  accusato    d'essere  effeminato  e  a  favore  della  nazi  femministe  , ecc . Forse  perchè  nella strada  fin qui  percorsa  ,   ho  fatto miei  alcuni caratteri del femminismo  e  mi batto  per  loro   e  sono contro  i  femminicidi e  la  cultura   che c'è  alla  base  . 
Ma  penso che  la  lotta  contro  tali cose  dev'essere  non  a senso unico . Credevo che fosse  chiaro   dal mio  post  su fb   (  che  trovate     sotto    )  È incredibile come dopo anni ed anni di sensibilizzazione su qualunque tema la gente non abbia capito che le regole della sensibilizzazione dovrebbero valere per ogni singolo essere umano, non solo per la categoria sociale che   va di moda al momento. Ovviamente il contesto mediatico/comunicativo non aiuta (visto che vive e si sostenta grazie alla polarizzazione), ma dovremmo iniziare ad affrontare i temi in maniera un pochino più strutturata, proprio per evitare di cadere nella banalizzazione che fa molti più danni di quello che crediamo.



Ma il caso Yasmina Pani  [  foto  in alto a   sinistra   ] lo dimostra .  

Infatti essa ha detto






da IL GIORNALE



Chi è Yasmina Pani? È una giovane donna, è una docente di linguistica e letteratura che si occupa anche di divulgazione online, ed è un'intellettuale critica verso i connotati sempre più tossici del movimento femminista. Yasmina Pani è inoltre la creator che nelle scorse settimane ha prodotto un video per la Fondazione Feltrinelli, in cui contestualizzava alcuni dei punti meno convincenti del femminismo odierno: un contributo apprezzato dalla stessa Fondazione, che lo ha approvato e caricato sui propri social, provvedendo tuttavia a rimuoverlo qualche giorno fa, a causa dei ferocissimi toni raggiunti: insulti, rimproveri, appelli alla vergogna, naturalmente tutti a firma di quanti, anzi quante, hanno una visione opposta a quella di Yasmina, una visione che diventa sempre imposizione, diventa puntualmente condanna e censura, là dove è incapace di considerare altre sensibilità.
L'inquisizione femminista ha dunque condannato in via definitiva Yasmina Pani, ha emanato un verdetto di stigmatizzazione e ha bollato questo essere umano come ignobile traditrice della causa, rendendola indegna dei più basilari diritti: in primis quello sacrosanto che invoca la libertà di espressione.
Come se non bastasse, Yasmina Pani ha anche subito una memorabile deplorazione per il suo appoggio all'associazione «Perseo», che sostiene gli uomini vittime di violenza, i medesimi uomini che nell'ottica femminista non dovrebbero essere meritevoli di nulla, meno che mai del soccorso.

Yasmina, perché così tanta violenza di fronte a chi la pensa diversamente?

«Credo che negli ultimi anni ciò che dovrebbe essere interpretato come un punto di vista, un sistema di valori o un'opinione, sia diventato una verità inopinabile o, al contrario, la più orrenda bugia. Il dialogo, lo possiamo osservare tutti, è ora solo guerra, senza alcun desiderio di sintesi».

Quant'è pericoloso da parte delle istituzioni, pubbliche o private che siano, sottostare a dei diktat tanto ideologizzati?

«Il rischio concreto è di annullare la pluralità dei pareri, dissuadendo le persone dall'esprimerli. Si stabilisce così che un'unica lettura degli eventi è accettabile, e non può essere contestata. Alla luce di ciò, soprattutto dagli enti culturali mi aspetto qualcosa di diverso: dovrebbero agire in piena autonomia, andando oltre ogni possibile pressione esterna».

Qual è il limite più grande del movimento femminista?

«Ostacolare le lotte per i diritti maschili. Così facendo si pone come un movimento di chiusura e non di apertura, non progressista, e certamente non egualitario. Questo di conseguenza crea un limite ulteriore, cioè l'estrema intransigenza, che porta perfino alla pretesa che chi non è femminista venga tacitato».


Sei stata criticata anche per la tua vicinanza al centro antiviolenza maschile «Perseo»: aiutare gli uomini in difficoltà quindi è un demerito? Solo le donne hanno diritto al soccorso?

«È proprio questo l'assurdo: come può un movimento per la parità suggerire qualcosa del genere? Non abbiamo sempre detto che i diritti non sono una coperta corta?»

