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9.3.24

[ i Nuovi Italiani ] IL giorno in cui ho smesso di essere invisibile la storia di Danielle Madam





La solitudine, la rabbia, le giornate passate fuori dalla classe, seduta in corridoio. E poi un professore si ferma: «Vieni in palestra con me». Inizia così la carriera di lanciatrice del peso di Danielle Madam, ma soprattutto inizia così la sua nuova vita, quella in cui si vuole bene



                                                        di Mario Calabresi





Ci sono persone che ci restano nella testa e continuano a venirci in mente anche se le abbiamo incontrate una sola volta. A fare la differenza è una frase o un’immagine che si impiglia nei nostri pensieri. L’immagine che non ho dimenticato è quella di una ragazzina infelice e irrequieta che passa le sue giornate seduta nel corridoio della scuola, vicino al calorifero, a guardare dalla finestra. Gli insegnanti la mandano regolarmente fuori dalla classe perché non segue e disturba. Nessuno di quelli che passano si cura di lei, che si sente incompresa e invisibile. Finché un uomo non si ferma: è il professore di educazione fisica. Le propone di lasciare il corridoio e di seguirlo in palestra. Un gesto che cambierà per sempre la vita della ragazzina.


Danielle Madam durante la registrazione dell’ultima puntata del mio podcast Altre/Storie


Danielle è nata in Camerun ed è arrivata in Italia all'età di sette anni insieme a suo fratello gemello Ivan. La mamma, per sottrarli ad una faida familiare, li aveva affidati a uno zio che viveva a Miradolo Terme, vicino a Pavia. I due bambini cominciano una nuova vita e crescono in fretta, lo zio lavora sempre e arriva a casa solo la sera, così Danielle impara a fare la spesa, a cucinare, e a prendersi cura del fratello. Scoprono la neve e si sentono accolti dalla scuola e dal paese. Ma quando hanno nove anni lo zio muore all’improvviso e il loro equilibrio si spezza di nuovo: i servizi sociali li dividono e mandano lei dalle suore e lui dai preti. Si riescono a vedere solo mezz’ora la settimana. Tutto va in pezzi.
Danielle si riempie di dolore ed è sempre arrabbiata: la bambina che faceva da mamma a suo fratello diventa intrattabile. Comincia la scuola media e i voti non sono mai sopra il 4, le insegnanti chiamano continuamente le suore per lamentarsi: «Non volevo seguire nessuna regola, ero costantemente irrequieta. Le professoresse dicevano: “Se devi disturbare sei fuori”.
Nessuno si chiedeva che cosa stessi passando, nessuno si preoccupava della mia situazione, così io stavo seduta fuori dalla classe e quello era il modo in cui passavo le mie giornate».
Oggi Danielle, che ha 26 anni e di cognome si chiama Madam, racconta tutto con il sorriso, con grande calma e pace. Se ci riesce è grazie a quell’incontro con il professore di ginnastica, Giampiero Gandini.



Danielle insieme a suo fratello Ivan


«Mi disse: “Perché invece di stare lì seduta non vieni a provare a lanciare il peso? Ci sono le gare tra poco e ci manca proprio la pesista. Secondo me tu potresti fare bene, vieni con me, andiamo fuori a provare”. Siamo andati in giardino, ho iniziato a lanciare e ho visto lo stupore nella sua espressione». Da quel momento Danielle inizia ad allenarsi tutti i giorni: «Ero in seconda media e il professor Gandini veniva in classe e diceva: “Devo prendere Madam perché dobbiamo andare giù a lanciare”. Le professoresse erano senza parole. I compagni non capivano. Io avevo qualcosa da fare e non ero più seduta fuori».
Poche settimane dopo la iscrive alla prima gara, tra le scuole della provincia di Pavia: «L’ho vinta e ho adorato il senso della vittoria. I miei compagni, che fino a quel momento non mi avevano mai calcolata, cominciano a farmi i complimenti e a voler essere miei amici».
Da quel momento cambia tutto, fuori e dentro di lei: «Avevo un valore e lì è iniziato il mio viaggio. Ho capito che volevo continuare a vincere e che per riuscirci dovevo continuare ad allenarmi. Le cose mi venivano semplici. Era incredibile. Non c'erano più mille passaggi, non c'erano assistenti sociali, non c'era il tribunale, c'ero solo io che impegnandomi ottenevo dei risultati».


