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26.6.25

lotta della famiglia di Michela Murgia per la verità

 di   solito      quando  riporto  , e    chi  mi segue  lo  sa  ,   fatti di cronaca  di nera  e  femminicidi    ,  non commento se  non  in maniera  critica   o riporto articoli che lo  fano per  me  . Ma   in  questo  caso   merita    sia    d'essere    commentato    oltre  che raccontato    perchè   la  storia  dela  povera  Manuela  Murgia     ,   un omicidio a  sfondo sessuale   avvenuto  30anni  fa  ,  è  anche  la lotta     dei  familiari sia le sorelle   con cui è  cresciuta  ,  sia  ( vedere  post  sotto   )    che  il fratello    nato  qualche  anno dopo il  brutale evento      hanno e stanno lottando   come  fecero i.  familiari di peppino impastato  . per  evitare  che  sia    visto    come suicidio ed avere   giustizia . 
Lascio  la  parola    alla  storia   di Gioele  raccontata   dalla  pagina   facebook  di ww.storiedeglialtri.it


 Lui è Gioele. Nasce nel 2000 a Cagliari, in una famiglia ferita. I suoi genitori si mostrano forti e sorridenti, ma lui capisce ben presto che la loro è solo apparenza. A volte, da bambino, vede la mamma piangere davanti alle foto di una ragazza che lui non ha mai visto. Sente le sorelle abbassare il tono della voce quando lui entra nella stanza. C’è qualcosa di strano, in famiglia. Una mancanza sempre presente. L’impressione, quasi impercettibile, che a tavola ci sia un posto vuoto.A sedici anni, Gioele inizia a capire. Scopre che la ragazza nella foto è sua sorella Manuela. Trovata senza vita cinque anni prima che lui nascesse, nel canyon di Tuvixeddu, a Cagliari. Era il 1995, e Manuela aveva solo sedici anni. Gioele è sconvolto. Ma almeno può dare un nome al vuoto che lo tormenta. Si documenta, ma le notizie che trova sono poche. Tutti dicono che Manuela si è tolta la vita.Tutti, tranne la sua famiglia. Convinta che in realtà sia stata uccisa, e che per questo lotta da tempo per far riaprire il caso. Ora, anche Gioele vuole mettere tutto se stesso nella ricerca della verità. Apre pagine social dove parla del caso di Manuela Murgia, con un solo obbiettivo. Fare rumore, tenere vivo il ricordo di sua sorella. E così succede. In breve tempo i media tornano a parlarne. Gioele e le sorelle creano un gruppo composto da ingegneri, avvocati, criminologi. Grazie alla loro determinazione, dopo trent’anni il caso viene riaperto. La nuova perizia presentata dimostrerebbe che Manuela è stata violentata, investita e uccisa. Il suo ex fidanzato dell’epoca viene iscritto nel registro degli indagati.Dopo anni di lotta, Gioele inizia a vedere uno spiraglio di luce. E sente ancora più forte la mancanza di quella sorella mai conosciuta. Un giorno, sdraiato sul letto, fissa il soffitto e si commuove. Alza il volume della musica per soffocare i pensieri, e quella vocina che non lo lascia in pace. Se ci fosse anche lei, qui con me, come sarebbe la mia vita?Può solo immaginarlo. Manuela oggi avrebbe 46 anni, sarebbe zia, e avrebbe un fratellino. Che si chiama Gioele, e le vuole bene. E che non smetterà mai di lottare per lei.

8.2.16

APPUNTI PER UN'ORESTIADE FALLITA - Affabulazione "pasoliniana" su un femminicidio di © Daniela Tuscano



per approfondire





Gela, 1987. Liborio, un bambino di sei anni, torna da scuola e non trova più mamma Rosaria. Mamma è giovane, 22 anni appena, il viso inghirlandato da riccioli, un sorriso immediato, come quello degli adolescenti. Ma, come gli adolescenti, ingannevole. Che nei tratti ancor puerili può velare drammi estremi. 
Mamma dunque è così, una bimba anch'essa. Ha avuto Liborio a sedici anni. Lui la cerca, gli manca la sua risata, ma lei, quel giorno, non gli va incontro. Non si vede, è scomparsa. L'appartamento, sempre in penombra per il caldo accecante, ha un tuffo di silenzio. Il padre Vincenzo, in un angolo, lo aspetta. Lo sguardo attraversato da una trave cupa. Poche, terribili parole: è l'ultimo giorno. Andranno via da Gela.