Yasmina Pani tocca il punto più spinoso, ovvero il cuore della battaglia femminista, al momento sempre più distante da un'idea di parità. A essere rincorsa è infatti la supremazia, è la sottomissione dell'altro, è la volontà di incolpare all'infinito e di subordinare in qualsiasi modo, è la possibilità di dire: ora tocca a me, donna, comandare; ora finalmente posso fare quello che tu hai fatto a me per millenni; ora posso schiacciarti

 Ora  si può  anche   non essere  d'accordo ma la  censura     non va  bene  

21.12.24

il problema non è tony eff ma un altro visto che anche le paladine delle pseudo femministe che gridano alla censura dove non c'è insomma chi come dolce nera lo difendono invocando la censura o dicendo come Dolcenera: " Tony Effe mi fa sesso perché non pensa ciò che dice sulle donne. Le sue canzoni seguono la moda "

E' vero  che   dovrei non parlarne più   e  parlare  d'altro magari  di  cose  più importanti   perchè come ho  detto precedentemente  su queste pagine  gli è stato dato  troppo spazio    per  una  questione  poco  importante   \  di poco conto    rispetto   ai  veri  problemi    che ci  sono .  Ma   quet'analisi  di  Soumalia  Diawara   e l'intervento  (  evidentemente    se ne  approffitta  er  far parlare  di se      e farsi  pubblicità    gratuita  in vista  di    qualche  siuo  nuovo  lavoro  o  concerto  )    di  Dolce nera  

Negli ultimi giorni non si parla d’altro che di Tony Effe e delle sue canzoni! Io ne ho lette e sentite di tutti i colori, ma c’è una cosa che voglio dirvi  !
Vedete, il problema non è tanto perché Tony Effe sia stato o non sia stato invitato al concerto del capodanno di Roma, ma il vero problema è un altro. Tanto per darvi un'idea, questo è il testo di una delle sue canzoni più famose: «Lei la comando con un joystick / Non mi piace quando parla troppo / Le tappo
la bocca e me la f… Volano schiaffi da ogni parte (…) Sono Tony, non ti guardo nemmeno / Mi dici che sono un tipo violento/ Però vieni solo quando ti meno.»
Ecco, questo è uno dei cantanti più apprezzati degli ultimi tempi! Tony Effe viene ascoltato ogni mese
da ben 4 milioni di persone, su Youtube ne raggiunge anche il doppio. E allora mi dispiace dirlo, ma non è Tony Effe il problema! Perché se questi testi ottengono milioni e milioni di ascolti e di visualizzazioni, qualche domanda bisognerebbe iniziare a farsela!
Il vero problema di oggi si chiama ANAFFETTIVITÀ. Si chiama cinismo. Si chiama assenza di emozioni. L’incapacità di provare, comprendere, dar voce e riconoscere le proprie emozioni! Addirittura Jovanotti ha paragonato Tony Effe a Mozart. Ecco, è proprio questo il punto: in una società che chiama arte una banana appiccicata con del nastro adesivo al muro, non sono soltanto le idee e le emozioni che mancano, sono proprio i cervelli che hanno raggiunto il capolinea. Nella società del nulla, avanza il nulla… le canzoni sono imbevute di violenza e di frasi volgari per coprire il nulla che sono! Ed io che sono cresciuta ascoltando De Andre, Guccini, Cocciante, Battisti, mi domando: ma che diavolo è successo alle persone?
E aggiungo un’ultima cosa. Mentre il nulla avanza, l’incoerenza le fa da padrona. Si parla tanto di «femminismo» e poi tutte le cosiddette femministe di oggi hanno scelto di difendere queste canzoni. Gli artisti invece fanno a gara per esprimere solidarietà a Tony e si riempiono la bocca di parole come censura, perché nella società del nulla perfino le parole sono svuotate di senso, significato e valore. Che dire, forse Cattelan su una cosa almeno aveva ragione: siamo alla frutta. Letteralmente!

                                                           Professor X

  Condivido     come  Soumalia  Diawara  che  lo ha     riportato   nella sua  bacheca  (  vedi  sopra )    pienamente il contenuto di questo post e la preoccupazione che solleva. I testi come quelli citati non sono solo offensivi, ma rappresentano un sintomo di una società che sembra aver perso il contatto con valori profondi, con l’arte vera e con il rispetto per gli altri.Non si tratta di moralismo o di nostalgia per il passato, ma di una riflessione sul tipo di messaggi che scegliamo di promuovere e normalizzare.
L’anaffettività, il cinismo e l’assenza di emozioni di cui si parla sono problemi reali, e i numeri che questi artisti raggiungono sono un segnale allarmante. Se milioni di persone si identificano o trovano intrattenimento in testi che celebrano violenza, misoginia e vuoto, dobbiamo chiederci cosa stiamo sbagliando come società e  come    educatori   ed  genitori    visto   il  largo seguito  che  essi hanno   fra  i  giovanissimi   adolescienti . Ma  quello  che  mi  lascia  più  perplesso, appunto    sono  i  genitori     che    gli accomagnano    passivamente    per  di  più ,  senza  spiegargli  neppure    perchè   sono  portatori  di  disvalori   .  Infatti non è solo una questione di musica, ma di cultura. Come siamo passati da artisti che raccontavano la complessità della vita, dell’amore e del dolore, in cui  la  volgarità  aveva  un  suo  significato    ed  era  contrapposta  ad  un certo tipo  di morale   e  di cultura   retrograda \  bacchettona ,     a chi svuota le parole di senso e riempie le canzoni di volgarità gratuita e  senza  scopo   ? La risposta, forse, è che stiamo vivendo in una società che ha smesso di coltivare il pensiero critico e il gusto per ciò che è autentico e significativo e  dove  la trasgressione  era  trasgressione    ,la  ribellione   era  ribellione  ,  mentre oggi   è  solo  conformismo  .Infatti  un tempo i testi sessisti riempivano le canzoni dei Beatles, dei Rolling Stones, dei Doors … ecc  nessuno ci faceva caso o  quasi   perché erano testi veicolati da musica meravigliosa e immortale, capace di far passare la frontiera a quei piccoli dettagli sessisti, misogini o addirittura violenti . Indovinate chi cantava  « ma tu ancheggia un po’ meno e, vedrai, la pelle intatta a casa porterai » o  « alzati  la gonna   lasciati andare  fami  un  po'  vedere  cosa  c'è  da  fare   »   ed  altre  chje ora  non mi  vengono  in  mente  
Infine, l’incoerenza che si nota in chi difende certi artisti in nome della libertà d’espressione è evidente. La libertà è un valore sacro, ma non dovrebbe mai essere una scusa per legittimare messaggi che degradano le persone e sviliscono il linguaggio. È ora di alzare il livello del dibattito e di pretendere di più, non solo dagli artisti, ma anche da noi stessi come pubblico.
Infatti  proprio  mentre   finivo  di copiare  il suo post     ho  letto     le  dichiarazioni    di  Dolcenera: “Tony Effe mi fa sesso perché non pensa ciò che dice sulle donne. Le sue canzoni seguono la moda” .  Allora    gli chiedo    : Cara #dolcenera è troppo facile dare la colpa alla moda o al contesto storico . Allorase va di moda uscire con le mutande a capello esci pure tu oppure ti astieni ? .