Danielle con in mano il peso prima di prepararsi al lancio


L’idea di non essere più invisibile e di avere un valore contamina ogni aspetto della sua vita: «Mi sono detta: perché non provo a trasferire questi valori che sto imparando, grazie allo sport, anche nella scuola? La mia situazione era disastrosa a dir poco, ma ho iniziato a studiare per vedere che cosa veniva fuori, per vedere se l'emozione che provavo nello sport potevo provarla anche con gli studi. E così è stato». Comincia con la matematica: «Per me era sempre stata come l’aramaico, e invece è diventata la mia materia preferita perché è molto metodica, come gli allenamenti: se tu fai gli esercizi con costanza i risultati arrivano». Le professoresse chiamano le suore che, preoccupate, si presentano a scuola: «Rimasero stupite di fronte alla domanda: “Cosa è successo? Come ha fatto a passare dal 4 all’8?”. La risposta a me era chiarissima: avevo bisogno che qualcuno credesse in me più di quanto lo facessi io».


Danielle premiata a un meeting nazionale di atletica leggera con una delle 25 medaglie ricevute nella sua giovane carriera


Il viaggio di Danielle la porta sempre più in alto, fino a vincere cinque campionati italiani nelle sue categorie di età e a raccogliere 25 medaglie. Poi si qualifica per i mondiali, per scoprire, però, che non può partecipare, perché non è italiana e la maglia azzurra non la può indossare. «Rappresentare l'Italia, il posto che mi ha accolta, era un po’ come ringraziare tutte le persone che mi hanno aiutato e permesso di essere la persona che sono. Ero incredula, non capivo perché non potessi, ma da quel momento diventare cittadina italiana è stato il mio più grande obiettivo».
Danielle capisce che si diventa italiani solamente se si nasce in Italia e che non basta nemmeno fare tutte le scuole e raggiungere la maggiore età «Io sono arrivata qui all'età di sette anni, per cui dovevo seguire l'iter degli adulti: dieci anni di residenza e tre anni di redditi. Ma io ero dalle suore e non avevo famiglia e nemmeno redditi».
Ma non molla, prende la maturità, si iscrive all’università e continua ad allenarsi, a gareggiare e a fare le file davanti alla questura all’alba. Diventata maggiorenne non può più stare dalle suore, loro le trovano un posto dove abitare ma deve mantenersi, così fa la babysitter e la sera le consegne delle pizze con la bicicletta.
Non si scoraggia e dopo 17 anni in Italia riesce a diventare cittadina e nello stesso momento a laurearsi in Scienze della Comunicazione. Oggi vive a Roma dove lavora e tiene seminari e workshop per le aziende: «Parlo dell’importanza della diversità e dell'inclusione. Cerco di trasmettere quello che ho imparato».
L’immagine del professore che si ferma e parla con la ragazzina seduta in corridoio, l’avevo sentita raccontare da Danielle alla presentazione del libro del demografo Francesco Billari sull’Italia del futuro. Quel gesto era stato capace di cambiare la direzione e il destino di una vita e volevo conoscere tutto il resto del racconto, così ci siamo incontrati a Roma e la voce di Danielle è diventata protagonista della nuova puntata del mio podcast Altre/Storie che potete ascoltare qui.

1.11.21

“Fate con comodo, noi vi aspettiamo qua”, il monologo perfetto di Luciana Littizzetto sul ddl Zan di mstra che esiste un altra italia più avanti dei nostri politicanti

 colonna  sonora
cara democrazia- Ivano Fossati
Altritalia-Mcr 


Proprio   come  dice  la  canzone    citata   : << C'è un'AltrItalia che vive e si diffonde\Non la trovi sui giornali, la TV ce la nasconde  >>  Infatti  le  manifestazioni     pro  Ddl  zan ,  questa  vignetta     di Pietro vanessi  



ed   il monologo  della   Littizzetto   lo  dimostrano


da   https://www.nextquotidiano.it/

“Fate con comodo, noi vi aspettiamo qua”, il monologo perfetto di Luciana Littizzetto sul ddl Zan | VIDEO

In 2 minuti e 40 secondi, Luciana Littizzetto parla di quanto accaduto in Senato e spiega ai parlamentari che la popolazione civile è molto più avanti di loro

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Littizzetto monologo ddl Zan

Un discorso che parte da quel vergognoso coro da stadio, con tanto di standing ovation pochi istanti dopo aver approvato la tagliola (con voto segreto) che ha affossato il ddl Zan. Luciana Littizzetto, dallo studio di “Che Tempo che Fa” (RaiTre) impiega solamente due minuti e quaranta secondi per dare una versione – praticamente perfetta – di quel che è accaduto la scorsa settimana a Palazzo Madama. E non solo quei beceri festeggiamenti, ma anche l’analisi della società che dimostra, nel suo quotidiano, di essere avanti anni luce rispetto alla classe politica che ci rappresenta (o che dovrebbe farlo).