Pesaro, quattro anni dopo. Liborio non sorride più. Nella sua nuova casa la luce s'effonde inutile e leggera. Sono soli, lui e il padre. Lui è solo col padre. Lui è solo. Vincenzo gli ha rivelato la spaventosa realtà: mamma li ha abbandonati, è fuggita con un altro uomo. Vincenzo l'ha pure denunciata e chiesto il divorzio per abbandono del tetto coniugale. Nel frattempo ha avuto un altro figlio dalla cugina di lei, con cui si è risposato. 
Liborio cresce col fratello/cugino e tanta rabbia in corpo. O dolore. O entrambi. Rosaria gli pesa. È presente. Ossessiva nella sua assenza. Non riesce a liberarsene. Ha usurpato quella casa, con la sua fuga desacralizzante e scandalosa. L'ombra della matriarca lo perseguita e per questo si butta negli studi, poi nel lavoro. No, non le permette di rovinargli l'esistenza. Vuol rinascere. Ce la fa. Si sposa. Lei è una professionista, una giovane avvocata dai tratti gentili. 
Una vita, tante vite. Liborio è un altro Liborio. Ma ogni tanto una calamita, una sorta di grido insanguinato lo riporta laggiù, a Gela, dove aveva lasciato un piccolo bambino, e il mondo gli scorre davanti come un cannocchiale a rovescio. Il rancore lo consuma. Se la ritrovasse, ora... E lo ripete, lo urla alla nonna, a quella che gli restituisce l'ombra di lei. È sempre stata silente, rassegnata, in questo secolo di ricordi. È che adesso, basta. Adesso non riesce più a sopportare l'ennesima, invasiva furia del nipote. Le sale qualcosa alle labbra. Rivela. Piano. No, tua madre non t'ha abbandonato, tua madre è morta. L'hanno uccisa.
Liborio è attraversato da un lampo. Si domanda perché a lui, perché così. Non vuole crederci, va oltre ogni sopportazione. Ma sa rinascere, Liborio. Torna a casa. Racconta tutto alla moglie. Partono le indagini. Sì. È andata proprio così.
Liborio ha vissuto quasi trent'anni con Vincenzo, quel tetro Vincenzo abbandonato, di cui aveva accettato la relazione con la zia perché in essa rivedeva Rosaria, una Rosaria senza macchia e al tempo stesso distante. Invece Vincenzo, con quella cugina si appartava già, la incontrava già in quel 1987 a Gela, mentre lui era a scuola, mentre Rosaria preparava il pranzo. Vincenzo e la cugina erano amanti e Rosaria li aveva scoperti. Lei sfoggiava una collana d'oro regalatale da Vincenzo. 
Rosaria era stata sepolta in un terreno poco distante da casa. Di lei, ora, non resta che una foto. Liborio è rimasto col suo silenzio, se n'è riappropriato, le sue lacrime adesso scorrono fluide. Ha una compagna e una carezza. Dell'assassino, non gl'importa più. Gl'importa aver strappato la maschera, gl'importa esser ancora, nonostante tutto, Liborio, tanti Libori, ma mai Oreste, mai il carnefice d'un ricordo tradito, l'esecutore d'una vendetta sbagliata. Liborio ha rivisto, per un attimo, quel sorriso ricciuto, sulla soglia d'una casa del 1987. Ha voltato le spalle. È orfano solo di madre. 
Due giorni fa la porta del carcere s'è chiusa dietro Vincenzo. Fine pena mai. Continua a ripetere al muro che Rosaria è scappata con un altro.

                                             © Daniela Tuscano

Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

   Dopo  la  morte  nei  giorno scorsi  all'età  di  80 anni   di  Maurizio Fercioni ( foto al  centro    )  considerato il primo tatuat...