19.12.24

Paradosso della tolleranza: il caso Tony Effe e la libertà di espressione le reazioni mediatiche dei colleghi

Rileggendo   l'articolo della lucarelli  sul  FQ  del    18\12\2024   da me  citato nel post precedente  per  chi  non avesse  voglia  di andare    a  rileggerselo o    di andare  a cercarselo  ecco  che lo  trova  sotto al  centro .
 Mi accorgo    che   C’è una cosa che proprio non riesco a togliermi dalla mente in queste ore.
Quando, a febbraio, Ghali e Dargen D’Amico erano stati pubblicamente liquidati, sbeffeggiati, persino “smentiti” pubblicamente da un terrificante comunicato stile Minculpop fatto leggere in diretta a Mara Venier su Telemeloni, non ricordo la fila di artisti pronti ad alzarsi in piedi per difendere due colleghi a cui era stato, di fatto, negato il diritto di esprimere un proprio punto di vista sul Servizio Pubblico



Forse parlare di genocidio o raccontare i veri numeri sui migranti non sono argomenti abbastanza comodi per prendere una posizione. 
Forse semplicemente non si sta difendendo la libertà di un “artista” di cantare canzoni di una violenza sessista ignobile da una (inesistente) censura, ma interessi di altra natura.
Ognuno ha il diritto di fare le battaglie che vuole, vere   o  false  , piccole  o  grandoi  ,  ma mi sarebbe piaciuto vedere un centesimo di quello spirito battagliero per Ghali e Dargen, per cause degne di questo nome.
IL   fatto  come giustamente fa  notare  nella  discussione    su  tale argomenti     da      cui    ho preso la  foto     e  parte  dello  scritto    sulla   bacheca  doi Lorenzo  tosa 

Solleva una riflessione importante sul modo in cui la libertà di espressione viene difesa (o meno) in contesti diversi, e su quali battaglie attirano solidarietà collettiva e quali no.
Bisogna ribadire che la coerenza è fondamentale quando si parla di diritti, libertà e giustizia. Se difendiamo la libertà di un artista o di un individuo in un caso, dobbiamo essere altrettanto pronti a farlo quando si tratta di temi più scomodi o di persone meno popolari. Il silenzio selettivo, soprattutto nel mondo dello spettacolo e della cultura, rischia di trasformarsi in complicità con un sistema che limita il dissenso e premia chi si allinea.
La questione di Ghali e Dargen D’Amico è emblematica: due artisti che hanno sollevato temi cruciali, come il genocidio o i numeri sui migranti, sono stati liquidati in modo autoritario senza che ci fosse una mobilitazione significativa in loro difesa. Questo dimostra quanto sia facile ignorare battaglie che non offrono un ritorno immediato in termini di visibilità o consenso.
La libertà di espressione non può essere una causa “a intermittenza”. Difenderla significa farlo sempre, anche quando richiede coraggio o va controcorrente. È giusto chiedersi: dove sono gli artisti, gli intellettuali e il pubblico quando si tratta di sostenere cause realmente significative?
cosi    pur e l'interessante  discussione    che  n'è  nata  

Soumaila Diawara peraltro anche il paragone tra i due casi mi sembra assurdo. Difendere la libertà di espressione non significa accettare testi violenti e sessisti. Non si tratta di censura in questo caso ma di una scelta giusta: non dare spazio e risonanza a canzoni intrise di violenza e sessismo con soldi pubblici.