“L’applauso è partito per festeggiare l’affossamento del ddl Zan, la legge contro l’omotransfobia. In quest’anno in cui l’Italia vince in tutto il mondo, anche nel Mondiale di pasticceria, purtroppo perdiamo in casa. E perdiamo nella gara più importante, quella di far sentire tutti uguali e tutti rispettati. Mi spiace perché questo disegno di legge era forse pieno di imperfezioni, ma bastava mettersi d’accordo e modificarlo. E poi era una legge per dare diritti in più, per aggiungere. Non per togliere. Per tutelare la diversità e l’inclusione. Pillon spillava gioia da tutti i pori, aveva il farfallino spanato come una corona di crisantemo. Mancava che gli si staccasse dal colletto e gli si posasse sull’inguine come la farfalla di Belen. Ma almeno lui è coerente. Cioè, è sempre stato contrario alla legge e ci ha messo la faccia. Io non sopporto quelli che dicono ‘ero d’accordo sul principio, ma c’era un dettaglio che non mi quadrava, così ho votato contro’. E non sto parlando di Renzi che era in Arabia Saudita, che come si sa è il faro dei diritti civili di questo pianeta. Se mi chiedi due posti dove mi sento libera, quelli sono Amsterdam e Riad. Io dico gli altri, quelli che hanno votato no mentre un minuto prima dicevano sì. Quelli che sono a favore delle leggi civili solo il giorno del gay Pride, o il giorno prima delle elezioni. Sentire queste discussioni di fino su quel ‘qualcosa che non quadrava’ mi stupisce, perché quando c’è da prendere i soldi della Finanziaria i senatori piazzano dentro la qualunque. Sui diritti, invece, si trasformano in precisetti che vanno a vedere il pelo nell’uovo col microscopio del CERN. Le leggi già ci sono e le tutele pure? Perfetto, allora facciamo una cosa rivoluzionaria: inseriamo l’educazione sentimentale e sessuale nelle scuole, obbligatoria anche per i più piccoli. Perché è da lì che parte tutto. Tutto, tuttissimo parte da qui. L’unica cosa che mi consola, è che intanto la società è già più avanti di voi. Quei diritti sono nella testa della maggioranza delle persone. Per cui potremmo dirvi: ‘Carissimi, fate con comodo. Noi vi aspettiamo qua’”.

Perché questo è. Quando si dice – un mantra delle destra – che la politica è completamente scollata dalla società civile, è una verità. Perché sono proprio i politici (di destra e di sinistra) a non avere la minima percezione delle esigenze di quella popolazione che li ha votati. Anche per tutelare i diritti di tutti.

(foto e video: da Che Tempo che Fa, RaiTre)

17.6.21

I Briganti tornano in campo: donato un pulmino alla squadra di rugby attaccata dalla mafia

 


p.s    i se  il video  non si dovesse  vedere   lo  trovate  qui   non dipende  da me   ma  da  BLOGSPOT  infatti   nonostante  abbia copiato regolarmente il codice   embed  dal sito di repubblicavideo     non  c'è  stato niente  da fare   . Io  ho segnalato  un anno  fa   nel forum  do blogger  il problema   ma  non  ho ma i  ricevuto  riposta  

Rubgy Briganti A.S.D. è una società sportiva nata nel 2006 a Catania, nel difficile quartiere periferico di Librino, per offrire un'alternativa alla strada ai giovani e giovanissimi della zona. Negli anni centinaia di ragazzi si sono alternati nei campi da gioco, passandosi la palla ovale. E questa attività sociale è stata vittima di intimidazioni, atti vandalici o incendiari. L'ultimo, il pulmino che la società utilizzava per portare i propri rugbisti in trasferta per la Sicilia dato alle

fiamme. E' per questo che l'Ance, l'associazione dei costruttori edili italiana, ha deciso di donare un furgone nuovo di zecca ai volontari dell'associazione. "Ci siamo subito messi in contatto con loro  perché la loro iniziativa va sostenuta e noi siamo i primi ad essere al loro fianco", ha spiegato il presidente di Ance Gabriele Buia. "Noi non ci sentiamo in pericolo perché siamo una squadra e non molliamo - ha detto Giusi Sipala, vicepresidente della squadra - e tornare in Sicilia con questo nuovo pulmino vuol dire fare una smorfia a chi ha dato fuoco a quello vecchio".

«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...