Fabio Marino
Trent’anni fa si facevano gli stessi identici discorsi per Doom e GTA, due dei videogiochi più venduti della storia. Nello stesso periodo, comitati e associazioni di tutto il mondo si scagliavano contro Eminem, Snoop Dogg e altri rapper per i contenuti violenti e misogini dei testi delle loro canzoni. A distanza di trent’anni, chi ha giocato a GTA non è diventato un serial killer, Eminem e Snoop hanno fatturato miliardi e continuano a cantare quelle che vogliono, e la gente continua a indignarsi parlando di “decoro”.
Il messaggio che ne  scaturisce   solleva un tema cruciale: il ruolo della cultura e dell’arte nella diffusione di valori, soprattutto tra i giovani. È innegabile che testi come     testi riportati   dall'articolo  della  famosa  blogger   (  vedi   inizio post   )   trasmettano un’immagine distorta e dannosa dei rapporti interpersonali, in particolare per quanto riguarda la violenza contro le donne.
La musica, come ogni forma d’arte, ha un enorme potere di influenzare comportamenti e mentalità. Quando un artista sceglie di esprimersi con parole che normalizzano o addirittura glorificano la violenza, contribuisce a perpetuare una cultura tossica. Questo è particolarmente pericoloso quando si tratta di personaggi pubblici con una grande visibilità, soprattutto in contesti istituzionali o popolari come il Capodanno di Roma o il Festival di Sanremo, dove il pubblico comprende anche giovani e giovanissimi.
Sostenere che tali contenuti non debbano trovare spazio in eventi pubblici non significa censurare l’arte, ma promuovere una responsabilità sociale. Gli artisti e gli organizzatori di eventi hanno il dovere di riflettere sull’impatto delle loro scelte, soprattutto in un momento storico in cui la lotta contro la violenza di genere richiede un impegno collettivo e deciso.
È importante continuare a sensibilizzare su questi temi, chiedendo che vengano promossi esempi positivi e che si dia voce a messaggi che incoraggino il rispetto, l’uguaglianza e la dignità di ogni persona 

Ecco  quindi che    i media  stanno facendo passare sto Tony Effe come un paladino di non si sa bene cosa! Gli stessi artisti ( e artiste  🙄😥😢) che alzano la voce sui diritti delle donne...  si schierano     a suo  favore  -A me sembra come   ho  detto nel  post  precedente   una    "  censura   "  \  veto      ridicolo  cioè  l' ennesima buffonata all' italiana dove l'errore più grande lo ha commesso il comune di Roma a chiamare sto tizio perché #portaggente
Infatti secondo

 Tony Effe non parteciperà al concerto di Capodanno a Roma. E la ragione è semplicissima: perché il sindaco di Roma Gualtieri ha deciso di non volerlo su un palco promosso, organizzato e patrocinato dal Comune di Roma.
Il motivo? Perché i testi sessisti, misogini, oltreché artisticamente discutibili (per usare un eufemismo) non sono stati considerati all’altezza di un palco e di una manifestazione all’insegna dei diritti e del rispetto delle donne.
Punto, fine.
Tony Effe può piacere o meno, ma qui la censura non c’entra letteralmente NULLA. Come non c’entrava quando Povia è stato escluso da un’altra amministrazione o come quando una libraia decide di non vendere il libro di Giorgia Meloni.
Tony Effe viene ascoltato ogni mese da 4 milioni e mezzo di persone, arriva ogni giorno al doppio e al triplo in radio, su Youtube, partecipa a Sanremo (che a sua volta ha tutto il diritto di non invitarlo), è libero di fare concerti ovunque in Italia senza alcun controllo in qualunque locale o spazio privato o pubblico in cui qualcuno lo voglia invitare.
Il Capodanno a Roma non è tra quelli. Capita, succede.
Com’è successo ad altri centinaia di cantanti o gruppi molto più interessanti, capaci e dai testi molto meno tossici di Tony Effe senza che nessuno abbia alzato un sopracciglio, perché privi di amicizie, protezioni, agente o casa discografica giusta.
Se il governo italiano ritira dal mercato tutti i dischi di Tony Effe, quella è censura.
Se lo Stato impedisce a qualunque emittente radiofonica nazionale di trasmettere le canzoni di Tony Effe, quella è censura.
Se il sindaco di Roma proibisce a qualunque locale, spazio o associazione sul suolo metropolitano di far suonare Tony Effe, quella è censura.
Se il Comune di Roma decide di non invitare (o ritirare l’invito) a Tony Effe al proprio concerto di Capodanno, quella non è censura.
Si chiama libera scelta.
La censura è una cosa serissima, oltreché gravissima.
Solo che qui, semplicemente, non c’entra nulla.

Ps
a me non piace Toni F   cosi come   il nuovo  rap    o  la  trap     ma   quello che  mi chiedo   prima lo invitano e poi gli impediscono di partecipare ? Non conoscevano i suoi testi? oppure   si  sono     accorti   della  figura  di   💩    che  avrebbero  fatto   se  avesse tenuto  il concerto   con quei  testi  ?  oppure  hanno ceduto per  opportunità politiche   alle  pressioni delle  associazioni  delle donne ?   e  con questo è tutto   , chiudo qui  tale  vicenda  gli è stato dato    fin  troppo  spazio 




24.5.24

Il caso della Divina Commedia censurata in una scuola di Treviso 2 studenti sono stati esonerati dallo studio della Divina Commedia ed è scoppiato il caso

 sempre  sulla  cancell  culture  leggi

il nostro post  : << ostracizzazione  del dissenso il caso di varoufakis per Gaza ., cancel culture o non cancel culture sulle : scritte, monumenti, nomi di vie, cittadinanza , ecc del fascismo >> è il secondo articolo 


“La saggezza è saper stare con la differenza senza voler eliminare la differenza. ” 
 (  Gregory Bateson  ) 




Un inferno, come nella Divina Commedia. È un caso che infiamma anche la politica quello dei due studenti musulmani di terza media di Treviso esentati dallo studio della Divina Commedia di Dante, che potrebbe risultare offensiva per chi abbraccia l'Islam. Sulla decisione, presa dal prof all'insaputa della dirigenza scolastica, si è scatenato un putiferio (a senso unico): tutti contro lo zelo eccessivo dell'insegnante. Perchè la dispensa da Inferno, Purgatorio e Paradiso non è arrivata dopo una protesta; è stato il professore a scrivere ai genitori dei due ragazzi, chiedendo se c'erano problemi nell'affrontare con i loro i figli l'opera a sfondo religioso del grande Alighieri. Le famiglie hanno risposto che andava evitato.  Siamo  alla  follia   .
 Ora  Non è la prima volta che la Divina Commedia è oggetto di controversie a scuola   e non  qui  i  precedenti .  Recentemente   In Olanda e Belgio l’opera è stata addirittura ritradotta per non offendere i fedeli musulmani, eliminando il nome di Maometto dal XXVIII canto dell’Inferno. ( sotto  al  centro    i  versi  22-45 )


da Inferno Canto XXVIII - La Divina Commedia weebly.com  



 La polemica intorno al poema dantesco è stata raccontata dal ‘Quotidiano Nazionale’ in un articolo del 29 marzo 2021. Nell’Inferno, Dante descrive Maometto sottoposto ad orrende mutilazioni del corpo da parte di un diavolo, con il corpo squartato e le interiora che fuoriescono. Nella Divina Commedia, “Maometto subisce un destino crudo e umiliante solo perché è il precursore dell’Islam”, aveva affermato l’editrice della nuova traduzione in Olanda e Belgio, Myrthe Spiteri
 La nuova versione dell’opera “si rivolge a lettori più giovani e il cambiamento è pensato per non ferire inutilmente gli islamici”, aveva spiegato la traduttrice Lies Lavrijsen.“È sempre il solito problema: accettare il punto di vista degli altri, da tutte e due le parti”, ha concluso il professor Pezzè.
sempre  secondo https://sapere.virgilio.it/scuola/mondo-scuola/il-caso-della-divina-commedia-censurata-in-una-scuola-a-treviso


Tutto è iniziato quando in classe è arrivato il momento di affrontare Dante Alighieri ed i suoi scritti, partendo da quella che è ritenuta uno dei più grandi capolavori della letteratura mondiale: la Divina Commedia. Come raccontato da ‘Antenna Tre Nordest’, prima di addentrarsi nello studio del poema, l’insegnante ha invitato gli studenti che non seguono l’ora di religione [ cosa caspita c'enmtra con il rogramma di Letteratura italliana se uno\a persona segue l'ora di religione o meno ] a scrivere sul diario una nota con la quale chiedere ai genitori di esprimersi sull’opportunità che i loro figli affrontino o meno lo studio della Commedia e di altri componimenti che abbiano riferimenti religiosi. Alla lezione successiva, è arrivata la risposta delle famiglie: 2 di queste, di religione musulmana, hanno comunicato all’insegnante la loro contrarietà. Pertanto, i ragazzi sono stati esonerati dallo studio dell’opera massima di Dante Alighieri, che racconta il suo viaggio immaginario attraverso l’inferno, il purgatorio ed il paradiso. Gli studenti che non studieranno la Divina Commedia faranno lezioni parallele su Giovanni Boccaccio, e su questo verranno interrogati, mentre il resto della classe sarà sottoposto a verifiche sull’opera dantesca.

 
Sbagliatissima la scelta del professore. Come se un cattolico non volesse o non potesse studiare il Corano. Poi non venite a parlare di integrazione, non fate altro che innalzare muri. Ottima la decisione di Valditara di mandare gli ispettori in quanto secondo  da quel  che   ho letto   in rete  è  stato deciso senza  consultare  gli organi  d'istituto  ed  pare  che  i  genitori non fossero  d'accordo  . 
Ora invece di ricorre ad imbelle ed censoria situazione cioè il buonismo d'accato e il'ipocrita politicamente corretto si poteva risolvere 1) esonerando se vuole essere rispettosi della fede altrui esonerando gli studenti islamici dallo stuio di quel canto e di quei versi e non dall'intera cantatica dell'inferno 2) scelta da me preferità e più consona utile ad un sistema scolastico \ educativo spiegare ( magari facendocelo spiegare dagli stessi studenti islamici ) che il verso di Dante è una leggenda nera a cui credeva lo stesso Dante , credere ad una leggenda, nata probabilmente in ambiente crociato e che non ha nessun fondamento di verità, per la quale Maometto sarebbe stato addirittura un prete cristiano che non è riuscito a far carriera. Arrabbiato per questo, avrebbe così fondato questa nuova religione”, ovvero l’Islam. Ma sopratutto spiegare che la presenza di contenuti antisemiti e razzisti nelle opere letterarie, artistiche, storiche e filosofiche e contestualizzata al'epoca e che vengano fornite considerazioni critiche rispetto all’antisemitismo e al razzismo spiegando come oggi non siano più validi   Quindi  invece di adottare un approccio di cancellazione, sarebbe più costruttivo promuovere una comprensione più approfondita e rispettosa delle diverse prospettive culturali e religiose. Questa situazione solleva questioni fondamentali riguardo alla delicatezza nel trattare temi culturali e religiosi all’interno dell’insegnamento delle opere letterarie, in particolare la Divina Commedia di Dante Alighieri. È evidente che esistano sensibilità diverse e talvolta conflittuali tra le varie culture e religioni riguardo all’interpretazione di determinati testi.«Conoscere Dante non toglie nulla alla confessione religiosa dei ragazzi ma aggiunge molto alla conoscenza della cultura italiana. Integrazione si fa per aggiunta, mai per sottrazione» ha scritto su X la senatrice Pd Simona Malpezzi, mentre Deborah Serracchiani si è detta incredula «che si possa mettere in discussione lo studio nelle scuole della Divina Commedia, un patrimonio dell'umanità imprescindibile per qualunque formazione culturale non solo italiana». È seguita una cascata di commenti, da maggioranza e opposizione, increduli anche se  posizioni    diverse     d'incredibilità  , l'opposizione la prima , di malanpacista   diretto   ed  indiretto   , la  maggioranza  , accomune  comunque   dal fatto  che Dante possa 'turbarè qualcuno. «È un'assurdità cancellare Dante. Ma dietro questo si nasconde un problema ancora più grande: l'integralismo ha dichiarato il presidente veneto, Luca Zaia, mentre il sindaco di Treviso (e collega di partito) Mario Conte, ha giudicato la scelta «incomprensibile». Ancora più diretti il leader della Lega, Matteo Salvini - «è demenziale non studiare Dante perchè offende qualcuno» - e il ministro turismo Daniela Santanchè: «Dante? Continuiamo a sottometterci ai musulmani. Questi politicamente corretti li avrebbe messi tra gli ignavi». Tra i giudizi più severi, quello del generale-candidato Roberto Vannacci: «Eccoli - ha detto - quelli che vogliono distruggere la nostra Italia e la nostra identità».

Negativo anche il parere degli scrittori Rita Monaldi e Francesco Sorti, che definiscono un autogol preferire Boccaccio, che «è molto più difficile da digerire, immorale anche dal punto di vista islamico», a Dante che «era inclusivo» e «lascia a porta aperta ai pagani».  L'unica  In difficoltà pare soprattutto la preside dell'istituto Felissent, che si è chiusa in una riunione fiume. «Sto cercando di chiarire cosa sia accaduto - ha detto Francesca Magnano - Di certo è un errore dire che c'è stato un via libera, io non sapevo nulla di questa storia e sto cercando di fare chiarezza con i docenti coinvolti».   concludo    che l'alternativa proposta  loro di   sostituire  Dante   con  Il Decamerone di Boccaccio è ridicolo, è un autogol assoluto. Perchè se ben ricordo dai miei  studi di letteraratura italiana  lo stesso Boccaccio in fin di vita si è pentito del Decameron e lo ha disconosciuto, ha avuto una forte crisi di coscienza e questo dovrebbe suggerire qualcosa. È molto più difficile da digerire, immorale anche dal punto di vista islamico. Dante lascia invece a porta aperta ai pagani. È del tutto insensato rifiutarlo e ignorare questa sua grande apertura.Infatti  Nel canto XX del Paradiso Dante si stupisce della salvezza dei non cristiani Traiano e Rifeo (Traiano in vita aveva addirittura perseguitato i cristiani). Già nel canto precedente, il XIX, aveva posto la questione della salvezza degli appartenenti a un'altra religione" ricorda Rita Monaldi. "Se il problema è Maometto all'Inferno, Dante pone all'Inferno (tra gli ignavi) anche Papa Celestino V, che è stato canonizzato .  <<Allora i cattolici dovrebbero rifiutare di studiare la Divina Commedia?" sottolineano Monaldi & Sorti che in alcune scene del secondo volume della loro trilogia mostrano Dante discutere animatamente di questa questione.  Mala  tempora  currunt  


4.3.24

LA STATALE DI MILANO FA SCAPPARE UN OTTIMO PROFESSIONISTA storico Marco Bassani, che lascia la Statale di Milano per essere stato attaccato dai vertici dell’università a seguito della pubblicazione di un meme satirico sui social.

L’Università Statale di Milano fa scappare un ottimo professionista.
Pubblico da libero.it lettera scritta dallo storico Marco Bassani, che lascia la Statale di Milano per essere stato attaccato dai vertici dell’università a seguito della pubblicazione di un meme satirico sui social.

da libero.it  





Proprio oggi, dopo oltre un quarto di secolo, abbandono l’Università di Milano. In questa sede ho insegnato Storia delle dottrine politiche a un’intera generazione di studenti dal finire del secolo scorso, credo con un certo decoro. Non ho alcuna intenzione di nascondere i motivi ultimi che mi hanno spinto a questo passo.
Sono stato sanzionato dalla mia università, fra l’indifferenza e l’esultanza dei colleghi, per aver condiviso un meme (ossia un’immagine con didascalia) nell’autunno del 2020. Il meme non conteneva né parolacce, né volgarità, ma solo una verità acclarata: Kamala Harris, la vicepresidentessa degli Stati Uniti, aveva iniziato la propria carriera come amante di Willie Brown, all’epoca Sindaco di San Francisco, quando lei aveva 29 anni e lui 60, e quindi non risulterebbe molto credibile come icona femminista.



LINCIAGGIO MEDIATICO

Dopo un paio di giorni sulla stampa è iniziato il linciaggio mediatico contro di me. La notizia vera era che il Rettore dell’Università, prof. Elio Franzini, sulle pagine milanesi della Repubblica aveva immediatamente promesso che mi avrebbe punito in quanto “sessista”. Nell’atto di accusa formale si sosteneva che il post «contenuto [fosse] sessista e altamente offensivo nei confronti non solo della diretta interessata ma dell'intero genere femminile». Inoltre, utilizzando liberamente uno strumento di dibattito pubblico avrei arrecato grave nocumento all’immagine dell’Istituzione e dello stesso Rettore (che solo pochi mesi dopo sarebbe stato coinvolto con rinvio a giudizio in un’inchiesta giudiziaria su concorsi universitari truccati).
Cosa mi stava dicendo la mia università? Che non esiste alcun rapporto fra sesso e politica? Difficile. Forse più semplicemente che non se ne può parlare se il personaggio coinvolto è dalla parte giusta della storia (e non una Minetti qualsiasi). Se io avessi fatto una lezione dal titolo “sesso e politica nella storia, da Messalina e Cleopatra a Kamala Harris” avrei potuto dire ciò che volevo e sarei stato inattaccabile. Invece, avendo condiviso la vignetta sul mio profilo Facebook il Rettore ha deciso di occuparsene scatenando una campagna mediatica.


LIBERTÀ DI PENSIERO

Se la risposta governativa alla pandemia degli ultimi anni ha palesato la fragilità di un sistema costituzionale ormai percepito come accessorio, negli ultimi anni ho provato sulla mia pelle la impalpabilità del concetto stesso di Stato di diritto. In Italia è ancora vivo il ricordo del giuramento di fedeltà preteso dai docenti dal regime politico precedente l’attuale; pertanto, fino ad oggi, direi fino al mio caso, la libertà dei professori era stata abbastanza tutelata. Nel Dopoguerra sono stato il primo professore ad essere stato condannato per aver “condiviso”, neanche “manifestato”, un’opinione.
Dopo un processino di fronte ad un silenziosissimo Consiglio di disciplina alla metà di maggio del 2021, sono stato condannato alla sospensione e alla privazione di She will be an inspiration to young girls by showing that if you sleep with the right powerfully connected men then you too can play second fiddle to a man with dementia. It's basically a Cinderella story. Il meme pubblicato nel 2020 dal professore Marco Bassani dedicato alla vicepresidente di Joe Biden, Kamala Harris, ricordava la relazione tra Kamala e Willie Brown, all’epoca sindaco di San Francisco, quando lei aveva 29 anni e lui 60: letteralmente Bassani ricordava solo che «sarà una ispirazione per le giovani ragazze dimostrando che se vai a letto con l’uomo giusto, potente e ammanicato, allora anche tu puoi essere la vice di un uomo con la demenza. È come la storia di Cenerentola» un mese di stipendio. Dal punto di vista simbolico la punizione è draconiana: ti impediamo di guadagnarti da vivere se non ti sottometti al nuovo catechismo civile. Limitando la mia libertà di manifestazione del pensiero ne è stato colpito uno per educarne cento, la tecnica delle Brigate Rosse, il che è proprio come deve operare il nuovo umanesimo totalitario.
La vicenda non è del tutto conclusa: dopo aver perso nel giugno del 2023 il ricorso amministrativo (con una sentenza giunta in tempo record) attendo senza troppa trepidazione l’appello al Consiglio di Stato. In ogni caso, abbandono l’università non per l’episodio in sé, ma perché la solidarietà che ho ricevuto è stata risibile: non pochi colleghi hanno incominciato a trattarmi come se fossi un pedofilo e coloro che mi esprimevano simpatia chiedevano parallelamente di non metterli in imbarazzo rendendo pubblico il loro appoggio.
Se si chiude una porta se ne apre però un’altra. Da domani sarò professore presso Pegaso, la più importante università online di lingua italiana. Le rassicurazioni in termini di libertà che ho ricevuto sono piene e incondizionate. Chi mi assume si preoccupa solo delle mie qualità di docente e studioso (devo dire mai messe in discussione neanche dalla mia antica università) e non della mia adesione ai dogmi del politicamente corretto.

E DA DOMANI CAMBIO

È davvero triste constatare che all’ombra della pubblica istruzione ha prosperato un sistema che più che sviluppare pensiero critico a tutti i livelli ha reso le aule universitarie una “madrasa” del Pd. Viviamo un incubo prodotto dalla statizzazione dell’intero comparto dell’istruzione: il fatto di avere reso scienza e cultura merci distribuite e prodotte da impiegati pagati (poco) per mezzo della fiscalità generale ha reso gli intellettuali veri e propri funzionari pubblici. Con tanta libertà condizionata quanto i padroni del discorso sono disposti a concedere. L’allocazione delle risorse pubbliche decide il corso degli studi, la fama, le carriere individuali e ovviamente crea un enorme conformismo al ribasso. E le recenti censure alle autorevolissime (Prodi, Rubbia, Zichici) voci critiche sulla tesi del riscaldamento globale di origine antropica ci fanno comprendere che anche nel campo delle “scienze esatte”, ammesso che ve ne siano, non si può stare tranquilli. Il tutto accade senza alcun tipo di coercizione palese, grazie semplicemente alla vittoria straripante di una polizia del pensiero, che colpisce pochi, spaventa molti ed è, almeno in apparenza, avversata da tutti. I professori sono di fatto “la guardia del corpo intellettuale degli Hohenzollern”, ma mentre nella Berlino dell’Ottocento ciò era vanto e merito, oggi questa esaltazione del potere ha luogo senza troppe chiassate. Si tratta solo di un piccolo prezzo che un manipolo di pusillanimi è disposto a pagare per sopravvivere con misere paghe pubbliche. *Ex Ordinario di Storia delle Dottrine Politiche all’Università degli studi di Milano Statale

di Marco Bassani
Ex ordinario di Storia delle Dottrine politiche all'Università degli Studi di Milano Statale

14.1.24

siamo passati da una tv libera anche troppo a una tv di bigotti l'attacco dei meloniani a Biagio Izzo e Francesco Paolantoni per lo sketch comico sulla Natività

Qui    si  sta passando   da  un ecesso  (   tette   e  culi ,   volgarità , insulti  , litigi  , dialoghi urlati  ,  insulti  ecc   )    a   una tv  di  bachettoni      come  era  prima  dello  svecchiamento  dei   programmi e del varietà   , perchè ebbene  si   mediaset  ha  avuto    almeno  all'inizio  . I fatti sono questi. Biagio Izzo e Francesco Paolantoni portano su Rai 2 uno sketch comico sulla Natività, con protagonisti San Giuseppe e la Vergine Maria.Un pezzo a mio avviso innocuo, innocente, anni luce dall’ironia dissacrante a cui sono abituati gli stand up comedian ad altre latitudini.Eppure tanto è bastato per scatenare la rabbia dei talebani di casa nostra, con Maurizio Gasparri che arriva addirittura a portare il caso in commissione di vigilanza Rai (la stessa dove si era presentato contro Ranucci con una carota in mano) gridando alla blasfemia, seguito a ruota dai Pro Vita e da Giovanardi.Il motivo di tanta indignazione? San Giuseppe operato alla prostata, Maria rappresentata “come una madre svampita” e - apriti cielo - interpretata da un uomo . Ora capisco che si possa aver offeso . Ma che Nella nuova Telemeloni si finisce sotto inchiesta parlamentare anche solo per aver osato scherzare sulla Natività. Siamo a un livello di censura e bigottismo da far invidia alla polizia morale iraniana. A me spaventa e indigna non uno sketch ironico ( anche se poco rispettoso verso chei crede . ma la satira vera d'essere disturbante ed indigesta altrimenti non è vera satira ma uno spettacolo al servizio del potere ) e all’acqua di rose ma questi cristiani a targhe alterne che si sentono offesi da una Maria maschile, difendono l’onore violato del Bambin Gesù, ma non hanno nessuna pietà per le decine di migliaia di donne e bambini morti ammazzati a Gaza nel loro BLASFEMO silenzio o per i migranti che muoiono in quel cimitero senza croci che è il Mediterraneo. Questo sì, fa veramente orrore.



Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...